CONCORSI: PER ENTRARE NELLA POLIZIA PENITENZIARIA NON SERVIRA PIÙ IL SERVIZIO

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1 Notiziario della Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Via Trionfale, 79/a Roma ( fax stampa@sappe.it Direttore Responsabile Donato Capece Vice Direttore Roberto Martinelli Reg. Trib. Roma n.104 del SAPPEInforma N. 8 martedì, 16 giugno 2015 CONCORSI: PER ENTRARE NELLA POLIZIA PENITENZIARIA NON SERVIRA PIÙ IL SERVIZIO NELLE FORZE ARMATE La possibilità di diventare Agente di Polizia Penitenziaria non passa più solo attraverso la ferma nelle Forze Armate. La novità è stata introdotta dall'art. 10 del Decreto legislativo 28 gennaio 2014, n. 8, che prevede, a partire dal 2016, concorsi pubblici non più riservati alle persone che hanno svolto servizio nelle Forze armate. Nello specifico, nel biennio saranno banditi concorsi con il 50 per cento dei posti disponibili destinati ai cittadini provenienti dalla "vita civile"; nel 2018 invece la percentuale salirà al 75 per cento. Ovviamente l'accesso al ruolo iniziale degli agenti ed assistenti delle forze di polizia prevede, comunque, il possesso di alcuni requisiti, consultabili sui siti istituzionali alla voce concorsi.

2 Fino ad oggi, per accedere al concorso pubblico da Agente, bisognava aver fatto prima il volontario in ferma prefissata, di 1 anno o 4 nelle forze armate; nel triennio , invece, saranno banditi concorsi pubblici per i giovani provenienti dalla "vita civile" a cui saranno destinati, per il 2016 e 2017, il 50 % dei posti disponibili, ogni anno, nel ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia Penitenziaria, mentre per l anno 2018 la percentuale salirà al 75%, sempre secondo le previsioni dell articolo 10 del D.Lgs n.8/2014. UNIFICAZIONE O RAZIONALIZZAZIONE DELLE FORZE DI POLIZIA: QUALE RUOLO PER LA POLIZIA PENITENZIARIA? L 11 giugno 2015 si è tenuto a Roma, organizzato dal SAPPE e dell Associazione Nazionale dei Funzionari del Corpo ANFU, il Convegno dal titolo Unificazione o razionalizzazione delle Forze di Polizia: prospettive per il Corpo di Polizia Penitenziaria presso la sala della piccola Protomoteca in Campidoglio alla presenza dei Vertici dell Amministrazione penitenziaria e di apprezzati esponenti del mondo politico e sindacale. Nella circostanza, abbiamo evidenziato la necessità di consegnare ai cittadini un apparato di sicurezza rinnovato e rinsaldato da vincoli di efficacia e di prossimità. In tale ottica, riteniamo che l'istanza di coordinamento possa trovare la sua principale e più compiuta espressione istituzionale nell'ufficio per il Coordinamento e la Pianificazione delle Forze di Polizia.

3 Questo ufficio, infatti, sia per il carattere integralmente interforze, sia per il particolare "modus operandi" a stretto e diretto contatto con i Comandi e le Direzioni Centrali delle singole Forze di Polizia, sia, infine, per la speciale collocazione ordinamentale all'interno dell'amministrazione della Pubblica Sicurezza, ben potrebbe fungere da elemento unificante per le Forze di Polizia. In questo solco, si muove la direttiva 2002/22/CE, con cui è stato fissato l obiettivo della istituzione di un numero d'emergenza unico europeo, vale a dire il "112. La direttiva in parola mira ad evitare che la sicurezza dei cittadini venga minata dalla frammentazione di molteplici sale operative esistenti e dalla duplicazione di compiti che potrebbero essere resi più funzionali dalla presenza di un collettore unico di chiamate in caso di emergenza. In proposito, deve essere anche apprezzata l istituzione di una centrale unica di acquisto di cui al Documento di Programmazione Economica: infatti, per comprare qualunque bene e servizio, dalle divise agli armamenti, alle attrezzature, le cinque Forze di Polizia non potranno più farlo in autonomia, ma sarà compito della nuova struttura, che avrà verosimilmente i suoi uffici nel Ministero dell Economia e delle Finanze, di adoperarsi in questo senso, al fine di assicurare significativi risparmi di spesa. Inoltre, occorre sottolineare come si registri sul punto un approccio politico più cauto, tanto che sono stati presentati

