Rel. n. 13/2014 Roma, 17 febbraio 2014

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1 Rel. n. 13/2014 Roma, 17 febbraio 2014 Orientamento di giurisprudenza OGGETTO: SENTENZA CORRELAZIONE TRA ACCUSA E SENTENZA IN GENERE Attribuzione al fatto contestato di una diversa qualificazione giuridica in sentenza Giudizio di cassazione Giudizio di appello Giudizio di primo grado Compatibilità con il principio del giusto processo fissato dall art. 6 CEDU Condizioni Orientamento di giurisprudenza. RIF. NORM. : Cod. proc. pen., artt. 521, 597, 619; Conv. Eur. Dir. Uomo art. 6. SOMMARIO: 1. Premessa 2. Il fondamento dell elaborazione della Corte Europea dei Diritti dell Uomo in tema di riqualificazione giuridica del fatto 3. La giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo in tema di riqualificazione giuridica del fatto davanti alle Corti Supreme nazionali 4. La giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo in tema di riqualificazione giuridica del fatto davanti ai giudici di merito 5. I più recenti arresti della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo sui poteri del giudice civile di rilevare di ufficio questioni che definiscono la causa 6. Osservazioni conclusive sulla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo 7. Le reazioni della Corte di Cassazione alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo: il tema della riqualificazione giuridica del fatto nel giudizio di legittimità 8. (segue) il tema della riqualificazione giuridica del fatto all esito del giudizio di appello 9. (segue) il tema della riqualificazione giuridica del fatto all esito del giudizio di primo grado. 10. L intervento della Corte costituzionale sulla riqualificazione giuridica del fatto ad opera del giudice penale. 1. Premessa. Il tema dei limiti del potere del giudice di dare al fatto una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell imputazione e da quella accolta nelle decisioni emesse nei precedenti gradi di giudizio è stato oggetto di radicale ripensamento nell ordinamento giuridico nazionale per effetto dell elaborazione della Corte Europea dei Diritti dell Uomo. In argomento, il codice di procedura penale del 1988, senza significativa soluzione di continuità rispetto a quello del 1930, prevede, in particolare, nell ambito della disciplina relativa al giudizio di primo grado, all art. 521, comma 1, che nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza né risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, e, con riferimento al giudizio di appello, all art. 597, comma 3, la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1 [ossia entro il perimetro della devoluzione

2 determinata dai motivi di impugnazione], di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado. Questo essendo il quadro legislativo, la giurisprudenza di legittimità, costantemente e fino ad epoca recente (cfr., da ultimo, Sez. VI, 30 gennaio 2008, n , Raffaelli, Rv ), aveva ritenuto ammissibile la riqualificazione giuridica del fatto di ufficio anche ad opera della Corte di Cassazione nella sentenza che definisce il processo sebbene da tale pronuncia derivasse la mancata applicazione di una causa di estinzione del reato. Le prime pronunce di legittimità che hanno iniziato a rimeditare l orientamento tradizionale risultano emesse solo dopo la sentenza della Corte EDU, Seconda Sezione, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia, la quale ha ravvisato la violazione dell art. 6, 1 e 3, lett. a) e c), della Convenzione europea dei diritti dell uomo con riferimento ad una pronuncia della Corte di Cassazione che, riqualificando direttamente in sentenza alcuni dei fatti ascritti all imputato (ridefiniti da corruzione in corruzione in atti giudiziari), aveva confermato la condanna emessa dal giudice di appello in ordine agli stessi invece di dichiararne l estinzione per prescrizione. Peraltro, la rinnovata riflessione della giurisprudenza nazionale in tema di riqualificazione giuridica del fatto compiuta di ufficio dal giudice, pur se iniziata a seguito di una vicenda relativa al giudizio di legittimità, si è estesa, proprio in considerazione dei principi affermati dalle decisioni della Corte EDU, anche alle ipotesi di ridefinizione officiosa compiute all esito del giudizio di primo e di secondo grado. Può essere pertanto utile una rassegna delle decisioni della Corte di Strasburgo in ordine a questa materia, per evidenziare le indicazioni che ne emergono e che finiscono per costituire le linee guida per le decisioni del giudice italiano. In questa ottica, l esposizione partirà da quella che risulta essere la matrice fondamentale della giurisprudenza europea, la sentenza della Corte EDU, Grande Camera, 25 marzo 1999, Pélissier e Sassi c. Francia. Si darà poi conto, distintamente, delle decisioni relative all esercizio del potere di riqualificazione da parte delle Corti Supreme nazionali con la pronuncia che definisce il processo e delle decisioni che attengono alla diversa definizione giuridica disposta di ufficio con sentenza di condanna in sede di merito. Saranno, inoltre, evidenziate le più recenti decisioni in ordine all esercizio dei poteri di ufficio da parte del giudice civile, anche per il raccordo tra materia civile e materia penale che, a questo proposito, risulta espressamente sottolineato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Si procederà, quindi, ad una possibile sintesi dei principi che risultano emergere dalle diverse sentenze del giudice europeo. Nell ulteriore prosieguo, saranno indicati gli orientamenti elaborati in materia dalla Corte di Cassazione in una sorta di dialogo con gli enunciati della giurisprudenza della Corte EDU. Inoltre, per completezza, si darà informazione dell intervento della Corte Costituzionale sul tema dei poteri del giudice penale di riqualificare diversamente il fatto, avvenuto su impulso della giurisprudenza di merito, per le implicazioni di carattere generale desumibili relativamente all assetto della disciplina codicistica. 2

3 2. Il fondamento dell elaborazione della Corte Europea dei Diritti dell Uomo in tema di riqualificazione giuridica del fatto. La pronuncia della Corte EDU, Seconda Sezione, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia, non costituisce un precedente isolato, né innovativo nel panorama dell elaborazione della giurisprudenza della Corte di Strasburgo: il suo fondamento, come espressamente e ripetutamente indicato in motivazione, è riposto sui principi affermati nella sentenza della medesima Corte EDU, Grande Camera, 25 marzo 1999, Pélissier e Sassi c. Francia. Questa decisione ha ritenuto essere avvenuta la violazione dei principi della Convenzione Europea dei Diritti dell Uomo in una vicenda in cui il giudice di appello aveva riqualificato l imputazione originale di bancarotta, contestata ai ricorrenti nella qualità di amministratori di fatto di una società dichiarata fallita, in quella di concorso esterno nella bancarotta commessa dagli amministratori di diritto della medesima società. E utile rappresentare che l iter del processo era stato molto articolato: nella fase delle indagini, il pubblico ministero aveva contestato ai ricorrenti anche il concorso in bancarotta; il giudice istruttore, invece, li aveva rinviati a giudizio con riguardo al solo addebito di bancarotta ed il tribunale li aveva assolti, escludendo che gli stessi potessero essere qualificati amministratori di fatto; la Corte di appello, poi, li aveva condannati, attribuendo ai fatti la definizione di concorso in bancarotta, non enunciata prima della sentenza dal collegio o dal pubblico ministero, ma evocata incidentalmente nella requisitoria scritta depositata dalla parte civile in cancelleria; la Corte di cassazione, infine, aveva dichiarato inammissibili i ricorsi, in quanto rimettono in discussione la valutazione sovrana dei giudici di merito dei fatti e delle circostanze del caso dibattuto in contraddittorio davanti ad essi. La Grande Camera, in particolare, ha sottolineato come, in materia penale, la precisa e completa informazione dei capi di accusa nei confronti dell imputato, e dunque la qualificazione giuridica che il giudice potrebbe effettuare al riguardo, sia condizione essenziale dell equo processo, nella conformazione garantita dall art. 6, 1, della Convenzione europea dei diritti dell uomo, e trovi un suo fondamento nell art. 6, 3, lett. a), del medesimo testo normativo, le cui disposizioni evidenziano la necessità di prestare grande attenzione alla notifica dell «accusa» all interessato. Ha poi aggiunto che, in considerazione del collegamento tra le lett. a) e b) dell art. 6, 3, cit., il diritto di essere informato in merito alla natura ed alla causa dell accusa debba essere considerato alla luce del diritto dell imputato di preparare la sua difesa. La sentenza della Grande Camera, quindi, dopo aver rilevato che ai ricorrenti non era stato mai contestato il concorso il bancarotta da parte del giudice istruttore, dal tribunale o dalla corte di appello prima della sentenza, ha dato atto che la parte civile aveva evocato la possibilità della riqualificazione durante il dibattimento di secondo grado, ma ha osservato che, non essendo stato ripreso questo argomento né dai magistrati componenti il collegio, né dal rappresentante 3

