4 CONVEGNO ECCLESIALE

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1 Il Tabor Foglio di spiritualità dei Padri Passionisti del Santuario Madonna d Itria di Cirò Marina (Kr) - tel ANNO 3, n ottobre 2006 L evento ecclesiale più importante per la Chiesa italiana in questo 2006 è senz altro il Convegno di Verona, che si svolgerà dal 16 al 20 ottobre ed al quale parteciperà il Santo Padre, la cui presenza è prevista per il 19 ottobre alla vigilia della conclusione di questo periodico appuntamento tra tutti i cattolici italiani, soprattutto dei fedeli laici. L'ultimo convegno ecclesiale, infatti, risale al 1995 e si tenne a Palermo. In quella circostanza, come in questa, tutte le Diocesi hanno seguito un particolare percorso di formazione e di preparazione, durante il quale sono stati prodotti interessanti documenti, che verranno presentati ufficialmente durante le giornate di Convegno. Tante le riflessioni che sicuramente serviranno a proiettare una nuova luce sul cammino della speranza nella Chiesa italiana e nel complesso mondo della realtà sociale del nostro Paese. Alcune questioni sono prioritarie, come una nuova coscienza evangelizzatrice, che spazia su tutti i fronti e specialmente su quello della speranza. Non a caso è stata indicata come tematica del Convegno veronese: Testimoni di Cristo Risorto, speranza del mondo. Ciò che unisce sottilmente i Convegni ccclesiali di Roma (1976), Loreto (1985), Palermo (1995) con il prossimo di Verona è, sicuramente il rapporto tra Vangelo e libertà degli uomini. Rapporto colto nelle tre virtù teologali della religione cristiana: fede, speranza e carità. I tre Convegni già celebrati sembrano fare da contrappunto al programma pastorale della Chiesa italiana su evangelizzazione, fede e carità. Mancava all'appello il tema della speranza ed il Convegno di Verona lo ha scelto non a caso, ma per completare un trittico di riflessione teologica e pastorale iniziato con i Convegni precedenti. E la speranza, come la fede e la carità, va annunciata e testimoniata. All'inizio di questo millennio la pastorale ha acquistato anche la coscienza della necessità di una svolta missionaria, che si esprime in tre scelte programmatiche, che stanno alla base del cammino sin qui fatto: il primato dell evangelizzazione, la figura comunitaria della Chiesa, la conversione pastorale. La scelta del tema del Testimoni di Cristo Risorto, speranza del mondo Convegno di Verona ha cercato una felice sintesi tra il tema della speranza e la considerazione del laico come testimone. Il punto di fusione è avvenuto attorno al fulcro della speranza cristiana, che trova la sua figura centrale in Gesù Risorto. L'accento cristiano è che la figura della speranza ha il volto di Cristo risorto, è una persona, è l'esperienza sconvolgente di trasformazione e di trasfigurazione che la risurrezione di Gesù ha seminato nel grembo della storia. In questa ottica siamo chiamati ad esercitarci nella speranza cristiana. Il credente come testimone di speranza, infatti, è lo specifico del convegno di Verona. Egli deve esercitarsi continuamente nella speranza, perché ognuno sia testimone di essa nella vicenda stupenda e drammatica di questo inizio millennio. 4 CONVEGNO ECCLESIALE Verona ottobre 2006 In altri termini, si tratta di mostrare che il Vangelo della risurrezione di Gesù non riguarda solo il destino futuro della persona e del mondo, ma la novità con cui si vive il presente, come, pellegrini e stranieri che hanno la mente lucida e il cuore libero per dare un originale contributo alla costruzione della città e del mondo attuale.

