contro INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA patrocinio dell avv. Tommaselli

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N. R.G. 2019 /2017 Pagina 1 TRIBUNALE ORDINARIO di MONZA Sezione Lavoro Nella causa civile iscritta al n. r.g. 2019/2017 promossa da BLESSING AGHEDO (GHDBSS80T62Z335W), con il patrocinio dell avv. Guariso Alberto e dell avv. Silvia Balestro contro INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA patrocinio dell avv. Tommaselli Il Giudice del Lavoro, dr. Camilla Stefanizzi a scioglimento della riserva assunta all udienza del 10/07/2018, ha pronunciato la seguente ORDINANZA (ex art. 702 bis e ss. c.p.c.) RICORRENTE SOCIALE, con il RESISTENTE Con ricorso in data 28 settembre 2017 Aghedo Blessing adiva il Tribunale di Monza, in funzione di Giudice del Lavoro, chiedendo di accogliere le seguenti conclusioni: Voglia il Tribunale, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, - previo eventuale rinvio pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 TFUE per l esame della questione inerente il prospettato contrasto tra l art. 1, comma 125 L. 190/14 e l art. 12 direttiva 2011/98; a) accertare e dichiarare il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall INPS consistente nell aver negato alla ricorrente l assegno di natalità di cui all art.1 comma 125 L. 190/2014 in relazione alla nascita del figlio;

b) ordinare all INPS di cessare immediatamente la condotta discriminatoria di cui sopra e conseguentemente di riconoscere alla ricorrente, in quanto titolare di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, il diritto all assegno di natalità alle medesime condizioni previste per i cittadini italiani; c) condannare l INPS a pagare alla sig.ra Aghedo BLESSING, a titolo di assegno di natalità, la somma di 2.400,00 come maturato a settembre 2017, oltre alle ulteriori somme mensili dovute per il medesimo titolo, sino a quando ne permangano i requisiti previsti anche per i cittadini italiani; d) adottare, ai sensi dell art. 28, comma 5, Dlgs 150/2011 nell ambito dell esercizio dei poteri d ufficio, ogni ulteriore provvedimento ritenuto utile ad evitare il reiterarsi della discriminazione, ivi compreso, se ritenuto, la pubblicazione dell emananda ordinanza sul sito istituzionale dell Istituto. e) condannare l INPS al pagamento delle spese di lite, comprese le competenze e gli onorari (oltre IVA, CPA e maggiorazione forfettaria) da distrarsi in favore dei sottoscritti procuratori antistatari. A tal fine la ricorrente dichiara che il valore della causa è pari ad euro 2.400 e di avere un reddito inferiore ad euro 23.056,82 ai sensi e per gli effetti di cui all art. 152 disp. att. Cpc. L INPS si costituiva in giudizio, chiedendo preliminarmente di dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, l inammissibilità, nonché l improcedibilità del ricorso e, nel merito, ne chiedeva il rigetto in quanto infondato in fatto e diritto e sfornito di prova. Il Giudice istruiva la causa con acquisizione della documentazione prodotta e, all odierna udienza, dopo la discussione, riservava la decisione. ***** Pagina 2