4 del pubblico ministero, tale evenienza non dovrebbe essere sufficiente, di per sé, a rispettare le norme di cui al 3 a) dell art. 6 della Convenzione. Ancora, la decisione ha esaminato se la contestazione formulata contenesse gli elementi del diverso reato ritenuto dal giudice, e, pervenuta ad una risposta negativa, ha affermato che i ricorrenti non avevano avuto una conoscenza sufficiente della possibilità di riqualificare il reato di bancarotta in termini di concorso in bancarotta. Posta questa premessa, ha aggiunto che gli imputati, se avessero avuto la possibilità di dibattere circa il concorso in bancarotta, avrebbero ragionevolmente invocato mezzi di difesa diversi da quelli scelti per contestare l azione principale. La Corte EDU, quindi, nella sua più autorevole composizione, ha concluso che la Corte d appello, ricorrendo al suo diritto incontestato di riqualificare i fatti per i quali era stata regolarmente adita, avrebbe dovuto accordare ai ricorrenti la possibilità di esercitare il loro diritto di difesa su questo punto in modo concreto ed effettivo, e soprattutto in tempo utile e che non risultava giustificabile, ad esempio, l assenza del rinvio del procedimento per riaprire il dibattimento o, qualora necessario, della richiesta rivolta ai ricorrenti di fornire le loro osservazioni scritte per la deliberazione : vi è stata così violazione del 3 a) e b) dell art. 6 della Convenzione, nel combinato disposto con il 1 dello stesso articolo, quanto all «equo processo». In seguito, i principi affermati dalla sentenza Pélissier e Sassi c. Francia sono stati costantemente richiamati a fondamento di tutta la successiva elaborazione della Corte EDU sul problema dei limiti al potere del giudice nel dare una qualificazione giuridica del fatto diversa da quella enunciata nell imputazione; questo, sia che l esigenza di una ridefinizione della fattispecie sia sorta nei giudizi davanti alla Corte Suprema di uno Stato, sia che la stessa sia stata emersa nei giudizi di merito. Le indicazioni offerte dai giudici di Strasburgo, tuttavia, possono non apparire del tutto convergenti. 3. La giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo in tema di riqualificazione giuridica del fatto nel giudizio davanti alle Corti Supreme nazionali. Nelle situazioni in cui il problema della riqualificazione si pone nel giudizio davanti alla Corte Suprema, l orientamento della Corte EDU appare univoco. In effetti, le decisioni in materia, richiamando puntualmente gli argomenti e le osservazioni della sentenza della Grande Camera nel caso Pélissier e Sassi c. Francia, osservano che il diritto dell imputato a conoscere l esatta qualificazione giuridica del fatto costituisce condizione essenziale di garanzia del diritto di difesa e che l esercizio di un potere officioso da parte del giudice di ridefinire il fatto senza ascoltare in proposito l accusato configura una violazione del principio del contraddittorio. Di conseguenza, le stesse concordemente concludono che le giurisdizioni di ultima istanza possono procedere ad una diversa qualificazione del fatto in contestazione solo se la prospettiva della nuova definizione sia formalmente nota o comunque certamente prevedibile. 4

5 Significative, in proposito, risultano le sentenze: Corte EDU, Seconda Sezione, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia; Corte EDU, Quinta Sezione, 7 gennaio 2010, Penev c. Bulgaria; Corte EDU, Terza Sezione, 12 aprile 2011, Adrian Constantin c. Romania; Corte EDU, Prima Sezione, 3 maggio 2011, Giosakis c. Grecia; Corte EDU, Quarta Sezione, 24 luglio 2012, D.M.T. e D.K.I. c. Bulgaria. Nel caso Drassich c. Italia, si è detto, la Corte di Strasburgo ha affermato la violazione dell art. 6, 1 e 3 lett. a) e c), della Convenzione europea dei diritti dell uomo con riferimento alla riqualificazione operata direttamente in sentenza dalla Corte di Cassazione in ordine ad alcuni dei fatti in contestazione, che dall ipotesi di corruzione ex art. 319 cod. pen., sono stati ricondotti a quella di corruzione in atti giudiziari ex art. 319 ter cod. pen. A tal fine, in particolare, avendo riguardo alla concreta vicenda esaminata, il giudice europeo ha evidenziato che la nuova definizione giuridica data dalla Corte di Cassazione: non risultava evocata né dal pubblico ministero, né da uno dei magistrati che compongono il collegio dell alta giurisdizione prima della decisione; non risultava sufficientemente prevedibile perché la fattispecie di corruzione in atti giudiziari si distingue da quella di corruzione semplice in quanto reato «autonomo» che necessita anche di un elemento intenzionale specifico (lo scopo di favorire o danneggiare una delle parti del processo); non era restata priva di conseguenze pratiche, ma aveva determinato la conferma della condanna ed evitato una pronuncia di estinzione dei reati per prescrizione. Merita di essere segnalato che, nella sentenza Drassich, rispetto a quanto rappresentato dalla Grande Camera nel caso Pélissier e Sassi c. Francia a fondamento del diritto ad una precisa e completa informazione anche sulla qualificazione giuridica delle accuse, si è aggiunto che la situazione è comune anche alla materia civile, e che in relazione a questa, nella giurisprudenza della Corte europea, si è più volte affermato che il giudice deve rispettare il principio del contraddittorio e dare alle parti la possibilità di conoscere e discutere tutte le questioni fondamentali per l esito del procedimento, in particolare quando esso rigetta un ricorso per cassazione o pone fine a una causa sulla base di un motivo sollevato d ufficio. Nel caso Penev c. Bulgaria, la Corte EDU ha ritenuto la violazione dell art. 6, 3 lett. a) e b), della Convenzione, in relazione ad una vicenda in cui il ricorrente, accusato di aver sottoscritto un contratto svantaggioso per la società di cui era stato nominato curatore fallimentare, era stato imputato e poi condannato in primo grado ed in appello a quattro anni di detenzione per il reato di abuso di potere aggravato (art cod. pen. bulgaro), e, infine, ad un anno di detenzione ad opera della Corte di Cassazione, previa riqualificazione del fatto a norma dell art. 220, 1, cod. pen. bulgaro, avente ad oggetto il meno grave reato di aver deliberatamente concluso un contratto svantaggioso per la società che si rappresenta; nell occasione, la Corte Suprema bulgara aveva ritenuto legittimo il mutamento della qualificazione giuridica, a norma dell art. 285, 1, cod. proc. pen. bulgaro, posto che erano rimaste immutate le circostanze fattuali poste a base delle accuse iniziali. Il giudice di Strasburgo, a fondamento delle sue conclusioni, ha osservato che il ricorrente, alla luce di 5

