S. UGO CAVALIERE OSPITALIERE

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2 INTERNO DELLACAPPELLETTAOFONTANAJ)I SUGO. IN CUI ERA IIANJSTO 1871 VITA UM (YWXm S. UGO CAVALIERE OSPITALIERE DI S. GIOVANNI GEROSOLIMITANO descritta DAL SACERDOTE VINCENZO PERSOGLIO RETTORE DELLA PARROCCHIA GENTILIZIA DI S. TORPETE GENOVA TIPOGRAFIA DELLA GIOVENTÙ' 1874.

3 PREFAZIONE Il richiamare alla memoria del popolo cristiano le geste obliterate dei Santi, vuoisi dire opera benemerita della Religione e della civile società ; tanto è alla Religione Cattolica glorioso questo suo esclusivo vanto di produrre dei Santi, e tanto alla civile società torna profìcuo Y esempio che i Santi ci lasciarono nello eroismo delle loro virtù. Tutto ciò possiamo dire e riprometterci, pubblicando questo compendio della vita di S. Ugo (1). Infatti esso, che specialmente in Genova, fu proclamato qual Santo, tuttavia vivente nella Commenda di San Giovanni di Prè 7 e venerato sempre con molta divozione dal giorno della sua morte, si direbbe caduto affatto in dimenticanza nel popolo genovese, dopo le fortunose vicende che chiusero il secolo scorso. Il perchè fu savio consiglio del presente Prevosto della parrocchia di S. Giovanni il procurare con religiosa sollecitudine di ravvivare V avita (1) È detto ugualmente Ugone dal genitivo latino Hugonìs.

4 devozione al Santo Ospitaliere con sempre maggiore splendore di culto, nonché col richiamarne alla memoria dei Genovesi le geste quasi dimenticate. Esaurita infatti l'edizione di un brevissimo sunto intitolato : Vita breve di S. Ugone, pubblicato Tanno 1846, ecco che io tento di secondare il pio divisamente con questa alquanto più copiosa esposizione della vita del nostro eroe, la quale però è compendio essa stessa di un lavoro più esteso e circonstanziato che mi propongo di pubblicare sullo stesso argomento col titolo di : S. Ugo e la Commenda di S. Giovanni di Prè. Cenni storico-critici. Ivi si vedranno discussi i non pochi punti controversi, e corredate di documenti le asserzioni quanto meglio per me si poteva nella difficoltà di avere di tali prove alla distanza di tanti secoli. Malgrado però le oscurità non potute vincere, molto tuttavia possiamo con morale certezza conoscere della vita di Sant' Ugo, e quanto basti ad edificarci e ad inspirarci consolante fiducia nel valido patrocinio di un Santo da Dio tanto con miracoli glorificato. VITA DI S. UGO,CAYALIERE OSPITALIERE DI S. GIOVANNI GEROSOLIMITANO. [. $, Cgo proposto dalla Chiesa alla nostra venerazione. Il solo sapere che la Chiesa ci propone a venerare solennemente S. Ugo quale uno de' suoi sempre grandi eroi, basterebbe perchè la sua memoria tornasse a comune edificazione ed a fiducia nel suo patrocinio. Imperocché la Chiesa Cattolica non propone all'onor dell' altare se non che i veri eroi, illustri per V eroismo di tutte le virtù, e segnalati ordinariamente dalla sanzione più autorevole, quale è appunto, da parte di Dio, quella dei miracoli. Questa verità è tanto più degna di ponderazione, ed opportunissima a ricordarsi al lettore in questi tempi, nei quali direbbesi che gli eroi sorgano improvvisati con la facilità

5 onde gli artisti drammatici ti figurano gli e- roi da scena ; tanto è il continuo strombazzare che si fa di eroismo dai gazzettieri ; e tanti sono i monumenti che si innalzano e si moltiplicano oggidì in ogni città italiana. Ma quali eroi? Quasi tutti, uomini resi in qualche momento famosi per ribellioni, per eresie, per guerre mosse o sostenute contro la Chiesa, le sue leggi, le sue sacre e benemerite instituzioni; eroi nei quali si vorrebbe divinizzare un principio settario, od un partito politico, d'ordinario utile soltanto a chi lo sostiene; e spesso per accreditare quasi virtù eroica quei vizii e quei delitti che alle sètte ed alla dominante politica facilitarono qualche trionfo. Io non avrei se non che a declinare i nomi di questa turba di eroi da scena, perchè il mio lettore potesse da se riscontrare negli avveni menti contemporanei tutta la ragione del proclamato loro eroismo. A me basta però che queste luci fatue, che queste lucerne dalla sinistra e torbida luce, siano facilmente eeclissate dal fulgido e puro splendore dei veri eroi di virtù che soltanto è dato alla Cattolica Chiesa di produrre e che produsse in gran numero in ogni secolo ed in tanta bella varietà di splendore : fecondità mirabile che basterebbe essa sola a caratterizzarla 7 instituzione divina. Infatti questa esclusiva virtù di produrre dei veri santi e tanti santi, poteva essere solo propria di una Chiesa Santa: santa nella sua dottrina, santa nei suoi sacramenti, e ne' suoi riti, come santo ne è il fondatore, cioè la santità per essenza, umanata, il Redentore Gesù Cristo. Tra questi benedetti frutti di santità, torna adunque opportuno il rimettere in luce, celebrandone le geste, il nostro S. Ugo Cavaliere Ospitaliere di S. Giovanni Gerosolimitano, e Commendatore nella Commenda di S. Giovanni di Prè in questa nostra città. E ciò, io dicevo avrei ottenuto, tanto almeno quanto basti alla comune edificazione, solo che dicessi di Lui quel poco che si viene a dre di un personaggio, quando si addita dalla Chiesa alla pubblica venerazione. Infatti un decreto della Sacra Congregazione dei Riti, confermando l'antichissimo religioso culto di S. Ugo, ne stabiliva a un giorno fìsso per la diocesi genovese l'uffizio e la Messa di rito doppio (1) del Comune dei Confessori non Pontefici ($). Quanto poi al (1) Il rito doppio è più solenne del rito semidoppio, nel qual giorno perciò non sarebbe permesso a celebrare messe da morti. (2) Confessore qui è titolo che si dà dalla Chiesa a quei Santi che non sono Martiri, siano essi appartenuti al laicato, o al sacerdozio.

6 _ 9 caratteristico distintivo di questo cristiano e- roe del medio evo, lo abbiamo assai chiaro da quanto ne dice il Martirologio Romano nelle sue aggiunte per la Diocesi di Genova, e che, secondo il rito, si legge nella uffiziatura corale a Prima. Il quale tratto, volto dal latino in italiana favella, dice così : «In Genova 19 Ottobre. La deposizione di S. Ugo Confessore, dell'ordine dei Cavalieri Gerosolimitani, il quale presso la Chiesa di San Giovanni esercitò il pio uffizio di Ospitaliere dei poveri, e del quale è celebre ciò che si racconta, avere cioè, qual nuovo Mosè, cavata acqua dalla pietra col solo segno di Croce, la quale acqua, portante tuttavia il nome del Santo, perennemente scorrendo, ha la virtù di sanare malori (I).» Senonchè molto di più possiamo sapere di S. Ugo, da manoscritti antichi, dalla tradizione, da storici, e da autorevoli monumenti. (1) «XIV Kal. Oct. Genuae-Depositio sancti Hugonis confessoris, ex ordine Equitum Hierosolymitarum qui apud ecclesiam sancti Ioannis pium Hospitalitatis officium erga pauperes exercuit: de quo illud celebre traditur, quod vel ut alter Moyses, ex petra aquam signo Crucis eduxerit, quae hodie etiam sancti Hugonis nomine perenniter fluens, languores pellendi virtutem retinet. li. Patria e genitori di S. Dgo* Sant' Ugo che lo storico Giacomo Bosio dice in Italia grandemente celebrato, (1) ebbe i natali nella seconda metà del secolo duodecimo, e si può facilmente- conghietturare, proprio all'epoca della fondazione di Alessandria detta della Paglia, avvenuta 1' anno Tale conghiettura si basa sulla conosciuta e- poca della sua morte avvenuta, come vedremo, nel 1230, od al più tardi nel 1233; sulla età vissuta, e calcolata dai 60 ai 70 anni, secondo appare dall'antico ritratto datoci come ricavato dal Santo tuttavia vivente ; nonché dalvasserzione di chi lo disse dimorato lungo tempo nella Commenda di Genova. (2). Ma Alessandria non solo segna Y epoca (1) Fra Giacomo Bosio Cavaliere dell'ordine di Malta, nativo di Milano, sostenne a Roma sotto Papa Gregorio XIII gli impieghi di segretario ed agente di detto Ordine. Scrisse la storia intitolata : Storia della sacra Religione ed illustrissima milizia di San Giovanni Gerosolimitano. Pubblicava in Roma la prima edizione nel 1594, dedicata al Gran Maestro Fr. Ugo da Loubenx Verdala. Una seconda edizione più ampliata, l'autore dedicava a Papa Gregorio XV il 30 maggio 16ì\ t È lo scrittore che ci fornisce le maggiori notizie di S. Ugo. (2) Semeria : Secoli Cristiani della Liguria.

7 10 del nascimento di Sant' Ugo; anzi pare indubitato che essa ne fosse la patria. È ben vero che altri lo dissero Francesce che in ciò si copiarono quasi tutti i nostri storici ed annalisti, basandosi però tutti unicamente sulla inscrizione messa Tanno 1592 nel piccolo torrente da S. Ugo nominato, come vedremo, per il miracolo cui accenna il Martirologio. In quella inscrizione si legge : in Francia natus. Ma oltreché nessuno potè giammai indicare, né quale paese di Francia gli fosse patria, né a quale casato appartenesse, abbiamo una facile spiegazione dell' errore, dallo avere potuto scambiarsi nella parola : Francia, la Gallia Cisalpina indicata dagli antichi in quel territorio al quale appunto apparteneva la nuova città di Alessandria. Senza dire che Franchi erano in Oriente generalmente indicati i Crociati di tutti i paesi, e che con tale denominazione poteva averlo letto in qualche antica scrittura chi dettava la detta lapide, e senza altro esaminare, giudicato quell'appellativo come l'indicazione della patria di S. Ugo; copiato in ciò dai nostri annalisti. In quella vece, secondo le ben chiare prove che ricaviamo dagli storici alessandrini, (come si potrà vedere nei detti Cenni storicocritici, parte 1 a ), ebbe Ugo a padre, Arnondo I l Canefri di Gamondio (ora Castellazzo, presso A- lessandria), e a madre Valentina Fieschi dei Conti di Lavagna. Anche al presente in Alessandria, nella casa del cav. Tapparone, nella quale pare si estinguesse, per via di donna sposata al detto cavaliere, la linea dei Conti Canefri, cui avrebbe appartenuto il nostro S. Ugo, si trova una tela rappresentante il santo e che per tradizione di famiglia, come attestava a me stesso il detto Tapparone, si ebbe sempre per S. Ugo Cav. 0- spitaliere di San Giovanni Gerosolimitano, morto in Genova nella Commenda di S. Giovanni di Prè. Infatti nel fondo del quadro si legge un' inscrizione che lo dice tale, nonché si vede V arma dei Conti Canefri. Questo ritratto che feci estrarre in fotografìa, si può vedere litografato nei detti Cenni storico-critici. I fortunati coniugi Canefri-Fieschi sarebbero stati nel numero dei personaggi rappresentanti i più illustri Casati nella fondazione di Alessandria, decretata dalla Lega Lombarda perchè, attesa la sua posizione strategica, riuscisse quasi potente fortezza a resistere alle sempre temute invasioni in Italia, del barbaro e ribelle alla Chiesa Imperatore di Germania Federico I Barbarossa. I magistrati della nuova città, le diedero il nome di Alessandria in ossequio al Papa

8 ~ 12 Alessandro III, contro del quale guerreggiava Federico e sosteneva l'antipapa Vittore IV. Sant'Ugo fu adunque il primo Santo a- lessandrino, e quello che dovea altresì divenire nostro onore e nostra gloria, perchè dalla Divina Provvidenza guidato a passare tanta parte di sua vita in mezzo a noi, e lasciarci nelle sue preziose reliquie il più caro pegno della sua speciale protezione. III. infanzia e gioventù di < *. Ugo. Poco conosciamo della infanzia e gioventù di S. Ugo, attesa la trascuranza che dobbiamo lamentare de' suoi contemporanei alessandrini, se non vogliansi in qualche modo scusare, per le condizioni di una città nascente. La tradizione però supplì alla storia e qualche particolarità abbastanza importante ci tramandava, probabilmente per organo della stesso Arcivescovo di Genova Ottone II, che> come alessandrino e della nobile famiglia Ghilini, (I) e contemporaneo a S. Ugo, potè conoscere eziandio non poche particolarità della (1) IJ Bosio ha errato dicendo Fiesco l'arcivescovo di Genova Ottone II, il quale dalla Diocesi di Bobbio era traslato all'arciv. di Genova 1' anno (Vedi Ghilini, Annali Alessandrini). 13 fanciullezza e gioventù di lui, le quali, quantunque non notate nella leggenda a lui attribuita, e che si limita alle geste del Santo nella Commenda di Genova, poterono però raccogliersi da altri autori di manoscritti, dai quali, è a dire, attingesse appunto il genovese sacerdote Gio. Battista Verdura, autore di un Poema sulla vita di S. Ugo che clava alle stampe nel 1665, il quale potrebbesi tenere come storico. Dal detto poema Y autore del libretto ^intitolato: Vita breve di S. Ugo stampata in Genova nel 1846, ricavò quanto colle sue stesse parole mi piace di qui riportare : «Fin da piccolino, Ugo die prove non dubbie di sua pietà. Imperocché essendo ancora sui cinque anni, cioè in quell'età in cui appena si conosce il bene, egli già Y operava col digiunare che faceva più volte alla settimana : indizio certo delle grandi astinenze avvenire. Fuggiva l'ozio, veleno dell'anima, e i suoi giuochi e diletti erano usare alla Chiesa e pregare. Giunto poi al tempo in cui la incauta gioventù si lascia prendere ai lacci del lusinghiero mondo, e beve Y assenzio dentro le dorate coppe, che il vizio mesce con ogni maniera di vezzi, egli, per serbare intatto il tesoro della purità, innamorò di Cristo, e tutto

9 14 si diede a Lui. Sicché veduto l'avreste or dare a poveretti soccorso o conforto ; ora farsi e- sempio di devozione a fanciulli nonché a poveretti ; e quel che più dee svegliare meraviglia, flagellare le sue tenere membra. Sarà un ardore passaggiero, un nobile impeto giovanile, o principio e semente di più grandi opere di pietà e di religione? Certo fu questo. Dappoiché in quella guisa che 1' acqua percossa dal sassolino, a mano a mano che si allontana dal punto ove fu tocca, più allarga i suoi cerchi, s'accrebbe in Ugone quell'amore per la religione che in lui aveva così per tempo posta radice.» La potenza della divina grazia che va crescendo con i suoi salutari effetti in quel- 1' anima che fedele vi corrisponde, ci dà la principale spiegazione di simili ascensioni in santità negli eroi cristiani. Inoltre quando Dio chiama questi suoi servi fedeli a quella santità che dee risplendere fulgida nella Chiesa, come fiaccola sul candelabro, perchè torni all'universale edificazione del mondo, dispone soavemente tutti gli avvenimenti così, che potentemente influiscano al divino disegno. E queste divine disposizioni provvidenziali dovevano preparare nel giovane Ugo Canefri un Santo dell'ordine 15 dei Cavalieri Ospitalieri di S. Giovanni Gerosolimitano. Noi le troviamo infatti nelle circostanze di persone, di luogo, e di tempo in cui Ugo passò la sua gioventù., La nobile famiglia Canefri si contava tra le Guelfe, il che vuol dire che in essa dominava 10 spirito cattolico, come quella che caldeggiava eminentemente gli interessi dei Papi. 11 che ci dà ragione di credere che genitori così apertamente e ardentemente religiosi, dessero al loro figliuolo una educazione tutta informata agli insegnamenti della Chiesa Cattolica, la educazione che soltanto basta a radicare negli ajiimi giovanili il timor di Dio, unico moderatore potente delle disordinate passioni, le quali oggidì tanto generalmente e fatalmente eccitate, mostrano con i loro eccessi precoci, l'insufficienza della moderna educazione scattolicizzata e laicale. Altra circostanza che influiva salutarojente sul vergine animo del nostro giovinetto, era quella di una città nascente per un impegno che quanto patriottico, altrettanto aveaa scopo, come vedemmo, la difesa degli interessi della Chiesa manomessi da un fiero persecutore ; e d'altra parte la generosità del Pontefice che quella fedele cittadinanza onorava con preziosi privilegi. Tutte queste circostanze di per-

