I simoniaci (vv. 1-30) Papa Niccolò III (vv ) Invettiva contro i papi simoniaci (vv )

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1 1. Canto I La selva oscura (vv. 1-12) Il colle illuminato dal sole (vv.13-30) Le tre fiere (vv ) Apparizione di Virgilio (vv ) Profezia del veltro (vv ) Il viaggio nell oltretomba (vv ) 2. Canto II Perplessità e timori di Dante (vv.1-42) Conforto di Virgilio e soccorso delle tre donne (vv ) Ritrovata sicurezza di Dante (vv ) 3. Canto III La porta dell Inferno (vv. 1-21) Gli ignavi (vv ) L Acheronte e Caronte (vv ) Terremoto e svenimento di Dante(vv ) 4. Canto IV Il Limbo (vv. 1-63) I grandi poeti antichi (vv ) Il castello degli spiriti magni (vv ) 5. Canto V Il secondo cerchio, Minosse (vv. 1-24) I lussuriosi (vv ) Paolo e Francesca (vv ) 6. Canto VI I golosi, Cerbero (vv. 1-33) Ciacco (vv ) 19. Canto XIX I simoniaci (vv. 1-30) Papa Niccolò III (vv ) Invettiva contro i papi simoniaci (vv ) 20. Canto XX Gli indovini (vv. 1-30) Anfiarao; Tiresia; Arunte (vv ) Manto e le origini di Mantova (vv ) Altri indovini (vv ) 21. Canto XXI La bolgia dei barattieri (vv. 1-21) Arrivo di un peccatore (vv ) Colloquio tra Virgilio e Malacoda (vv ) La pattuglia dei diavoli (vv ) 22. Canto XXII Diavoli e barattieri (vv. 1-30) Ciampolo di Navarra (vv ) Inganno di Ciampolo e zuffa dei diavoli (vv ) 23. Canto XXIII Fuga di Dante e Virgilio (vv. 1-57) La bolgia degli ipocriti (vv ) I frati gaudenti: Catalano e Loderingo (vv ) Caifas (vv ) Le menzogne del diavolo (vv )

2 Condizione dei dannati dopo il Giudizio Universale (vv ) 7. Canto VII Pluto (vv. 1-15) Gli avari e i prodighi (vv ) La fortuna (vv ) La palude dello Stige e gli iracondi (vv ) 8. Canto VIII Passaggio dello Stige, Flegias (vv. 1-30) Filippo Argenti (vv ) Le mura della città di Dite (vv ) 9. Canto IX Paura di Dante (vv. 1 33) Le Furie (vv ) Il messo divino (vv ) Dentro le mura: il cimitero degli eretici (vv ) 10. Canto X Gli epicurei (vv. 1-21) Farinata degli Uberti (vv ) Apparizione di Calvalcante de' Cavalcanti (vv ) Ripresa del colloquio con Farinata e sua profezia (vv ) I limiti della preveggenza dei dannati (vv ) Smarrimento di Dante (vv ) 11. Canto XI La tomba di Papa Anastasio (vv. 1-12) Ordinamento e distribuzione dei dannati nell'inferno (vv ) Considerazioni sull'usura (vv. 24. Canto XXIV L'argine della settima bolgia (vv. 1-63) La bolgia dei ladri (vv ) Metamorfosi dei ladri (vv ) Vanni Fucci e la sua profezia (vv ) 25. Canto XXV Vanni Fucci e l'invettiva contro Pistoia (vv. 1-15) Il centauro Caco (vv ) I ladri fiorentini: altra metamorfosi (vv ) Terza metamorfosi (vv ) 26. Canto XXVI Invettiva contro Firenze (vv. 1-12) La bolgia dei consiglieri fraudolenti (vv ) Ulisse e Diomede (vv ) Racconto dell'ultimo viaggio di Ulisse (vv ) 27. Canto XXVII Guido da Montefeltro (vv. 1-30) Le condizioni politiche della Romagna (vv ) Il racconto di Guido (vv ) La morte di Guido (vv ) 28. Canto XXVIII I seminatori di discordia (vv. 1-21) Maometto e Alì (vv ) Pier da Medicina (vv ) Curione (vv ) Mosca dei Lamberti (vv ) Bertran de Born (vv )