2 2197. Il quarto comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica l'ordine della carità. Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori ai quali dobbiamo la vita e che ci hanno trasmesso la conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e rispettare tutti coloro che Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua autorità Il quarto comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle loro relazioni con il padre e con la madre, essendo questa relazione la più universale. Concerne parimenti i rapporti di parentela con i membri del gruppo familiare. Chiede di tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati. Si estende infine ai doveri degli alunni nei confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro superiori, dei cittadini verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e i governanti. Questo comandamento implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori, docenti, capi, magistrati, governanti, di tutti coloro che esercitano un'autorità su altri o su una comunità di persone. I. La famiglia nel piano di Dio La comunità coniugale è fondata sul consenso degli sposi. Il matrimonio e la famiglia sono ordinati al bene degli sposi e alla procreazione ed educazione dei figli Creando l'uomo e la donna, Dio ha istituito la famiglia umana e l'ha dotata della sua costituzione fondamentale. I suoi membri sono persone uguali in dignità La famiglia cristiana è una comunione di persone, segno e immagine della comunione del Padre e del Figlio nello Spirito Santo. La sua attività procreatrice ed educativa è il riflesso dell'opera creatrice del Padre. La famiglia è chiamata a condividere la preghiera e il sacrificio di Cristo. La preghiera quotidiana e la lettura della Parola di Dio corroborano in essa la carità. La famiglia cristiana è evangelizzatrice e missionaria. II. La famiglia e la società La famiglia è la cellula originaria della vita sociale. E' la società naturale in cui l'uomo e la donna sono chiamati al dono di sé nell'amore e nel dono della vita. La famiglia è la comunità nella quale, fin dall'infanzia, si possono apprendere i valori morali, si può incominciare ad onorare Dio e a far buon uso della libertà. La vita di famiglia è un'iniziazione alla vita nella società L'importanza della famiglia per la vita e il benessere della società, comporta per la società stessa una particolare responsabilità nel sostenere e consolidare il matrimonio e la famiglia. Il potere civile consideri come un sacro dovere rispettare, proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità pubblica e la prosperità 4 Comandamento ONORA TUO PADRE E TUA MADRE - pag. 2 - domestica Il quarto comandamento illumina le altre relazioni nella società. Nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle, vediamo i figli dei nostri genitori; nei nostri cugini, i discendenti dei nostri avi; nei nostri concittadini, i figli della nostra patria; nei battezzati, i figli della Chiesa, nostra madre; in ogni persona umana, un figlio o una figlia di colui che vuole essere chiamato «Padre nostro». Doveri dei figli III. Doveri dei membri della famiglia Il rispetto per i genitori (pietà filiale) è fatto di riconoscenza verso coloro che, con il dono della vita, il loro amore e il loro lavoro, hanno messo al mondo i loro figli e hanno loro permesso di crescere in età, in sapienza e in grazia Per tutto il tempo in cui vive nella casa dei suoi genitori, il figlio deve obbedire ad ogni loro richiesta motivata dal suo proprio bene o da quello della famiglia. «Figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore» (Col 3,20). I figli devono anche obbedire agli ordini ragionevoli dei loro educatori e di tutti coloro ai quali i genitori li hanno affidati. Ma se in coscienza sono persuasi che è moralmente riprovevole obbedire a un dato ordine, non vi obbediscano. Crescendo, i figli continueranno a rispettare i loro genitori. Preverranno i loro desideri, chiederanno spesso i loro consigli, accetteranno i loro giustificati ammonimenti. Con l'emancipazione cessa l'obbedienza dei figli verso i genitori, ma non il rispetto che ad essi è sempre dovuto Il quarto comandamento ricorda ai figli divenuti adulti le loro responsabilità verso i genitori. Nella misura in cui possono, devono dare loro l'aiuto materiale e morale, negli anni della vecchiaia e in tempo di malattia, di solitudine o di indigenza I cristiani devono una speciale gratitudine a coloro dai quali hanno ricevuto il dono della fede, la grazia del Battesimo e la vita nella Chiesa. Può trattarsi dei genitori, di altri membri della famiglia, dei nonni, di pastori, di catechisti, di altri maestri o amici. Doveri dei genitori La fecondità dell'amore coniugale non si riduce alla sola procreazione dei figli, ma deve estendersi alla loro educazione morale e alla loro formazione spirituale. La funzione educativa dei genitori è tanto importante che, se manca, può a stento essere supplita. Il diritto e il dovere dell'educazione sono, per i genitori, primari e inalienabili I genitori devono considerare i loro figli come figli di Dio e rispettarli come persone umane.