Deve essere affermata in via preliminare la giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di una domanda relativa a un diritto soggettivo (il diritto alla percezione del c.d. bonus bebé di cui all'art. 1 c. 125 l. 190/2014), con potere di disapplicare ogni atto amministrativo non conforme alla legge. Quanto alle ulteriori eccezioni preliminari sollevate dall INPS, occorre evidenziare che esse sono state già affrontate dall intestato Tribunale con ordinanza del 5.12.2016 (R.G. n. 396/2016) le cui motivazioni si richiamano di seguito integralmente ex art. 118 disp. att. c.p.c. In merito all eccezione di inammissibilità dell azione proposta ex art. 702 bis c.p.c., ai sensi dell art. 28 d.lgs. 150/2011, il Tribunale osserva quanto segue. L azione esperita con il presente giudizio è volta ad accertare la discriminatorietà della condotta posta in essere ai danni della ricorrente da parte degli enti convenuti. Come dalla stessa ricorrente sostenuto, nel caso di specie, le amministrazioni resistenti hanno negato il diritto agli assegni richiesti, in applicazione della normativa di rango primario. Dunque, se il diniego è adottato in base alla legge, è escluso che esso possa integrare una condotta censurabile con l azione esperita dall odierna ricorrente. Ove a produrre la discriminatorietà sia la stessa legge, il problema sarà dunque eventualmente quello di valutare la legittimità della normativa, senza però che ciò possa in alcun modo avere rilievo sul giudizio di discriminatorietà della condotta posta in essere dall amministrazione. Per poter giustificare l'azione di cui all'art. 44, 1 co., T.U. n. 286/98, la discriminazione deve essere determinata da un comportamento di un privato o della pubblica amministrazione", che sia conseguenza di una scelta libera/discrezionale del soggetto che pone in essere la condotta censurata; - laddove, invece, l'azione sia imposta al privato o alla pubblica amministrazione da una norma di legge, deve escludersi la riferibilità dell'effetto discriminatorio al comportamento del soggetto (privato o pubblico) che abbia agito in osservanza della disposizione normativa; - è ben vero che un effetto discriminatorio può discendere dall'applicazione di un norma di legge (e questo potrebbe essere proprio il caso dell'art. 81, co. 33 D.L. n. 112/08), ma va escluso che questa specie di discriminazione possa essere rimossa a mezzo del ricorso ex art. 44 Pagina 3

(che, altrimenti, verrebbe a configurarsi come strumento generale per la verifica della legittimità costituzionale o comunitaria di norme di leggi ordinarie anziché come strumento sanzionatorio di singole condotte che abbiano - di per sé sole e senza alcuna copertura normativa - determinato un effetto discriminatorio); - soltanto nel (distinto) giudizio che abbia specificamente ad oggetto il riconoscimento del beneficio previdenziale o assistenziale negato sulla base della normativa censurata, potrà valutarsi la conformità di detta normativa (nel caso di specie, quella che prevede il requisito della residenza e cittadinanza italiana) alla normativa comunitaria e alla Costituzione Italiana (sollevando le questioni pregiudiziali e di legittimità indicate dal reclamante o disapplicando la normativa, sulla base di un sindacato diffuso di legittimità comunitaria o costituzionale). (Trib. Arezzo, 3.11.2011). In sostanza, la presenza di una copertura normativa esclude in radice la discriminatorietà del comportamento posto in essere dall amministrazione. Fatta tale premessa, l INPS chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Il Tribunale osserva che, a voler accedere alla tesi dell INPS, la conseguenza di tale argomentare non dovrebbe essere una pronuncia di rito di inammissibilità per difetto dei presupposti dell azione, ma semmai una pronuncia di merito di rigetto dell azione in quanto infondata proprio perché il giudice accerta che nessuna condotta discriminatoria è stata posta in essere. Il Tribunale esclude che possa essere aprioristicamente pronunciato il rigetto dell azione sulla base della sola circostanza che la discriminatorietà derivi direttamente dalla legge. Tale impostazione si scontra con il rilievo per cui la discriminazione deve essere concepita in senso oggettivo. Pertanto, sebbene, dal punto di vista soggettivo, non è possibile muovere alcun addebito all amministrazione che si è limitata a dare attuazione ad una legge che non le lasciava spazi di discrezionalità, tale circostanza non esclude che in concreto non si sia determinata una discriminazione, ed il soggetto che adisce l autorità giurisdizionale può legittimamente chiederne la sua rimozione, anche ove questa Pagina 4