3 91-115) 12. Canto XII La frana e il Minotauro (vv.1-45) Il Flegetonte e i Centauri (vv ) I violenti contro il prossimo (vv ) 13. Canto XIII La selva dei suicidi (vv. 1-30) L'arbusto sanguinante (vv ) Pier delle Vigne (vv ) Spiegazione di come i suicidi si trasformino in piante (vv ) Gli scialacquatori (vv ) Il suicida fiorentino (vv ) 14. Canto XIV La distesa infuocata (vv. 1-42) Capaneo (vv ) Il ruscello di sangue (vv ) Il Veglio di Creta (vv ) I fiumi infernali (vv ) 15. Canto XV I sodomiti (vv. 1-21) Brunetto Latini (vv ) Brunetto parla di Firenze e profetizza l'esilio a Dante (vv ) Chierici e letterati (vv ) 16. Canto XVI I tre fiorentini (vv.1-63) La corruzione di Firenze (vv ) La corda di Dante (vv ) Ascesa di Gerione (vv Canto XXIX Geri del Bello (vv. 1-36) La decima bolgia dei falsari (vv ) Gli alchimisti: Grifolino d'arezzo e Capocchio da Siena (vv ) La vanità dei senesi (vv ) 30. Canto XXX I falsari di persona: Gianni Schicchi, Mirra (vv. 1-45) I falsari di moneta: maestro Adamo (vv ) I falsari di parola: la moglie di Putifarre e Sinone (vv ) La rissa tra Mastro Adamo e Sinone (vv ) 31. Canto XXXI I giganti (vv. 1-45) Nembrot (vv ) Fialte, Briareo (vv ) Anteo (vv ) 32. Canto XXXII Invocazione di Dante (vv. 1-15) La Caina: i traditori dei congiunti (vv ) Camicione de' Pazzi (vv ) L'Antenora: Bocca degli Abati (vv ) Il conte Ugolino e l'arcivescovo Ruggieri (vv ) 33. Canto XXXIII Il racconto del conte Ugolino (vv. 1-78) Invettiva contro Pisa (vv ) La Tolomea: i traditori degli ospiti (vv ) Frate Alberigo, Branca Doria (vv ) Invettiva contro Genova (vv.

4 136) 17. Canto XVII Gerione (vv. 1-27) Gli usurai (vv ) Discesa all'ottavo cerchio (vv ) 18. Canto XVIII Descrizione di Malebolge (vv. 1-21) Ruffiani e seduttori (vv ) Venedico Caccianemico (vv ) Giasone (vv ) Adulatori: Alessio Interminelli (vv ) Taide (vv ) ) 34. Canto XXXIV La Giudecca: i traditori dei benefattori (vv. 1-15) Lucifero (vv ) Giuda, Bruto e Cassio (vv ) Discesa dei poeti lungo il corpo di Lucifero (vv ) Spiegazione cosmologica di Virgilio (vv ) Risalita agli antipodi dell'inferno (vv ) Canto I La selva oscura (vv. 1-12): Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. (3) Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! (6) Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v' ho scorte. (9) A metà del cammino della nostra vita terrena, avendo smarrito la via del retto vivere, mi trovai a vagare in una selva oscura. Descrivere quella selva selvaggia, impervia ed insuperabile, mi è così difficile che al solo ricordo la paura si rinnova. Il tormento che provoca è di poco inferiore all angoscia della morte; ma per giungere