10 16 sona e di luogo, dovevano riuscire potentemente influenti a fecondare una educazione già per sé stessa religiosa, allo stesso modo che, come vediamo oggidì, l'andazzo pubblico antireligioso e anticattolico, potentemente influisce alla comune demoralizzazione. Ho detto che influiva al felice sviluppo della santità di Ugo eziandio la circostanza di tempo; ed accennava al carattere proprio del medio evo, cioè allo spirito allora dominante religioso e belligero, non che alle Crociate che esso produsse ed agli Ordini Religiosi Cavallereschi che ne furono conseguenza. Ed ecco le circostanze che precipuamente dovettero influire sulla religiosa vocazione di S. Ugo. IV. locazione di. Ugo. Era Ugo nel primo fiore di gioventù quando già aveva avuto luogo la seconda Crociata, e stava per iniziarsi la terza nel L'argomento delle Crociate allora si direbbe che fosse 1' argomento di attualità e quello che teneva gli animi in tutta Europa vivamente preoccupati e commossi. Ciò specialmente doveva avvenire nel po- 17 polo alessandrino, come quello che era tanto ligio alla causa dei Papi, i quali caldamente la santa Crociata raccomandavano. Anzi sappiamo che gli Alessandrini non pure mandarono guerrieri a loro spese alla Crociata, ma che partiva, con questi militi, scelta gioventù delle più cospicue e nobili famiglie della città. Or non vi ha dubbio che le glorie dei Crociati dovevano esercitare un' influenza potente a santamente infiammmare l'animo di un pio giovinetto, quale era Ugo, allo zelo della santa causa della religione e della cristiana civiltà, nonché per innamorarlo delle più belle virtù che la sola fede è capace d'inspirare e di sostenere. Sentire che quasi un milione di Crociati era partito dall'europa al grido unanime: Dio lo mole! solo perchè Papa Urbano II aveva fatto un caloroso invito alla liberazione di Terra Santa dal barbaro giogo musulmano ; sentire la narrazione dell' eroico valore mostrato da tanti Crociati, tra i quali il fiore del più nobile sangue di tutte le nazioni d'occidente; conoscere i sacrifizi immensi sostenuti in così vasta e santa impresa ; fu tutto ciò senza dubbio che dovette finalmente mettere in cuore del nostro Ugo il desiderio ed il proposito di dare esso pure il sangue per Cristo nella terra santificata dai 2

11 18 misteri di redenzione. Non già che il pio giovinetto non sentisse l'innato amore alla conservazione della vita, per cui tanto generalmente rincresce all'uomo di abbandonarla anche quando si trova nell'estremo della povertà e degli anni; non già che sguaiatamente poco vi riflettesse. Ciò potrebbe avvenire in una di quelle militari imprese che lusingano le passioni dell' ambizione o dell' interesse: ma qui trattavasi di guerra per zelo sincero di relig'one. Era V educazione religiosa che l'avea convinto, come ogni sacrifizio è poca cosa quando è fatto per Dio, e che il compenso di un' e- terna corona vai più di ogni sacrifizio. Quando r intelletto giunge a tutta comprendere questa verità, il cuore è capace di ogni più ardua risoluzione. Il che ci spiega come l'amore del nostro Ugo, si volgesse a preferenza verso quei Crociati i quali associatisi a mo' di religioso instituto, si dissero Ordini religiosi cavallereschi; e tra questi scegliesse il primo, sorto proprio in Gerusalemme, cioè quello dei Cavalieri Ospitalieri di S. Giovanni Gerosolimitano. 19 V. I Cavalieri Ospitalieri di S. Giovanni Gerosolimitano. I Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni Gerosolimitano ebbero origine d*a un cotale Gherardo di Amalfi (nel Napoletano) il Costui caldo di carità per i poveri infermi e pei pellegrini, li regolava e governava ed assisteva nel preesistente ospedale di San Giovanni Battista e ospizio annesso, in Gerusalemme e- retto già da negoz : anti di Amalfi. Comunicato a buon numero di cristiani e cristiane della città il suo zelo, constituiva di costoro quasi due comunità di ospitalieri ed ospitaliere, ai quali diede le regole di S. Agostino. A lui successe Fra Ramondo del Podio (da Puy), che perfezionò l'opera, e divise gli Ospitalieri, in Cavalieri, in Cappellani, ed in Servi, suddivisi in servi di ubbidienza e di uffizio. Stabilì regole di vita comune ed unitorme, e che professassero i tre voti religiosi, di povertà, ubbidienza e castità ; voti opportunissimi non solo alla santificazione degli individui, ma ed a rendere que' valorosi più atti alle imprese che ad essi veni-

12 vano affidate. Il Papa Innocenzo II approvava questo instituto. Vivente ancora Gherardo, l'ospedale di San Giovanni Gerosolimitano si rese tanto benemerito di tutti i Crociati feriti alla presa di Gerusalemme, che venne quell'instituto di Ospitalieri, allora, e in seguito sempre più arricchito di privilegi e ricchezze stragrandi. Talché a quel primo Gran Maestro Ramondo venne il pensiero di attribuire l'abbondante superfluo, ai bisogni delle Crociate: ed il crescente numero degli ospitalieri, ossia dei Cavalieri e Servi d'obbedienza, impegnò ad assumere, oltre quello di ospitalieri, un nuovo compito, cioè obbligarsi ad imbrandire le armi in tempo di guerra santa, e farsi corpo ausiliare dei Crociati. D'allora in poi non vi fu fazione guerriera in Terra Santa, nella quale i Cavalieri Ospitalieri di S. Giovanni non comparissero e si segnalassero per valore. Dopo questo primo Ordine, venne l'istituzione di molti altri Ordini cavallereschi, fino al numero di trenta. Si potevano ormai dire questi Ordini religiosi cavallereschi, quasi una Crociata in permanenza, e spesso il più valido sussidio nelle guerre dei Crociati. In tali Ordini vide il mondo come si possa all'uopo, la religione unire alle armi: vide lo spettacolo di tanti cuori palpir tanti di religiosa pietà sotto la ferrea corazza militare ; vide lo spettacolo di numerose legioni di briosa gioventù che si consacrava senza riserva alla difesa della Religione colla spada sul campo di battaglia, e alla pratica della religione e della cristiana carità nella vita comune e negli ospedali in tempo di pace: più mansueti degli agnelli, e insieme più coraggiosi dei leoni, come li disse S. Bernardo. Il nostro Ugo innamorandosi di questo genere di vita e decidendosi di entrare nei Cavalieri Ospitalieri di S. Giovanni, mostrò tanto più eroica la sua generosa virtù, mentre non solo doveva passare dalla agiatezza del suo nobile casato alle durezze e privazioni grandissime di quella austera vita militare, nonché ai non leggeri sacrifizi imposti dalla pratica dei tre voti religiosi, e che doveano riuscire tanto più ardui nella vita militare cavalleresca. Ma è da calcolarsi di più la circostanza del tempo quando dovette esso entrare neh' Ordine, cioè quando già volgendo in peggio le sorti delle Crociate, più difcile e grave si faceva Y opera di questi corpi ausiliari della guerra santa. Se questa è rimbecillita che il mondo pretende conseguenza dalla pietà cristiana, chi non sentirebbesi no-

13 ^ 22 bilmente superbo di noverarsi tra questi imbecilli? Chi non vede dalla così detta imbecillità di questi eroi della Religione Cattolica ecclissalo e sfolgorato ogni celebrato valore degli eroi che il mondo degli increduli osa contrapporvi? VI. Ingresso di $. Ugo nell'ordine Gerosolimitano» Può conghietturarsi che il nostro giovane alessandrino si ascrivesse all'ordine dei Cavalieri Ospitalieri di S. Giovanni Gerosolimitano non prima degli anni 18 (che noi consentivano le regole) e non più tardi dei venticinque, e si portasse perciò alla sede dell'ordine a Gerusalemme, ove era il noviziato. L'Ordine infatti non cangiò la sede di Gerusalemme, se non dopo la definitiva perdita della santa città, avvenuta l'anno Allora fu trasportata a Margath, poscia in Acri che i Cavalieri Ospitalieri difesero vigorosamente nel Dopo l'intiera perdita di Terra Santa si ritirarono in Cipro nella città di Limisso, ove stettero anni 18, incapo del quale tempo tolsero ai Saraceni l'isola di Rodi ed ivi si stabilirono, possedendola fino al 1488, quando 23 furono cacciati di là da una formidabile armata turca. Ebbero poi da Carlo V l'isola dì Malta, nel 1522, ove dominarono con sede sovrana e si dissero perciò i Cavalieri di Malta. Dalla quale isola li cacciò, con l'aiuto di traditori, il generale Bonaparte, reduce dalla spedizione d'egitto, l'anno Al presente un residuo di quello antico Ordine conserva, direbbesi, il fuoco sacro nella capitale del cattolico mondo, finché la Provvidenza di Dio non gli apra, forse, nuovo campo all'azione, ed organizzati altra volta i suoi Crociati cavalieri, riesca nuovamente a difesa della Cattolica Religione. Non sappiamo se Sant'Ugo prendesse parte ad alcuna fazione guerriera. Giacomo Bosio, il quale dice di avere attinte notizie di S. Ugo principalmente da quanto l'arcivescovo Ottone II raccoglieva delle geste e de' miracoli di lui da' testimoni oculari, e ciò per mandato di Papa Gregorio IX, nota che di tutto ciò ebbe un sunto che si conservava allora (16211) nell'archivio della Commenda di S. Giovanni in Genova, e che ne ebbe copia uguale da due Commendatori ; cioè dal Com. cav. F. Catelano Casati Milanese, e dal cav. Fra Annibale Minoli patrizio Genovese, Commendatore della detta Commenda. Or dal modo

14 "*" 24 con cui questo storico si introduce a parlare di S. Ugo, pare che egli non avesse avuto il campo di esporre la vita in battaglia al che a- spirava in forza della sua vocazione, e fosse spedito in quella vece dal suo Ordine a Genova per ivi soltanto esercitare V ufficio di ospita liere. Ecco le parole del Bosio : «Mentre i Cavalieri e Religiosi della sacra Religione, ed illustrissima milizia di S. Giovanni Gerosolimitano, valorosamente combattendo in Oriente contro gli infedeli, molti conporporee corone erano coronati, in cielo in testimonio e guiderdone del sangue, che per gloria di Cristo, e per difesa della Santa Fede, intrepidamente ed abbondantemente spargevano; non mancavano anche in Ponente alcuni d' essi, che con armi spirituali guerreggiando contro gì' invisibili nostri nemici antichi, dopo avere felicemente consumato il corso di questa pellegrinazione, e faticosa vita umana, ritornando vittoriosi alla suprema patria nostra, erano in premio della purità, e santità loro, di candide corone coronati in paradiso. Fra' quali -fu per la santa ed esemplar vita sua, e per molti miracoli, in Italia grandemente celebrato un cavaliere del medesimo Ordine, chiamato fra Ugone, eh' essendo stato dalla sua Religione deputato al 25 governo della Commenda di Genova, fu così fedele, diligente, e buon amministratore, che non lasciando sepolti in terra i talenti ricevuti, ma con accurata diligenza in essi spiritualmente esercitandosi, diede alla sua religione, al prossimo e sopratutto a Dio così buon conto, che non contentandosi l'infinita bontà e misericordia sua di dargliene l'eterna rimunerazione in cielo, collocandolo nel numero dei santi suoi, dopo il fine della sua sanissima vita, volle anche, mentre egli ancor quaggiù viveva, onorarlo con la prerogativa di molti segnalati e stupendi miracoli.» Calcolando dall'anno che approssimativamente abbiamo fissato della sua nascita, del suo ingresso nell' ordine e della sua morte, dopo lunga dimora nella Commenda di S. Giovanni, può argomentarsi che l'ingresso di Ugo in questa Commenda avvenisse poco prima o all' epoca stessa della erezione della Chiesa di San Giovanni sopra l'antica del Santo Sepolcro, cioè circa l'anno 1180.

15 26 VII. Commenda e chiese del $. Sepolcro e di S. Giovanni: e 8. Ugo ivi Commendatore* La detta chiesa del Santo Sepolcro è quel gruppo di chiesette delle quali parte sotto la Commenda, e parte sotto la chiesa parrocchiale di S. Giovanni, tuttora esistono, quali volte ad uso profano, perchè passate a mani di privati, e, quali ad uso di oratorii uffiziati ai presente dalla congregazione degli Operai Evangelici, detti Fransoniani, dall'institutore Abbate Paolo Gerolamo Fransone. Detta chiesa del Santo Sepolcro sorretta da colonne, la più parte di pietra, ed alcune di marmo, che dalla forma rivelano la loro antichità, Y avrebbero fabbricata i nostri antichi padri per conservare memoria della chiesa del Santo Sepolcro in Gerusalemme, proprio nell' anno 636 (1), quando quel santo luogo cadeva nelle mani dei Turchi. Ufficiarono ivi i Canonici del Santo Sepolcro, cioè, quelli stessi Canonici Regolari, che venuti di Francia, avevano assunta la ufficiatura del Santo Se- (1) Così il Perasso polcro in Gerusalemme, ed erano stati portati a Genova dalle nostre navi all'epoca della prima Crociata, che ebbe principio l'anno In detta nostra chiesa del Santo Sepolcro, in quella parte ove ora deploriamo trovarsi un'officina di fabbri-ferrai, proprio sotto le logge della Commenda, erano depositate le ceneri di S. Giovanni Battista nel 1098; ovvero in quella parte che ha ingresso vicino allo scalone della Commenda, e che era in seguito dal Gommandatore Salvago dedicata a S. Ugo. Dall' epoca di questa breve posa delle sante ceneri, la chiesa del S. Sepolcro cominciò adirsi di San Giovanni de capite arene (1), benché tuttavia nel 1162, da alcuni si chiamasse la chiesa del Santo Sepolcro. Venuto meno quasi universalmente l'ordine dei detti Canonici, i loro possedimenti passarono per tutto ai Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni Gerosolimitano: e così avvenne della chiesa del Santo Sepolcro a Genova, dell'osp'zio ed ospedale annessi, e ciò non molto prima del Era allora Gran Maestro dell' Ordine Fra (1) Questo titolo potè venirle dalla positura sua, mentre la spiaggia correndo in diritta linea il sinistro fianco del Borgo fino alla Chiesa, qui piegava forse in angolo, e s'allargava verso il mare. r