6 quanto accaduto nel corso del processo, non poteva essere consapevole che la Corte Suprema bulgara avrebbe potuto pronunciare un verdetto alternativo a norma dell art. 220, 1, cod. pen. bulgaro, che gli elementi costitutivi di questo reato sono diversi da quelli del reato previsto dall art. 282, 2, cod. pen. bulgaro, e che, di conseguenza, gli elementi relativi a quest ultima figura non erano stati mai dibattuti in precedenza (cfr., spec., da 37 a 42 della sentenza). Ha poi aggiunto: La Corte quindi è dell avviso che la Suprema Corte di Cassazione avrebbe dovuto dare al ricorrente l opportunità di difendersi contro la nuova accusa. Avrebbe potuto, per esempio, rinviare l udienza per consentire una nuova discussione o, alternativamente, consentire al ricorrente di formulare argomentazioni per iscritto sulla nuova accusa [ ] (cfr. 43 della sentenza). La violazione dell art. 6, 1 e 3, lett. a) e b), della Convenzione è stata affermata dalla Corte EDU anche nel caso Adrian Constantin c. Romania e nel caso D.M.T. e D.K.I. c. Bulgaria. Nel caso Adrian Constantin c. Romania, il ricorrente era stato rinviato a giudizio per il reato di abuso di potere aggravato ai sensi degli artt. 248 e 248-1, cod. pen. romeno, per aver versato ad una società estera una somma di denaro per conto di una società pubblica di cui era dirigente, sebbene non fosse stato ancora perfezionato un contratto tra i due enti; dopo l assoluzione in primo grado ed in appello, la Corte Suprema di Romania, su ricorso della Procura, aveva condannato l imputato alla pena di un anno di detenzione per il meno grave reato di negligenza nell esercizio delle funzioni, a norma dell art. 249 cod. pen. romeno, riqualificando i fatti di ufficio ex art. 334 cod. proc. pen. romeno. La Corte europea, in particolare, ha evidenziato che quando, secondo il diritto interno, un giudice ritiene di dover modificare la qualificazione giuridica data ai fatti tramite l atto di rinvio a giudizio, deve invitare la parti a formulare le loro osservazioni al riguardo e segnalare all imputato che questi ha diritto a chiedere l esame della causa alla fine della seduta oppure l aggiornamento dell udienza per poter preparare la propria difesa [ ] Le garanzie processuali summenzionate valgono per tutte le riqualificazioni giuridiche, indipendentemente dall elemento costitutivo della violazione (giuridico, materiale o soggettivo) che viene trattato ; ha peraltro anche sottolineato che la riqualificazione era avvenuta ad opera della Corte Suprema solo al momento della decisione, e, quindi troppo tardi per consentite l esercizio del diritto di difesa. Ha poi aggiunto che il reato per cui era intervenuta condanna era diverso da quello originariamente contestato per l elemento soggettivo, che, in conseguenza di ciò, era mancata ogni discussione in ordine a tale profilo nel processo, e che, quindi, la nuova definizione giuridica del fatto può essere percepita come sorprendente dal ricorrente, anche perché questi, se avesse avuto informazione della diversa qualificazione giuridica, avrebbe potuto invocare mezzi difensivi diversi. Ha infine osservato che, ai fini dell equità del processo, è irrilevante sia ogni valutazione circa la fondatezza dei mezzi difensivi che sarebbe stato possibile invocare dall accusato, sia la circostanza che il reato per cui è intervenuta condanna è meno grave di quello originariamente contestato perché, a tacer d altro, il ricorrente è stato condannato per la prima volta solo a seguito della sentenza della Corte suprema di giustizia. 6

7 Nel caso D.M.T. e D.K.I c. Bulgaria, il ricorrente era stato rinviato a giudizio, e poi condannato in primo grado ed in appello alla pena di venti anni di detenzione, per il reato di corruzione passiva tramite estorsione di denaro ed abuso del potere conferito dallo status di funzionario, a norma degli artt. 301, comma 1, 302a, e 302 punti 1 e 2, cod. pen. bulgaro, per aver richiesto, all epoca in cui esercitava le funzioni di capo dipartimento per la criminalità economica, una notevole somma di denaro ad un uomo d affari. Successivamente, la Corte di Cassazione bulgara aveva annullato con rinvio la condanna rilevando che risultava appropriata al caso di specie la qualificazione in termini di truffa tentata o consumata e che, per individuare l esatta soluzione, era necessario raccogliere nuovi elementi di prova; il giudice di rinvio, però, aveva confermato l originaria decisione anche in relazione alla definizione giuridica dei fatti. Infine, la già precisata Corte Suprema di Bulgaria, adita nuovamente dal ricorrente, che contestava in radice il potere del giudice di secondo grado di modificare il capo di accusa, aveva definito il processo ritenendo che i fatti accertati dovessero essere qualificati come tentativo di truffa e condannando l imputato a sette anni di reclusione. La Corte EDU, in particolare, ha osservato che la prima decisione della Corte di Cassazione bulgara, pur annullando con rinvio la condanna per verificare se i fatti potessero integrare il delitto di truffa tentata o consumata, non ha fornito una qualificazione precisa dei fatti, ritenendo evidentemente che spettasse al giudice di grado inferiore farlo nel quadro di un riesame del procedimento penale, e che, sebbene il ricorrente potesse attendersi una riqualificazione giuridica dei fatti nella seconda decisione della Corte Suprema, questa non ha notificato alle parti la qualificazione giuridica esatta che essa riteneva di voler applicare, indicandola soltanto in sentenza. Ha poi aggiunto che gli elementi materiali dei reati di corruzione passiva aggravata e di tentata truffa previsti dal codice penale bulgaro sono molto diversi, che il ricorrente, se avesse avuto la possibilità di discutere la diversa accusa, avrebbe potuto invocare mezzi difensivi diversi e che, ai fini dell equità del processo, è irrilevante valutare se gli stessi potessero essere, o meno, assistiti da fondamento. Il giudice di Strasburgo, infine, ha rappresentato che la Corte di cassazione bulgara avrebbe dovuto dare al ricorrente la possibilità di discutere le nuove imputazioni di tentata truffa aggravata. Essa avrebbe potuto, ad esempio, aggiornare l udienza per consentite alle parti di esporre le argomentazioni oppure indicare loro di presentare memorie scritte su questo punto. Diversamente dalle decisioni precedentemente indicate, la Corte EDU ha escluso la violazione dell art. 6, 1 e 3, lett. a) e b), della Convenzione nel caso Giosakis c. Grecia. In questa vicenda, al ricorrente era stato contestato il reato di distrazione di oggetti di antiquariato, ma in appello il pubblico ministero aveva sollevato la questione della qualificazione del fatto in termini di furto di oggetti di antiquariato e la Corte d appello aveva assolto l imputato dai due reati; la Corte di Cassazione, adita dal procuratore generale, aveva rilevato che vi erano i presupposti per ritenere integrati sia il reato di distrazione di oggetto di antiquariato sia di furto degli stessi, ma non aveva annullato la sentenza osservando che i fatti addebitati erano ormai prescritti. I giudici di Strasburgo, in relazione a tale vicenda, per escludere la violazione 7

8 del diritto ad un equo processo, ha evidenziato che la questione della corretta qualificazione giuridica dei fatti era stata già sollevata in appello ad opera del pubblico ministero ed era stata riproposta dal procuratore generale con il ricorso per cassazione; pertanto, il ricorrente sapeva dunque già al momento dell udienza innanzi alla corte d appello che il reato di furto nozione prossima nelle circostanze alla fattispecie di distrazione era parte della controversia. 4. La giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo in tema di riqualificazione giuridica del fatto nel giudizio davanti ai giudici di merito. Più articolate appaiono le conclusioni della Corte EDU quando alla riqualificazione procede il giudice di merito. Quando la diversa definizione giuridica del fatto è data dal giudice di primo grado e contro la decisione così emessa è possibile provocare un controllo dapprima in appello e poi davanti alla Corte Suprema nazionale, la Corte di Strasburgo risulta orientata ad escludere la violazione dell art. 6, 1 e 3, lett. a) e b), della Convenzione alla luce di una valutazione che tiene conto del complesso del procedimento e della possibilità dell imputato di far valere le proprie ragioni davanti al giudice nazionale. Emblematiche sono, in proposito, le sentenze Corte EDU, Quinta Sezione, 9 dicembre 2010, Zhupnik c. Ucraina, e le sentenze gemelle Corte EDU, Quarta Sezione, 8 ottobre 2013, Mulosmani c. Albania, e Corte EDU, Quarta Sezione, 8 ottobre 2013, Hoxha c. Albania 1. Nel caso Zhupnik c. Ucraina, il ricorrente, rinviato a giudizio per i reati di truffa e tentata appropriazione indebita ai danni dello Stato commessi nell esercizio delle sue funzioni di soggetto incaricato della privatizzazione di una società statale, veniva condannato, all esito del giudizio di primo grado, per il reato di abuso di ufficio alla pena di un anno di reclusione; questa sentenza era poi confermata, a seguito delle impugnazioni dell imputato, dal giudice di appello e dalla Corte Suprema. La Corte EDU ha osservato che, sebbene la riqualificazione operata in prime cure non fosse prevedibile per l accusato, e questo fatto comprometteva la sua possibilità di difendersi innanzi al giudice di primo grado dalle accuse per le quali alla fine veniva condannato, essa attribuisce un importanza decisiva al procedimento successivo innanzi alla Corte d Appello Regionale : ha invero spiegato che questo secondo giudice esaminava il caso del ricorrente nella sua interezza, sia da un punto di vista procedurale che sostanziale, operando una verifica sull esistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato di abuso di ufficio; ha inoltre dato atto del controllo di legittimità eseguito dalla Corte Suprema ucraina. Essa ha perciò concluso: Alla luce di quanto sopra, la Corte ritiene che il ricorrente abbia avuto la possibilità di presentare le sue argomentazioni a difesa avverso la riqualificazione dell imputazione innanzi ai giudici interni. Valutando l equità del procedimento nel suo insieme e in vista della natura e della portata dei procedimenti innanzi alla Corte d Appello e alla Corte Suprema la Corte ritiene che qualsiasi vizio nel procedimento di primo 1 E possibile citare, inoltre, nello stesso senso, per un precedente più risalente, Corte EDU, Terza Sezione, 21 febbraio 2002, Sipavičius c. Lituania. 8