derivi dall applicazione della normativa, eventualmente previa remissione della questione alla Consulta ove si ponga un dubbio di legittimità costituzionale. L INPS, come già evidenziato, non chiede, sulla base delle argomentazioni sopra richiamate, una pronuncia di merito, bensì una pronuncia di rito dichiarativa dell inammissibilità del ricorso, in applicazione del secondo comma dell art. 702-ter c.p.c. il quale, nel caso di ricorso, da parte dell attore, al procedimento sommario di cognizione per far valere una domanda diversa da quelle per le quali tale rito è applicabile, prevede la declaratoria di inammissibilità della domanda, con conseguente conclusione del processo con una decisione in rito Ora, non può non rilevarsi che l azione contro la discriminazione presenta un petitum del tutto identico a quello che si avrebbe ove il soggetto avesse esperito una ordinaria azione per il riconoscimento del beneficio che gli è stato negato. In sostanza, il soggetto, vuoi facendo valere la discriminatorietà della condotta, vuoi impugnando il diniego dell assegno richiesto, mira in ogni caso al medesimo bene della vita, ossia all accertamento del proprio diritto ad ottenere il beneficio cui aspira. Le due azioni vanno tenute distinte. Infatti, l azione civile contro la discriminazione e l azione ex art. 442 c.p.c. avrebbero in tale fattispecie identico petitum, ma differente causa petendi. Il soggetto fa valere non qualsiasi illegittimità, ma quella particolare forma di illegittimità che è data dalla discriminazione. Pertanto, il legislatore, con il D.lgs, 150/2011, ha conferito al ricorrente la possibilità di utilizzare il peculiare strumento processuale in oggetto (che prevede un rito processuale particolarmente celere stante il richiamo degli artt. 702 bis c.p.c.) per la rimozione degli effetti di una forma di illegittimità che il legislatore intende stigmatizzare in quanto particolarmente odiosa come la discriminazione. D altra parte occorre evidenziare che, come messo in luce di recente dalla Corte d Appello di Milano (C. App. Milano, n. 109/2018), decidendo in sede di ricorso di cassazione proprio avverso tali decisioni di questa corte, i giudici di legittimità hanno accolto l opzione interpretativa ivi affermata, secondo cui il mancato Pagina 5

riconoscimento di una prestazione a cittadini di paesi terzi soggiornanti in Italia da parte dell I.N.P.S. può concretare una discriminazione collettiva sotto il profilo della nazionalità, così che il diritto alla parità può essere rivendicato azionando lo specifico strumento di cui all art.28 cit. (cfr.: Cass. 8 maggio 2017 n. 11165 e 11166; nello stesso senso: Cass. S.U. 20 aprile 2016 in tema di ammissione degli stranieri al servizio civile). Di conseguenza, così superata l eccezione preliminare di inammissibilità, deve essere rigettata, altresì, l eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dall INPS che eccepisce la mancata proposizione del ricorso amministrativo richiesto a pena di improcedibilità dall art. 443 c.p.c.. Infatti, per le ragioni sopra illustrate, parte ricorrente ha esperito l azione civile contro la discriminazione (e non l azione ex art. 442 c.p.c. ) che non presuppone il previo esperimento del ricorso amministrativo. Tale eccezione pertanto deve essere dichiarata infondata (Tribunale di Brescia, ordinanza n. 6917/2016). Superate le eccezioni preliminari, è possibile dunque procedere ora all esame del merito della questione. In primo luogo, deve essere chiarito che sono integrati i requisiti di reddito necessari per il beneficio previdenziale richiesto. È stato provato documentalmente (attraverso l attestazione ISEE, prodotta sub doc.5 fascicolo ricorrente) che l ISEE familiare della Blessing per l'anno 2016 sia pari a euro 0,00; è provato dunque che la Blessing fosse in possesso dei requisiti reddituali previsti dalla norma (ISEE inferiore a euro 25.000). L INPS ha fondato il proprio diniego sul fatto che la Blessing non fosse munita del permesso di soggiorno necessario per ottenere il beneficio cui aspirava. Secondo la prospettazione dell INPS, infatti, in base a quanto previsto dall art. 1, co. 125 della L. 190/2014, la ricorrente non avrebbe diritto al beneficio richiesto in quanto non in possesso di un permesso di soggiorno di lungo periodo, anche detto a tempo illimitato o indeterminato. La ricorrente, cittadina nigeriana, ha fatto ingresso in Italia nel 2004 ottenendo un permesso per motivi umanitari ed è attualmente titolare Pagina 6