16 Ruggiero di Mollns, eletto nell'anno 1179, e morto nel Secondo asserisce lo storico dello stesso Ordine, P. Paciaudi, avrebbe questi delegato Y inglese fra Willelmo Accone, quello che da altri è detto Guglielmo, a reggere il genovese ospedale del Santo Sepolcro; e annesso ospizio o Commenda. Sarebbe anzi stato questi che avrebbe promosso l'erezione della chiesa, ora parrocchiale di S. Giovanni di Pie (1) e dell'annesso campanile; anzi una inscrizione intorno ad una testa in basso rilievo, a piedi dello stesso, dice che lo erigeva proprio nel Dapprima detta chiesa era dedicata a San Giovanni Battista patrono dei Cav. Ospitalieri Gerosolimitani ; e poi nel 1240 vi fu aggiunto il titolo di S. Giovanni Evangelista per l'occasione che in detto anno Gerardo Patriarca di Gerusalemme, che albergò nella Commenda (2), consecrava in detta chiesa un altare a S. Giovanni Evangelista e a S. Giovanni Battista. Ma dopo altre mutazioni e riti) È detta così la località o strada dalle Prede o spoglie che ivi si ripartivano i naviganti, tornati dalle loro scorrerie; ovvero da Plebe, gente data al mare; od anche da prae, parola del dialetto, che indica prati, giacché a prato era coltivata una porzione di quel territorio. (2) 11 5 aprile 1367 sbarcò nella Commenda e vi abitq Papa Urbano V. Nel 1385 vi abitò Papa Urbano VI. 29 stori, si chiamò solo la chiesa di San Giovanni Evangelista. Questo titolo ultimamente venne confermato con la consacrazione della stessa chiesa, fatta Tanno 1873 dall'arcivescovo di Genova Salvatore Magnasco, e vi si aggiunse a Contitolare Sant 1 Ugo. L'anno 1462, il Commendatore Nicolò Parentucelli ridusse ad oratorio, e dotò con patronato quella parte dell' antica chiesa del S. Sepolcro che ha V ingresso ai piedi della grande scala della Commenda. Nel 1508 il Commendatore fra Biasio Salvago, ristorava le logge della Commenda e il detto oratorio, dotato dal Parentucelli, e lo dedicava a S. Ugo. Altri Commendatori fecero nella chiesa dei ristori, ma il principale fu quello eseguito dal Commendatore Basadonna che, per servire alla comodità del popolo, aperse la porta d' ingresso, ove ora si vede e ove dapprima era 1' altare maggiore. Ricorda la ultimazione di detto cambiamento un' inscrizione sulla detta porta che dice : Dominus memor fuit nostri et benedixit nobis In detta epoca si eressero gli altari in marmo quali ora li vediamo. Finalmente, ai nostri giorni, nel 1870, si ultimarono i nuovi graziosi ristori per cura del lodato Prevosto G. B. Vassallo, tanto ze-

17 I 30 lante pel decoro della casa di Dio ; ristori per cui, purgato l'interno della chiesa da mal'intesi intonachi, si restituì a figurare splendidamente nella sua originaria bellezza. Di che fa memoria la seguente inscrizione che corre il cornicione sopra le arcate della navata di mezzo della ristorata chiesa : Ad veterem prope formam restituta atque ornata anno MDCCCLXX. Quo Rom. Pontifex in Synodo Vaticana adsertus est falli nescius Ecclesiam docens. Accennato così all'origine e storia del religioso edifìzio, ove visse e si santificò il nostro eroe, ritorniamo a Lui, il quale, o prima di Guglielmo, già era mandato a reggere detta Commenda, ossia Precettoria, col titolo primitivo di Maestro, tradotto poi in quello dato in seguito di Commendatore, che abbracciava una sopraintendenza più estesa dello stabili mento;odelta promozione avvenne poco dopo la gestione del detto Guglielmo; se non vogliasi anzi dire contemporaneamente allo stesso, cioè che Ugo avesse la cura unicamente dell'ospedale, e quegli, il governo spirituale della chiesa ed ospedale. Alla quale supposizione darebbe fondamento la interpretazione (se fosse esatta) che il nostro storico Accinelli dava alla inscrizione gotica già detta intorno alla testa, in basso rilievo, e da lui letta così: Eie ia~ 31 cet WUlelmus archipresbiter qui hanc turrim fundavit... obiit Benché ultimamente l'esimio Sacerdote Genovese Marcello Remondini, pare che ne desse una più vera traduzione leggendovi: «Qui riuscii sepolcro del sig. Guglielmo Acton (nome inglese che l'accinelli interpetra arciprete) p3l quale, di grazia, o tu che passi recita un Pater. Fu cominciato nel 4Ì80 al tempo di Guglielmo.» Forse qui si fece parlare il fabbricato campanile : qui riuscii sepolcro... perchè ai piedi dello stesso campanile fu posto il sepolcro del Wilìelmo Acton che ne avea cominciato l'edificazione in quell'anno Comunque sia dell'epoca precisa, ed estensione di uffizio affidato ad Ugo, par certo che quando fu annunziata da Genova la morte di lui al Gran Maestro dell' Ordine, allora Bertrando de Texì (eletto nel 1230 e morto nel 4240), fu indicato Ugo come Commendatore, o come l'avranno detto, Precettore o Maestro dell'ospedale: lo asserisce Gerolamo Marcelli nella vita dei Grandi Maestri del detto Ordine. Tutto ciò inoltre è conforme all'asserzione del Bosio, che cioè S. Ugo fosse stato deputato dalla sua Jteligione al governo della Commenda di Genova. Ci fu chi disse S. Ugo Prete, cioè che fosse passato al grado dei Cappellani dell'or-

18 32 dine Gerosolimitano, argomentandolo principalmente dall'abito in cui si vede nelle sue immagini. Ma è da osservarsi che gli statuti dei Cavalieri ospitalieri, ordinavano 1 uso della veste talare nera e manto nero con sopra di esso la croce bianca, e soltanto mutavano questa foggia di abito religioso, quando erano in esercizio militare. Or da qualche modificazione di detto abito, fatta per avventura dal pittore, non potrebbesi argomentare che Ugo fosse prete, anziché della classe dei Cavalieri. Oltredichè gli antichi scrittori lo dicono semplicemente Cavaliere Ospitaliere o Commendatore. Nella vita di Lui nulla accenna al ministero sacerdotale, anzi indicazioni abbastanza chiare ci inducono a riconoscerlo non prete. Noi adunque non ostante la pretesa in contrario di alcuni scrittori, e gli argomenti che recano, (vedi Cenni storico-critici part. 3) diremo sempre col Martirologio Romano, S. Ugo dell' Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani presso la chiesa di S. Giovanni, ove esercitò il pio ufficio di ospitaliere dei poveri. 33 Vili. Gesto e miracoli di S. Ugo nella Commenda di S. Giovanni. Or passiamo alla parte più importante di questo compendio della vita di S. Ugo ; a dire cioè delle sue gloriose geste di ospitaliere, e miracoli operati mentre egli visse nella Commenda di San Giovanni di Prè, e dopo la sua morte. Se già non avesse detto l'apostolo S. Giovanni (secondo ci riferisce S. Girolamo là dove parla delle sue ripetute predichette nell' adunanza dei fedeli: Filioli, diligile allerutrum), che proprio nella pratica della carità fraterna sta il compendio e l'espressione d'ogni perfezione: quia prceceptum Domini est, et si solum fiat sufficit, tanto io troverei provato nella santità del nostro Ugo. In Lui le virtù e gli stessi miracoli, si direbbero riuscire specialmente a prova di questa fiamma di santo amore; la quale e- sprime tutto insieme l'amor di Dio, che, dell'amor del prossimo è principio e termine. In vero il santo amore del prossimo, fu il primo indizio che annunziò agli abitanti di Prè, di avere essi acquistato un Santo nel nuovo o- spitaliere Gerosolimitano che a Genova veniva a stabilire suo domicilio. 3

19 Sili citato cantore di S. Ugo ce lo descrive nell'atto di introdursi nell'ospedale della Commenda come se fosse il luogo al suo cuore prediletto, poco curandosi di tutti i magnifici monumenti della città di Genova, la prima volta da lui veduta. Il suo sguardo porta, egli dice, alla turba dei languenti, ed anziché turbarsi a questo spettacolo, sente avvivarsi in suo cuore quella carità stessa che proprio miglior pascolo non voleva che quello offertogli appunto dal maudato di Ospitaliere, e che trovava in quelle infermerie. I Prodomi, (se già allora esistevano) e che, secondo il regolamento (1), dovevano assistere Yinfermiere e con somma cura e diligenza visitare gli infermi (perciò eletti ogni anno dal Maestro e dal Consiglio), non avevano certamente se non che a vedere la carità di Ugo per mantenere con perfezione il giuramento preso innanzi al Consiglio medesimo, quando gli eleggeva : Giuro di esercitare bene e fedel- (1) Tra i vecchi e nuovi statuti compilati e approvati nel Capitolo generale dell'ordine Gerosolimitano di Malta, celebrato nell'anno 1588, essendo Gran Maestro dell' Ordine il Cardinale F. Ugo de Loubenx Verdala, si trovano gli articoli de' Prodomi dell'infermeria, ove è detto che due Prodomi di diverse lingue unitamente all'infermiere, con somma cura e diligenza visitino gli infermi, e se troveranno che manchi alcuna cosa necessaria alla loro cura, compitamente il provvedano, a' quali sia tenuto l'infermiere di render conto ogni mese in iscritto delle spese che si fanno nella infermeria, ecc 35 mente Vuffizio per ristoro e ricreazione dei signori infermi. Quei Cavalieri dovevano non altrimenti che col titolo di Signori chiamare i poveri infermi, perchè la loro carità fosse fatta con una specie di delicata riverenza ; siccome il Gran Maestro dell'ordine si gloriava del titolo di Custode dei poveri di Gesù Cristo Quanto son belle queste cattoliche istituzioni; quanto bene incarnano la evangelica carità! Né solo agli infermi Y ospedale, ma la Coni menda era aperta all'ospitalità dei poveri pellegrini che tragittavano alla volta di Terra Santa, e di là reduci, cercavano abitazione in Genova o passo in Toscana: ed ecco altro campo alla carità del santo ospitaliere. Negli statuti dell' Ordine di S. Giovanni Gerosolimitano è detto : «Fra tutte le opere di pietà e umanità, per consenso di tutto il popolo cristiano, Y ospitalità tiene il primo luogo, come quella che abbraccia tutte le altre. Questa, se con grande studio da tutti i buoni deve essere esercitata e riverita, quanto maggiormente da quelli che col cognome di Cavalieri Ospitalieri vogliono essere conosciuti? Per il che niuna cosa dobbiamo procurare maggiormente che eseguire realmente e con effetto quello che proferiamo col nome.» Ma Sant' Ugo anche prima di questa e-

20 36 sortazione aveva mostrato di averne pienamente inteso il dovere, entrando a far parte del sacro Ordine degli Ospitalieri, e di averne in grado eroico tutto lo spirito, secondo il Vangelo. Se dalla regola aveva Ugo imparato a chiamare i poveri: miei signori; per trattarli veramente come tali, gli bastava di considerarli con Tocchio della fede, come vestiti della livrea di Gesù Cristo, fattosi povero ed evangelizzatore dei poveri, come Colui che nella sua divina missione di Redentore, aveva appunto quella di rialzare la dignità del povero, degradato dal Gentilesimo, il quale la povertà considerava, si direbbe, come un delitto punito con l'ostracismo, e talora perfm con la morte. Infatti Roma pagana applaudiva a Galerio Massimiano, il quale affine di sbandire la poveraglia dall'impero, ordinava che turbe di poverelli posti entro a barcaccie, fossero come l'immondezza delle strade gittati in mare. Poteva in quella vece Gesù Cristo meglio far rispettare i poveri e la povertà che predicando : Beati i poveri di spirito, e dichiarando che qualunque bene si facesse al minimo dei poveretti, lo a- vrebbe avuto come fatto a se stesso? Il perchè i poveri pellegrini e poveri infermi, gli avresti detti veramente i signori del cuore di Ugo, tanto pareva tutto al loro amoroso 37 servizio consacrato. Esso festosamente accoglierli, al primo presentarsi e fraternamente sollevarli e provvederli del bisognevole ristoro: Pium hospitalitatis officimi erga pauperes exercuit (1) ; dovesse pure esso stesso ripulirli e lavarne i piedi ; anzi di ciò appunto farsi una delizia : Totus incumbebat ad pauperum necessitatemi illisque non sine magna charitate ministrabat, nonnumquam etiam pedes illorum lavabat (2) ; adagiarli, medicarne le ferite e le piaghe infìstolate, ponendo generosamente a rischio la propria vita (3) ; curarne la sepoltura ; ed anzi come già il caritatevole Tobia, secondo la citata leggenda, essersi talora mostrato zelante fino a dare esso stesso ai morti la sepoltura : mortuosque ad sepulturam dabat. Fu certamente suggerimento della sua industre carità, lo aversi scelta stanza al pian terreno ove era lo spedale, proprio al posto sotto le esistenti gallerie della Commenda, cui metteva un andito dall'oratorietto dedicato a S. Giovanni Battista, e ove abbiamo più so- (1) Martirologio. (2) Vedi il sommario fatto da qualcuno Cavaliere dell'ordine di S. Giovanni Gerosolimitano della leggenda, in lingua latina, attribuita all'arcivescovo Ottone II. Si dice il detto sommario essere opera di qualche Cavaliere dell'ordine, argomentandolo dalle parole: Ioannes Battista Sacrae nostrae familiae Patronus. (3) Gr. Battista Verdura.