5 Io non so ben ridir com'i' v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. (12) a parlare del bene incontratovi, dirò prima delle altre cose che in essa ho visto. Io non so ben spiegare come vi entrai, tanto ero pieno di sonno quando abbandonai la via della verità. Il colle illuminato dal sole (vv ): Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto, (15) guardai in alto e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. (18) Allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i' passai con tanta pieta. (21) E come quei che con lena affannata, uscito fuor del pelago a la riva, si volge a l'acqua perigliosa e guata, (24) così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva. (27) Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.(30) Ma dopo che giunsi ai piedi di un colle, là dove terminava quella valle che mi aveva riempito il cuore di paura, guardai verso l'alto e vidi la sua sommità rivestita già dei raggi dell astro (il sole) che guida secondo verità ciascuno nel suo cammino. Allora la paura che, per tutta la notte da me trascorsa in così compassionevole affanno, mi aveva raggiunto nel profondo del cuore, placò in parte la sua violenza. E come colui che con il respiro affannoso, uscito fuori del mare, si volge all'acqua pericolosa e guarda intensamente, così il mio animo, che ancora fuggiva, si volse indietro a riguardare il passaggio che non lasciò giammai vivo nessun individuo. Dopo aver riposato un po il corpo stanco, ripresi la mia salita lungo il pendio desolato, in modo che il piede fermo era sempre più basso rispetto a quello in movimento. Le tre fiere (vv ): Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta; (33) e non mi si partia dinanzi al volto, anzi 'mpediva tanto il mio cammino, ch'i' fui per ritornar più volte vòlto. (36) Temp'era dal principio del mattino, e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle Ma, giunto quasi all inizio della salita vera e propria, ecco che mi apparve una lonza snella e veloce, dal manto chiazzato; essa non si allontanava dalla mia vista, ma al contrario ostacolava a tal punto il mio cammino, che più di una volta fui sul punto di tornarmene indietro. Era passato del tempo dal principio del mattino ed il sole saliva in alto in

6 ch'eran con lui quando l'amor divino (39) mosse di prima quelle cose belle; sì ch'a bene sperar m'era cagione di quella fiera a la gaetta pelle (42) l'ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m'apparve d'un leone. (45) Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse. (48) Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, (51) questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza. (54) E qual è quei che volontieri acquista, e giugne 'l tempo che perder lo face, che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista; (57) tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi 'ncontro, a poco a poco mi ripigneva là dove 'l sol tace. (60) congiunzione con quelle stelle che erano con lui quando l'amore Divino creò, imprimendo loro il movimento, gli astri; sì che l'ora mattutina e la dolce stagione primaverile mi erano di buon auspicio per sperare di scampare a quella fiera dalla pelle variegata; ma non abbastanza da non farmi spaventare alla vista di un leone. Questo sembrava venirmi incontro rabbioso e famelico, col capo eretto, e diffondeva intorno a sé tanto spavento che l aria stessa sembrava rabbrividirne. E (oltre al leone) una lupa, che nella sua magrezza sembrava carica di ogni desiderio, e aveva reso infelice già molta gente, questa mi trasmise tanta angoscia, con lo spavento che emanava dalla sua apparizione, che io persi la speranza di raggiungere la vetta. E come colui che guadagna volentieri e giunge il tempo che lo fa perdere, che in ogni suo pensiero piange e si rattrista; lo stesso effetto provocò in me la bestia senza pace la quale, venendomi incontro, mi respingeva a poco a poco là dove il sole tace. Apparizione di Virgilio (vv ): Mentre stavo precipitando in basso, mi apparve all improvviso davanti colui che, a causa del lungo silenzio, sembrava ormai incapace di far comprendere la sua voce. Mentre ch'i' rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco. (63) Quando vidi costui nel gran diserto, Quando lo vidi nella grande solitudine, implorai il suo aiuto: " Abbi pietà di me, chiunque tu sia, fantasma o uomo in carne ed ossa!"