9 grado veniva sanato innanzi alle altre corti [ ] La Corte ha quindi verificato che i diritti del ricorrente ad essere informato dettagliatamente sulla natura e i motivi dell accusa a suo carico e ad avere un tempo adeguato e le facilitazioni necessarie per la preparazione della sua difesa non sono stati violati (cfr., specificamente, 43 e 44 della motivazione). Nei casi Mulosmani c. Albania e Hoxha c. Albania, i ricorrenti, a fronte di un originaria contestazione di omicidio commesso in danno di un membro del Parlamento, erano stati condannati in primo grado per il delitto di omicidio commesso per vendetta; la decisione era stata poi confermata nei successivi giudizi davanti alla Corte di appello ed alla Corte Suprema. La Corte EDU ha escluso la violazione dell art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell uomo evidenziando sia che l imputato aveva potuto impugnare la decisione di primo grado davanti al giudice di appello e poi davanti alla Corte Suprema (cfr. 132), sia che, alla luce delle conclusioni del procuratore davanti al primo giudice, nelle quali si evidenziavano la finalità di vendetta del delitto, non può sostenersi che il ricorrente non potesse prevedere la riqualificazione del capo di accusa nei suoi confronti (cfr. 133). Quando la riqualificazione è operata da un giudice di primo o secondo grado la cui decisione è impugnabile solo davanti alla Corte Suprema, le soluzioni della giurisprudenza europea possono apparire non del tutto uniformi, anche se le vicende concrete non risultano completamente omogenee. Indicative sono le sentenze: Corte EDU, Seconda Sezione, 1 marzo 2001, Dallos c. Ungheria; Corte EDU, Prima Sezione, 20 aprile 2006, I.H. c. Austria; Corte EDU, Seconda Sezione, 3 luglio 2006, Vesque c. Francia. Nel caso Dallos c. Ungheria, la Corte di Strasburgo ha escluso la violazione dell art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell Uomo. La vicenda è la seguente: il ricorrente era stato rinviato a giudizio e condannato in primo grado alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione più una multa pecuniaria, in relazione al reato di appropriazione indebita aggravata, perché, quale amministratore delegato di una società, aveva utilizzato per conto di questa somme di denaro che provenivano da una impresa olandese e che avrebbe dovuto invece riversare ad un partner nazionale, nell ambito di un operazione commerciale trilaterale; nel successivo giudizio di appello, il fatto veniva definito in termini di truffa aggravata (valorizzandosi la circostanza che l imputato aveva dato false informazioni al partner ungherese in ordine ai pagamenti effettuati dalla ditta olandese), immutata restando la pena, e detta decisione veniva confermata dalla Corte Suprema, la quale riteneva corretta l operazione di riqualificazione osservando che i fatti costitutivi del nuovo reato erano già presenti nell originaria imputazione. La Corte EDU ha rilevato che, sebbene la riqualificazione operata non fosse prevedibile per l accusato, e questa circostanza certamente ha danneggiato la sua possibilità di difendersi in merito alle accuse per le quali poi è stato condannato, essa attribuisce un importanza decisiva al procedimento che si è svolto successivamente innanzi alla Corte Suprema : ha osservato, in proposito, che tale ultimo giudice ha proceduto ad un controllo completo, sia formale che sostanziale, del caso del ricorrente e verificato l esistenza degli elementi costitutivi del reato di truffa, esaminando tutti gli atti processuali ( il fascicolo 9

10 dei giudici di primo e secondo grado e le carte presentate dal ricorrente e dall accusa ) e fissando un udienza pubblica nel corso della quale ha ascoltato le requisitorie della difesa e della Procura Generale. Ha così concluso: la Corte quindi considera che il ricorrente abbia avuto l opportunità di formulare la sua difesa innanzi alla Corte Suprema rispetto alla ridefinizione dell accusa. Valutando l equità del procedimento nel suo insieme e in vista della natura dell esame del caso innanzi alla Corte Suprema la Corte è persuasa che qualsiasi vizio che esisteva nel procedimento innanzi alla Corte Regionale è stato sanato davanti alla Corte Suprema 2. Nel caso I.H. c. Austria, invece, il giudice di Strasburgo ha ritenuto violato l art. 6, 1 e 3, lett. a) e b) della Convenzione Europea dei Diritti dell Uomo. In questa vicenda, il ricorrente era stato rinviato a giudizio per violenza sessuale in concorso con violenza e minaccia, a norma dell art del codice penale austriaco; il tribunale, però, aveva ravvisato gli estremi del reato previsto dall art del medesimo codice, relativo alla violenza sessuale in concorso con violenza e minaccia serie, ed il ricorso contro tale decisione era stato rigettato dalla Corte Suprema austriaca, attesa l identità dei fatti accertati con quelli esposti nell atto di accusa. La Corte EDU ha evidenziato, innanzi tutto, che, per escludere la violazione dell art. 6 della Convenzione, non è sufficiente l astratta possibilità della riqualificazione, ma occorre l esplicito riferimento nel corso del processo alla diversa definizione o alla possibilità che questa sia adottata, da compiersi in tempo utile perché la difesa possa essere esercitata in modo effettivo; ha inoltre omesso di domandarsi sia se, in concreto, nell atto di accusa, fossero comunque contenuti gli elementi utilizzati da tribunale per qualificare il fatto come grave, sia se, a fronte della diversa definizione giuridica accolta, la difesa avrebbe impiegato argomenti diversi. I giudici di Strasburgo, poi, hanno affermato che non poteva dirsi garantito il diritto di difesa e il diritto all equo processo solo perché era stato possibile proporre impugnazione contro la decisione del tribunale davanti alla Corte Suprema: questo rimedio, infatti, non consentiva né un nuovo apprezzamento delle prove assunte in primo grado, né di ridiscutere l interpretazione dei fatti accolta in sede di merito (cfr., a questo specifico proposito, i della motivazione) 3. Nel caso Vesque c. Francia, la Corte EDU ha escluso la violazione dell art. 6 della Convenzione, ma pronunciandosi in relazione ad una vicenda significativamente diversa dalle precedenti: nella specie, la ridefinizione del fatto da violenza volontaria comportante incapacità lavorativa inferiore a otto giorni in violenza volontaria comportante incapacità lavorativa superiore a otto giorni era stata operata nel giudizio di secondo grado da parte della Corte di Appello solo dopo che gli imputati erano stati messi in condizione di spiegarsi e di difendersi in relazione a questa nuova qualificazione ed avevano fornito le loro spiegazioni. In particolare, e 2 La sentenza della Corte EDU, Seconda Sezione, 1 marzo 2001, Dallos c. Ungheria, è stata richiamata da diverse decisioni successive, tra le quali, ad esempio, Corte EDU, Quinta Sezione, 9 dicembre 2010, Zhupnik c. Ucraina, e Corte EDU, Terza Sezione, 12 aprile 2011, Adrian Constantin c. Romania. 3 Nel 36 della sentenza si rappresenta che la decisione di questo caso è differente da quella cui è pervenuta la sentenza della Corte EDU, Seconda Sezione, 1 marzo 2001, Dallos c. Ungheria, perché in nel caso più risalente, la difesa aveva potuto contestare tutti gli aspetti rilevanti in fatto ed in diritto conseguenti alla riqualificazione. 10