21 38 pra lamentato essere presentemente un' officina, con ingresso sulla pubblica strada. Di più Ugo volle che la sua stanza prospettasse il mare, in ea xenodochii parte quce ad litus vergit [\ ). Poteva perciò meglio accorrere prontamente ai bisogni dei suoi infermi, ed in pari tempo facilmente speculare 1' arrivo dei pellegrini che discesi dalle navi, si avviavano alla volta della Commenda, dal ponte dello Scalo che nel 1161 i nostri Consoli, Guglielmo Bogerono, Ingo della Volta, Nebulono, Robaldo Bezacia e Grimaldo, fabbricato avevano appunto a più comodo tragitto alla chiesa ed ospizio del Santo Sepolcro. Senonchè la pratica della fraterna carità insegnata da Gesù Cristo, non ista soltanto nel materiale e corporale soccorso e nell'amoroso modo di farlo, ma riguarda più che ad altro, alla parte più nobile di noi, che è lo spirito; in ordine al tempo, quale sarebbe la consolazione nelle angustie, il consiglio nelle dubbiezze, Y istruzione nelle ignoranze ; e in ordine alla salvezza eterna, cioè indirizzo ed avviamento per adempiere tutti i cristiani doveri, correzione dei vizii, pratica della preghiera, ed uso dei sacramenti. In tutto que- (1) Detta relazione o leggenda. 39 sto, supremamente campeggiò la carità del santo ospitaliere. Tanto particolarizza il sacerdote Verdura il quale, come già ebbi ad osservare, potè raccogliere molte tradizioni dai manoscritti ricordati da alcuni storici Genovesi. Sereno, egli dice, era sempre in fronte e lieto ; è il genio dei santi, tenere l'austerezza per sé stessi, e fare ad altri sentire della virtù tutta l'amabilità. Parco nel suo parlare, se non si trattasse di pii ragionamenti, che facili e soavi usciano da quella bocca usa a ribaciare con tanto amore la Croce di Cristo : il perchè se ai tristi avesse volto il discorso, non era se non che per esortarli a ben fare; se a buoni, per confermarli a perseverare. Gli ostinati vincea con la dolcezza, e i ritrosi spingea con tutta la energia che sa inspirare urr santo zelo, ardente dell'altrui salvezza. Agli infermi sapea inspirare rassegnazione al divino volere, fino ad innamorarli di patire per Cristo; ai sani, da lui ospitati, e con lui dimoranti, come chi è memore della evangelica sentenza che non di solo pane vive V uomo, ma di ogni parola uscita da Dio, soleva, (dice sempre il Verdura) innanzi alla refezione tenere un pio discorso che all'anima desse pascolo salutare, non trascurando intanto, quanto meglio potesse, di

22 40 ristorare, come già dissi, le corporali forze affrante di quei miseretti o languenti ; non mai sì dolente quanto allora che meno avesse potuto, per manco di mezzi, tutti fare consolati. Disse Cristo che la fede è potente a trasportare i monti ; il che vuol dire, ad operare i miracoli più strepitosi. E Ugo di questa fede si valse a compiere le grandi carità prodigiose, cui certamente non sarebbero bastate tutte le naturali umane forze. Anzi la fede dovea essere in Ugo pari alla eroica carità, imperocché come non si dà vera carità, senza la vera fede, così non eroica carità senza eroismo di fede. Già lo dissi che gli stessi miracoli in S. Ugo portano la più splendida impronta della fraterna carità, la quale fu il caratteristico distintivo di tutta la sua santa vita nella Commenda di Genova. Troviamo infatti primo di tutti, tra i miracoli testimoniati e giurati dai contemporanei di Sant'Ugo, quello che perfino ricordano il martirologio e l'oremus, Deus qui dedisti servo tuo Ugoni, etc. (vedilo nel Cap. XII), che pare si usasse nell' antica sacra ufficiatura in onore del Santo È il miracolo che sta espresso eziandio nell' antica immagine di S. Ugo che si può vedere ritratta in litografia nei miei Cenni storico-critici (parte 1.). 41 Si trattava adunque di provvedere acqua pei bisogni degli infermi dell'ospedale in una grandissima deficienza. Solo un miracolo bastava al bisogno, volendosi provvedere di più senza ritardo: ed il miracolo fu operato dalla fede e carità del nostro Santo. Lo esporrò colle stesse parole delle testimonianze giurate che troviamo nella detta storia del Bosio : «Stavansi un giorno certe donnicciole a lavare i panni degli infermi dello spedale, e durando in ciò molta fatica per mancamento dell'acqua e per il gran calore che allora faceva, e trovandosi all'ora ivi a caso questo sant' uomo (Ugo), lo pregarono che con le o- razioni sue impetrasse da Dio acqua, talché costrette non fossero ad andar così lontano, come con tanto disag ; o e stento loro facevano, a pigliarla. Ed ecco, oh merito incredibile, e stupendo d'uomo santissimo! che non altrimenti di Mosè il quale con 1' orazione e con la verga, così Ugo con 1' orazione e col segno della Croce, cavò acqua da un sasso e in abbondanza tale, che non solamente fu largamente bastevole per bere, e per lavare allora, ma dura anche oggidì, e si chiama la fonte di S. Ugo!...»' Avvenimento degno in vero di poesia! Però il citato Verdura il pone in bella luce nel suo Poema che serve tanto bene

23 - 42 a questa storietta, mentre ci fornisce la cognizione di particolarità che non sarebbero altrimenti conosciute. Sparsa appena per la città la fama del prodigio, vengono, egli dice, poveri e ricchi, turba di malconci nella persona, ed infermi di ogni maniera. Bevono essi appena dell' acqua prodigiosa, e sanazioni si contano numerose. Il che mirabilmente tornando a ravvivamento di fede, quelle acque, non meno che delle corporali, riescono delle spirituali infermità efficace rimedio. In ogni parte della città non meno che in lontane terre, ove colla fama dell'avvenimento si portava dell' acqua attinta alla fonte prodigiosa, si proclamavano continuamente singolari benefìzii per i meriti di S. Ugo, ottenuti. Ciò che per taluni bastò perchè dedicassero la propria persona al servizio dello spedale dal Santo governato, ascrivendosi nel novero dei confratelli e suore ad esso depu - tati. Il citato storico Bosio diceva che al suo tempo «quelle acque sorgevano vivissime e limpidissime, non solo al gusto grate e dilettevoli, ma a molte infermità mirabilmente salutari.» Tale sorgente si vede scorrere anche oggidì da due buchi del famoso sasso nel torrentello che da Sant'Ugo ha il nome, presso 43 la piazza dell'acquaverde. Volendo io meglio assicurare il lettore della verità del fatto, pò tei questo stesso verificare il 24 agosto di quest' anno. Ho trovata la sorgente non molto copiosa, la quale tanto meno poteva far mostra di se, perchè nel declivio del sasso, essendo del terriccio minuto e giallastro, questo impediva di vedere bene il quantitativo dell'acqua scorrente. Sopra quel sasso è fabbricato il muro che sta di fronte all'ingresso della Cappelletta, dedicata al Santo per opera dei confratelli dell'antica Congregazione di S. Ugo. Presso il buco, a destra di chi entra, vidi piccolissima lastra di marmo ove è scritto: Ave Maria. L'acqua va a raccogliersi in un recipiente, che occupa tutto il ristretto piano* interno della medesima cappelletta, larga due metri e ottanta centimetri, e un metro e dieci cent. dalla parte d'ingresso allo scoglio. Dal detto recipiente si versa in altro più ristretto, diviso dal primo con sottile muro, e quindi per mezzo di un condotto, F acqua corre fino al principio della discesa che mette alla Chiesa di S. Giovanni. E là si divide per undici parti alla Commenda, e tredici al giardino de' Farragiana. 1

24 A un tratto della stradetta, per cui passa il condutto, ho trovato un deposito della detta acqua con sopravi una lastretta di marmo nella qu^le è incisa una croce di Malta e la cifra Un'inscrizione in marmo di forma semicircolare sta sopra Y immagine del Santo disegnata sopra la pietra, nell'interno della cappelletta, proprio sopra i buchi della sorgente; l'inscrizione dice così: «Deus in adjutorium meum intende. Nobis Sancti Spiritus Gratia fuit data. Beatus Ugo Altissimi Dei servus in Francia natus. (Già ho spiegato il vero significato da doversi dare a queste parole : in Francia natus), qui vixit et mortuus est in Ecclesia S. Joannis in qua ejus corpus veneratur et cujus Ecclesiae Hospitali serviebat, exoravit Deum ut aquam dnret et bacalo (1 ) suo percussit ham petram super quam saepe sedebat et hinc exivit haec acqua quam digito signat, quae semper exit et nunquam deficit, et est infirmis sana. Deo gratias. (1) Qui soltanto è detto che Ugo percosse col bastone la pietra, e forse chi dettò la iscrizione, si riferì all'allusione che il Bosio e il Martirologio Romano fanno al miracolo operato da Mosè, dell'acqua fatta scaturire prodigiosamente nel deserto al tocco della sua verga ; ma il Bosio, e il Martirologio parlando del miracolo di S. Ugo non accennano se non che alla preghiera e segno della Croce e non parlano di bastone. 45 A Domino factum est istud, et est mirabile in oculis nos tris. V annalista genovese Agostino Schiaffino e Sismondo Pok, nelle sue miscellanee, i quali riportano questa inscrizione, la chiudono con l'aggiunta di queste parole : Restauratum anno MDXClI, ed omettono il principio di essa: Deus in adjutorium, e la chiusa : Deo Gratias: parole che io ho lette in quella lapide. Forse il restauratum etc. era scritto probabilmente su quel superiore tratto del muro che stava sotto angolo fatto dalla tettoia, portata via intieramente dalla inondazione del Del ristauro a cui si accenna, era forse parte la pit tura a fresco, color di rosa e linee ombreggiate di cui appariscono nella facciata e fianchi esterni della cappelletta, le vestigie ; come ugualmente si osservano tracce di ornati in color verde e roseo, intorno alla pittura ed inscrizione. La detta figura del Santo, che dissi sotto la inscrizione, è di molto svanita per ragione della già detta inondazione. L'atteggiamento del Santo è quale di chi segna col dito il sasso a' suoi piedi, dal quale scorre l'acqua, mentre lo sguardo volto al Cielo,par che indichi ai beneficati d'onde venisse il benefizio: A Domino factum est istud. E perfettamente

25 MH 46 l'atteggiamento e lo sguardo che esprime il busto in legno che si esporrà la prima volta nella chiesa di San Giovanni, quest'anno 1874, il giorno della festa di Sant'Ugo. È lavoro antico e di qualche merito artistico, di ignota provenienza ed acquistato recentemente dal- Podierno Prevosto. Forse in tempo andato apparteneva alla confraternita di Sant'Ugo, che come dissi, avea eretta la cappelletta sul luogo del miracolo. Si potrà vedere il disegno del torrentello di S. Ugo e della detta cappelletta nelle sue forme interne ed esteriori e la figura del Santo, nei detti Cenni storico-critici, (parte 6) ove il tutto è rappresentato quale ora si trova, e perciò col tetto della cappella coperto dal volto in mattoni, spogliato della tettoia che già vi era con lastre di lavagna. È desiderabile che i devoti di S. Ugo, prima che così prezioso monumento vada intieramente in distruzione, lo facciano ristorare, e che intanto venga purgato il bacino dal fango che lo ingombra ; che l'acqua d'origine prodigiosa, la quale scola dal sasso, si raccolga in apposito recipiente marmoreo non accessibile all' acqua del torrentello (non sempre la più polita per gli scolatoi che si versano nel torrente medesimo) e che può ora penetrare nel bacino, non pur dalle 47 fessure della porta, ma più ancora da un largo buco praticato per avventura, a bello studio nel muro, sotto la stessa porta. Certo non possono i partecipanti della detta acqua, dire di avere l'acqua pura di S. Ugo, come V. avrebbero se dal nuovo proposto recipiente loro la portasse un canaletto, lasciando che il presente condutto portasse Y acqua restante mista a quella proveniente dal torrentello, quando scorre abbondante. Ovvero volendosi limitare ad attingere sul luogo l'acqua pura che sorge dal sasso di S. Ugo, sarebbe d'uopo si raccogliesse dal proposto superiore bacino con un canaletto che la versasse, per mezzo di un rubinetto dall'esterno fianco della cappelletta in una vaschetta di marmo, dalla quale altro canaletto la ritornasse al comune recipiente che la conduce alla Commenda. Mi auguro che queste osservazioni possano mettermi in grado di consolare i di voti di S. Ugo con annunziare ad essi nei Cenni storico-critici sulla vita di S. Ugo e Commenda di San Giovanni {dì prossima pubblicazione), che potremo ormai con sicurezza attingere, in luogo conveniente, quella vera acqua che nei tempi di maggiore fede e devozione a S. Ugo, era celebrata come prodigiosamente salutare.

26 -* 48 Speriamo inoltre che i proprietarii della detta cappella, Marchesi Lomellini, potranno superare gli ostacoli che da molti anni impediscono al pubblico il libero accesso a quel luogo già tanto frequentato specialmente nei giorni sacri alle feste di S. Ugo. Ma la carità vera insegnata da Gesù Cristo, non si limita né a luoghi, né a persone: essa è cattolica, ossia universale, coma la Chiesa che ne è la continua maestra. Perciò il nostro santo Ospitaliere non si limitava a beneficare nella ristretta cerchia dell' ospedale, per cui aveva operato il prodigio dell' acqua, ma senza ritardo là si portava con l'amore e col benefizio, ove avesse conosciuto un qualunque bisogno del prossimo suo. Bella prova di ciò, tra le molte, l'avvenimento della nave pericolante, da S. Ugo miracolosamente salvata. Questo miracolo troviamo indicato nella già detta antichissima immagine del Santo, ed è narrato dallo storico Giacomo Bosio, come dei registrati nella relazione dell'arcivescovo Ottone. Io noto anzi in questo avvenimento tale rilevante circostanza, per cui non sapresti se meglio ammirarvi la potenza della fede di S. Ugo, o l'ardenza, quasi direi, irresistibile del suo amore verso di quei miseri pericolanti. Certamente 49 noi possiamo celebrare quello, un miracolo dalla preghiera ottenuto di un vero eroe di fede e di carità- Anche questo fatto mi piace esporre colle stesse parole dello storico : «Una nave si trovava in mare, vicino alla bocca del porto, travagliata in modo dalla forza della fortuna, che ognuno giudicava, che indubitatamente sarebbe stata spinta a dare in terra ed a fracassarsi ne' scogli, che in quel luogo si trovavano, non giovandole arte, o rimedio alcuno da' nocchieri usato. Ma ecco che a caso riguardando il beato Ugone il mare dalla torre dello spedale (probabilmente il campanile ora di S. Giovanni, cominciato dal detto Guglielmo nel 1180), e vedendo che la nave stava in punto di far naufragio, mosso a compassione grandissima, velocemente scese dalla torre, e con molte lagrime, e singulti entrò nel mare fino al ginocchio, ed alzando gli occhi al Cielo, fece verso la nave il segno della Croce, e subito si raffrenò l'impeto dei venti, e dell'onde, e tranquillossi il mare, e la nave entrò in porto salva, e senza offesa alcuna. Il che veduto avendo i marinari, che già perduti si tenevano, sbarcandosi incontanente, se ne andarono alla chiesa di S. Giovanni a rendere infinite grazie a Dio, che per

27 50 le orazioni emeriti di quest'uomo santissimo, da così gran pericolo liberati gli avesse.» Se tanto si interessava il cuore di Ugo dei pericoli della vita corporale de' fratelli, non è a dire quanto maggiore dovesse essere lo slancio dell' anima sua a scansare ad essi quei più fatali, che corpo e spirito potevano far pericolare. Noi già vedemmo tali sue premure intorno agli infermi ed ai pellegrini. Ma poiché si tratta qui di un Santo il quale la sua carità esercitava eziandio a forza di miracoli, coi quali l'altissimo «i compiaceva di illustrare la sua virtù, eccone uno al proposito, che è riportato dallo storico come dei molti che ab cuni Canonici della Metropolitana, i quali frequentavano 1' abitazione del Santo, giurarono all'arcivescovo, di avere essi stessi veduti. Riferirono adunque che un certo spiritato fu con la sola presenza di S. Ugo liberato : perciocché tosto che l'uomo di Dio se gli andò approssimando, cominciò a gridare ad alta voce dicendo: Non volere, Ugone, più oltre tormentarmi, che io sono pronto per andarmene quindi lontano. La santità adunque di Ugo valeva quanto ogni esorcismo per liberare gli ossessi, ed ei ne esultava in Dio per P altrui corporale e spirituale vantaggio. 51 Figlie ed ornamento della carità fraterna sono molte virtù sociali, delle quali non pochi esempi troviamo nel Vangelo. Tra queste l'urbanità che porta a usare dimostrazioni di stima e di affetto e tutti quei riguardi che il mondo usa per affettazione e chiama complimenti. Sociale virtù talora perfino il convitare, o condiscendere all' invito in prova di confidenza, piacevolezza e cristiana amicizia, talora per il santo scopo di guadagnare industriosamente a virtù, o nella virtù tenere il fratello perseverante ; industria tante volte felicemente riuscita all' apostolo delle Indie S. Francesco Xaverio. Sociale virtù il prevenire i bisogni e i desiderai altrui onde scansare al prossimo un disagio, o la umiliazione di domandare dei sentiti bisogni stessi il provvedimento. Sociale virtù il mostrare di gradire cordialmente l'altrui deferenza e sollecitudine della propria persona. Oh di quante consimili virtù, che la santità rendono cara ed amabile, è feconda la cristiana fraterna carità! E i santi queste sociali virtù le impararono da Gesù Cristo. Eccolo infatti Gesù Cristo che alle turbe fameliche e innamorate di lui, che lo seguivano da tre giorni nel deserto, provvedere miracolosamente, non pure il pane in abbondanza, ma col pane altro piacevole ristoro colla mol- J