3 2225. Dalla grazia del sacramento del Matrimonio, i genitori hanno ricevuto la responsabilità e il privilegio di evangelizzare i loro figli. Li inizieranno, fin dai primi anni di vita, ai misteri della fede dei quali essi, per i figli, sono i primi annunziatori. Li faranno partecipare alla vita della Chiesa fin dalla più tenera età Diventando adulti, i figli hanno il dovere e il diritto di scegliere la propria professione e il proprio stato di vita. I genitori avranno cura di non costringere i figli né quanto alla scelta della professione, né quanto a quella del coniuge. Questo dovere di discrezione non impedisce loro, tutt'altro, di aiutarli con sapienti consigli. IV. La famiglia e il Regno I vincoli familiari, sebbene importanti, non sono però assoluti. Quanto più il figlio cresce verso la propria maturità e autonomia umane e spirituali, tanto più la sua specifica vocazione, che viene da Dio, si fa chiara e forte. I genitori rispetteranno tale chiamata e favoriranno la risposta dei propri figli a seguirla. E' necessario convincersi che la prima vocazione del cristiano è di seguire Gesù: «Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me» (Mt 10,37). V. Le autorità nella società civile Il quarto comandamento di Dio ci prescrive anche di onorare tutti coloro che, per il nostro bene, hanno ricevuto da Dio un'autorità nella società. Mette in luce tanto i doveri di chi esercita l'autorità quanto quelli di chi ne beneficia Coloro che sono rivestiti d'autorità, la devono esercitare come un servizio. «Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo» (Mt 20,26). Nessuno può comandare o istituire ciò che è contrario alla dignità delle persone e alla legge naturale E' dovere dei cittadini dare il proprio apporto ai poteri civili per il bene della società in spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà La sottomissione all'autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l'esigenza morale del versamento delle imposte, dell'esercizio del diritto di voto, della difesa del paese Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d'obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21). «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29). (dal Catechismo Ch. Cattolica, Ed. Vaticana) PICCOLE STORIE PER L ANIMA L'ALBERO GENEROSO C'era una volta un albero che amava un bambino. Il bambino veniva a visitarlo tutti i giorni. Raccoglieva le sue foglie con le quali intrecciava delle corone per giocare al re della foresta. Si arrampicava sul suo tronco e dondolava attaccato ai suoi rami. Mangiava i suoi frutti e poi, insieme, giocavano a nascondino. Quando era stanco, il bambino si addormentava all'ombra dell'albero, mentre le fronde gli cantavano la ninnananna. Il bambino amava l'albero con tutto il suo piccolo cuore. E l'albero era felice. Ma il tempo passò e il bambino crebbe. Ora che il bambino era grande, l'albero rimaneva spesso solo. Un giorno il bambino venne a vedere l'albero e l'albero gli disse: "Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l'altalena con i miei rami, mangia i miei frutti, gioca alla mia ombra e sii felice". "Sono troppo grande ormai per arrampicarmi sugli alberi e per giocare", disse il bambino. "Io voglio comprarmi delle cose e divertirmi. Voglio dei soldi. Puoi darmi dei soldi?". "Mi dispiace", rispose l'albero "ma io non ho dei soldi. Ho solo foglie e frutti. Prendi i miei frutti, bambino mio, e va' a venderli in città. Così avrai dei soldi e sarai felice". Allora il bambino si arrampicò sull'albero, raccolse tutti i frutti e li portò via. E l'albero fu felice. Ma il bambino rimase molto tempo senza ritornare... E l'albero divenne triste. Poi un giorno il bambino tornò; l'albero tremò di gioia e disse: "Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l'altalena con i miei rami e sii felice". "Ho troppo da fare e non ho tempo di arrampicarmi sugli alberi", rispose il bambino. "Voglio una casa che mi ripari", continuò. "Voglio una moglie e voglio dei bambini, ho dunque bisogno di una casa. Puoi darmi una casa?". "Io non ho una casa", disse l'albero. "La mia casa è il bosco, ma tu puoi tagliare i miei rami e costruirti una