APPUNTI E RIFLESSIONI SULLA MODIFICA DELLA LEGGE 118/2010. essere predisposti a seguito della delibera del Consiglio Grande e Generale 21 giugno

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1 1 APPUNTI E RIFLESSIONI SULLA MODIFICA DELLA LEGGE 118/2010 * Per delibera del Congresso di Stato 8 ottobre 2013, n. 8/1528, questa Commissione viene esaminando il problema concernente gli "adeguamenti normativi" che possono essere predisposti a seguito della delibera del Consiglio Grande e Generale 21 giugno 2012 con la quale si accoglie l'istanza d'arengo che chiede la modifica dell'art. 15 (comma 1 lettera a e comma 4) della legge 28 giugno 2010 n. 118, ossia delle norme che disciplinano il permesso di soggiorno, definito per convivenza, che "il cittadino e lo straniero residenti anagraficamente ed effettivamente in Repubblica possono richiedere in favore dello straniero col quale intendono convivere more uxorio". Tuttavia, allo stato, non essendo ancora definito il percorso che l attuale Governo intende intraprendere, si reputa opportuno formalizzare le riflessioni e le criticità che il testo normativo, la sua concreta applicazione e un eventuale modifica dello stesso, suscitano. * È necessario premettere una breve considerazione riguardante l'art. 124 delle legge 26 aprile 1986 n. 49 ("Riforma del diritto di famiglia") che contiene l'espressione ed ha per oggetto la convivenza more uxorio. La norma conclude il titolo X della legge, dedicato alla separazione dei coniugi, e recita: "Le norme del presente titolo si applicano alla interruzione non consensuale della convivenza more uxorio durata ininterrottamente per 15 anni". Dal punto di vista letterale l'espressione more uxorio è soltanto una formula semplicistica usata per indicare comportamenti che presentino un'apprezzabile assonanza con atti o costumi diffusi fra persone unite fra loro in matrimonio. Ma senza indicare o tener conto dell'indole di tali comportamenti, ossia delle caratteristiche

2 2 oggettive prevalenti (quali ad esempio la durata nel tempo, la costanza o al contrario l'occasionalità) e quelle soggettive (in particolare la sussistenza o la persistenza di un'autentica affectio maritalis). L'espressione pertanto non ha in sé e non può essere caricata di alcun significato giuridico. Tale significato le può essere attribuito soltanto dalla legge, vale a dire nel contesto - e riguardo al contenuto specifico - di un particolare atto legislativo o di quella singola norma di legge in cui l'espressione viene usata. E' quanto avviene con l'art. 124 della legge n. 49 del 1986: il legislatore ha inteso attribuire una limitata valenza giuridica ad una situazione di fatto che dal punto di vista del diritto viene inquadrata come convivenza (già questa parola sta a significare un rapporto con caratteristiche di continuità), lungamente protratta nel tempo (quanto meno 15 anni ininterrotti) e vissuta da un uomo e una donna ad imitazione del matrimonio (more uxorio). In altri termini. Con l'art. 124 della legge del 1986 il legislatore ha fatto ricorso all'espressione more uxorio per dare un seppur limitatissimo significato giuridico alla famiglia di fatto: in coerenza (seppur solo marginalmente) con lo spirito e l'intento dell'insieme dei precetti che costituiscono quella legge, cioè la tutela del ruolo fondamentale della famiglia quale istituto fondato sulla uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 1 della legge del 1986, art. 12 della Dichiarazione del 1974). Ove il termine "coniugi" sta a significare un uomo e una donna uniti in matrimonio valido ed efficace alla stregua del diritto vigente in materia. Quindi dall'art. 124 della legge del 1986 emerge un concetto di convivenza caratterizzato da una spiccata connotazione matrimoniale: convivenza di fatto di tipo matrimoniale di un uomo e una donna non uniti in matrimonio, protratta ininterrottamente per 15 anni e perciò in qualche modo registrata e comunque documentabile quanto al giorno iniziale (dies a quo) e alla continuità ininterrotta nel

