CASSAZIONE CIVILE, SEZIONE LAVORO, 3 APRILE 2000, N LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO

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1 CASSAZIONE CIVILE, SEZIONE LAVORO, 3 APRILE 2000, N LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Rosario DE MUSIS Presidente Dott. Vincenzo MILEO Consigliere Dott. Paolino DELL'ANNO Consigliere Dott. Alberto SPANÒ Consigliere Dott. Attilio CELENTANO Rel. Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PISCITELLI MARIA ANTONIETTA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA GRAMSCI 20, presso lo studio dell'avvocato GIANCARLO PERONE, rappresentata e difesa dagli avvocati OTTAVIO PANNONE e AGOSTINO GUIDA, giusta procura speciale atto notar SILVANA FARAONE di MARCIANISE del 25 ottobre 1999, rep. n. 2193; e procura in atti; contro ricorrente CASA DI CURA S. LUCA SRL, elettivamente domiciliata in ROMA P.ZZA DEL PARADISO 55, presso lo studio dell'avvocato DELLA CHIESA D'ISASCA F, rappresentata e difesa dall'avvocato RIZZO NUNZIO, giusta delega in atti; controricorrente avverso la sentenza n. 978/96 del Tribunale di SANTA MARIA CAPUA VETERE, depositata il 04/07/96 R.G.N. 717/92; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/11/99 dal Consigliere Dott. Attilio CELENTANO; udito l'avvocato PANNONE; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo NARDI che ha concluso per rigetto del ricorso.

2 Inizio documento FATTO Con sentenza pronunciata il 2 maggio 1991 il Pretore di Caserta rigettava la domanda proposta dalla dottoressa Maria Antonietta Piscitelli nei confronti della Casa di Cura S. Luca s.r.l., domanda diretta al riconoscimento della natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti dall' al e al pagamento di differenze retributive, oltre al risarcimento del danno per il mancato versamento dei contributi previdenziali. L'appello della dottoressa Piscitelli, cui resisteva la Casa di Cura S. Luca, veniva rigettato dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere con sentenza del 19 aprile - 4 luglio Richiamati i criteri generali e astratti elaborati dalla giurisprudenza per la distinzione di un rapporto di lavoro subordinato da uno di lavoro autonomo, i giudici di appello ritenevano che nelle modalità di espletamento del servizio di guardia medica prestato dalla dottoressa Piscitelli presso la casa di cura non era dato ravvisare il requisito essenziale della subordinazione, inteso come assoggettamento al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando due motivi di censura, illustrati con successiva memoria, la dottoressa Maria Antonietta Piscitelli. La Casa di Cura S. Luca s.r.l. resiste con controricorso. Inizio documento DIRITTO Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt e segg., 2222 e seg. c.c., nonché omessa, carente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), la difesa della ricorrente censura la sentenza del Tribunale laddove ha escluso che nel rapporto fra la casa di cura e la dottoressa Piscitelli sussistessero i requisiti propri del rapporto di lavoro subordinato. Assume che, qualora l'assoggettamento alle altrui direttive non sia agevolmente apprezzabile, soccorrono i c.d. criteri sussidiari, quali la collaborazione sistematica, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario predeterminato, il versamento a cadenze fisse di un compenso prestabilito, il coordinamento dell'attività lavorativa all'assetto organizzativo dell'impresa dato dal datore di lavoro e l'assenza, in capo al lavoratore, di una sia pur minima struttura imprenditoriale e di rischio economico. Deduce che il Tribunale non ha compiutamente valutato la ricorrenza di siffatti elementi complementari e sussidiari. Descrive le prestazioni rese dal medico di guardia, nella specie dalla dott.ssa Piscitelli - assicurare prestazioni mediche in assenza dei medici curanti, eseguire o controllare l'esecuzione delle terapie da costoro prescritte, intervenire autonomamente solo nei casi urgenti o imprevisti, prestare la propria attività, durante il turno di guardia, in periodi coordinati con altri turni -, ed assume che dal loro esame risulta che la dottoressa si limitava a mettere a disposizione della clinica le proprie energie lavorative, assumendo una obbligazione di mezzi tipica del rapporto di lavoro subordinato.