casa. Allora sarai felice". Il bambino tagliò tutti i rami e li portò via per costruirsi una casa. E l'albero fu felice. Per molto tempo il bambino non venne. Quando ritornò, l'albero era così felice che riusciva a malapena a parlare. "Avvicinati, bambino mio", mormorò "vieni a giocare". "Sono troppo vecchio e troppo triste per giocare", disse il bambino. "Voglio una barca per fuggire lontano di qui. Tu puoi darmi una barca?". "Taglia il mio tronco e fatti una barca", disse l'albero. "Così potrai andartene ed essere felice". Allora il bambino tagliò il tronco e si fece una barca per fuggire. E l'albero fu felice... ma non del tutto. Molto molto tempo dopo, il bambino tornò ancora. "Mi dispiace, bambino mio", disse l'albero "ma non resta più niente da donarti... Non ho più frutti". "I miei denti sono troppo deboli per dei frutti", disse il bambino. "Non ho più rami", continuò l'albero "non puoi più dondolarti". "Sono troppo vecchio per dondolarmi ai rami", disse il bambino. "Non ho più il tronco", disse l'albero. "Non puoi più arrampicarti". "Sono troppo stanco per arrampicarmi", disse il bambino. "Sono desolato", sospirò l'albero. "Vorrei tanto donarti qualcosa... ma non ho più niente. Sono solo un vecchio ceppo. Mi rincresce tanto...". "Non ho più bisogno di molto, ormai", disse il bambino. "Solo un posticino tranquillo per sedermi e riposarmi. Mi sento molto stanco". "Ebbene", disse l'albero, raddrizzandosi quanto poteva "ebbene, un vecchio ceppo è quel che ci vuole per sedersi e riposarsi. Avvicinati, bambino mio, siediti. Siediti e riposati". Così fece il bambino. E l'albero fu felice. Questa sera siediti in un angolo tranquillo e aiuta il tuo cuore a ringraziare tutti gli "alberi" della tua vita. (B. Ferrero, Il canto del grillo, LDC) - pag. 3 -

4 Parola di Vita - di Chiara Lubich Gli apostoli, che avevano operato miracoli e prodigi, erano stati messi in carcere ma, liberati da un angelo, continuavano a predicare nel tempio. Il sommo sacerdote, convocato il Sinedrio, aveva mandato dei messi alla prigione per prendere gli apostoli e condurglieli. Essi trovarono la prigione vuota e riferirono il fatto. Condotti poi nel Sinedrio gli apostoli, il sommo sacerdote li interrogava così :«Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di Costui...». Ma Pietro e gli apostoli rispondevano: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini». Queste parole ci insegnano che esiste un'obbedienza a Dio, al suo Spirito, che supera quella dovuta all'autorità umana anche legittima. È una scelta che è sempre necessario operare, pure ai nostri giorni. Essa può riguardare, ad esempio, situazioni speciali in cui qualche credente si può venire a trovare. Vi è il caso tipico di quelli che, in coscienza - con una coscienza purificata che si pensa possa interpretare il pensiero di Dio e non le proprie tendenze -, credono di essere chiamati da Dio a una vocazione particolare per il suo servizio, come nel sacerdozio o in una delle molteplici forme della vita religiosa. Anche se ciò fosse in contrasto con il pensiero dei propri genitori, essi devono ripetere: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini». Ma questa parola di Pietro vale per tutti i cristiani. Essi sono chiamati nel mondo a vivere sino in fondo, in maniera autentica, i loro principi. E lo devono fare, anche se gli altri, e in particolare quelli che hanno una qualche autorità, non lo volessero. I cristiani, in quanto tali, sono chiamati ad amare tutti gli uomini, senza eccezione, senza frontiere, Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (Atti, 5, 29) senza discriminazione alcuna. Ecco allora la necessità, ad esempio, di resistere alle pretese di una società o di uno Stato che volessero imporre comportamenti opposti a quelli richiesti dalla coscienza cristiana. Così, a volte, occorre avere il coraggio di andare controcorrente, di reagire verso tutto ciò che viola i diritti umani. I casi che possono presentarsi, in cui il cristiano deve rispondere come gli apostoli, sono vari. Nell ipotesi, ad esempio, di una legge che costringa a provocare la morte di una creatura umana con l'aborto e con l'eutanasia nelle sue varie forme, il