di un permesso unico lavoro per lavoro subordinato (cfr. attuale permesso di soggiorno della ricorrente - doc. 3). Siffatto titolo di soggiorno, ad avviso dell Istituto, non sarebbe idoneo per conseguire il beneficio richiesto. La questione giuridica sottesa al presente giudizio è stata oggetto di numerose pronunce di merito. In particolare, nel corso degli ultimi anni, si è ripetutamente espressa anche la Corte d Appello di Milano (tra le tante, C. App. Milano 29.5.2017, n.1003; C. App. Milano 22.6.2017, n. 1404, C. App. Milano, 11.7.2017, 1546, C. App. Milano, 12.7.2017, n. 1553, C. App. Milano, 19.7.2017, sent.n.1463c. App. Milano, 28.7.2017, n.1403). Il Giudice d Appello in fattispecie sostanzialmente analoghe ha accertato la sussistenza della discriminazione, ravvisando il contrasto del diniego dell INPS con l art.12 della direttiva n.2011/98/ue, laddove prevede che i cittadini dei paesi terzi che sono stati ammessi in uno stato membro per motivi di lavoro - o per motivi diversi ma ai quali è consentito di lavorare - beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello stato membro in cui soggiornano per quanto concerne, tra l altro, i settori della sicurezza sociale come definiti dal regolamento CE 883/2004. Il Tribunale, preso atto dell orientamento, oramai consolidato della giurisprudenza della Corte d Appello di Milano e di parte sempre più estesa della giurisprudenza di merito, richiama e fa proprio l iter logico-motivazionale seguito nei precedenti citati, confermati in particolare nella recentissima sentenza della Corte d Appello di Milano, n. 109/2018 (pubblicata il 26.03.2018, R.G. n. 515/2018), che viene di seguito richiamate ai sensi dell art. 118 disp. att. c.p.c. La difesa dell istituto ha sostenuto che l assegno di cui si discute debba essere qualificato come prestazione assistenziale, in quanto prescinde dalla esistenza di un rapporto assicurativo, richiamando in proposito la differenza tra prestazioni di tipo assistenziale e di tipo previdenziale come chiarita dalla giurisprudenza di legittimità, che pone l accento sulla circostanza che le seconde, ma non le prime, sono alimentate dai contributi gravanti sugli specifici soggetti obbligati ed i datori di lavoro. Pagina 7

Tuttavia, nel caso di specie, come chiarito dalla Corte d Appello, il riferimento è al settore della sicurezza sociale come definito dal regolamento CE 883/2004 così che è alla giurisprudenza comunitaria che si deve rivolgere l interprete per individuare la nozione di sicurezza sociale ai fini del citato regolamento e del citato art.12 della direttiva. Ora, la qualificazione della singola prestazione deve operarsi avendo riguardo ai relativi elementi costitutivi, quali le sue finalità ed i presupposti per la sua attribuzione, e non al fatto che essa sia o non qualificata previdenziale da una normativa nazionale così che una prestazione può essere considerata di natura previdenziale se è attribuita ai beneficiari prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione definita ex lege, e se si riferisce ad uno dei rischi espressamente elencati all articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n.1408/71 (cfr.: CGUE 24 ottobre 2013 C-177/12) il quale contempla le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti le prestazioni familiari. Ora, il fatto che una prestazione sia concessa o negata in considerazione dei redditi e del numero dei figli non implica che la sua concessione dipenda da una valutazione individuale delle esigenze personali del richiedente, caratteristica dell assistenza sociale, nei limiti in cui si tratti di criteri obbiettivi e definiti per legge che, quando sono soddisfatti, danno diritto a tale prestazione senza che l autorità competente possa tener conto di altre circostanze personali (cfr.: CGUE 21 giugno 2017 C-449/16 cit. par. 22). Inoltre, la Corte ha già dichiarato che le modalità di finanziamento di una prestazione e, in particolare, il fatto che la sua attribuzione non sia subordinata ad alcun presupposto contributivo sono irrilevanti per la sua qualificazione come prestazione di sicurezza sociale (cfr.: CGUE 21 giugno 2017 C-449/16 cit. par. 21). La correttezza di tale interpretazione ha trovato l avallo di due recenti decisioni della giurisprudenza della Corte di Giustizia: nella prima del 14 giugno 2016 C-308/14 Commissione c. Regno Unito in tema di child benefit la corte afferma che tali Pagina 8