3 Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione su punto decisivo della controversia, la difesa della ricorrente assume che il Tribunale ha ritenuto, senza offrire congrua motivazione, che i turni venissero concordati tra i medici in base alle rispettive disponibilità, e che la necessità di comunicare i turni alla direzione sanitaria e l'approvazione della turnazione comunicata non contrastasse con il carattere autonomo della prestazione. Assume che la prestazione del medico di guardia in una casa di cura presenta specifiche peculiarità che non consentono l'inquadramento del lavoratore come prestatore di lavoro autonomo. Deduce che il "turno di guardia" è un tempo predeterminato e coordinato con altri turni, e che la prestazione commisurata ad un certo tempo è tipica del lavoro subordinato; e che il fatto che la casa di cura concedesse ai medici di concordare il turno o di scambiarlo non incide sulla obbligatorietà dello stesso e quindi sulla subordinazione. Aggiunge che anche se la casa di cura non ha esercitato pienamente i suoi poteri direttivi, consentendo in qualche caso lo scambio di turno tra i medici, ciò non esclude la subordinazione, che consiste, nel caso in esame, nell'obbligo di predisporre comunque un turno e poi di osservarlo; tanto più se lo scambio di turno era sottoposto alla approvazione della direzione sanitaria. I due motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente in considerazione della loro evidente connessione, non appaiono meritevoli di accoglimento. Va preliminarmente ricordato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, "ogni attività umana, economicamente rilevante, può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo svolgimento, e l'elemento tipico che contraddistingue il primo tipo di rapporto è integrato dalla subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro, con assoggettamento alle direttive da questo impartite circa le modalità di esecuzione dell'attività lavorativa, mentre altri elementi - come l'osservanza di un orario, l'assenza di rischio economico, la forma di retribuzione e la stessa collaborazione - possono avere valore indicativo ma mai determinante" (cfr., per tutte, Cassazione, 11 novembre 1983 n. 6701). Costituisce altresì "ius receptum" il principio secondo il quale "ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretta da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale" (cfr., fra le tante, Cassazione, 7 aprile 1992 n. 4220; 10 giugno 1993 n. 6469; 25 luglio 1994 n. 6919). Alla luce del primo dei principi sopra ricordati risulta priva di fondamento l'affermazione della ricorrente secondo la quale la prestazione del medico di guardia presso una casa di cura rientra "naturaliter" nello schema del rapporto di lavoro subordinato. È vero, invece, che va esaminato, caso per caso, lo svolgimento in concreto del rapporto, ai fini della sua classificazione nell'uno o nell'altro schema, a seconda della presenza o meno della "subordinazione". Quanto, poi, alla determinazione dei criteri generali ed astratti, va rilevato che la ricorrente non denuncia una errata individuazione degli stessi, ma lamenta che il Tribunale non ha compiutamente valutato la ricorrenza degli elementi complementari e