medico cristiano deve rifiutarsi, obbedendo a Dio piuttosto che agli uomini. Così, di fronte alla cosiddetta guerra totale, che con le sue azioni causa distruzioni immense e indiscriminate che oltrepassano i limiti della legittima difesa, e che la Chiesa condanna, se l'autorità umana comandasse tali azioni, il cristiano non può compierle. E ugualmente, se egli si rendesse conto di essere coinvolto in una guerra d'aggressione, deve rifiutarsi. Perché: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini». Come vivere noi, allora, questa parola? Dobbiamo sforzarci intanto, nelle piccole vicende quotidiane, di far vincere il bene di fronte a tutti. Non dobbiamo lasciar penetrare nel nostro cuore l'atmosfera malefica del compromesso. Dobbiamo essere coerenti coi principi cristiani là dove si tende a mettere in primo piano l'interesse economico, l'affermazione di sé, il proprio prestigio, senza badare ai doveri verso Dio e verso il prossimo. Ma sempre obbedire, prima noi a Dio, e poi agli uomini, per insegnare anche agli altri a fare altrettanto. - pag. 4 -

5 Quanti adulti hanno affollato i miei studi per patologie la cui base, la cui struttura, si è poi identificata in un non distacco corretto dalle figure dei genitori! I figli devono staccarsi dai genitori in modo graduale, ma effettivo. Ai figli dico che i genitori prima di essere contestati vanno studiati, analizzati, osservati. È evidente che, a una attenta osservazione, si troveranno nei loro atteggiamenti, nei loro comportamenti, degli errori, delle manchevolezze, ma i figli non devono divenire mai giudici dei propri genitori! Coloro che diventano giudici dei propri genitori sono degli insicuri. Hanno idealizzato a tal punto i propri genitori da pretendere che essi si comportino in un modo ideale, dimenticando invece che i genitori, prima di essere tali, sono degli esseri umani e quindi con difetti lacune, carenze, normali e naturali per ogni essere umano. Eppure ho visto centinaia di giovani rimanere spietati critici dei genitori per anni e anni. In questi casi il figlio ha paura di affrontare la realtà e quindi preferisce eludere la propria responsabilità di fronte a se stesso spostando inconsapevolmente il problema sui genitori. Tutto ciò è paralizzante, mortale. Questo tipo di figlio, una volta adulto, non solo sarà incapace di affrontare responsabilmente la realtà, ma sarà solito criticare gli altri, addossando loro tutte le colpe. Bisogna invece vedere, conoscere i cosiddetti errori dei genitori non per criticarli, ma per migliorare la propria personalità, cercare cioè di non imitarli per proiettarsi con vitalità nel futuro. Solo un rapporto umano pieno, totale, cioè capace di tener conto delle sfumature, dei perché delle PSICOLOGIA E VITA Il distacco dalla famiglia figure parentali può portarci a un vero distacco da loro. I genitori veri sono coloro che non hanno paura di mostrare ai figli anche i lati negativi della propria personalità, affinché il figlio possa superarli, non imitarli. Il vero genitore sa che il figlio deve staccarsi da lui. Accetterà le critiche del figlio, se le sente positive, per la crescita del figlio stesso. Ma allora il difetto del genitore diviene così cibo, alimento per la sana crescita, per uno sviluppo corretto della personalità del figlio! Paradossalmente saranno bravi genitori quei figli che hanno visto i difetti dei propri genitori e non li hanno giudicati, ma li hanno osservati per non ripeterli loro stessi da genitori. Arrivati soprattutto a una certa età, i figli non devono proiettare i propri desideri o cercare di soddisfare i propri bisogni attraverso le figure dei genitori. Solo così la psiche inizierà a strutturare, al - pag. 5 - di fuori della famiglia di origine, i propri bisogni, i propri desideri. Come sessuologo ritengo che il requisito più importante, addirittura determinante per poter avere un buon rapporto di coppia, è di essere "distaccati" dai propri genitori. Coloro che, in qualche modo, rimangono attaccati ai genitori, per lo più il figlio maschio alla madre e la figlia al padre, saranno portati ad avere nel rapporto di coppia atteggiamenti e comportamenti nevrotici. Inconsapevolmente