28 52 tiplicazione del pesce. Sociale virtù praticata da Gesù Cristo, quella facilità di contentare il desiderio di chi lo pregava di onorarlo con essergli commensale, benché sapesse come in simili occasioni dai Farisei si mormorasse di Lui. Esempio di sociale virtù nel Divino Maestro, quando di bella prodigiosa pescagione regalava Simone e compagni perchè gli avevano imprestata la barca dalla quale potesse predicare alle turbe raccolte sul lido del lago di Tiberiade. Esempio di bella virtù sociale ci diedero Maria SS. e Gesù, quando, proprio come prova della somma potenza di Maria sul cuore del figlio, e dell' infinita bontà di Lui, all'invito della Madre, operava il primo miracolo alle nozze di Cana in Galilea, benché dicesse non essere veramente giunta per anco Y ora della sua vita pubblica : Nondum venti hora mea (1). Ebbene, quell'ora fu anticipata appunto per un atto di sociale virtù, cangiando 1' acqua in vino, quando la Vergine Madre si avvide che venuto questo a mancare nel più bello del convito, ne sarebbe tornato rossore a quei virtuosi sposi in faccia ai convitati. Era quello adunque un bisogno relativo, era perciò carità il provvedervi, e provvedervi (1) S. Giovanni, C. 3. v con sociale virtù, cioè noi sapendo essi e con piacevole meraviglia di tutti i commensali per la squisitezza del vino prodigioso. Così il nostro Sant'Ugo, grato all' amore col quale andava frequentemente a Lui un buon amico, certo Nicolao Pigliacaro, ammi - ratore delle sue virtù, e per avventura statogli già largo di qualche favore in prò de' suoi poveri infermi ; anzi per giunta, forse attesa la sua età e condizione di salute, bisognoso allora di qualche ristoro ; insomma per dargli amorosamente un corporale conforto che esso sarebbe stato ben lontano dal domandare; ecco che in un giorno, quando, come solea talora, ebbe seco l'amico desioso di sedere al suo umile e povero desco, credette Ugo che fosse proprio il caso di esercitare un'altra volta la carità fraterna con un miracolo. Il miracolo adunque implora nell'intimo dell'anima sua ed opera col potente segno della Croce, che a lui valeva ormai quanto la taumaturga verga in mano a Mosè, siccome della Croce invero, essa era ben eloquente figura. Lo stesso Pigliacaro attestando di questo famoso miracolo la veracità all'arcivescovo, cominciava con dire: «Esso avere per ben quattro volte fatta esperienza della santità di Ugone manifestatasi con prodigi: 1

29 54 ed affermava quindi come, a quei tempi (l'attestazione è ricevuta dopo uno o più anni dalla morte del Santo), andò egli, una volta fra le altre a casa del beato Ugone per mangiare seco, invitato e spinto dalla gran devozione che gli portava, e che essendo già apparecchiata la mensa andò egli stesso a pigliare acqua al fonte, e /che seduti essendosi ambedue a tavola, quando egli volle bere, S. Ugo fece sopra l'acqua il segno della Croce, e pensandosi egli dover bere acqua, in cambio di quella, bevette vino eccellentissimo.» Se tanto era in S. Ugo la fraterna carità, quanto è a dire ardesse il suo cuore di amore verso Dio, se appunto l'amor soprannaturale del prossimo è conseguenza dell'amor di Dio, e così sono questi due amori relativi, che potè dire Gesù Cristo, essere l'uno simile all'altro: simile est huic ; (Matteo e. 29. v. 39) ed anzi compendiarsi in questi due amori tutta la legge fino alla più alta perfezione: In his duobus mandatis universa lex pendei et Prophetae. (Matt ). Senonchè noi non abbiamo bisogno di induzioni ove parlano i fatti. Acceso ed alimentato assai per tempo l'amor di Dio nel cuor di Ugo mercè la cristiana educazione, già avea fruttato in lui quella pietà maravigliosa la quale abbiamo 55 veduta spiegarsi nel Santo giovinetto tanto precocemente. Questo divino amore però già si mostrava gigante, quando Ugo si decideva di consacrare il suo braccio, per tutta la vita, alla difesa della Cattolica Fede nella Terra Santa contro i nemici del nome Cristiano. Ah se al dire di Gesù Cristo, nessuno meglio dà prova di amore che quelli il quale espone la vita per l'oggetto amato, che dire di Ugo pronto a versare il sangue per amore di Gesù Cristo ; proprio allora che le circostanze del tempo relativameote alle imprese dei Crociati, come già notammo, accennando alla sua vocazione, ben lungi dal presentare l'attrattiva di luminose vittorie, volgevano a rovinose disfatte, e però portavano lo scoraggiamento? Accenno specialmente al tempo quando per la partenza del re d'inghilterra, la Palestina eie colonie cristiane circondate da mille pericoli, andavano decrescendo, e i tre Ordini Militari Cavallereschi, cioè gli Ospitalieri, i Templari e i Teutonici, riuniti, e fermi in Asia dai loro religiosi voti, formavano quasi l'unica forza di uno Stato che poco tempo prima aveva avuti tutti i guerrieri d'europa per difensori. Fu dunque allora che in cuore di Ugo si rivelò quanto forte fosse il suo amore per Gesù Cristo, non esitando a votarsi alla di-

30 56 fesa e rivendicazione dei luoghi consacrati dal sangue di Redenzione, ed entrando appunto nel più famoso e primo di quelli Ordini Cavallereschi che vedeva tanto bene riuscire a tutela del nuovo regno di Gerusalemme pericolante. L'amor di Dio inspirava in lui quella valorosa generosità e coraggio per cui sfidava, tuttoché giovinetto, quan to bastava allora a scoraggiare i potentati d'inghilterra, d'italia, di Francia e di Germania. Ci sarà perciò concesso di ripetere ancora una volta la domanda agli spregiatori della santità cristiana : se possa trovarsi u- guale valore nelle lor file e se possa spregiarsi ancora quel religioso sentimento che bastò a formare di tanti Ospitalieri Crociati, ammirandi eroi di coraggio e di valore. Ma ciò siccome è soltanto possibile ad effettuarsi in chi è educato, come S. Ugo al divino amore, così il mondo che di cristiano amore non si conosce, continuerà, io penso, nel suo gergo beffardo contro la religiosa pietà, verificandosi sempre così i\ detto di Gesù Cristo, essere il mondo, il suo odiatore e contradittore perpetuo. Né si creda che S. Ugo lasciando per u- mile ubbidienza il campo e le imprese guerresche, cui aspirava in forza della sua voca- 57 zione, per consacrarsi in quella vece, unicamente all'altra parte che a tutti gli altri Cavalieri Ospitalieri era riservata soltanto pel tempo di pace, cioè alla religiosa pietà, presso l'altare, nonché all'esercizio della carità nello spedale, venisse così, almeno nel fatto, a rinunziare a quell'eroico coraggio ed animo valoroso che noi finora abbiamo celebrato recandolo come prova del suo amore per Dio. Chi ne dubitasse non avrebbe se non che a ricordare la divina sentenza, tanto in vero al giudizio stesso conforme di ogni sano filosofo: Melior est vir patiens viro forti, et qui dominatur animo suo, expugnatore urbium (1). «È da più 1' uomo paziente, che il valoroso ; e colui che è padrone dell'animo suo, è da più che l'espugnatore di fortezza.» Perciò prova di valoroso animo, e frutto dell' e- roico divino amore in S. Ugo, non pure favere sacrificata per obbedienza quasi tutta la sua vita fino a tarda età, nelle cure dei poveri infermi e pellegrini, ma in questo stesso esercizio di santo Ospitaliere aver durato costantemente nella pratica eroica dell' umiltà, mortificazione e fervidissima religiosa pietà. Perciò la storia compendiata (1) Proverbi Cap. 16. V. 32.

31 58 delle geste di Sant' Ugo dalla quale ho attinto finora, conchiude con questo elogio il quale comprende invero tutto il già detto e quanto potrebbe dirsi del santo amore ammirato in Ugo : «Ecco che mentre Egli portava la Croce esteriormente nel petto, (V emblema dei Cavalieri Ospitalieri) interiormente T aveva scolpita e profondamente nel cuore». Crocifissione adunque di se stesso, ecco generoso valore degli amanti di Dio. E non è questo l'invito di Cristo a tutti indirizzato : Chi vuol venire, dietro a me, rinneghi se stesso tolga la sua Croce, e mi segua? (1). Persuaso Ugo, tornare all' uomo impossibile il conservare la votata castità e contare vittorie, se la mortificazione non rintuzzi la ribellione della carne, e se la preghiera non ne purifichi i desiderii; esso tuttoché dilicato della persona: Beatus Ugo parva corporis statura et macilento ore (2); appunto perchè valoroso dell'animo, non si contentava, dice la leggenda, di far senza dei morbidi sprimacciati letti, secondo il voto di povertà, ma a suo giacitoio non volle altro che un tavolato, spretis superbis mollibusque cubilibus, ad nudam tabulam in ea xenodochii parte quae ad littus, vergit iacebat{ò). 59 Non pago come Cavaliere di San Giovanni Gerosolimitano, di indossare nel nero manto dell'ordine, improntato dalla bianca Croce, il simbolo della veste penitenziale del Precursore, siccome erasi sentito avvertire nell'atto della sua religiosa vestizione, dal Cavaliere fratello che il manto gli imponeva; esso ne volle la realtà indossando abitualmente sotto le insegne dell'ordine, aspre pelli e cilizio: Vestes iulit pellicias, et nudam carnem cilicio texit (I). Non contento delle astinenze e digiuni prescritti dal suo instituto, digiunava tutto l'anno, e per giunta, in quaresima, non voleva gustare alcuna cosa di cotto : ne coctum quidem gustabat. Aggiunge il Verdura che eziandio nella notte quando per le gravi fatiche più abbisognava il suo corpo di riposo, si stava le lunghe ore orando ; anzi talora le notti intiere passava genuflusso al suolo, e di un flagello di catene e di funi armata la mano, cosi batteva inesorabile la innocente sua persona, da muovere a pietà chi spiava tanto spettacolo di penitenza. È a dire che volesse Ugo come martire di desiderio versare almeno porzione di quel sangue che non aveva potuto dare guerreggiando i barbari in Palestina. (1) Matteo Cap. 16. V. 2*. (2) Dal sommario della leggenda di S. Ugo già citata. (3) Detta leggenda. (1) Detta leggenda.

32 - 60 Noterò qui una graziosa disposizione df provvidenza. Contemporaneamente a questa lavorio di santità nel Cavaliere Ospitaliere con Y eroica sua mortificazione, proprio a pochr passi discosta, nel monistero di S. Tommaso, era oggetto di ammirazione alle suore, e nella città ne correa la fama, la vergine Limbania, che venuta da Cipro in mezzo ai prodigii, intorno al 1190, e professate le règole di S- Benedetto (1), si santificava nell'esercizio delle più austere penitenze, dilaniandosi con ferrea pettine le innocenti carni, e ciò proprio in quello speco che è ora lo scurolo ove sulla tomba di Lei è innalzata la sua stàtua e l'altare. Quanto eccitamento allo eroismo della virtù convien supporre che tornasse perciò reciprocamente a quei due Santi l'esempio di vita tanto virtuosamente mortificata! Pare che il popolo, proprio per Y uso di assodare a que' dì V ammirazione della santità di Ugo e di Limbania, ne associasse, appena morti, la fiduciósa invocazione, (e più sotto dirò di una grazia per intercessione di Santa Limbania e di S. Ugo ottenuta) : Siccome eziandio si a- dottò dal popolo di Prè, somiglianza nelle pubbliche onoranze religiose a loro rese, mentre (1) Prima delle Agostiniane erano in S. Tommaso le Beneditene. 61 processionalmente portavansi le loro teste, in lamina d'argento figurata; quella di S. Ugo, nella seconda festa di Pentecoste, e nella terza festa, quella di S. Limbania (I). Ho appena accennato alla preghiera di S. Ugo relativamente alle sue mortificazioni, ma più trovo da dirne come argomento a prova dell'amor suo verso Dio. Se la preghiera è la elevazione dello spirito a Dio e perciò alimento essa stessa ed effetto del divino amore, perchè l'amore tende all'unione, non vorremo molto maravigliare se le cure della Commenda, dell'ospitalità e degli infermi, non bastassero, come attesta lo storico, a distogliere Ugo dal tener fisso in Dio il suo spirito, e però sempre assiduo alla preghiera egli fosse, come ci dicono le testimonianze giurate ; anzi quelle occupazioni stesse come scelte, accettatele sostenute per amore di Dio, meglio lo infervorassero e lo raccogliessero alla preghiera vocale e di contemplazione. Il perchè era osservato che quando ei diti) Questa testa, sempre come era allora, si conserva e si espone il giorno 16 di Giugno dalle monache Agostiniane in San Sebastiano, che la ereditarono dalle monache Agostiniane di S. Tommaso già concentrate in S. Sebastiano dopo, la soppressione del lor monastero.

33 62 ceva l'uffizio, siccome usavano i Cavalieri 0- spitalieri, cioè l'uffizio della Madonna, benché potessero in suo luogo recitare 150 Pater noster, ad essi in luogo delle ore canoniche assegnati ; era in tale preghiera tanto infervorato che quel fervore si vedeva trapelare sensibilmente all' esterno. Anzi fra le già dette autorevoli attestazioni, vi ha quella di Ugo di Sabezana, altro dei fratelli dello spedale, non che l'attestazione di Giovanna moglie del Bar bitonsore dell' ospedale medesimo, da S. Ugo governato, i quali affermano avere essi veduto ed osservato che mentre Sant'Ugo facea orazione a Dio, gli uccelli gli volavano intorno al capo quasi in testimonio della santità di cotanl'uomo (1). Erano, io penso, quegli uccelli non altro che un visibile segno degli angelici spiriti che si compiacevano di raccogliere le preci del Santo, affine di presentarle al divin trono, glo rificandolo intanto agli occhi degli uomini. Il regolamento dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni Gerosolimitano prescrive che i fratelli preghino ogni giorno in tutte le Chiese dell'ordine per la pace. Bella preghiera e conveniente in bocca di Cavalieri i quali non per (1) Un incisione in rame che rappresenta questo avveninimento, sta presso il presente Prevosto di S. Giovanni da lui casualmente trovata. 63 altro facevano guerra ai nemici della Chiesa di Gesù Cristo se non che per dare ad essa la pace. Chi sa quanta parte per avventura questa quotidiana preghiera di Ugo non abbia a- vuta nella pacificazione data in quel tempo dal governo di Genova (rappresentato dal Podestà Lotterengo di Martinengo) all'arcivescovo Ottone al quale quelli aveva fatto tante violenze ed usurpazioni nella sua giurisdizione di Sanremo, fino a doversi l'arcivescovo riparare a Pavia! Anzi chi sa quante volte fu essa preghiera invocata in un tempo di tante gare e lotte cittadine sul cominciare dei fieri partiti de' Guelfi e Ghibellini, nonché in tante divergenze tra Genovesi, Veneziani e Pisani; oltre alle discordie con Marsiglia, Nizza e i Marchesi di Malaspina e di Gavi, con i quali si faceva in vero la pace definitiva, proprio nell'anno Certamente che se la Società cristiana si informasse a quelle Evangeliche verità che fanno i santi, si godrebbe inalterabile la pace che Gesù Cristo apportò agli uomini di tuona volontà : e sempre meglio si capirebbe che i Santi i quali col loro eroico esempio, avvalorato dalla efficace loro preghiera, influiscono tanto bene ad inspirare il dominio delle disordinate passioni, il distacco dalle vanità e piaceri del mondo, e l'amore della bea-