4 diversi emendamenti in materia meno impegnativi rispetto al disegno di legge iniziale che immaginava una totale revisione dell assetto dei Corpi di polizia. Ciò posto, appare evidente che l idea originaria di una unificazione delle Forze di Polizia, seppur predicabile in astratto, stia lasciando il posto a più ragionevoli e concrete forme di revisione, razionalizzazione, modernizzazione ed omogeneizzazione delle funzioni di polizia, soprattutto di carattere strumentale, attraverso l eliminazione di sovrapposizioni e di duplicazioni di competenze a cui si accompagnerà il riordino delle funzioni di polizia in materia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, con la possibilità di un assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nella Polizia di Stato. SAPPE e ANFU hanno poi evidenziato che prima di ogni unificazione occorre eliminare ogni forma di ingiustificata sperequazione all interno del Comparto Sicurezza, ed in questo senso è stato evidenziato il disallineamento venutosi a determinare con gli omologhi ruoli della Polizia di Stato e del Corpo Forestale dello Stato, per effetto dell approvazione rispettivamente del D.Lgs. 334/2000 e D.Lgs. 155/2001, aventi ad oggetto il riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente. Infatti, sebbene siano trascorsi più di quindici anni da tale gravissima discriminazione normativa e sebbene siano stati paventati e decantati interventi perequativi da esponenti politici ed amministrativi di vertice, nessun intervento legislativo è stato

5 posto in essere per restituire dignità alla classe direttiva e dirigenziale della Polizia Penitenziaria, anche quando un mero richiamo all ordinamento della Polizia di Stato, in particolare agli articoli 22 bis e 22 ter del D.Lgs 334/2000, sarebbe stato sufficiente per sanare lo squilibrio esistente. In tale sperequato panorama normativo nasce, quindi, l esigenza di adeguare l inquadramento dei funzionari della Polizia penitenziaria a quello della Polizia di Stato e del Corpo Forestale dello Stato, attraverso un intervento normativo che non può prescindere tuttavia dalle progressioni di carriera già in atto, avuto riguardo alla qualifica di commissario capo. Analoga necessità di armonizzare e omogeneizzare le carriere del Corpo di Polizia Penitenziaria con quelle degli appartenenti alle varie Forze di Polizia riguarda necessariamente le sperequazioni esistenti per i ruoli degli Ispettori e quello dei Sovrintendenti. Ma una riflessione deve essere fatta anche sulla necessità di prevedere uno sbocco di carriera per gli Assistenti Capo, cui oggi vengono spesso affidati compiti di responsabilità e coordinamento, nei servizi detentivi e di scorte NTP ad esempio. E stata infine messa in luce l esigenza di SAPPE e ANFU di dotare il Corpo di Polizia penitenziaria di una sua classe dirigente, allo stato solo abbozzata nella Tabella D, annessa alla legge 146/2000, con la previsione di 8 posti da primo dirigente e 4 da dirigente superiore, dal momento che l articolo 5, comma 3, nel rimandare al D.P.R. 335/1982 per quanto riguarda l accesso alle qualifiche di primo dirigente e dirigente superiore, opera un

6 rinvio meramente formale e non già sostanziale in considerazione che, allo stato, manca una specifica normativa che regoli la materia. Da ultimo, è stata ipotizzata la possibilità di affidare ai dirigenti penitenziari del Corpo la direzione di quei presidi territoriali che verranno istituiti in luogo dei soppressi provveditorati regionali, ai sensi dei decreti di attuazione del DPCM recante il regolamento di organizzazione del Ministro della Giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche del Ministero della Giustizia: direzione che ben potrebbe essere demandata, fin da subito, al ruolo direttivo del Corpo, dal momento che i presidi territoriali, diversamente dai Provveditorati Regionali, non vengono più concepiti come sede di dirigenza, almeno per quanto attiene alle materie della sicurezza di stretta competenza della Polizia Penitenzieria. MESSA ALLA PROVA: ARRIVA IL REGOLAMENTO IL ministro della Giustizia Andrea Orlando ha firmato il regolamento ministeriale di attuazione della legge 67/2014 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili) con cui si amplia la possibilità di far ricorso al lavoro di pubblica utilità. Già oggi gli imputati di reati puniti con la sola pena pecuniaria o con una pena detentiva non superiore a 4 anni hanno la possibilità di chiedere la sospensione del processo con messa alla prova e conseguente avviamento a lavori di pubblica utilità.

7 Con il regolamento firmato dal ministro lo scorso 9 giugno (ed ora in attesa di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale) la possibilità viene rafforzata offrendo agli uffici giudiziari la possibilità di sfruttare al meglio le finalità deflattive dell istituto. Con il provvedimento del Guardasigilli sono infatti disciplinate punto per punto le diverse convenzioni in materia di lavori di pubblica utilità che il Ministero o i Presidenti dei Tribunali competenti possono stipulare con Stato, enti locali e organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. Il regolamento prevede che la prestazione lavorativa non sarà retribuita, verrà svolta in favore della collettività, non sarà inferiore ai dieci giorni né superiore alle otto ore giornaliere e dovrà tener conto delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell imputato. Il decreto ministeriale elenca inoltre le mansioni a cui i richiedenti potranno essere adibiti: prestazioni sociosanitarie; di protezione civile, anche in caso di calamità naturali; di tutela del patrimonio ambientale e culturale e infine di manutenzione di immobili e servizi pubblici. Nessun onere è previsto a carico del Ministero della Giustizia, perché saranno sostenuti delle amministrazioni, degli enti locali e delle organizzazioni presso i quali viene svolta l attività gratuita in favore della collettività. Le convenzioni, raggruppate per distretto di Corte d Appello, saranno di volta in volta rese pubbliche attraverso l inserimento in una apposita sezione del sito internet Il decreto sarà in vigore dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. DIPENDENZA DA CAUSA DI SERVIZIO: AL VIA I RICORSI ALLA CORTE DEI CONTI

