La vita dei numeri ultimi



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Transcript:

La vita dei numeri ultimi

Orazio La Boccetta LA VITA DEI NUMERI ULTIMI racconto

Dedicato a tutta la mia famiglia e i miei migliori amici a Pietro soprattutto ed in particolare a mio padre Andrea e mia sorella Antonella scomparsi

Capitolo 1 Avevo l età di 17 anni quando cominciai a capire qualcosa della vita, o cosi, perlomeno credevo, ero un bel ragazzo siciliano sempre circondato da ragazzine, amavo tantissimo lo sport: soprattutto il calcio, frequentavo il quarto anno di scuola superiore ed ero un amante del teatro. Recitare era una mia grossa passione, mi ricordo che feci la mia prima recita nella prima elementare e l ultima prima del diploma, dove feci un figurone ed ebbi davvero tanto successo, sino al punto che mi chiedevano l autografo, dove addirittura la mia prof.ssa di italiano mi venne ad abbracciare con un grosso bacio e regalandomi dei fiori, in quel periodo mi ricordo ero al settimo cielo, quante sensazioni e quante prospettive. Ma dove tutto si trasformò nel nulla più assoluto, dove purtroppo fatti ed eventi cambiarono la mia vita già, do- 7

po qualche anno; sapete perché? Ebbene adesso vi racconto tutto, oggi viviamo in un epoca dove ci si affida molto alla fantasia e stregoni e fantasmi visti al cinema ci fanno uscire da quelli che sono i nostri problemi o le nostre ansie. Viviamo in un periodo storico dove sentiamo molto parlare di storie del passato o del futuro, ma questa che state per ascoltare è la storia più vera e irreale che abbiate mai sentito e forse alla fine di questo racconto avrete forti dubbi se ogni cosa che vi ho raccontato sia vera oppure no, ma lascio a ognuno di voi la scelta, e ricordatevi che questa è la storia di ognuno di noi, forse un po diversa in alcuni casi, ma comunque è la vostra e la mia storia. Ora immagino che vi state certamente chiedendo come mi chiamo? Diciamo che il mio nome sia: Francesco, per gli amici Ciccio. Tutto ebbe inizio quando il mio amico Salvatore per gli amici Totò mi mise in testa la strana idea di andare via dalla Sicilia e di partire con lui al nord ; lui era un sognatore, come me, voleva fare soldi e vivere un giorno su un isola felice. Si sognava, come facciamo tutti del resto. 8

Un giorno eravamo seduti davanti al bar del nostro quartiere a Messina e Salvatore mi disse: allora che dobbiamo fare, è già un anno che hai preso il diploma e non trovi nessun lavoro, tuo padre si è ammalato gravemente e non può più lavorare e se non fai qualcosa per tua madre e tua sorella fra poco rischiano che vanno a chiedere l elemosina. Francesco: hai ragione ma cosa posso fare? Salvatore: Partiamo, andiamo a Milano, la il lavoro ancora c è, io ho un amico che forse ci ospita, e ci fa trovare un lavoro e poi tu hai pure il diploma. Francesco:Si, ma come faccio con i miei genitori mio padre è malato, e mia sorella adesso ha quindici anni chi gli sta attento e poi i soldi del biglietto del treno dove li vado a prendere? Salvatore: Mi dispiace per tuo padre ma se non trovi un lavoro al più presto non gli puoi pagare neanche le medicine e morirà presto, per il treno i soldi te li do io, e non ti preoccupare a tua sorella la facciamo tenere d occhio da mio padre. Allora cosa mi dici? Francesco: Mi hai convinto, quando partiamo? Allora Salvatore prese in mano i biglietti e strusciandoli mi disse: domani sera alle 20:00 c è il treno che ci 9

aspetta. Ebbi appena il tempo di spiegarlo ai miei genitori e di dirgli perché partivo, salutare la mia sorellina e prendere quei pochi risparmi guadagnati con i lavori estivi che mi ritrovai alla stazione, non sapevo quanto sarei rimasto via dalla mia città natale, forse un giorno o forse per sempre, ma questa cosa mi inquietava, anche se davo spesso ascolto a Salvatore perché lui era più grande di me con i suoi 22 anni, mentre io ne avevo 19, stavolta ero molto in tensione avevo dei forti dubbi. 10

Capitolo 2 Eccoci lì seduti sul treno pronti a partire, con Salvatore entusiasta coi suoi mille discorsi e io invece frastornato che ancora non mi rendo conto di cosa stia accadendo, aspetto solo che il controllore fischi per poter partire. Ok, il treno finalmente parte attraversiamo lo stretto di Messina e un ansia comincia subito a pervadermi dentro, con mille dubbi e mille domande, ma io di questo non parlo neanche col mio migliore amico. Il viaggio procede tranquillamente fino a quando arriviamo a Napoli dove a alla stazione di piazza Garibaldi salgono due tizzi un finto poliziotto e un finto venditore di gioielli, dove il finto venditore di gioielli, tira fuori da un borsello dei bracciali fatti da pseudo oro e ci dice: ue uaglio ì chisti ì vend a 50 euro tutte e tre muvimmuci ch c è a polizia, facimm l affare? ( ei ragazzi questi li vendo a 50 euro tutti e tre muoviamoci che c è la polizia, facciamo l affare? ) nel frattempo che il finto poliziotto 11

guarda dal corridoio posizionato alla fine dello scompartimento vicino al finestrino, lo spacciatore dei finti gioielli cerca in tutte le maniere di convincerci a comprare: tengo a figlia malata, a mamma all ospetale ( mia figlia è malata, la mamma è all ospedale ) e ci dice altro ancora, alla fine, dopo qualche chilometro, quasi alla fine della Campania sul treno sale veramente la polizia e quei truffatori se la danno a gambe levate. Dopo un lungo viaggio arriviamo finalmente a Milano, scendiamo dal treno e ci dirigiamo subito verso l uscita, a parte i drogati e i barboni che sono dislocati nei diversi angoli non puoi far altro che notare che la stazione è grandissima ed è piena di un via vai di gente. Salvatore, tutto euforico, mi dice: Ciccio guarda che bella Milano, hai visto dove ti ho portato?. Comunque ci dirigiamo verso l uscita dove ci aspetta l amico di Salvatore. Non appena siamo fuori ci viene incontro un signore con i capelli grigi e ci dice: ciao io sono il papà del vostro amico Mauro e sono venuto a prendervi, dai su andiamo, potete mettere i bagagli dietro nel cofano, lo lasciato libero apposta. E come in un niente, mettiamo i bagagli in macchina 12