11 conclusivamente, il giudice di Strasburgo ha osservato: la Corte ritiene che il ricorrente abbia avuto l opportunità di organizzare la propria difesa innanzi alla corte d appello e di contestare questa riqualificazione sia davanti alla corte d appello che davanti alla Corte di cassazione. Pertanto non vi è stata lesione alcuna del diritto del ricorrente ad essere informato in modo dettagliato circa la natura ed il motivo dell accusa a lui contestata e del suo diritto a disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa (così 43 della motivazione). Quando la riqualificazione è stata operata da un giudice di merito la cui decisione è impugnabile solo a mezzo di rimedi straordinari, la giurisprudenza sopranazionale ha affermato la violazione dell art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell Uomo: è il caso della sentenza Corte EDU, Terza Sezione, 5 marzo 2013, Varela Geis c. Spagna. La vicenda è la seguente: il ricorrente era stato rinviato a giudizio e condannato in primo grado relativamente ai reati di genocidio per negazione dell olocausto, e di istigazione alla discriminazione per motivi razziali; in appello, preso atto della declaratoria da parte del Tribunale costituzionale spagnolo della illegittimità della disposizione che punisce il negazionismo per violazione del diritto alla libertà di opinione, l Audiencia Provincial, con decisione impugnabile solo mediante rimedi straordinari 4, aveva condannato l imputato per il delitto di divulgazione di idee o dottrine volte a giustificare atti di genocidio. La sentenza, peraltro, si segnala anche perché la Corte EDU ha ritenuto che fosse stato violato l art. 6 della Convenzione EDU nonostante una delle parti accusatrici private avesse chiesto la conferma della condanna evidenziando che era stata commessa apologia di genocidio. In proposito, invero, il giudice di Strasburgo ha osservato: non risulta dagli atti che l Audiencia Provincial o il rappresentante del pubblico ministero abbiano, nel corso del dibattimento, evocato la possibilità di una riqualificazione o anche semplicemente rilevato l argomento delle parti accusatrici private (cfr. 50). 5. I più recenti arresti della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo sui poteri del giudice civile di rilevare di ufficio questioni che definiscono la causa. Il quadro sulla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo relativa al potere del giudice penale di dare al fatto una qualificazione diversa da quella enunciata nell imputazione deve essere completato facendo riferimento ai più recenti arresti della medesima Autorità Giudicante in materia di diritto all equo processo con riferimento alle pronunce del giudice civile che decidono la causa rilevando questioni di ufficio. In effetti, lo stretto collegamento tra la materia processuale penale e quella processuale civile in ordine ai poteri del giudice di definire il processo sulla base di argomenti giuridici individuati ex officio è stato più volte sottolineato dalla Corte EDU, che ha individuato il nucleo centrale 4 Sul regime delle impugnazioni delle decisioni dell Audiencia Provincial emesse in funzione di giudice di appello (e sull esclusione, almeno in linea di principio, dell ammissibilità in questi casi di un ricorso al Tribunal Supremo), cfr. S. Marcolini, voce Processo penale spagnolo, in Enc. Dir., Annali, II, t. 1, Milano-Varese, 2008, p. 799 e ss. 11

12 del problema, in entrambi i casi, nella tutela del diritto di difesa e del principio del contraddittorio. Questa connessione che con riferimento a pronunce relative ai poteri del giudice penale risulta segnalata in particolare nella sentenza della Seconda Sezione, 11 dicembre 2007, Drassich è stata evidenziata, con riguardo a casi concernenti la materia processuale civile, dalle sentenze Corte EDU, Prima Sezione, 18 gennaio 2011, Amirov c. Azerbaigian, e Corte EDU, Quinta Sezione, 5 settembre 2013, Čepek c. Repubblica Ceca, le quali muovono entrambe da una prospettiva attenta al complesso del procedimento ed alle tutele conseguibili mediante i rimedi impugnatori. Nel caso Amirov c. Azerbaigian, il ricorrente, a seguito di condanna alla pena amministrativa di 13 giorni di detenzione, riportata per avere insultato ufficiali di polizia giudiziaria mentre era in stato di ebbrezza, era stato licenziato dall Università presso la quale era professore associato in applicazione dell art (c) del Codice del Lavoro azero, che prevede la rescissione del contratto di lavoro dell impiegato condannato in sede penale a sanzione detentiva, ed il licenziamento era stato ritenuto legittimo dal giudice di primo grado; la Corte di appello, invece, pur respingendo l impugnazione, mutava il fondamento giuridico della decisione rilevando che, sebbene l art (c) fosse inapplicabile in quanto vi era stata condanna ad una sanzione amministrativa e non penale, doveva ritenersi pertinente al caso di specie l art. 70 (c) del Codice del Lavoro, che consente il licenziamento del lavoratore il quale omette di svolgere la propria prestazione lavorativa per un periodo pari o superiore ad un giorno senza una valida ragione. La Corte di cassazione azera, adita dal ricorrente che si doleva del mutamento del fondamento giuridico del licenziamento senza che vi fosse stata richiesta della parte convenuta, confermava la decisione del giudice di appello. La Corte EDU, dopo aver premesso che il giudice nazionale dovrebbe rispettare il principio del contraddittorio, in particolare nei casi di rigetto dell appello o di pronuncia su una controversia d ufficio, ha però osservato che la conformità all art. 6 deve essere stabilita alla luce dell insieme del procedimento, incluse le vie di ricorso. Quindi il successivo ricorso in cassazione potrebbe, in linea di principio, sanare qualsiasi vizio del procedimento, ed ha citato in proposito, come precedente anche la sentenza della Seconda Sezione, 1 marzo 2001, Dallos c. Ungheria. Ha poi evidenziato che la Corte Suprema, quale corte di cassazione, non si pronuncia sui fatti e sulle prove di un determinato caso e decide sulla base dei fatti stabiliti dal giudice di primo e secondo grado. Tuttavia, la Corte Suprema verifica la corretta applicazione del diritto sostanziale e formale da parte dei giudici di primo e secondo grado. Ha così concluso: Siccome, nel caso presente, la questione principale riguarda la competenza della Corte Suprema rispetto ai vizi formali, la Corte [di Strasburgo] ha ritenuto che l ambito di competenza della Corte Suprema così come definita dal diritto nazionale le consente di sanare i vizi formali che si sono verificati nel corso del procedimento innanzi alla Corte d Appello ; questo perché, esaminando il ricorso per cassazione ed il verbale di udienza davanti a questa Corte, non risulta che il ricorrente abbia invocato la violazione del suo diritto formale al 12

13 contraddittorio, avendo egli dedotto soltanto che la corte d appello avrebbe ecceduto la propria competenza cambiando il fondamento giuridico al suo licenziamento e non anche la sua incapacità ad opporsi innanzi alla Corte d appello al cambiamento del fondamento giuridico del suo licenziamento. Nel caso Čepek c. Repubblica Ceca, la questione era la seguente: in una controversia civile a contenuto patrimoniale, il giudice di secondo grado, pur accogliendo l impugnazione del convenuto e rigettando la pretesa attorea accolta dal primo giudice, aveva fatto applicazione di una disposizione di diritto interno che consente, sulla base di una valutazione discrezionale, di non concedere alla parte vincitrice il diritto al rimborso delle spese processuali, senza procedere preventivamente al contraddittorio; la decisione così emessa era impugnabile esclusivamente con ricorso alla Corte costituzionale. I giudici di Strasburgo, per risolvere la questione, e concludere nel senso dell avvenuta violazione dell art. 6 della Convenzione europea, tra l altro, hanno ribadito che il giudice deve rispettare il principio del contraddittorio, in particolare quando risolva una disputa sulla base di un motivo invocato d ufficio o di un eccezione sollevata d ufficio (cfr. 45), pur rilevando che, nel settore penale, alla luce dell elaborazione giurisprudenziale della Corte, si può dedurre che non vi sia alcuna violazione del diritto ad un equo processo qualora l imputato possa effettivamente prevedere la riqualificazione (cfr. 47). Gli stessi giudici, inoltre, dopo aver richiamato la loro precedente giurisprudenza, anche in materia penale, secondo la quale, se il diritto al contraddittorio in sede processuale è stato ignorato in una determinata fase del procedimento, non è escluso che un giudice di grado superiore possa riparare una tale defaillance (cfr. 50), hanno però evidenziato l insufficienza del rimedio offerto dal sistema del diritto nazionale al ricorrente nel caso di specie, e cioè la possibilità di ricorrere alla Corte costituzionale, poiché questa aveva un potere molto più limitato rispetto al potere discrezionale del tribunale municipale (cfr. 59). 6. Osservazioni conclusive sulla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell Uomo. Alla luce della indicate sentenze, può essere utile compiere un tentativo volto ad individuare quelli che nell elaborazione giurisprudenziale della Corte Europea dei Diritti dell Uomo sembrano essere gli approdi consolidati e quelli che, invece, risultano principi ancora in fase di sedimentazione. Allorché il mutamento di qualificazione giuridica viene rilevato nell ultimo grado di giudizio, la giurisprudenza di Strasburgo, se, da un lato, non disconosce la possibilità per gli ordinamenti nazionali di attribuire alle loro Corti Supreme tale potere, dall altro, afferma costantemente la necessità di un preventivo contraddittorio con l imputato. Questo diritto al contraddittorio, inoltre, non sembra trovare limiti neanche se la riqualificazione determina una derubricazione dell accusa ed una pena più mite. Emblematiche in proposito sono le sentenze Corte EDU, Sezonda Sezione, 7 gennaio 2010, Penev c. Bulgaria, e Corte EDU, Quarta Sezione, 24 luglio 2012, D.M.T. e D.K.I. c. Bulgaria: in entrambi i casi, 13