investiranno nel partner aspettative, attese che caratterizzano il precedente rapporto con i rispettivi genitori. Ciò li porterà a vivere un rapporto non reale. Quando una persona dà sempre colpa ai genitori o alla famiglia di origine, potete star sicuri che la colpa è sua più che loro. Molti sono gli individui che non riescono a stabilire un sano distacco dai genitori, ad assumersi le proprie responsabilità, a essere emozionalmente e affettivamente indipendenti, autonomi. Non si devono idealizzare i genitori, aspettando da loro l infallibilità, la perfezione. E troppo comodo. E altamente nevrotico. Significa non adeguarsi alla realtà. Molti miei pazienti imputano alla loro infanzia infelice le incapacità che presentano da adulti. D'altra parte sono molti, purtroppo, i genitori che non sanno e non vogliono distaccarsi dai figli. Non c è una ricetta per essere bravi genitori. Ritengo che un genitore abbia adempiuto al proprio ruolo in maniera soddisfacente solo quando vede il figlio divenire autonomo, padrone della propria vita, indipendente. da: V. Albisetti, Per essere felici, Ed. Paoline

6 SAN PAOLO DELLA CROCE CONSIGLI SPIRITUALI L ABBANDONO IN DIO * Abbandonatevi totalmente alla santissima volontà di Dio, che saprà trovar la via per condurre a termine ogni cosa per la sua gloria * Non pensate al domani ma lasciate di tutto la cura a Dio. Intanto che si pensa a queste miserie, si perde di vista il sommo Bene. * Vivete abbandonati nel seno del celeste Padre, in silenzio sacro di fede, di speranza, d'amore. * Il vero abbandono di tutto se stesso nelle mani del sommo Bene abbraccia una perfetta rassegnazione alla divina volontà in tutti gli eventi che ci accadono. * Bisogna in tutto adorare le divine disposizioni, e unirsi strettamente alla santissima volontà di Dio in tutti gli eventi. * La volontà di Dio si fa più nel patire che nel godere, perché nel godimento sempre vi s'appicca la nostra volontà. * Procurate sempre più di staccarvi da tutto e da tutti, compiacendovi solamente di far la volontà di Dio in un nudo penare, senza cercare consolazione da nessuno. * Ricevete tutto il vostro patire tanto di corpo che di spirito dalla mano amorosissima di Dio con silente pazienza ed alta rassegnazione, stando sulla croce, con totale abbandono al divino beneplacito. * I disegni del Signore sono altissimi e profondissimi, ma occulti: lasciamoci guidare da lui come bambini. Affida al Signore la tua attività e i tuoi progetti riusciranno (Proverbi 16,3) * Non badate al diavolo che vi disturba; fidatevi di Dio e abbandonatevi in lui come un bambino nel seno di sua madre. * Non pensate al futuro, cioè pene, guai ed altri eventi che vi pone avanti la fantasia, ma fateli morire nella volontà di Dio, lasciando a Sua Divina Maestà, la cura di tutto, e standovene abbandonati nelle mani del Padre celeste, come un bambino, senza pensare al domani. * Ricordatevi che il dolce Gesù disse che il suo cibo era di fare la volontà del Padre celeste. * Abbandonarsi in tutto nelle braccia della divina misericordia, è un mezzo efficacissimo - pag. 6 - per star sempre contenti in Dio. * Nell uniformità alla volontà di Dio si trova ogni pace, e sparisce ogni inquietudine. * Iddio tutto dispone per nostro maggior bene, e sa consolarci quando meno vi pensiamo. * Tutto va a modo mio, perché tutto va come vuole Iddio. * L'infinita bontà del nostro caro Dio ricolma di grandi benedizioni e di innumerevoli grazie quelle anime che vivono abbandonate al suo divino beneplacito. * Abbandonarsi in tutto alla volontà di Sua Divina Maestà, è la cosa più perfetta che possa farsi. * La miglior via per farsi santi è di vivere abbandonati alla divina volontà tanto nelle cose prospere che nelle avverse, prendendo tutto dalle mani di Dio. * State costanti in confidare in Dio, ritenendo tutto che egli dispone come ottimo. * Scacciate via come peste le tentazioni di diffidenza. * Riposate nel seno di Dio come un bambino nel seno di sua madre, con somma confidenza. * Se cadete in difetti non solamente sette volte, ma dieci e cento, non per questo dovete perdere la vostra confidenza in Dio, ma umiliarvi con dolore amoroso e amore doloroso.