4 sussidiari, ritenendo erroneamente che gli stessi deponessero per l'esistenza di un rapporto di lavoro autonomo. Osserva la Corte che i giudici di appello, dopo avere correttamente richiamato i requisiti caratteristici del lavoro subordinato (e, in particolare, il fondamentale requisito della subordinazione, inteso come vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro), hanno escluso che il rapporto tra la casa di cura e la dottoressa Piscitelli potesse ricondursi a tale categoria. Hanno rilevato che, secondo le chiare, precise e concordanti deposizioni rese dai testi indotti da parte appellata, il servizio di guardia medica era "assicurato secondo turni concordati tra i medici preposti allo stesso ed in base alle rispettive disponibilità"; che la disponibilità a svolgere il servizio in determinati giorni era comunicata alla direzione sanitaria, che provvedeva alla pubblicazione dei turni; che in caso di impedimento i medici dovevano semplicemente assicurare la propria sostituzione, allo scopo di evitare disservizi, ciò comunicando alla direzione sanitaria; che tale comunicazione era necessaria per consentire alla direzione di provvedere al generale buon andamento del servizio; che le diverse dichiarazioni fornite dai testi di parte ricorrente (tra i quali i testi Tramontano e Martino avevano in corso giudizi contro la Casa di cura appellata, con evidente attenuazione della loro piena attendibilità) non mutavano di molto la sostanza della fattispecie; che la necessità di autorizzazione della direzione sanitaria allo scambio di turni tra medici in caso di impedimento, riferita dai testi Martino e Gazzillo, non contrastava con il carattere autonomo della prestazione, essendo tale autorizzazione espressione della necessità di un sia pur generico controllo della direzione sul buon andamento del servizio da rendere; che la testa Gazzillo aveva riferito che, in caso di impedimento, l'autorizzazione non le era stata mai negata; che il teste Martino aveva affermato che, in una circostanza nella quale si era assentato, unica conseguenza era stata la mancata corresponsione del compenso. Hanno ancora rilevato che i medici di guardia prestavano tutte le cure dettate dalla propria professionalità, concretizzando nelle ore di servizio le terapie già disposte dai titolari dei reparti o adottando i provvedimenti necessari in caso di sopravvenienze impreviste; che, nell'esercizio della loro attività, i medici di guardia prestavano la propria collaborazione rispettando l'assetto organizzativo della casa di cura, nella quale discontinuamente intervenivano. E, alla luce di tali elementi, hanno escluso, come si è veduto, il carattere subordinato delle prestazioni rese dalla dottoressa Piscitelli. Trattasi di una motivazione congrua, che segue un processo argomentativo esente da errori logici, traendo determinate conseguenze dagli elementi di fatto riferiti dai testi; il tutto in applicazione di corretti criteri generali ed astratti relativi alla distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, primo fra i quali il fondamentale requisito della subordinazione. Avverso tale motivazione le censure della difesa della ricorrente si limitano a lamentare una incompleta valutazione degli elementi complementari e sussidiari, sostanzialmente prospettando un diverso inquadramento delle prestazioni rese dal medico di guardia. Il che, come si è veduto, non è ammissibile in sede di legittimità. È opportuno ricordare, al riguardo, che il controllo di logicità del giudizio, affidato alla Corte di Cassazione, non può risolversi in una nuova formulazione del giudizio di merito, nè può riguardare un apprezzamento dell'eventuale "ingiustizia" della sentenza impugnata, occorrendo distinguere insufficienza e ingiustizia della motivazione, ossia tra la mancanza di ragioni e la mancanza di buone ragioni. Come è stato autorevolmente

5 rilevato, che le ragioni siano buone occorre affinché la sentenza sia giusta, non affinché sia valida, al qual fine basta che il giudice dica quali ragioni lo abbiano guidato a decidere come ha deciso; e che in tali ragioni non siano ravvisabili i vizi di cui all'art. 360, n. 5, c.p.c. (cfr. fra le più recenti, Cassazione, 16 gennaio 1996 n. 326; 26 luglio 1996 n. 6751). Alla luce di tutto quanto precisato non giova alla ricorrente il richiamo allo "specifico precedente", che sarebbe costituito dalla sentenza di questa Corte n del La citata sentenza non ha affermato principi di diritto diversi da quelli oggi affermati da questo Collegio, pur rigettando il ricorso avverso una sentenza che aveva ritenuto di natura subordinata il rapporto di lavoro intercorso tra un medico di guardia e la stessa casa di cura. È fisiologico - e deriva dalla natura stessa del controllo di logicità della motivazione, affidato alla Corte di Cassazione - che due sentenze che abbiano valutato in maniera opposta situazioni di fatto analoghe siano entrambe confermate o entrambe cassate dalla Corte di legittimità a seconda del percorso logico che, nella valutazione del merito, sia stato seguito dal giudice di appello, nonché in relazione ai vizi prospettati con il ricorso per cassazione. Per tutto quanto esposto il ricorso va rigettato. Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità. Inizio documento P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità. Così deciso in Roma l'11 novembre In ordine alla configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato come guardia medica presso un casa di cura cfr.: Cassazione 26 ottobre 1994 n. 8804; Cassazione 14 ottobre 1985 n

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