7 "Miserere di me", gridai a lui, "qual che tu sii, od ombra od omo certo!". (66) Rispuosemi: "Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patrïa ambedui. (69) Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. (72) Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d'anchise che venne di Troia, poi che 'l superbo Ilïón fu combusto. (75) Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch'è principio e cagion di tutta gioia?". (78) "Or se' tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?", rispuos'io lui con vergognosa fronte. (81) "O de li altri poeti onore e lume, vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore che m' ha fatto cercar lo tuo volume. (84) Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore, tu se' solo colui da cu' io tolsi lo bello stilo che m' ha fatto onore. (87) Vedi la bestia per cu' io mi volsi; aiutami da lei, famoso saggio, ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi". (90) "A te convien tenere altro vïaggio", rispuose, poi che lagrimar mi vide, "se vuo' campar d'esto loco selvaggio; (93) ché questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide; (96) e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo 'l pasto ha più fame che pria. (99) Mi rispose: " Non sono vivo, ma lo sono stato, e i miei genitori furono lombardi, entrambi originari di Mantova. Nacqui mentre era ancora in vita Giulio Cesare, benché troppo tardi (per esserne conosciuto e apprezzato), e vissi a Roma al tempo del buon Ottaviano Augusto, in un età in cui vigeva il culto di divinità non vere e ingannevoli. Fui poeta, e celebrai in versi le imprese di quel paladino della giustizia (Enea), figlio di Anchise, che venne da Troia (a stabilirsi in Italia), dopo che la superba città fu incendiata. Ma tu perché vuoi ridiscendere a tanta pena? Perché non sali invece il gaudioso colle che è il principio e la causa di ogni gioia? " "Sei proprio tu " risposi reverente ed umile " il grande Virgilio, sorgente copiosa di inesauribile poesia? O tu onore e luce degli altri poeti, mi valgano la tua benevolenza l assidua consuetudine e il grande amore che mi ha spinto ad accostarmi alla tua opera. Tu sei il mio maestro e il mio autore. Tu solo sei colui dal quale io trassi lo stile bello che mi ha arrecato fama. Vedi la bestia a causa della quale sono tornato indietro, aiutami da lei, famoso saggio, poiché essa mi fa tremare le vene e i polsi". "A te conviene percorrere un'altra strada", rispose dopo che mi vide piangere,"se vuoi scampare da questo luogo selvaggio; poiché questa bestia, per la quale tanto ti lamenti, ostacola il cammino a chiunque in essa si imbatte, perseguitandolo senza tregua fino ad ucciderlo;

8 ed è per indole tanto perversa e malvagia, che nulla può placarne le smodate cupidigie e dopo aver mangiato ha ancora più fame di prima. Molti son li animali a cui s'ammoglia, e più saranno ancora, infin che 'l veltro verrà, che la farà morir con doglia. (102) Questi non ciberà terra né peltro, ma sapïenza, amore e virtute, e sua nazion sarà tra feltro e feltro. (105) Di quella umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute. (108) Questi la caccerà per ogne villa, fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, Profezia del veltro (vv ): Numerosi sono gli animali ai quali si accoppia, e il loro numero è destinato a crescere, fino all arrivo di un Veltro, che la ucciderà crudelmente. Né il potere né la ricchezza saranno il suo nutrimento, ma soltanto le qualità della mente e dell animo, e la sua nascita avverrà tra poveri panni. Sarà la salvezza di quella Italia, ora umiliata, per l a quale morirono in combattimento la giovane Camilla, Eurialo e Turno e Niso. Egli darà la caccia alla lupa in ogni città, fino a costringerla a tornarsene nell Inferno, da dove Lucifero, odio primigenio, la fece uscire.

9 là onde 'nvidia prima dipartilla. (111) Ond'io per lo tuo me' penso e discerno che tu mi segui, e io sarò tua guida, e trarrotti di qui per loco etterno; (114) ove udirai le disperate strida, vedrai li antichi spiriti dolenti, ch'a la seconda morte ciascun grida; (117) e vederai color che son contenti nel foco, perché speran di venire quando che sia a le beate genti. (120) A le quai poi se tu vorrai salire, anima fia a ciò più di me degna: con lei ti lascerò nel mio partire; (123) ché quello imperador che là sù regna, perch'i' fu' ribellante a la sua legge, non vuol che 'n sua città per me si vegna. (126) In tutte parti impera e quivi regge; quivi è la sua città e l'alto seggio: oh felice colui cu' ivi elegge!". (129) Il viaggio nell oltretomba (vv ): Perciò penso e giudico che, per la tua salvezza, tu debba seguirmi, e io sarò la tua guida, e ti condurrò da qui nel luogo della pena eterna, dove udrai i disperati lamenti dei malvagi, vedrai gli spiriti di coloro che, fin dalla più remota antichità, soffrono per l inappellabile dannazione; e vedrai coloro che sono contenti di espiare le loro colpe nei tormenti del Purgatorio, perché sperano di raggiungere prima o poi il cielo. Se tu vorrai giungere fin lassù, un anima più degna di me ti accompagnerà: con lei ti lascerò al momento del mio distacco; poiché Dio, che lassù regna, per non essere stato in terra sottomesso alla sua legge ( cioè cristiano) non mi permette che di penetrare nella sua città (tra i beati). Dio è in ogni luogo sovrano onnipotente e ha nel cielo la sua sede; qui si trovano la sua città e l eccelso trono: felice colui che Dio sceglie perché risieda in cielo" Ed io a lui: " Poeta, ti chiedo in nome di quel Dio che non hai potuto conoscere, per la mia salvezza temporale ed eterna