14 infatti, lo Stato nazionale è stato condannato nonostante la nuova definizione giuridica del fatto avesse determinato una consistente riduzione di pena (nella prima vicenda, la pena è stata diminuita da quattro anni di detenzione ad un anno di detenzione; nell altra, da venti anni di detenzione a sette anni di detenzione). L unica eccezione (ma sarebbe forse meglio parlare di attenuazione) che la Corte EDU dichiara di ammettere con riguardo alla necessità di un contraddittorio espresso sulla possibilità di adottare una diversa definizione giuridica, è che questa sia sufficientemente prevedibile. Resta, però, da chiarire quando la riqualificazione possa ritenersi sufficientemente prevedibile. L orientamento della Corte EDU sembra molto restrittivo. In effetti, più di una decisione precisamente: Grande Camera, 25 marzo 1999, Pélissier e Sassi c. Francia, e Terza Sezione, 5 marzo 2013, Varela Geis c. Spagna ha ritenuto che non rileva a tal fine la prospettazione di una parte accusatrice privata, se questa ipotesi non è stata ripresa ed evocata esplicitamente dal pubblico ministero o dal giudice che procede. Inoltre, nella sentenza della Quarta Sezione, 24 luglio 2012, D.M.T. e D.K.I. c. Bulgaria, la sufficiente prevedibilità della ridefinizione giuridica del fatto è stata esclusa anche se la qualificazione definitivamente accolta dalla Corte di Cassazione bulgara era stata già prospettata, all interno dello stesso processo, dalla medesima Corte Suprema nella precedente decisione di annullamento con rinvio della pronuncia del giudice di merito. Si può anzi aggiungere che la sentenza della Prima Sezione, 20 aprile 2006, I.H. c. Austria, è pervenuta di fatto a respingere l impiego della categoria della sufficiente prevedibilità : invero, detta decisione, in riferimento ad un caso in cui la contestazione di violenza sessuale in concorso con violenza e minaccia era stata riqualificata come violenza sessuale in concorso con violenza e minaccia serie, ha affermato che, per escludere la violazione dell art. 6 della Convenzione EDU, occorre un esplicito riferimento nel corso del processo alla possibilità di adottare la diversa definizione giuridica. Qualche dubbio, poi, deve essere formulato circa il contenuto del potere della Corte Suprema nazionale quando procede a riqualificazione, specie se la stessa sia sprovvista del potere di accedere direttamente al fatto. In effetti, i giudici di Strasburgo risultano affermare, anche ripetutamente e recentemente cfr., in particolare: Quinta Sezione, 7 gennaio 2010, Penev c. Bulgaria; Terza Sezione, 12 aprile 2011, Adrian Constantin c. Romania; Quarta Sezione, 24 luglio 2012, D.M.T. e D.K.I. c. Bulgaria, e sviluppando un rilievo già evidenziato nella sentenza della Grande Camera, 25 marzo 1999, Pélissier e Sassi c. Francia, che alle Corti Supreme nazionali, per evitare la violazione dell art. 6 della Convenzione EDU, potrebbe essere sufficiente rinviare l udienza per consentire una nuova discussione o, alternativamente, consentire al ricorrente di formulare argomentazioni per iscritto sulla nuova accusa. Tale soluzione, tuttavia, può non sembrare del tutto in linea con l orientamento che ritiene sussistere la violazione del medesimo art. 6 della Convenzione EDU anche quando la riqualificazione sia disposta di ufficio in sentenza dal giudice di appello o di unico grado di merito e contro detta decisione sia comunque possibile il ricorso alla Corte Suprema nazionale 14

15 (cfr., in particolare, Grande Camera, 25 marzo 1999, Pélissier e Sassi c. Francia, nonché Prima Sezione, 20 aprile 2006, I.H. c. Austria), specie laddove si rappresenta l inidoneità di questo mezzo di impugnazione a consentire un nuovo apprezzamento delle prove assunte o a mettere in discussione l interpretazione dei fatti accolta in sede di merito 5. Va però rilevato che, a sua volta, questo orientamento potrebbe apparire contrastato da altro indirizzo, in quanto, a fronte delle due decisioni cui si è appena fatto cenno, vi è altra pronuncia si tratta di Seconda Sezione, 1 marzo 2001, Dallos c. Ungheria secondo la quale è ammissibile che il giudice di appello dia di ufficio e direttamente in sentenza una diversa definizione giuridica del fatto quando può essere proposto il ricorso alla Corte Suprema nazionale. Ad ogni modo, almeno con riferimento al giudizio di appello o di unico grado di merito, è forse possibile una lettura che escluda l incompatibilità tra le diverse soluzioni, se si rileva che nel caso Dallos c. Ungheria, la Corte EDU ha sottolineato che la Corte Suprema nazionale aveva avuto accesso a tutto il fascicolo processuale ed aveva proceduto ad un controllo completo, sia formale che sostanziale, del caso del ricorrente, mentre, in particolare, nel caso I.H. c. Austria, la violazione dell art. 6 della Convenzione è stata affermata sul rilievo dell assenza di poteri incidenti sul merito della controversia in capo all Autorità giudiziaria nazionale di ultima istanza. In questo senso, infatti, precise indicazioni sono offerte dalle motivazioni della pronuncia appena citata ed ulteriori spunti possono essere tratti dalle sentenze della Prima Sezione, 18 gennaio 2011, Amirov c. Azerbaigian, e della Quinta Sezione, 5 settembre 2013, Čepek c. Repubblica Ceca che, in materia di processo civile, hanno affermato o escluso la violazione dell art. 6 della Convenzione EDU prendendo in considerazione della tipologia di doglianze addotte dal ricorrente e della tipologia dei poteri istituzionalmente spettanti al giudice competente in ordine all impugnazione avverso la decisione che ha proceduto al rilievo di una questione di ufficio. Nessun problema, invece, sembra porsi quando contro la decisione che dispone la riqualificazione di ufficio è possibile una impugnazione di merito, prima di un eventuale e successivo ricorso alla Corte Suprema nazionale: questa soluzione, il cui fondamento è nel potere del giudice dell impugnazione di esaminare la vicenda processuale nella sua interezza, sia da un punto di vista procedurale che sostanziale, è stata ribadita recentemente dalle sentenze Quinta Sezione, 9 dicembre 2010, Zhupnik c. Ucraina, e Quarta Sezione, 8 ottobre 2013, nei casi Mulosmani c. Albania, e Hoxha c. Albania. Un altro profilo che sembra emergere dalla giurisprudenza della Corte EDU è quello che attiene ai confini dell attività di riqualificazione: questi appaiono estendersi anche al riconoscimento di circostanze aggravanti. Non risulta che i giudici di Strasburgo si siano posti espressamente questo problema. Tuttavia, qualche elemento di riflessione in argomento appare offerto dalle sentenze I.H. c. Austria, Mulosmani c. Albania, e Hoxha c. Albania: nella prima decisione, infatti, è stata ritenuta illegittima la riqualificazione dell accusa di violenza sessuale in concorso con violenza e minaccia, a norma dell art del codice penale austriaco, nel reato di 5 E quanto evidenzia, specificamente, la Corte EDU nella sentenza I.H. c. Austria, cit. 15