34 64 titudine eterna, sono anche solo perciò, i più. benemeriti della patria e della civile società, le cui tempestose vicende, d'ordinario, vuoi nei sudditi o vuoi nei governanti, non hanno origine se non che dalle sbrigliate passioni, per lo più di ambizione e d'interesse, sempre mascherate di giustizia che vendica vantati diritti, e che pretese ingiurie punisce. Quanto S. Ugo si attuasse nella elevazione della sua mente in Dio e quanto perciò le sue preghiere salissero al Divin trono gradite ed accette, si rivelava eziandio dalle estasi e rapimenti. Secondo l'instituto degli Ospitalieri di S. Giovanni, ogni giorno si doveva celebrare la Messa nelle infermerie, affinchè vi parteeipas»- sero i poveri infermi. Abbiamo adunque, (sempre dalla relazione attribuita all' Arcivescovo Ottone) che «quando stava Ugo ad udire la Messa, fu più volte veduto essere sollevato da terra in modo tale, che mentre era ancor vivo, già era onorato da tutti ed universale salmente tenuto per santo.» Questa fama correva di Ugo in tutta la città di Genova, sìpella vita di Lui, sì quando colla morte, che è sempre preziosa nei fedeli servi di Dio, Egli questa santa sua vita coronava : pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum eius. 65 IX. Morte di anf Ugo, e miracoli al suo sepolcro. Secondo lo storico Giacomo Bosio, la morte di Sant' Ugo sarebbe avvenuta 1' anno 1233, che è pur l'anno in cui l'arcivescovo Ottone raccoglieva quelle testimonianze le quali ci fornirono la cognizione di tutto ciò che sappiamo intorno alla sua vita. Però non senza probabilità molta i Bollandisti ed il Martirologio universale del Castellano, da questo raccogliere delle testimonianze, argomentano che qualche anno prima dell'ordine venutone ad Ottone da Papa Gregorio IX, avvenisse la morte del Santo, cioè verso il 1230 o poco dopo, e proprio 1' 8 di Ottobre. A più sicuramente fissare V anno di questa morte, sta il Martirologio dei Cavalieri di Malta che tuttavia si conserva in quella grande Biblioteca o Archivio del Governo nella città di Valetta. Ivi, come potei conoscere, mercè la gentilezza di quell'archivista, Dottore Saverio Camilleri, sotto il titolo : Commende delle Vergini dell'ordine, si legge: (1) Che «una di queste (1) Une à Gènes, où Madame d'oria prit Vhabit ayant etè guerie des gouttes par les merites de Hugues, Commandeur du dit ìieu Vari

35 66 Commende è quella di Genova ove la signora Orta prese V abito (di religiosa delle ospitaliere di San Giovanni, e inservienti nell'ospedale delle donne nella detta Commenda), dopo d'essere stata miracolosamente guarita dal mal di gotta (visitando il sepolcro del Santo come vedremo), l'anno 4230.» Quando si tratta di santi tanto benemeriti dell' egra umanità, la loro morte sembra sempre troppo precoce, da deplorarsi perciò come una sventura. Non così però a giudicarne al lume della Fede, che la morte di o- gni giusto ci mostra e sempre come il passaggio a nuova vita immortale e beata, e quella del santo come il passaggio ad un glorioso trionfo. Di qui viene che noi mortali all'annunzio della morte di un Santo, cangiamo tanto facilmente il lamento in un inno di lode, pensando che se abbiamo perduto in terra un benefico compagno di pellegrinaggio, abbiamo acquistato in Cielo un potentissimo intercedi tore e benefattore, per arrivare anche noi più facilmente al nostro ultimo termine. Di tanta gloriosa felicità cui passava colia sua morte, dovette pregustare Ugo un saggio in quelli estremi momenti che, a dirla col cantore di Lui, riuscirono piuttosto ad un deliquio di amore per cui prima di sentire le 67 angustie dell'agonia, dovette trovarsi «nella magion del Ciel tra Serafini. Il corpo dì San Ugo avvolto nel nero manto improntato della bianca croce, fu esposto per le esequiali funzioni, che dovettero somigliare meglio ad un apoteosi che ad un suffragio, mentre quale santo già abbiamo sentito essere stato, tuttavia vivente, dal popolo generalmente acclamato. Indi «con gran riverenza, aggiunge lo storico Bosio, fu sepolto nella stessa Chiesa di San Giovanni di Genova». Le trenta messe prescritte dai regolamenti si cominciarono adunque in quel giorno a celebrare: come pure ogni Cappellano dell'ordine, una messa dovette celebrare, avutone appena avviso dal Gran Maestro Beltrando da Texè, il quale senza ritardo ebbe da Genova l'avviso della morte del Cavalier Commenda* tore Fra Ugo, come delia morte di un santo. Intanto tutti i Cavalieri e servi dell'ordine Gerosolimitano avranno cominciato la recita dell'uffizio da morti e dei cento cinquanta Pater nosier prescritti dalle regole. In pari tempo, secondo le stesse regole, i confratelli presenti nella Commenda di San Giovanni avranno offerto la candela, e distribuito il danajo, forse in quel dì medesimo, ai poveri di Prè.

36 68 Sparsa per la città la voce della marte e sepoltura del Servo di Dio, fu un accorrere al sepolcro di Lui di una gran turba di popolo che la Fede faceva fiducioso di ottenere grazie d' ogni maniera; onde il cantore di Ugo scrive nel suo Poema : «Al sepolcro di Lui con viva Fede Chi acquista la vista, e chi l'udito Chi la favella ottien, chi la salute». E qui lo storico Bosio riporta le testimonianze giurate, riguardanti i miracoli operati da S. Ugo dopo morte. Sentiamo come ne parla il raccoglitore di esse. «Raccontommi un' altra volta lo stesso Nicolao Pigliacaro (quello che fu presente al miracolo dell' acqua cangiata in vino), e ciò con giuramento affèr mommi, che una donna indemoniata, essendo dopo la morte di Sant'Ugo venuta al suo sepolcro ed essendovi stata fino all' ora di Compieta, al tramontare del sole, gettò per bocca un rospo nerissimo che rendeva un puzzo ultramodo noioso e pestifero, il quale sentendo quelli che ivi si trovavano, pensavano che fosse illusione diabolica, mal' esperienza mostrò poi che ciò fu per i meriti ed intercessione del Santo, perciocché d'indi a poco sparendo quell'orrendo e puzzolente rospo, e cessato il puzzo che mandava, la donna libera rimase.» 69» Un altro uomo aveva i norvi d<elle gambe e dei piedi talmente attratti che camminare in modo alcuno non poteva : questi vegliando al sepolcro di Sant'Ugo, nella quinta notte si trovò libero e sano. Laonde fece voto di ri- s manere ivi per tutto il tempo di sua vita servendo all' ospedale.»» Un' altra donna chiamata Orta (quella sopra accennata dal Martirologio dei Cavalieri di Malta), mentre S. Ugo ancora viveva, fu sorpresa dal male della gotta la quale talmente la travagliava, e talmente la rendette immobile, che dal letto uscire non poteva. Costei dopo la morte di S. Ugo, portar si fece al suo sepolcro, e subito ricuperò la sanità; non ostante che per sei anni continui nel letto quasi immobile giaciuta fosse. Onde per gratitudine e per sua devozione pigliò Fa bito di San Giovanni, e volle essere ricevuta nel numero delle Monache che abitavano nello spedale. E quivi mentre visse, se ne stette servendo con amore e carità grandissima gli infermi. Essa insieme con altra donna chiamata Maria, furono testimoni di veduta di questo e di molti altri miracoli di S. Ugone. Anzi due Canonici della Chiesa Cattedrale di Genova, le medesime cose affermano: tra i quali il R. D. Guglielmo della Bama ed altri che

37 T 70 con esso vollero per questo essere ricevuti per fratelli nello stesso spedale.» Il nostro storico Schiaffino aggiunse alla esposizione di detti miracoli, che egli trovò inoltre riportata da un antico manoscritto la seguente grazia prodigiosa, esposta eziandio nella vita di S. Limbania scritta da Artemio Vannini.» Si legge dunque che Bianca Torre, moglie di Giovanni, nel 1553 essendo in pericolo che le si troncasse una mammella, si raccomandò a Sant'Ugo e a Santa Limbania insieme, dicendo: Sant' Ugone fate correre le mie mammelle di latte siccome corre acqua la vostra fontana, e voi S. Limbania, siccome ritornaste la vista al cieco, così rendete sana la mia mammella: e la notte stessa sentendosi toccare il luogo offeso, udì una voce che la confortava a non temere, onde ritornato di subito il latte, e resa sana, la mattina seguente, che fu il 26 del mese di aprile, andò a rendere grazie al Santo ed alla Santa.» Prima di chiudere la serie dei miracoli ottenuti dai divoti, dietro la invocazione di S. Ugo, darò luogo al più volte citato poeta, sacerdote G. B. Verdura, il quale non da altro mosso a scrivere il suo Poema che da riconoscenza al Santo, ivi espone la grazia rice- 74 vuta della esenzione dalla peste che tante vittime fece in Genova nel ceto ecclesiastico, come il più esposto pel servizio religioso degli appestati. Così adunque chiude il poema il pio autore : «Onde per fine a te mi volgo Ugone. Piacciati d' aggradir quest' umil dono, Dono d'ogni eloquenza e grazia privo: E già che per tuoi merti ottenni in sorte, Otto anni son (1) restar da peste illeso; Così ti prego ognor che nell' estremo Punto del viver mio mi aiuti e salvi». Capitando questo libretto a mano di qualche spregiudicato de' nostri giorni, farà, io penso, i visacci alla enumerazione di tanti mi racoli, e lamenterà che si pretenda così, in piena luce del secolo 19, zelare l'onore della Religione con i miracoli di Sant'Ugo. E sì noi Cattolici lo sosteniamo con fronte alta in faccia a tutti i Deisti e Razionalisti e Naturalisti, non che a tutti gli acattolici sedicenti della Riforma. Ai primi diciamo che la possibilità dei miracoli regge al raziocinio di ogni sano filosofo che creda almeno alla esi stenza di Dio. (Se vi sono dei veri atei, non sono esseri ragionevoli: dixit insipiens in corde (1) Il Poema è dato alle stampe 1' anno 1665.

38 72 suo: Non est Deus). A tutti intanto noi presentiamo i miracoli come il più invincibile argomento della vera Religione divinamente rivelata, la quale nel miracolo porta il sigillo della divinità, appunto perchè il miracolo è la derogazione dalle leggi naturali stabilite dal Creatore dell' universo, e cui perciò Esso solo può derogare. Infatti il mondo pagano si convertì alla predicazione degli Apostoli principalmente alla vista dei miracoli: perciò appunto da Dio accordati tanto copiosamente ai primi predicatori del vangelo. È questo il grande argomento del Dottore Sant'Agostino, per provare la divinità della Chiesa Cattolica: 0 essa si è dilatata coi miracoli (e ciò la mostra divina), o ciò avvenne senza miracoli, ed ecco nella sua dilatazione un miracolo d' ogni altro il più evidente. Un'imponente obbiezione credono tuttavia di opporre gli increduli della possibilità dei miracoli, quella cioè delle forze occulte che possono trovarsi nella natura, possibili a produrre, in certe circostanze, effetti i quali, essendo straordinari e la cui causa tornandoci ignota, possono parere miracoli all' ignorante. Ma questa opposizione colla quale vorrebbero gli avversarli infliggere a noi credenti la taccia di ignoranti, ce li rivela essi stessi tali, per 73 poco che si rifletta. Se è vero infatti ignorarsi dall' uomo, eziandio il più dotto nelle scienze naturali, le occulte forze che nella natura possono trovarsi, non ancora conosciute, e però doversi procedere cautamente, (come la Chiesa davvero procede, prima di accreditare come miracolo uno straordinario avvenimento); è verissimo altresì che tutti possiamo evidentemente conoscere ciò che assolutamente nessuna naturale forza può produrre. E per venire senz'altro al fatto nostro, basta a farci riconoscere per vero miracolo, per esempio una sorgente d'acqua naturale in uno arido scoglio, improvvisata e perenne, quando ciò avvenga, formato appena colla mano un semplice segno di croce. Qual relazione naturale potrebbe e sistere tra simile causa e il suo effetto? Chi vorrebbe, senza rendersi ridicolo, pretendere che questo naturalmente succeda? Qui la causa è conosciuta di una natura al tutto estranea e sproporzionata alla natura dell' effetto. Lo stesso dicasi del segno di croce che calma improvvisamente una tempesta, che 1' acqua naturale attinta teste al fonte, cangia improvvisamente in vino generoso ; lo stesso di un segno di croce, o una articolata o tacita invocazione, che sanano improvvisamente insanabili infermità. Quanto poi al fatto storico sfidiamo la cri-

39 74 fica più severa a negare i principali miracoli di Sant'Ugo, i quali intanto ci autorizzano a prestar fede a tanti altri che di lui la fama e la storia ci hanno tramandati. Monumenti, e Tradizione inalterata e custodita nel popolo Genovese, e in un Instituto, quale quello dei Cavalieri ospitalieri di S. Giov. Gerosolimitano, e nella Commenda sopratutto di S. Giovanni, per tanti secoli, sono argomenti che danno tutta l'autorità alle attestazioni giurate dei testimoni oculari trasmesse fino a noi; come gli stessi argomenti dovettero autorizzare la Chiesa ad accennare a questi miracoli stessi nel Martirologio, in prova della santità di Ugo; santità prodigiosa che la Congregazione dei Sacri Riti determinava ad approvarne il religioso culto. Uno dei detti monumenti comprovanti i veri miracoli di Sant'Ugo, sta lì quasi da sei secoli col linguaggio eloquente di un fatto continuato a sfidare tuttora la umana incredulità. Questo monumento è la continuata sorgente da Sant'Ugo aperta al solo segno della croce, nel torrente omonimo da noi conosciuto, e più sopra ricordato parlando dello stesso miracolo. Dal primo momento che le lavandaie dell'ospedale dissero di essere state presenti al primo scaturire dell' acqua invocata e gridarono al miracolo, se si fosse potuto provare 75 Siche la sorgente non era improvvisata o che già esisteva (ed era facile trattandosi di torrente attiguo alla villa della Commenda ove S. Ugo usava spesso sedere super qua saepe sedebal (1), qualunque illusione od invenzione sarebbesi sul fatto potuta smentire, ne avrebbe alcuno dell' Ordine dei Cavalieri Ospitalieri o dei loro dipendenti, osato alzare Cappella ed inscrizione a memoria perenne del fatto, se evidentemente non fosse stato riconosciuto miracoloso. Avrebbe smentito il preteso miracolo, prima di ogni altro l'arcivescovo Ottone, contemporaneo al Santo; tanto più che era interessato a raccogliere le testimonianze giurate dei veri miracoli da Lui o- perati. Anzi il Podestà di Genova avrebbe impedito che si abusasse da chicchessia della ere dulità popolare, ed avrebbe facilmente manifestato inganno, se si fosse potuto conoscere tale nella indicata sorgente. Tanto più che a que' dì il governo di Genova non era nella migliore armonia con l'arcivescovo. Ma d'allora fino a noi giammai nessuno annalista o storico Genovese fece cenno di simili opposizioni, né essi stessi fecero su di ciò critiche osservazioni; e intanto sempre accorsero i Gè- (1) Vedi Inscrizione nella cappelletta, nel luogo del mira- colo.