10 E io a lui: "Poeta, io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti, acciò ch'io fugga questo male e peggio, (132) di condurmi là dove ora hai detto, così che io possa vedere la porta di san Pietro e le anime che dici essere così infelici". Allora Virgilio si incamminò, e io lo seguii. che tu mi meni là dov'or dicesti, sì ch'io veggia la porta di san Pietro e color cui tu fai cotanto mesti". (135) Allor si mosse, e io li tenni dietro. Canto II Perplessità e timori di Dante (vv. 1-42): Il giorno finiva, e l oscurità poneva fine alle fatiche dei vivi in terra; soltanto io mi preparavo a sostenere il travaglio fisico e morale (del viaggio), che la memoria, esatta nel trascrivere ciò che ha appreso, narrerà. O Muse, o mia forza intellettuale, venite in mio aiuto; o memoria, che porti impressa in te ciò

11 che io vidi, qui mostrerai il tuo valore. Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno toglieva li animai che sono in terra da le fatiche loro; e io sol uno (3) Io cominciai con queste parole: "Poeta, mia guida, guarda se le mie capacità sono sufficienti, prima di affidarmi all arduo passaggio. m'apparecchiava a sostener la guerra sì del cammino e sì de la pietate, che ritrarrà la mente che non erra. (6) O muse, o alto ingegno, or m'aiutate; o mente che scrivesti ciò ch'io vidi, qui si parrà la tua nobilitate. (9) Io cominciai: "Poeta che mi guidi, guarda la mia virtù s'ell'è possente, prima ch'a l'alto passo tu mi fidi. (12) Tu dici che di Silvïo il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente. (15) Però, se l'avversario d'ogne male cortese i fu, pensando l'alto effetto ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale (18) non pare indegno ad omo d'intelletto; ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero ne l'empireo ciel per padre eletto: (21) (Nell Eneide) tu narri che il padre di Silvio (Enea), mentre era ancora in vita, andò nel mondo dei morti, e fece ciò in carne e ossa. Ma, se Dio fu con lui cortese, riflettendo sull importanza dei risultati che avrebbero avuto in Enea la loro origine, e sulle sue qualità personali e sulla sua stirpe regale, la cosa non appare ingiustificata a chi ragiona; poiché egli fu prescelto da Dio come capostipite della nobile Roma e del suo impero: Roma e il suo impero, se vogliamo essere esatti, furono costituiti da Dio per preparare il luogo sacro dove ha sede il pontefice, successore del grande Pietro. la quale e 'l quale, a voler dir lo vero, fu stabilita per lo loco santo u' siede il successor del maggior Piero.(24) Per quest'andata onde li dai tu vanto, intese cose che furon cagione di sua vittoria e del papale ammanto. (27) A causa di questa discesa ( nel regno dei morti), di cui (nel tuo poema) lo hai considerato degno, apprese fatti che furono le premesse della sua vittoria e dell autorità papale. Andovvi poi lo Vas d'elezïone, per recarne conforto a quella fede ch'è principio a la via di salvazione. (30) Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede? Io non Enëa, io non Paulo sono; me degno a ciò né io né altri 'l crede. (33) Per che, se del venire io m'abbandono, temo che la venuta non sia folle. Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono". (36) Vi andò poi l eletto da Dio (San Paolo) il quale vi andò per trarne forza per la diffusione della fede cristiana, senza la quale la salvezza è impossibile. Ma per quale motivo io devo intraprendere questo viaggio? chi mi autorizza a farlo? Non sono né Enea né San Paolo: né io mi ritengo