16 violenza sessuale in concorso con violenza e minaccia serie, previsto dall art del medesimo codice; nelle altre due, non è stata aprioristicamente esclusa, bensì valutata in concreto, la possibilità di ipotizzare la violazione del diritto al contraddittorio nel caso di ridefinizione del fatto da omicidio commesso in danno di un membro del Parlamento in omicidio eseguito per vendetta. Ulteriore aspetto da considerare riguarda la possibile interferenza tra la prospettazione del collegio giudicante alle parti del possibile mutamento di qualificazione giuridica prima di decidere esplicitamente prefigurata da: Grande Camera, 25 marzo 1999, Pélissier e Sassi c. Francia; Seconda Sezione, 3 luglio 2006, Vesque c. Francia; Seconda Sezione, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia; Quinta Sezione, 7 gennaio 2010, Penev c. Bulgaria; Terza Sezione, 12 aprile 2011, Adrian Constantin c. Romania; Quarta Sezione, 24 luglio 2012, D.M.T. e D.K.I. c. Bulgaria e il principio di imparzialità dell organo decidente. Sembra doversi constatare, tuttavia, che di questo problema non vi è traccia nella giurisprudenza della Corte EDU, sebbene il principio dell imparzialità del giudice costituisca una delle garanzie fondamentali dell equo processo, secondo quanto previsto espressamente dall art. 6, 1, della Convenzione. 7. Le reazioni della Corte di Cassazione alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo: il tema della riqualificazione giuridica del fatto nel giudizio di legittimità. Si è già detto in premessa che, fino alla sentenza della Corte EDU, Seconda Sezione, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia, ed anche immediatamente dopo, la Corte di Cassazione italiana era fermamente orientata nel senso di ritenere ammissibile la riqualificazione giuridica nel fatto anche direttamente nella sentenza di legittimità che definiva il processo, senza, quindi, che fosse necessario assicurare all imputato alcuna possibilità di interlocuzione in proposito. Dall analisi della giurisprudenza, in effetti, risulta che, su questo tema, il problema del confronto del sistema processuale penale italiano con i principi della Convenzione Europea dei Diritti dell Uomo come interpretati dalla Corte di Strasburgo ha iniziato a porsi proprio a fronte dell esigenza di assicurare l effettività della sentenza Drassich. In particolare, la prima tappa del nuovo atteggiamento della Corte italiana di legittimità è costituito da Sez. VI, 12 novembre 2008, n , Drassich, Rv Questa pronuncia, muovendo dall osservazione che la regola di sistema espressa dalla Corte EDU, secondo cui la garanzia del contraddittorio deve essere assicurata all imputato anche in ordine alla diversa definizione giuridica del fatto, è conforme al principio statuito dall art. 111, comma 2, Cost., ha riconosciuto la necessità di assicurare la riapertura del procedimento e, quindi, la possibilità per la difesa di esporre le proprie argomentazioni in proposito. A tal fine, la stessa, esclusa la necessità di un intervento additivo della Corte costituzionale sull art. 521, comma 1, cod. proc. pen., ha individuato nella procedura del ricorso straordinario per errore di fatto prevista dall art. 625 bis cod. proc. pen. la misura da utilizzare per porre rimedio alla violazione. All esito del conseguente giudizio, Sez. VI, 25 maggio 2009, n , 16

17 Drassich, Rv , ha confermato l originaria decisione del 2004, impugnata davanti alla Corte EDU, ritenendo che fosse stato soddisfatto il diritto del ricorrente ad essere informato in modo dettagliato sulla natura e i motivi dell accusa elevata a suo carico per effetto, congiuntamente, (a) della prospettazione formulata dalla medesima Corte nella conclusione e nella sintesi delle statuizioni riportate nel dispositivo della precedente sentenza con la quale era stata disposta la riapertura del procedimento ex art. 625 bis cod. proc. pen., e (b) della concessione di un congruo termine per la nuova celebrazione del giudizio di legittimità. La giurisprudenza successiva, in genere, se talora ha affermato la possibilità di procedere a riqualificazione giuridica del fatto all esito del giudizio di legittimità con la sentenza che definisce il processo, si è generalmente posta il problema di rispettare i principi della Convenzione Europea dei Diritti dell Uomo come interpretati dalla Corte EDU. Così, Sez. II, 22 maggio 2008, n , Castellano, Rv , ha ritenuto possibile mutare la definizione dei reati da danneggiamento e percosse in danneggiamento aggravato dalla violenza alla persona, ma solo dopo aver sottolineato che tale vicenda non importava conseguenze negative per l imputato sotto il profilo dell aggravamento della pena o dell ampliamento del termine di prescrizione. Va, peraltro, evidenziato, che, nel caso di specie, la riqualificazione ha consentito di ritenere legittima l applicazione, compiuta da parte del giudice del merito, delle pene previste per i reati di competenza del tribunale, invece che di quelle irrogabili per i reati di competenza del giudice di pace, e di rigettare conseguentemente il ricorso dell imputato. Sez. VI, 26 febbraio 2010, n , Salord, Rv , invece, ha sì giudicato di poter legittimamente procedere ex officio a riqualificazione del fatto (nella specie da insolvenza fraudolenta a truffa) in sentenza di rigetto di ricorso avverso una pronuncia di condanna, senza necessità di una specifica interlocuzione della difesa in proposito, ma perché, nell atto di impugnazione presentato dall imputato, tale eventualità era stata espressamente presa in considerazione, sia pure per sostenere la diversità del fatto ritenuto dal giudice di merito rispetto a quello contestato nonché la conseguente violazione dell obbligo di trasmissione degli atti al pubblico ministero. Una posizione alquanto diversa sembra quella espressa da Sez. III, 19 luglio 2011, n , M., Rv Questa decisione, infatti, ha ritenuto di poter procedere, direttamente all esito del giudizio di cassazione, concluso con il rigetto del ricorso, alla riqualificazione del fatto da partecipazione a violenza sessuale di gruppo per omesso impedimento dell evento in partecipazione diretta alla violenza medesima, sulla base di quanto stabilito dall art. 619, comma 1, cod. proc. pen. in tema di rettificazione di errori di diritto non determinanti annullamento, e rilevando che in entrambe le ipotesi restava inalterato il dato di fatto della presenza dell imputato alla commissione delle condotte illecite. Tra le pronunce più recenti, si segnalano Sez. II, 15 maggio 2013, n , Drassich, Rv , e Sez. VI, 10 ottobre 2013, n. 4126, Campo, in attesa di mass. 17