40 76 novesi ad attingere con riverenza alla fonte di Sant'Ugo ed a sospendere ivi tabelle vo tive per testimonio di grazie ricevute (1). Or quale fatto storico potremmo desiderarci con maggiori caratteri di verità? Di questa verità parla la Immagine già ricordata ; di questa i manoscritti conservati dai Commendatori di San Giovanni di Prè, e consegnati allo storico Bosio come il compendio della menzionata relazione dell' Arcivescovo di Genova a Papa Gregorio IX. Coloro adunque che ammettono la possibilità dei miracoli, essi debbono ammettere pure i miracoli di S. Ugo, e rendere omaggio alla Religione Cattolica la quale sola in mezzo alle moltiplicate sette dei dissidenti, può van tare veri miracoli. X. Antichità del culto di Sant' Ugo. L'evidenza delle eroiche virtù e dei miracoli confermati da un processo Arcivescovile, nel quale l'arcivescovo stesso in persona (1) Nella prefazione delle Constituzioni della Confraternita di S. Ugo; (edizione del 1663)... Testimonii ne sono le votive tavolette pendenti dal sacro sasso... (Vedi miscellanea di Sismondo Pok}. 77 prese gran parte; inaugurò, senza dubbio, poco dopo la morte del Santo il suo religioso culto. Venendo noi alla ricerca dei fatti conosciuti che confermano questa antichità del religioso culto tributato a Sant' Ugo, ne abbiamo quasi monumento la già menzionata immagine del Santo, cioè quella che il Gran Maestro dell'ordine, Cardinale Fra Ugo Loubenx Verdala, sul declinare del secolo decimo sesto (1) spediva da Malta allo storico Giacomo Bosio, perchè fattala incidere, ne ornasse di essa la sua storia, come ei fece nella sua seconda edizione: e mandandogli questa immagine, gli diceva come gli fosse carissima e che la conservava nella sua stanza a pascolo di sua devozione, perchè antichissima, e perchè credevasi fermamente, cavata dal naturale, vivente il Santo, e perchè del Santo del suo nome e del suo Ordine. Che se in quel quadro la testa di S. Ugo, come si vede, è circondata di raggi, il che appunto prova la qualità di Santo, ed è quadro antichissimo; tutto ciò porta a conchiudere che poco tempo debba essere trascorso dalla morte (1) Fu già Gran Commendatore, e Capo della Lingua di Provenza, cinquantesimo primo Gran Maestro. Fu eletto a'13 di Gennaio dell' anno 1582 e per il suo gran valore promosso al Cardinalato da Papa Sisto V a' 18 di decembre dell' anno 1587: morì a' 4 di maggio del 1595.

41 78 di Ugo al suo culto. Siansi poi quei raggi, come pure la figura dei due principali miracoli operati dal Santo, ancor vivente, aggiunti al ritratto originale o ad una antichissima copia di esso ; questo non nuoce punto al nostro argomento, ricavato principalmente dall'antichità di un quadro esprimente un Santo. Inoltre il citato Bosio nella detta sua storia stampata a Roma l'anno 1594, ma composta molto prima, parla fin d' allora della venerazione pubblica, di antica data, che i Gè novesi professavano a S. Ugo e de' suoi miracoli. Nella detta seconda edizione del 162! dedicata a Papa Gregorio XV, porta più ampie notizie del Santo, e quanto al culto vi leggiamo: «Ogni anno si celebra con molta so lennità la sua festa nel giorno 8 Ottobre (assegnato poi il 19), nel quale egli (S. Ugo) se ne volò al Signore; ed il capo suo si porta in processione per la parrocchia con gran seguito di persone e particolarmente di quelli che per divozione loro si sono dedicati al servizio di Dio sotto la protezione di questo Santo con nome di Confratelli, i quali fanno celebrare Messa solenne al suo altare nel sopradetto giorno, nel quale in tutta la Diocesi di Genova si recita Tuffi zio del medesimo Santo, del Comune dei Confessori non Pontefici, e si dice la 79 seguente orazione : Deus qui dedisti servo tuo Ugoni...». (1) Nella edizione di detta vita di S. Ugo e- stratta dalla storia del Bosio, stampata a Genova nel 1753, si legge che la processione della testa di S. Ugo si ripeteva nella seconda Domenica di ciascun mese. La Confraternita però oltre la detta festa deir8 ottobre (trasportata poi al 19), ne celebrava altra con pompa solenne nella seconda festa di Pentecoste «celebrando (leggo nella prefazione delle dette Constituzioni) la memoria delf acqua miracolosa che il Santo fece scaturire... L' istesso giorno si dispensa questo farmaco prezioso (l'acqua) e si conduce in devota processione per la città la reliquia insigne dei suo santissimo capo.» Nel Cerimoniale di Malta si nota detta processione la Domenica di Pentecoste. Infatti nella Rubrica : de Dominica Pentecostes, si legge : Genuae Processio cum Capite S. Hugonis Confessoris Ordinis nostri. (1) Nella edizione della vita di S. Ugo cavata dal Bosio e stampata a Genova nel 1698, si propone detta orazione con 1' antif. Euge serve bone et fidelis... come ad infervoramento di devozione e non più come parte dell' Ufficiatura ; forse perchè la Congregazione dei Riti nel 1631 fissò 1' Ufficiatura tutta del Comune. Altre Orazioni [Oremus) troviamo nelle tre edizioni della vita di S. Ugo stampate in Genova e cavate dal Bosio. Esse sono le riportate in questo Compendio al capo XII. 1

42 80 È da osservarsi che la testa di S. Ugo fu separata dal restante del corpo, forse appunto per avere visibile pubblicamente la parte più preziosa del Santo e poterla portare pròcessionalmente. Il che intanto ci prova co me questo onore religioso gli era reso assai anni prima del 1582, quando volendosi far ricerca del corpo di S. Ugo da chi sperava derubarlo di immaginati ricchi ornamenti (come vedrassi dal fatto che riporterò più sotto), già era così dimenticato il luogo del sepolcro, che ci vollero le conghietture basate su ir esposto di antichissimi manoscritti; per trovarlo. Col progresso del tempo non venne meno, anzi crebbe lo splendore del culto reso a S. Ugo. Già dissi al Cap. VII dell' Oratorio a Lui dedicato dal Commendatore fra Brasco Saivago ; queir Oratorio che pochi anni prima (nel 1480) aveva ristorato e dotato il Commendatore Parentucelli, cioè la parte dell'antica chiesa del Santo Sepolcro, sottostante alla chiesa ora parrocchiale di S. Giovanni. Lo stesso Commendatore Fra Braschi Saivago, verso Tanno 1516, instituiva la Confraternita di S. Ugo (che in detto Oratorio ufficiò) e che ebbe tanta parte al lustro del suo culto (1). (1) Questa Confraternita volle aggiungere in seguito al suo 81 Tutte queste particolarità relative al pubblico religioso culto di S. Ugo, mostrano che esso precedette di molto al già detto decreto della Congregazione dei Sacri Riti del 1631 la quale, secondo la prescrizione di Papa Urbano VIII, doveva avere esaminato e confermato il culto se da tempo immemorabile (per il che bastavano cento anni, e se legittimamente introdotto, a norma delle condizioni che per giudicare di questa legittimità, lo stesso Pontefice aveva determinate. La Confraternita di S. Ugo si rinnovava nello spirito, e nei regolamenti, Tanno Ho trovato nelle già citate Miscellanee di Sismondo Pok, un brano della Prefazione di quelle constituzioni rinnovate. Ivi la ragione che viene data di quel rinnovamento sta a prova maggiore della allor fiorente devozione a Sant Ugo : «Rinasce (si dice) a gloria 'di Santa Chiesa ed a prò dei fedeli defunti Yantichissima e celebre già Confraternita di S. Ugo, tra le stragi dell'ultima pestilenza (del 1657), poco meno che sepolta. E il Papa Innocenzo XII Tanno 1698 ai 10 di maggio, anno settimo del suo Pontificato, dava esso stesso nuovo incretitolo : di S. Ugo, e sotto gli auspicii della Vergine Madre di Miseficordia. L'apparizione della SS. Vergine nella vicinanza di Savona avvenne l'anno 1636.

43 82 mento a quella rifiorente Congregazione arricchendola di molte Indulgenze plenarie e parziali (1). A mantenere florido il culto e la devozione di S. Ugo nel popolo genovese, come dissi, influì grandemente detta Confraternita. Si invitavano scelti Oratori a celebrare le lodi del Santo, il giorno della festa, e vi assistevano tutti i Cavalieri dell'ordine che si trovavano a Genova. Ciò fino all'anno 1806, quando venuto meno il numero dei confratelli, la Confraternita di S. Ugo, con poco felice pensiero, 'si unì a quella della SS. Concezione in Castelletto. Là si trasportò il quadro del Santo che si vede tuttavia sult altarino a diritta dell'aitar maggiore, e ove si collocò proprio il 20 agosto di quell'anno Da detta epoca, in San Giovanni di Pie, venne meno lo splendore del culto di S. Ugo. La devozione tuttavia nel popolo si conservava, e nessun marinaio di quel quartiere (come ci riferirono i vecchi) faceva vela per lungo tragitto, che non venisse esso o i suoi, a visitare Taltare del Santo per una prospera navigazione Rettore Luigi Bava che resse la parrocchia dal 1827 al 1836, ricominciò a festeggiare, benché con modesta funzione, il quasi dimenticato Santo, nel giorno 19 ottobre. E il successore, presente Prevosto, Giovanni Battista Vassallo, rimise questa funzione neltantico splendore, quale oggidì vediamo, nella domenica fra T ottava del giorno che il Calendario ha fissato per tutta la Diocesi che è il 19 ottobre. Finalmente il culto di Sant'Ugo acquistava nuovo incremento in occasione della già detta Consacrazione della chiesa di S. Giovanni, fatta dall'arcivescovo Mons. Salvatore Magnasco il 7 g ugno 1873, avendo appunto dichiarato S. Ugo Contitolare della chiesa consacrata. Una lapide commemorativa di questo avvenimento è posta nella parete presso Taltare del Crocifisso; ed altra presso Taltare di S. Ugo, ricorda l'onorifico distintivo concesso in tale circostanza dal detto Arcivescovo all'attuale Parroco di S. Giovanni e a suoi successori, cangiando ad essi il titolo di Rettore in quello di Prevosto. (1) Il sommario delle dette Indulgenze si trova unito alle citate edizioni della vita di S. Ugo del 1698 e Il Decreto è firmato : Card. Pallavicinus.

44 84 XI. Reliquie di Sant' Ugo. Quanti presentemente si conoscono preziosi avanzi del corpo di Sant'Ugo, sono esposti sull'altare a lui dedicato nella chiesa parrocchiale di San Giovanni di Prè; salve tenui particelle che nei cangiamenti avvenuti dell'urne o reliquarii, furono estratte ed autenticate per soddisfare alla devozione dei fedeli, e senza dire dei pii furti che facilmente avvengono nelle dette circostanze * La Confraternita di S. Ugo possedeva la insigne reliquia della sua testa, fasciata dapprima in argento figurato. Poi malgrado che riscattata questa fasciatura per L. 275 dallo spoglio delle argenterie delle chiese ( avvenuto dopo la rivoluzione del 1797), non si sa perchè, venne in quella vece la sacra reliquia, collocata in urna di cristallo e autenticata dal Vicario Generale deltarcivescovo Cardinale Spina. Dappoiché la chiesa di San Giovanni venne, come dissi, nel 7 giugno del 1873 consacrata, l'attuale Prevosto fece domanda di quel sacro oggetto ai superiori della Congregazione della 85 SS. Concezione e S. Ugo, e gentilmente quei signori, il 18 dicembre dello stesso anno 1873, concedevano e consegnavano la testa di S. Ugo al richiedente perchè fosse onorata nella chiesa che già possedeva le altre reliquie del medesimo Santo. Il perchè noi vediamo al presente in elegante urna raccolto tutto quel prezioso tesoro, per tanti secoli stato diviso Non sappiamo in qual rimoto tempo fosse avvenuta la divisione del capo di S. Ugo dalle restanti parti del corpo, trovato tuttavia ih cassa di ferro, sepolto presso all'altare del Santo, nel 1582, quando venne scoperta in occasione del seguente avvenimento il quale nel tempo medesimo riuscì alla più autorevole autenticità delle reliquie di S. Ugo. È il P. Agostino Schiaffino Genovese Religioso della primitiva regola dell'ordine Car melitano, vivente sul cominciare del secolo decimosettimo che lo porta ne' suoi Annali Ecclesiastici della Liguria, coi seguenti termini: «Antonio Marchese mercante di seta, cittadino genovese ed uomo grave, raccontò a me che nel 1582 due persone che servivano la chiesa di San Giovanni, ove riposa il corpo del Santo, guidati da certi scritti antichi che designavano per appunto il luogo della sua sepoltura obliato, con palmi misurati conven

45 86 nero insieme di volerla ritrovare con isperanza che vi fossero seppellite ricchezze, e prese misure, fu duopo scavare sotto Taltare del Santo stesso, ove trovarono in una piccola tomba il corpo di Lui, senza testa appoggiato con una collana di muschio al collo, e ad esso vicino un vasetto di metallo con monete d'argento di piccolg valore. Presero eglino la collana ed il vaso con le monete d'argento, dividendosele fra loro ; e ritornati alle loro case le trovarono spogliate d'ogni masserizia, onde avendo argomentato ciò poter avvenire mira colosamente, per aver violata e spogliata la sepoltura del Santo, rimisero a suo luogo le cose rapite, e ritornati alle loro abitazioni, videro le masserizie messe al posto di prima, senza esservi segno che fossero state mosse. Divulgatosi questo miracolo per la città, concorse gran gente alla sepoltura del Santo, sì per la novità del fatto, come per divozione: e per tre giorni fu permesso che essa sepoltura stesse aperta, essendosi poi chiusa per ordine dell' Arcivescovo (allora M. Cipriano Pallavicini, morto nel 1587). E il detto Marchese relatore, affermò di avere egli pure in tale occasione visitato e veduto il santo corpo.» Ignoriamo quando dalla detta cassa di ferro fossero estratte le chiuse reliquie, ma 87 si può argomentare che non troppo più tardi di detto avvenimento. Infatti nelle miscellanee di Sismondo Pok ho trovato un frammento che dice : «In un armadio sulla porta della sacristia in mezzo a due mura, con ornamento di marmo, che sporge in chiesa, è la inscrizione: Quam plurimorum Sanctorum reliquia), Vidi ivi un' urna di legno piena d'ossa, chiusa con chiave, ed un apertura sopra, in cui vi era 1' immagine di Sant'Ugo e T inscrizione: Sancti hic Hugonis condita veneremur ossa; carattere forse del 1500.» Dalle dette Miscellanee ricavo inoltre che, «nel 1744 o in quel torno, furono estratte le ossa di S. Ugo da due urne di legno inargentate e che si riposero in due reliquiario grandi di legno col suo vetro e sigillate dall'arcivescovo (allora Nicolò De Franchi), mentre il capo chiuso in argento, si conservava sotto Taltare di S. Ugo dai Confratelli.» Dai detti due reliquiari!, (in seguito, per qualche tempo quasi dimenticati), nonché da un deposito di reliquie debitamente autenticate, già possedute dal Canonico Magiocco a- bi tante nella stessa Commenda di San Giovanni, potè l'odierno Prevosto fare la raccolta che chiuse in piccola cassetta di ebano con cristalli, ed autenticata dall'arcivescovo mons. Andrea Charvaz.