3 3 tempo. Questo concetto di convivenza non può essere utilizzato al di fuori dell'insieme delle norme del diritto di famiglia: infatti, è solo in virtù di tali norme che il legislatore giunge ad attribuire conseguenze giuridiche ad un complesso di comportamenti (convivenza more uxorio) che, seppur idonei a costituire un rapporto, ciò nonostante non si possono definire giuridici in senso stretto. Certamente questo concetto non può essere impiegato per chiarire la portata delle norma (comma 1 lettera a e comma 4 dell'art. 15 della legge 28 giugno 2010 n. 118 sull'ingresso e la permanenza degli stranieri in Repubblica) che disciplina il rilascio allo straniero di un permesso di soggiorno definito per convivenza, in accoglimento di richiesta avanzata in tal senso, al fine di "convivere more uxorio", da cittadino o straniero residenti anagraficamente ed effettivamente in Repubblica. Allo stesso modo si deve escludere che un intervento che introduca la modifica o una diversa interpretazione della norma ora detta possa produrre effetti giuridicamente rilevanti in qualsivoglia ambito del diritto concernente la famiglia e il matrimonio (legge 26 aprile 1986 n. 49 testo vigente). Infatti, nel caso di permesso di soggiorno per convivenza more uxorio la volontà del legislatore riguarda soltanto il rilascio di un'autorizzazione amministrativa, subordinata all'accertamento di uno stato di fatto interpersonale; il provvedimento amministrativo resta limitato al suo contenuto letterale, senza che dallo stesso la legge faccia derivare qualità riguardanti lo stato delle persone interessate e neppure obblighi reciproci, facoltà, diritti e doveri quali invece l'art. 124 della legge del 1986 fa sorgere dalla convivenza di un uomo e una donna, lungamente protratta ad imitazione del matrimonio. Appare pertanto ragionevole ritenere che - in questo caso, nell'ambito e tenuto conto della natura amministrativa della legge 2010 n. 118 e dell'insieme dei suoi precetti -

4 4 il legislatore abbia inteso dare all'espressione more uxorio un significato generico e comunque diverso e più ampio rispetto a quello attribuito alla stessa espressione dall'art. 124 della legge sul diritto di famiglia: si pensi al fatto che la sola dichiarazione di convivenza ex Lege 118 produce immediati effetti "amministrativi", indipendentemente dalla durata della stessa. Si ritiene che le criticità sollevate dall'istanza d'arengo in esame si sostanzino nella circostanza che, attualmente, i concetti retrostanti la c.d. "convivenza more uxorio" hanno portata ed estensione diversa nei due provvedimenti normativi di riferimento (Legge n. 49 del 1986 sul Diritto di famiglia, da una parte, e Legge 118 del 2010 sull'ingresso e la permanenza degli stranieri in Repubblica, dall'altra). Ritiene questa Commissione che spetti alla politica il compito di scegliere se presentare al legislatore una Legge di intervento sull'art. 15 della Legge 118/2010 mediante interpretazione autentica, oppure proporre una modifica legislativa che disciplini, oltre agli aspetti amministrativi della convivenza, altresì gli aspetti di diritto di famiglia sostanziale. L'istanza d'arengo invero sembra richiedere unicamente un intervento che consenta a conviventi del medesimo sesso la possibilità di convivere, senza tuttavia la pretesa di "parificazioni" di altra natura, che coinvolgano altri ambiti del diritto quale quello di famiglia o previdenziale. Attraverso la prima via si potrebbe chiarire la portata della espressione "convivenza more uxorio" già contenuta all'art. 15 della Legge 118/2010, con conseguenze di natura meramente amministrativa. Nel secondo caso si potrebbe proporre - andando oltre quanto richiesto dall'arengo - un intervento legislativo con cui individuare le caratteristiche che la "convivenza" deve possedere per produrre effetti rilevanti sui vari piani giuridici, oltre

5 5 che su quello affettivo: ad esempio la necessità dell'affectio maritalis (intesa quale reciproca volontà di un uomo e di una donna di essere marito e moglie e di porre in essere un rapporto diretto al reciproco aiuto, alla procreazione ed educazione dei figli legittimi), la durata "qualificata", la necessità che debba essere instaurata tra persone di sesso diverso o non.