7 FESTA DI SAN PAOLO DELLA CROCE 22 Ottobre 2006 Anche quest anno noi Comunità Passionista, insieme agli amici e devoti del Santuario di Madonna d Itria, ci prepariamo alla Festa del nostro Santo Fondatore con un Settenario di preghiera e di riflessione sulla figura e sul messaggio sempre attuale di S. Paolo della Croce, il grande mistico e missionario del Crocifisso. La memoria liturgica cade il 19 ottobre ma, per agevolare la partecipazione di tutti, la festa si sposta alla domenica 22 ottobre. Invitiamo a partecipare numerosi. PROGRAMMA DEL SETTENARIO Da domenica 15 a domenica 22 ottobre 2006 Ogni sera Ore 17,30 - S. Rosario Ore 18,00 - S. Messa con riflessione e preghiera del Vespro DOMENICA 22 ottobre - ore 11,00: S. Messa - ore 18,00: S. Messa con panegirico In ringraziamento della vittoria riportata dal Patriarca Abramo su molti e potenti nemici, il sacerdote dell Altissimo, Melchisedek, re di Salem, offrì in sacrificio al Signore pane e vino. Misterioso è il sacrificio, e misterioso è il personaggio che l offre. Melchisedec, che significa Re di giustizia, è re di Salem, cioè di pace, ed è sacerdote dell Altissimo. Offre a Dio un sacrificio che è tanto diverso da quelli che allora si solevano offrire: non animali, ma pane e vino. Dalle Sacre Scritture ci è presentato in modo del tutto insolito: senza menzione di padre e di madre, senza accenno alla sua origine e alla sua fine.tutto è misterioso. Ma il mistero si svela, volgendo lo sguardo a Gesù. Guardando a te, o Gesù, io comprendo chi sia Melchisedec e cosa significhi il suo sacrificio. E di te che il Salmista ha cantato: Il Signore ha giurato e non si pente: Tu sei sacerdote per sempre Al modo di Melchisedek! (Sal. 110,4) PENSIERI EUCARISTICI IL SACRIFICIO DI MELCHISEDEC (Gen 14,18-20) - pag. 7 - Tu sei, o Gesù, il vero Melchisedek, Re di Giustizia e di Pace, e solo in te si sono riconciliate, nella giustizia e nella pace, le cose tutte del cielo e della terra. Tu sei il Sommo Sacerdote dell Altissimo, che non hai principio né fine, la cui generazione è ineffabile. A somiglianza di Melchisedek hai offerto un sacrificio di ringraziamento, ed hai offerto come lui pane e vino. Ma quanto superiore è il tuo sacrificio o Gesù, Figlio di Dio! Il pane ed il vino che offrì Melchisedek restarono pane e vino. Il pane e vino che offri tu, diventano il tuo Corpo ed il tuo Sangue, salvezza del mondo. Melchisedek offrì una sola volta il suo sacrificio, in ringraziamento di una vittoria riportata su nemici temporali; il tuo sacrificio continua ad offrirsi e si offrirà sino alla fine del mondo sui nostri altari; ed è la fonte perenne di tutte le vittorie su tutti i nemici. O Gesù, ti siano rese eterne grazie per questo sacrificio! Possa io, partecipando ad esso, riportare sempre vittoria dei miei spirituali nemici e, partecipare sempre al tuo sacrificio. Sempre, sino all ultima definitiva vittoria! Proposito - Non si possono vincere i nemici della nostra anima se non con la forza di Gesù. Riceverò dunque spesso Gesù nella santa Comunione, ed avrò così ragione di tutti i miei nemici. (di P. Marcello Spagnolo c.p.)