8 I dipendenti pubblici in servizio hanno da oggi una tutela in più. In accoglimento delle richieste formulate dallo Studio Legale Associato Guerra ( la Corte dei conti Sezione Giurisdizionale d Appello per la Regione Siciliana con sentenza n. 120/2015 ha confermato che, sulla causa di servizio, la Corte dei Conti va ritenuta competente anche per il personale in attività. Una sentenza, questa, che dopo l ordinanza n della Corte di Cassazione del febbraio 2014 dimostra quanto il lavoro congiunto e costruttivo di avvocati e magistratura possa contribuire all evoluzione del diritto. Ma che, soprattutto, dà a moltissimi dipendenti del comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso Pubblico ancora in servizio maggiori possibilità di vedere riconosciuta la dipendenza di malattie e infortuni dalle mansioni lavorative assegnate, con tutti i benefici che ne derivano. CHE COSA CAMBIA Come molti sanno, l accertamento del Comitato di Verifica delle Cause di Servizio (CVCS) è unico, definitivo e vincolante. In altre parole, se il Comitato non riconosce la dipendenza dell infermità o lesione dai fatti di servizio, l interessato si vedrà negare non solo l equo indennizzo, ma anche la pensione privilegiata (per la cosiddetta unicità d accertamento) e ogni altro beneficio connesso. Contro il decreto negativo sulla dipendenza da causa di servizio, il personale delle Forze Armate, Polizia e Soccorso Pubblico in servizio poteva finora ricorrere soltanto al TAR o proporre Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica (rispettivamente entro 60 o 120 giorni dalla notifica del

9 provvedimento negativo). Questi, tuttavia, non potevano (e ancora non possono) contestare il parere tecnico-scientifico del C.V.C.S. se non per manifesta infondatezza, incoerenza o travisamento dei fatti: essi valutano soltanto la legittimità degli atti. Nell ipotesi migliore, quindi, annullano i decreti e impongono all Amministrazione di acquisire nuovi pareri del C.V.C.S., che verosimilmente, come il più delle volte è avvenuto e avviene, possono essere ancora una volta negativi, con gli interessati costretti a valutare l opportunità di un contenzioso senza fine, ma certamente oneroso. Ora, invece, contro il decreto negativo, il personale tuttora in attività potrà ricorrere alla Corte dei Conti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio quale presupposto della (futura) pensione privilegiata. QUALI SONO I VANTAGGI La Corte dei Conti, quale Giudice del rapporto, ha facoltà di riesaminare i fatti di servizio, le condizioni ambientali e la causa (eziologia) delle infermità. Può avvalersi, inoltre, d una nuova consulenza tecnica, acquisire perizie medico-legali prodotte dal ricorrente e, infine, pronunciarsi sulla causa di servizio, annullando e sostituendo definitivamente il decreto negativo con una propria decisione che l Amministrazione ha l obbligo di eseguire. Inoltre il ricorso alla Corte dei conti avverso il decreto negativo di dipendenza da causa di servizio può essere proposto in ogni tempo, non essendo soggetto a termini decadenziali propri del TAR. Ne consegue che, contro il decreto negativo di dipendenza, al personale in servizio conviene ricorrere direttamente alla Corte dei Conti per l accertamento della dipendenza quale presupposto della (futura) pensione privilegiata.

10 Per rendere ammissibile il ricorso alla Corte dei Conti, è consigliabile: formulare la domanda di dipendenza da causa di servizio, o integrare quella già inviata, con l espressa richiesta del provvedimento sulla dipendenza anche quale presupposto del diritto a pensione privilegiata; in caso di decreto negativo di dipendenza già ricevuto, inoltrare altra domanda all Amministrazione d appartenenza, chiedendo specificamente l estensione della pronuncia sulla dipendenza quale presupposto del diritto a pensione privilegiata. Il personale interessato a ricorrere alla Corte dei conti dovrebbe essere: a chi voglia ottenere durante l attività tutti i benefici connessi alla causa di servizio negata e garantirsi il diritto (futuro) alla pensione privilegiata; b chi è stato dichiarato parzialmente inidoneo al servizio, che potrebbe vantare il diritto alla permanenza nel ruolo militare con mansioni d ufficio e garantirsi la pensione privilegiata in caso di dispensa; c chi è stato dichiarato assolutamente inidoneo al servizio militare incondizionato che oltre a transitare ai ruoli civili, potrebbe beneficiare della pensione privilegiata (art. 139 del T.U. 1092/73). d chi, anche se riconosciuto idoneo a seguito della contratta menomazione, voglia ipotecare il proprio futuro con il preventivo riconoscimento della causa di servizio ai fini del diritto a pensione privilegiata per infermità negata.

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