18 Sez. II, 15 maggio 2013, Drassich, ancora relativa alla vicenda oggetto della sentenza della Corte EDU dell 11 dicembre 2007, si è occupata della questione dell ammissibilità dell istanza di revisione proposta per far valere la violazione del diritto di difesa verificatasi nel giudizio di cassazione per effetto della riqualificazione in peius, che era stata operata direttamente in sentenza con riferimento ad alcuni dei reati ascritti all imputato (ridefiniti da corruzione a corruzione in atti giudiziari), e che aveva determinato la conferma della sentenza di condanna in luogo di una dichiarazione di prescrizione degli stessi; in particolare, il ricorrente ha denunciato l insufficienza del rimedio precedentemente riconosciutogli dalla Corte di cassazione, attraverso l utilizzo dell art. 625 bis cod. proc. pen., e consistito nella riapertura del processo di legittimità con conseguente possibilità per la difesa di dibattere la questione giuridica derivante dalla riqualificazione. La pronuncia ha innanzitutto premesso che il ricorso al mezzo della revisione, come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 2011, non è utilizzabile in relazione a violazioni verificatesi nel corso del giudizio di legittimità, in quanto esso ha come obiettivo quello di porre l interessato nelle condizioni in cui si sarebbe trovato in assenza della violazione accertata e quindi è funzionale alla individuazione di uno strumento idoneo ad assicurare la riapertura del processo di merito e non anche di quello di cassazione. Ha poi osservato che il rimedio precedentemente riconosciuto non poteva dirsi inidoneo: in primo luogo, infatti, il ricorso avrebbe potuto avere anche un esito di annullamento con rinvio per consentire all imputato di chiedere nuove prove specificamente indicate e ritenute in ipotesi essenziali ; in secondo luogo, la questione della qualificazione giuridica del fatto (e non dell accertamento materiale dello stesso) rientra fra i casi tipici del ricorso per cassazione (art. 606, lett. b, cod. proc. pen.) e quindi può essere adeguatamente discussa anche in ultima istanza ; in terzo luogo, anche ove sia ipotizzabile la contestazione in fatto della diversa qualificazione giuridica, è imprescindibile che con il ricorso per cassazione sia formulata una richiesta di annullamento con rinvio, che specificamente indichi nuovi elementi di fatto, non valutati dal giudice di merito e non prospettati perché non attinenti alla originaria qualificazione, che consentirebbero di escludere la nuova e diversa qualificazione. Ha perciò concluso in proposito che, se il vizio processuale si è verificato in sede di legittimità, spetta alla stessa Corte porvi rimedio (argomenta ex art. 185, commi 2 e 3, c.p.p.), adottando le necessarie iniziative e pervenendo agli esiti processuali indispensabili per ripristinare le garanzie violate. Sez. VI, 10 ottobre 2013, Campo, a sua volta, nel decidere sul ricorso proposto avverso una sentenza di secondo grado, ha disposto il rinvio a nuovo ruolo del giudizio nei confronti di alcuni ricorrenti condannati per il reato di cui all art. 416 bis cod. pen., previa separazione degli atti e formazione di autonomo fascicolo processuale, onde consentire la difesa anche in ordine all ipotesi della riqualificazione giuridica del reato associativo in quella di concorso esterno nel medesimo. A fondamento di questa conclusione, la sentenza ha osservato che il processo equo, così come configurato dalla giurisprudenza della Corte EDU, richiede che l imputato deve essere messo nelle condizioni di discutere in contraddittorio su ogni profilo dei fatti 18

19 addebitati, e che, quindi il contraddittorio deve essere garantito anche là dove le disposizioni processuali riconoscano al giudice il potere di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell originaria imputazione. Ha poi aggiunto che nel caso in cui la riqualificazione avvenga nel giudizio in cassazione occorre assicurare un momento di contraddittorio onde consentire alla difesa di poter interloquire sul punto, e che, siccome nella concreta regiudicanda i difensori non hanno mai interloquito sulla possibilità di qualificare i fatti addebitati agli imputati come concorso esterno nel reato associativo, né hanno presentato al riguardo motivi specifici nei ricorsi, il pieno rispetto del contraddittorio può essere garantito attraverso il rinvio della discussione dei ricorsi. 8. (segue) il tema della riqualificazione giuridica del fatto all esito del giudizio di appello. Come si è evidenziato in precedenza, nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo controversa risulta la compatibilità dell operazione di riqualificazione giuridica del fatto disposta di ufficio dal giudice nella sentenza di appello con il principio fissato dall art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell Uomo. Ovviamente, anche con riferimento alle sentenze di appello, la questione indicata si pone solo se si tratta di decisione di condanna, ma non anche se la pronuncia determina il regresso del processo ad una fase precedente. Prendendo in esame l elaborazione della Corte di Cassazione successiva alla sentenza della Corte EDU, Seconda Sezione, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia, momento a partire dal quale il tema della compatibilità della disciplina in materia di ridefinizione giuridica del fatto con i principi fissati dall art. 6 della Convenzione Europea si è imposto all attenzione del dibattito giurisprudenziale nazionale, è agevole constatare l esistenza di una pluralità di indirizzi. Secondo un orientamento, il giudice di appello può senz altro procedere di ufficio, direttamente in sentenza, ad una riqualificazione giuridica del fatto. Tra le sentenze che aderiscono a questa impostazione, è possibile indicare: Sez. III, 9 maggio 2008, n , B., Rv , Sez. V, 22 ottobre 2008, n , Minutelli, Rv , Sez. II, 16 giugno 2011, n , De Silvio, Rv , tutte e tre riguardanti fattispecie nelle quali, per effetto della riqualificazione, è stata esclusa la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione; Sez. V, 14 dicembre 2011, n , Protoduari, Rv , relativa a mutamento di definizione giuridica implicante un deteriore trattamento penitenziario; nonché, più recentemente, Sez. II, 9 maggio 2012, n , Damjanovic, Rv ; Sez. II, 13 novembre 2012, n , Tirenna, Rv , Sez. I, 17 dicembre 2012, n. 474, Presti, Rv ; Sez. VI, 17 ottobre 2012, n , Medugno, Rv ; Sez. II, 7 maggio 2013, n , Maiuri, Rv Tra le più recenti, Sez. I, 17 dicembre 2012, Presti, così come Sez. VI, 17 ottobre 2012, Medugno, non hanno affrontato il problema alla luce dei principi desumibili dalla CEDU. Invero, la prima di esse ha rappresentato che il giudice di appello è legittimato, ai sensi dell art. 597 comma 3 cod. proc. pen., ad attribuire al fatto un diverso e più grave nomen iuris e, in conseguenza di ciò, ha ritenuto corretta la decisione del giudice di appello che aveva 19

20 escluso l applicazione della prescrizione riqualificando un fatto per il quale era intervenuta condanna in primo grado per il reato contravvenzionale previsto dall art. 9, primo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, relativo alla violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, nei termini della fattispecie delittuosa di cui al secondo comma del medesimo art. 9, come modificato dal d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modifiche nella legge 31 luglio 2005, n. 155, riguardante la violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. La sentenza Medugno, a sua volta, ha affermato che la diversa qualificazione del fatto reato [derubricato da concorso in peculato a furto aggravato] non ha dato luogo ad alcuna violazione del principio di correlazione né ad alcuna lesione del diritto di difesa dell imputato a fronte della palese invarianza del fatto materiale realizzante la condotta penalmente illecita. Sez. II, 9 maggio 2012, Damjanovic, Sez. II, 13 novembre 2012, Tirenna, e Sez. II, 7 maggio 2013, Maiuri, invece, hanno espressamente affermato la legittimità della riqualificazione operata di ufficio in sentenza da parte del giudice di appello anche avendo riguardo ai principi elaborati in tema di processo equo dalla sentenza della Corte EDU, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia. In particolare, dette sentenze hanno in proposito osservato che quando il mutamento della qualificazione giuridica del fatto sia operato in appello, la garanzia del contraddittorio è comunque assicurata dalla possibilità per l imputato di interloquire e contestare la nuova qualificazione mediante il ricorso per cassazione, attinendo la qualificazione giuridica a profili di legittimità, e non di merito, che ben possono essere denunziati con il ricorso per cassazione (le citazioni sono tratte dalla sentenza Maturi; tuttavia, sul punto, le argomentazioni delle tre sentenze sono omogenee). La sentenza Maiuri, poi, ha aggiunto che, nella specie, l imputato assolto in primo grado dalla contestazione di tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose, era stato poi condannato in appello per il reato di danneggiamento aggravato nulla ha dedotto per contestare la qualificazione giuridica data al fatto dalla Corte territoriale, non avendo, peraltro, alcun interesse a contestare una qualificazione giuridica che ridimensiona notevolmente la gravità del reato. Diverse altre decisioni, invece, hanno ritenuto che il potere del giudice di appello di riqualificare ex officio il fatto in contestazione direttamente in sentenza è soggetto a limiti e condizioni. Secondo Sez. VI, 15 maggio 2012, n , Cusumano, Rv , il giudice di appello può legittimamente riqualificare il fatto ex officio direttamente in sentenza nel caso in cui conferma la condanna ritenendo sussistente un reato meno grave. La pronuncia, in proposito, in un caso di derubricazione del delitto previsto dall art. 527 cod. pen. nella contravvenzione di cui all art. 726 cod. pen., ha osservato che dalla sentenza della Corte EDU, Seconda Sezione, 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia, deve desumersi il principio secondo cui l obbligo di informazione dell imputato sussiste solo quando il titolo del reato ravvisato sia più grave, posto che solo in tal caso l imputato viene a subire dalla modifica della definizione giuridica del fatto conseguenze sfavorevoli: solo in questa ipotesi occorre ritenere che il diritto al contraddittorio 20

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