12 E qual è quei che disvuol ciò che volle e per novi pensier cangia proposta, sì che dal cominciar tutto si tolle, (39) tal mi fec'ïo 'n quella oscura costa, perché, pensando, consumai la 'mpresa che fu nel cominciar cotanto tosta. (42) all altezza del compito, né qualcun altro me ne ritiene degno. Perciò, se m induco ad acconsentire, temo che la mia venuta sia temeraria. Sei saggio; sei in grado di comprendere meglio di quanto io non sia in grado di esprimermi. E come colui che cessa di volere ciò che ha voluto prima e cambia intento per il sopraggiungere di nuovi pensieri, così da allontanarsi dal proposito iniziale, venni a trovarmi io su quel buio pendio, perché portai a termine, col pensiero, l impresa cui mi ero accinto con tanto coraggio. "S'i' ho ben la parola tua intesa", rispuose del magnanimo quell'ombra, "l'anima tua è da viltade offesa; (45) la qual molte fïate l'omo ingombra sì che d'onrata impresa lo rivolve, come falso veder bestia quand'ombra. (48) Da questa tema acciò che tu ti solve, dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesi nel primo punto che di te mi dolve. (51) Io era tra color che son sospesi, e donna mi chiamò beata e bella, Conforto di Virgilio e soccorso delle tre donne (vv ): "Se ho capito bene il tuo discorso" rispose l ombra di Virgilio, "il tuo animo è indebolito dalla viltà: questa molte volte ostacola l uomo a tal punto da allontanarlo da un impresa onorata, come quando una bestia si impaurisce per qualcosa che invece è solo ombra. Perché tu ti sollevi da questo timore ti spiegherò perché venni da te e ciò che udii quando per la prima volta provai pietà per il tuo stato. Mi trovavo tra coloro che sono in una condizione intermedia tra i beati e i dannati al fuoco eterno, quando venni chiamato da una donna di tale bellezza e soffusa di tanta letizia, da essere indotto a pregarla di comandare. La luce dei suoi occhi vinceva quella delle stelle; e cominciò a parlarmi dolcemente e pacatamente,

13 tal che di comandare io la richiesi. (54) Lucevan li occhi suoi più che la stella; e cominciommi a dir soave e piana, con angelica voce, in sua favella: (57) con voce angelica: "O cortese anima mantovana, la cui fama ancora dura fra gli uomini, ed è destinata a durare tanto a lungo quanto durerà il mondo, "O anima cortese mantoana, di cui la fama ancor nel mondo dura, e durerà quanto 'l mondo lontana, (60) l'amico mio, e non de la ventura, ne la diserta piaggia è impedito sì nel cammin, che vòlt'è per paura; (63) e temo che non sia già sì smarrito, ch'io mi sia tardi al soccorso levata, per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito. (66) Or movi, e con la tua parola ornata e con ciò c' ha mestieri al suo campare, l'aiuta sì ch'i' ne sia consolata. (69) I' son Beatrice che ti faccio andare; vegno del loco ove tornar disio; amor mi mosse, che mi fa parlare. (72) Quando sarò dinanzi al segnor mio, di te mi loderò sovente a lui". Tacette allora, e poi comincia' io: (75) "O donna di virtù sola per cui l'umana spezie eccede ogne contento di quel ciel c' ha minor li cerchi sui, (78) tanto m'aggrada il tuo comandamento, che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi; più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento. (81) Ma dimmi la cagion che non ti guardi de lo scender qua giuso in questo centro de l'ampio loco ove tornar tu ardi". (84) "Da che tu vuo' saver cotanto a dentro, dirotti brievemente", mi rispuose, "perch'i' non temo di venir qua entro. (87) Temer si dee di sole quelle cose c' hanno potenza di fare altrui male; de l'altre no, ché non son paurose. (90) colui che è amato da me, ma non dalla sorte, ha trovato tali ostacoli sul deserto pendio del colle, che si è già volto indietro per la paura; il mio timore è che egli si sia a tal punto nuovamente perduto (nel peccato), da rendere ormai tardivo (e quindi inutile) il mio aiuto, per quel che di lui mi è stato riferito in cielo. Va dunque, e aiutalo sia con la tua eloquenza sia con tutto ciò che altrimenti occorra per la sua salvezza, in modo da rendermi contenta. Io, che ti invito ad andare, sono Beatrice; vengo dal cielo, dove desidero tornare; sono stata spinta (fin qui) dall amore e amore ha ispirato le mie parole. Quando sarò davanti al mio signore (Dio), spesso Gli parlerò degnamente di te." Allora tacque, e poi io cominciai: "O signora di virtù, per la quale virtù soltanto il genere umano è superiore ad ogni altro essere contenuto dal cielo (quello della Luna) che compie i giri più piccoli, il tuo ordine mi è così gradito, che, se anche avessi iniziato ad obbedirti, mi sembrerebbe pur sempre d aver fatto tardi; più non occorre che tu mi manifesti il tuo volere. Dimmi piuttosto il motivo per cui non temi di scendere qua in basso, nel centro dell universo, dal luogo sconfinato (I Empireo), dove bruci dal desiderio di ritornare."