46 88 Finalmente dopo tante traslocazioni che diedero luogo, come può supporsi, a diversi furti del prezioso tesoro, e che perciò ridussero a così poca cosa il corpo di S. Ugo, speriamo che riunite, come sono al presente, le principali sue ossa, su di quello altare, ove così ben adorne oggi le veneriamo, starando lì ad eccitamento di devozione, ed a pegno che la sempre sperimentata protezione dagli avi nostri, non sia per mancare ai rinsaviti nepoti, fino a quell'ora suprema, quando sonata la tromba della risurrezione, ricongiuntesi le anime ai propri corpi glorificati, i prò tetti potranno così riunirsi in corpo ed anima col protettore, nella eterna gloria. Queste cose udite e lette dai befferdi cultori di una critica indocile e perpetuamente ringhiosa contro tutto ciò che è sacro, non che da quegli empi che con invereconda ol - tracotanza, al nome di reliquie gridano tosto all' ignoranza e alla superstizione, forse faranno si che questi spargano dileggio sui pii veneratori delle reliquie di S. Ugo. Onde io non saprei chiudere questo compendio storico, senza almeno aggiungervi una parola che i semplici premunisca e conforti nella loro pietà. Stolta menzogna e grossolano errore il 89 pretendere che noi Cattolici idolatriamo le reliquie dei Santi,e che superstiziosi, riconosciamo in esse un* interiore secreta virtù di infallibile effetto. Noi non adoriamo, ma religiosamente onoriamo le sacre reliquie, come un*prezioso avanzo che ci ricorda la santità di coloro a cui ap : partenevano. Onoriamo adunque in quelle ossa l'eroica virtù dello spirito che un dì le animava. Noi onoriamo e veneriamo le reliquie come un prezioso pegno che ravviva la confidenza che abbiamo nella intercessione dei Santi cui appartengono. Le abbiamo perciò come un tesoro da custodirsi gelosamente, non già perchè riconosciamo che elle abbiano per se stesse qualche intrinseca misteriosa virtù operatrice di spirituali e corporali favori miracolosi, ma perchè (ed ecco d'onde hanno per noi ragione di prezioso pegno di protezione) perchè sappiamo a prova di fatti evidenti, che Dio si compiace di fare grazie grandi e portentose in occasione di quelle reliquie, dappoiché onorandole i credenti, lo glorificano così nei suoi Santi, per la fede che hanno nella loro intercessione, la quale esprimono appunto ossequiando le loro reliquie. I Protestanti i quali non vogliono credere, se non che alla sola Bibbia, intesa a lor modo, e dicono bastare ad essi la Bibbia per

47 90 ogni regola di sicura credenza, non potranno disdire che, per difendere la nostra cattolica venerazione alle sacre reliquie, appelliamo alla Bibbia. Accenno al morto che fu gettato nella tomba del Profeta Eliseo, e toccate le sue ossa, risorse (Reg. 31, 21). Accenno alla guarigione dell'emoroissa al semplice tatto della veste del Divin Salvatore. In questo avvenimento troviamo proprio confermate le sopra esposte teoriche in difesa del culto cattolico verso le sacre reliquie. Infatti dai momento che toccò la donna le vesti del Salvatore, il prodigio fu operato; ecco un benefizio operato per occasione della reliquia, cioè per la riverenza e fede che la donna avea, non nella veste propriamente, ma nella persona divina e onnipotenza del Salvatore, fede che semplicemente esprimeva col riverente tatto delle sue vesti. Tutto ciò espresse G. C. con quelle parole: Chi ha toccate le mie vesti? perchè, dice il Vangelista : aveva conosciuto dentro di se la virtù che era uscita da Lui ; e quando alla donna stessa diceva : «Figlia, la tua fede ti ha salvata (S. Marco cap. 5). Accenno finalmente al fatto delle moltissime persone che vennero guarite per l'ombra di San Pietro e pel contatto del fazzoletto di San Paolo Apostolo. Questi avvenimenti al cospetto di nu- 91 merosa popolazione, reggerebbero eziandio alla più severa critica di chi, non credendo alla divina inspirazione de'sacri libri, non volesse dare ai detti prodigii se non l'autorità di fatti storici, e però per costui varrebbero ugualmente a difesa della mia tesi. Inoltre i Protestanti non difficulteranno a piegarsi all' autorità dei grandi Dottori dei primi secoli della Chiesa, S. Agostino e S. Gerolamo: quando la Chiesa Cattolica, secondo essi, non era ancora tralignata dal puro Vangelo per opera dei Papi, siccome bestemmiando pretendono essere in seguito avvenuto. Ebbene, S. Agostino nella sua lettera a Quin ziano scriveva : «Vi mando delle Reliquie di Santo Stefano martire, che voi onorerete come si conviene.» S. Girolamo contemporaneo a S. Agostino, scrisse un libro intiero contro Vigilanzo, che fu il primo ad impugnare l'onore dovuto alle sacre reliquie. Noi però non ci contentiamo delle due citate autorità, ma trovando il culto delle sante reliquie nella Chiesa cattolica continuato inai terabilmente in ogni secolo, diciamo che un uso, ovvero una pratica universalmente e costantemente osservata nella Chiesa, è prova irrepugnabile di quella verità speculativa o morale, che colla favella del fatto ci viene ma-

48 92 nifestata. Per il che è accaduto che su ta fondamento siansi perfino definiti importantissimi dommi. Così dalla pratica di venerare le sacre reliquie e le sacre immagini^ si è decisa la santità del culto che loro si presta. Onde non è a maravigliare se lo stesso S. A gostino chiami effetto di pazzia insolentissima il disputare se debbasi praticare quello che si costuma di fare universalmente dalla Chiesa. (Epist. 54, N. 6). Ragionevolissima conclusione: essendo impossibile ehe la Chiesa, retta dallo Spirito Santo, possa approvare a far cosa che vera o retta non sia infallibilmente. Quanto ai libertini e increduli dei nostri giorni, non è espediente volgere loro pur una parola di giustificazione, mentre basta a screditarli la contraddizione continua delle loro derisioni col modo che essi tengono riguardo alle reliquie dei loro corifei, quando per accreditare nel volgo certe imprese settarie e rivoluzionarie, onorano con una specie di religiosa affettata venerazione, fino al ridicolo, gli oggetti stessi più sconvenienti, già appartenuti alla persona di quelli, o da essi u- sati. Non pochi di simili fatti abbiamo letti in questi nostri tempi nelle pubbliche effemeridi. Abbiamo inoltre sentito testé i perpetui e sistematici avversarli del culto cattolico, cen- 93 surare le onoranze rese alle reliquie dei Santi Ambrogio e martiri Gervasio e Protasio, e- ziandio dal lato della identicità di* tali reliquie. Ebbene, senza entrare ad esporre la abbastanza conosciuta severità dei procedimenti che constatano ai più sottili, ma sani critici quella identità, chi non conosce anche da questo lato la contraddizione degli accusatori col fatto della leggerezza colla quale, senza altro esame di autenticità, essi tributano i loro ossequi a spoglie mortali, qualunque esse siano, quasi fossero davvero le proprie di coloro che vogliono indiare per i loro biechi fini, ed ai quali vogliono innalzare mausolei? Questi procedimenti fanno in tanto viemeglio risaltare la somma saviezza della Chiesa nel suo severo procedere, prima di proporre alla venerazione dei fedeli le vere reliquie dei Santi. Per conchiudere con l'esempio delle reliquie di S. Ugo, delle quali mi piacque finora difendere il culto; sta evidente lo storico pròcedimento da me sopra accennato, provante l'autenticità di quelle sue venerate ossa, già autenticate da fatti miracolosi ; né mai d'allora in poi tramutate di luogo, che non vi fosse intervenuta la Ecclesiastica Autorità, munendo del suo sigillo l'urna o reliquiario, ove le venerate ossa si ricollocavano. Non è dunque

49 dato agli increduli di negare impunemente un' autenticità che ha tanti caratteri di storica certezza. Cotesti infelici nella sconsolata loro miscredenza, par che invidiino alle anime pie e fedeli il conforto e la consolazione di avere compagni nel pellegrinaggio della vita, e superstiti in mezzo a loro, questi soavi monumenti e memoriali di quello e- roismo di santità che può inspirare tanto incoraggiamento alla imitazione. Noi però volendo tanerci caro il venerato tesoro, continueremo a raccoglierci con fiducia innanzi alle preziose reliquie del nostro santo Patrono. Continueremo a render loro onore accompagnandole in processione, semprechè avrà luogo questo solenne rito di trionfo, e baderemo sem pre queste reliquie con amore riverente, e riconoscente. Pensiamo, che sarà tanto più meritorio il nostro ragionevole e pubblico culto, quando ci accatti qualche derisione di increduli e di libertini, dei quali anzi domanderemo ben di cuore a S. Ugo la conversione. 95 XII. Preghiere a S. Ugo ossia preghiere per la novena in preparazione alla festa: inno ed altre orazioni per bisogni speciali» t. Deus in adjutorium rneum intende, ty. Domine ad adjuvandum me festina etc. COLLOQUIO i. 0 glorioso S. Ugone, per quella ammirabile attività con cui poteste, per appagare le brame del vostro convitato, convertire T acqua in vino; date un'occhiata a quest'anima, che riposa addormentata in grembo alle sue passioni: scuotetela dal letargo, scioglietela da ogni umano attacco, infervoratela del santo amore, e fate sì, che colla vostra intercessione, e coltaiuto divino, tutta avvampando di fuoco celeste, altro non sospiri, che il bacio di pace, e la copiosa mercede dell'eterno Sposo e Signore. Pater, Ave et Gloria. Dulcissime Domine Jesu Christe, per tuam piissimam misericordiam, et merita Beati Ugonis, ut divino quo flagras amore corda nostra infiammare digneris : Te rogamus, audi nos. in i

50 96 COLLOQUIO 0 glorioso S. Ugone, per quella carità con cui faceste scaturire da vivo sasso acqua prodigiosa e continua per ristoro de' poveri sitibondi, struggete questo cuore impietrito in vere lagrime di compunzione e penitenza, affinchè quest' anima colla vostra intercessione, e colt aiuto della Divina Misericordia, resa degno oggetto degli occhi di Dio, possa venire a godere T eterna gloria. Pater, Ave et Gloria. Dulcissime Domine Jesu, per tuam piissimam misericordiam \ et merita Beati Ugonis, ut lacrymas compunctionis nobis largiri digneris : Te rogamus, audi nos. COLLOQUIO II. III. 0 glorioso S. Ugone, per quella pietà con cui portatovi in mezzo al mare burrascoso, liberaste la nave dal vicino naufragio; volgete uno sguardo a quest' anima infelice che sta pericolando tra le onde del senso, delle vanità, e della superbia ; così che colla vostra intercessione, e colt aiuto della Divina Misericordia, sciolta da ogni mondano inciampo, 97 possa arrivare al beato porto delt eterna felicità. Pater, Ave et Gloria. Dulcissime Domine Jesu, per tuam piissimam misericordiam, et merita B. Ugonis y ut nos inter hujus mundi procella* ad (Blernfà $alutis portum perducere digneris: Te rog$nius, audi nos. IN DIVUM UGONEM HYMNUS Laetus Ugoni chorus obsequenti Ore persolvat, celebretque laudes, Et pio gratus populi resultet Carmine collis. Hic, graves terree miseratus aestu&, Ugo percussit silicem ; statimque Jugis e saxo, baculo jubente, Prodiit unda. JUgra, quse fractis jacuere, membra Viribus, certum potuere gressum Sistere, et fìrmas habuere, fontis Munere, vir#. Ejus ad nutum tremuit superbum jequor, et vieti siluere fluctus : Navis et tuto tenuit triumpho Libera portum.

51 98 Hospes ingratum laticis recusat Smplicis potum queriturque; tandem Ebibit, plenum sapidoque gustat Nectare vinum. Ad sacrum tristi quoties sepulchrum Daemones ira fremuere? at jussu Territi magno, trepidique pressa Corpora linquunt. Sacra stat donis cumulata centum Ara : nec frustra ; facilis, clienti!m Nempe qui miti capit aure vota Spiritus adstat. Ugo sacrorum columen, decusque Militum, nostris precibus secunde, Impias Thracum valida carinas Concute dextra. Barbarus stricto furit hostis ense, Barbaras insons patitur catenas : Vincat, et victum reprimat fremetitem Fortior ultor. Sit salus almae Triadi, decusque, Quae suis ultro famulis potentem. Dexteram donat, properatque nobis Munera vitae. Amen. 99 OREMUS. Deus qui -nos Beati Ugonis Confessoris tui annua commemoratione laetificas; concede propitius, ut cujus commemorationem colimus, etiam actiones imitemur. Per Dom. OREMUS. Deus, qui Beato Ugone Confessore tuo, signante, aridam petram perenni fonte sca-. tere mandasti; et aquam in vinum mirabiliter convertisti; quo etiam exorante a ssevissima tempestate devictam navem prope hunc portum piissime servasti ; concede quaesumus, ut cujus exequimur cultum, sentiamus effectum. Per Christum etc. Orazione da dirsi sopra gì' Infermi ed Ossessi. 0 glorioso S. Ugone, voi che con fervido zelo avete sollevati nei loro bisogni i sitibondi, i naufraganti e gl'infermi, sciogliete dalle indegne passioni le anime nostre, ed impetrateci grazia dal Signore, che infervorati dall'esempio vostro in opere di carità in terra,

52 100 possiamo con voi goderne la mercede in Cielo. Àmen. Tre Pater, Ave e Gloria. t. Ora prò nobis, Sancte.Ugo. #. Ut dlgui efficiamur prpjn i ss ion ih us Christi. 101 PEOTESTA DELL' AUTOKE. OREMUS. Deus, qui dedisti servo tuo Ugoni, in nomine tuo, signo Crucis, de diarissimo saxoscatere fpntem aquee vivae, Daen^ones effugar^, et infirnpios curare; concede qusesumus, ut cujus exequin^ur cultum, sentiamus effectum. Per Christina etc. A norma dei Decreti di Urbano Vili, V Autore protesta di voler dare soltanto umana autorità a quanto di prodigioso è narrato in questa Vita di S. Ugo, che non fosse ancora dal Sommo Pontefice Orazione da dirsi a Sant'Ugone per ottenere la tranquillità del mare. Deus, qui precjbus Beati Ugonis Confessoris tui, in hoc portu navigantes in maxjmo discrimine salvasti, concede, ut ipsius meritis confidentes, naves nostras, una cum navigantibus, incolumes recipere possimus. Per Christum etc. -

53 INDICE. Prefazione Pag. 3 I. Sant' Ugo proposto dalla Chiesa alla nostra venerazione 5 II. Patria e Genitori di Sant' Ugo 9 III. Infanzia e Gioventù di Sant'Ugo IV. Vocazione di Sant' Ugo 16 V. I Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni Gerosolimitano 19 VI. Ingresso di Sant' Ugo nell' Ordine Gerosolimitano 22 VII. Commenda e Chiese del S. Sepolcro e di S. Giovanni: e S. Ugo ivi Commendatore. 26 VIII. Geste e Miracoli di S. Ugo nella Commenda di S. Giovanni 83 IX. Morte di Sant' Ugo e miracoli al suo sepolcro % 65 X. Antichità del Culto di Sant' Ugo XI. Reliquie di Sant' Ugo 84 XII. Preghiere a Sant' Ugo 95 * Con approvazione Ecclesiastica. ^_ *-

54 Il

55 iray Scale A 1 6 M B 17 INTERNO MILA CAPPELLETTA 0 FONTANA DI S.ITCoJ /nel'torrente omonimo net/a--conaixùm^ IN CUI ERA ìi ANNO 187Z VITA 1M 07J3T71 S, UGO CAVALIERE OSPITALIERE DI S. GIOVANNI GEROSOLIMITANO descritta DAL SACERDOTE VINCENZO PERSOGLIO RETTORE DELLA PARROCCHIA GENTILIZIA DI S. TORPETE mmmmmm iliiiii : ni GENOVA TIPOGRAFIA DELLA GIOVENTÙ' 1. - *a?&zs(?cz<3!&c^axyrt6^^ 1874.

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