8 Santa Teresa d'avila, riformatrice del Carmelo, fond a t r i c e dell'ordine dei C a r m e l i t a n i Scalzi. Una donna che poteva dire, nel pieno della sua poderosa attività: «Non mi ricordo d'essermi mai lagnata. In questo senso, io non sono affatto donna. Ho il cuore duro». Ma il suo cuore non era duro; era grande, e la magnanimità, unita alla umiltà, forma il carattere di questa grande mistica, che avvertiva costantemente accanto a sé la presenza di Dio e al tempo stesso, da grande asceta, la vicinanza del demonio. Nasceva nel 1515 da un'importante famiglia spagnola, nel tempo in cui la Spagna dominava il mondo. Il fratello del suo padrino fu il primo Viceré del Perù. Entrata giovanissima nel Carmelo, fino a quarant'anni condusse vita religiosa molto mitigata, per non dire mediocre, senza ardore di santità. Ma nel 1555, la carmelitana tiepida cessò di vivere per sé, e in lei cominciò a vivere Dio. Trasverberata dal fuoco divino, non conobbe incertezze, non ebbe debolezze, non temette avversità, persecuzioni e persino condanne, da parte dei «Carmelitani Calzati», i quali le opposero una durissima resistenza. Ella diceva: «Nostro Signore chiede e ama anime coraggiose, per quanto umili. Nella vita spirituale occorre intraprendere grandi cose». Da parte sua, intraprese «grandi cose»attuando la riforma del Carmelo, anzi la fondazione di nuovi conventi, maschili e femminili, nei quali l'ascetismo non fosse una parola priva di significato. Si mise a viaggiare, ella che amava la vita comoda, sopportando fatiche e disagi, nonostante la sua salute malferma e i continui disturbi. Ferita a una gamba, si rivolgeva a Dio con schiettezza di donna risoluta: «Signore, dopo tante noie, ci voleva anche questo guaio!». Dio le rispose: «Teresa, io tratto così i miei amici». E lei, di rimando: «Ah, Dio mio, ora capisco perché ne avete così pochi!». Qual fosse la sua attività d'instancabile fondatrice di Carmeli riformati, lo si può apprendere dalla Vita scritta da lei stessa: uno dei libri di avventura spirituale più coloriti e più sinceri. Fu la «mamma» di tutti i Carmelitani Scalzi, che si lasciarono guidare da lei, guidata da Dio per mezzo di visioni e intimi colloqui. Fu maestra di mistici, come il poeta San Giovanni della Croce. Fu direttrice di coscienze. Scrisse al Re Filippo II e ai personaggi più autorevoli della Spagna. Si occupò di tutto e, da brava madre, pensò anche alla parte economica delle sue fondazioni. «Teresa senza la grazia di Dio, - diceva, - è una povera donna. Con la grazia di Dio, una forza. Con la grazia di Dio e molti denari, una potenza». E Santa Teresa fu veramente una potenza, che trascinò gran numero di anime elette nel vortice della sua passione mistica e ascetica. Fu definita «l'onore della Spagna e della Chiesa». Ma più che onore, bisognerebbe parlare di amore, perché Santa Teresa - morta nel 1582, a sessantasette anni - fu esempio perfetto di «sposalizio spirituale» con Dio. E stata proclamata Dottore, cioè maestra della Chiesa. Il santo del mese - 15 ottobre SANTA TERESA D AVILA PICCOLE STORIE PER L ANIMA QUELLO CHE... Quello che ci siamo sentiti dire da bambini: stai fermo, muoviti, fai piano, sbrigati, non toccare, stai attento, mangia tutto, lavati i denti, non ti sporcare, ti sei sporcato, stai zitto, parla t'ho detto, chiedi scusa, saluta, vieni qui, non starmi sempre intorno, vai a giocare, non disturbare, non correre, non sudare, attento che cadi, te l'avevo detto che cadevi, peggio per te, non stai mai attento, non sei capace, sei troppo piccolo, lo faccio io, ormai sei grande, vai a letto, alzati, farai tardi, ho da fare, gioca per conto tuo, copriti, non stare al sole, stai al sole, non si parla con la bocca piena Quello che avremmo voluto sentirci dire da bambini: ti amo, sei bello, sono felice di averti, parliamo un po' di te, troviamo un po' di tempo per noi, come ti senti?, sei triste?, hai paura?, perché non ne hai voglia?, sei dolce, sei morbido e soffice, sei tenero, raccontami, che cosa hai provato?, sei felice?, mi piace quando ridi, puoi piangere se vuoi, sei scontento?, cosa ti fa soffrire?, che cosa ti ha fatto arrabbiare?, puoi dire tutto quello che vuoi, ho fiducia in te, mi piaci, io ti piaccio?, quando non ti piaccio?, ti ascolto, sei innamorato?, cosa ne pensi?, mi piace stare con te, ho voglia di ascoltarti, è bello stare insieme, dimmi se ho sbagliato Ci sono accanto a te molte persone adulte che ancora aspettano le parole che avrebbero voluto sentire da bambini. (da: B. Ferrero, L importante è la rosa, LDC) - pag. 8 -

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