14 "Poiché vuoi penetrare tanto in profondità con la tua mente, ti dirò in breve perché non temo di scendere qui dentro" mi rispose. Si devono temere soltanto quelle cose che possono arrecare danno; le altre no, poiché non sono temibili. I' son fatta da Dio, sua mercé, tale, che la vostra miseria non mi tange, né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale.(93) Donna è gentil nel ciel che si compiange di questo 'mpedimento ov'io ti mando, sì che duro giudicio là sù frange. (96) Questa chiese Lucia in suo dimando e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele di te, e io a te lo raccomando -. (99) Dio mi creò, per sua grazia, tale che la vostra miseria di peccatori non mi tocca, né possono attaccarmi le fiamme infernali. Nel cielo una donna gentile (la Vergine) ha compassione per queste difficoltà verso le quali io ti mando (a liberare Dante), tanto da mitigare la severità della giustizia divina. Questa chiamò Lucia e disse: "Il tuo fedele ha ora bisogno di te, ed io a te lo raccomando". Lucia, nemica di ogni crudeltà, si mosse, e venne dove io stavo insieme all antica

15 Rachele. Lucia, nimica di ciascun crudele, si mosse, e venne al loco dov'i' era, che mi sedea con l'antica Rachele. (102) Disse: - Beatrice, loda di Dio vera, ché non soccorri quei che t'amò tanto, ch'uscì per te de la volgare schiera? (105) Non odi tu la pieta del suo pianto, non vedi tu la morte che 'l combatte su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? (108) Al mondo non fur mai persone ratte a far lor pro o a fuggir lor danno, com'io, dopo cotai parole fatte, (111) venni qua giù del mio beato scanno, fidandomi del tuo parlare onesto, ch'onora te e quei ch'udito l' hanno". (114) Poscia che m'ebbe ragionato questo, li occhi lucenti lagrimando volse, per che mi fece del venir più presto. (117) E venni a te così com'ella volse: d'inanzi a quella fiera ti levai che del bel monte il corto andar ti tolse (120) Dunque: che è perché, perché restai, perché tanta viltà nel core allette, perché ardire e franchezza non hai, (123) poscia che tai tre donne benedette curan di te ne la corte del cielo, e 'l mio parlar tanto ben ti promette?". (126) Parlò: - Beatrice, vera gloria di Dio, perché non aiuti chi tanto ti amò, colui che, per amor tuo, seppe elevarsi sulla turba dei mediocri? Non senti il suo pianto angoscioso? non vedi il pericolo della dannazione che lo assale sul fiume, sul quale il mare non può vantare la sua forza? Al mondo non ci furono mai persone così pronte a perseguire il loro utile e a evitare ciò che potesse danneggiarle, come fui pronta io, dopo che tali parole mi furono dette, nello scendere fin quaggiù dal mio seggio di beata, confidando nella tua nobile eloquenza, che onora sia te sia quelli che l hanno intesa." Detto ciò, volse verso di me gli occhi lucidi di lacrime; rendendomi così più sollecito a venire. E come Beatrice volle venni da te; ti portai via dal cospetto della lupa, che ti aveva impedito di raggiungere per la via più breve la cima del colle. Che hai dunque? Perché indugi? Perché accogli in cuore tanta viltà? Perché non hai coraggio e schietta fiducia in te stesso? dal momento che tre beate tanto potenti perorano la tua causa davanti al tribunale di Dio, e che le

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