prestazioni, attribuite automaticamente alle famiglie che rispondono a determinati criteri obiettivi riguardanti in particolare le loro dimensioni, il loro reddito e le loro risorse di capitale, prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali e destinate a compensare gli oneri familiari, devono essere considerate prestazioni di sicurezza sociale. Nella seconda (sentenza 21 giugno 2017 C-449/16 Martinez Silva c. I.N.P.S. e Comune di Genova) riguardante l assegno famiglie numerose di cui all art.65 L.448/98, la corte europea conclude nel senso che l art.12 della direttiva osta ad una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale in base alla quale il cittadino di un paese terzo, titolare di un permesso unico ai sensi dell art.2 lett.c) della direttiva non può beneficiare della prestazione dell assegno a favore dei nuclei famigliari con almeno tre figli minori, definendo nei termini esposti dalla difesa delle tre madri appellate la nozione di sicurezza sociale ai fini dell ambito di operatività del regolamento 883/04 e della connessa clausola di parità ex art.12 direttiva 2011/98. Di conseguenza, se l art.12 della direttiva osta ad una normativa nazionale come quella di cui controvertono le parti, in base alla quale il cittadino di un paese terzo, titolare di un permesso unico ai sensi dell art.2 lett.c) della direttiva non può beneficiare della prestazione dell assegno di natalità, l art.1 L.190/2014 nella parte in cui pone come requisito per ottenere la prestazione di cui si discute da parte dei cittadini extracomunitari il possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, deve essere disapplicata, rivestendo una portata discriminatoria che si estende agli atti della pubblica amministrazione che la attuano, come è avvenuto nel caso in esame da parte dell I.N.P.S. D altro canto, il mancato corretto recepimento della clausola di parità, che l istituto invoca per escludere la portata discriminatoria del proprio diniego alla prestazione, non potrebbe vanificare il cit. art.12, trattandosi di una disposizione incondizionata, che prevede per lo stato una limitata facoltà di deroga nei limiti in cui il principio sia stato recepito. Pagina 9

Tenuto conto della reiterazione della condotta discriminatoria da parte dell'inps, è necessario, ai sensi dell art. 28 co. 5 d.lgs. 150/201,ordinare, all'istituto di dare adeguata pubblicità alla corretta individuazione dei soggetti legittimati alla richiesta della prestazione in oggetto, mediante pubblicazione di una nota informativa sulla home page del sito internet istituzionale, e di adeguare i moduli on line per la domanda amministrativa, consentendo ai legittimati di indicare ogni rilevante titolo di soggiorno. (Trib Bergamo, sez. lav., ordinanza 02/03/2018). Le spese, liquidate ex D.M. n.55/2014 come da dispositivo e con distrazione in favore dei procuratori antistatari, seguono la soccombenza, P.Q.M. Il Tribunale di Monza, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, letti gli art. 702 bis e ss. c.p.c., così provvede: 1) ordina all'inps di cessare la condotta discriminatoria, riconoscendo alla ricorrente la prestazione richiesta dal dovuto, con condanna al pagamento delle somme non corrisposte, oltre agli accessori dal dovuto al saldo; 2) ordina all'inps di dare adeguata pubblicità alla corretta individuazione dei soggetti legittimati alla richiesta della prestazione in oggetto e di adeguare i moduli on line di richiesta della prestazione, nei termini; 3) condanna l'inps a pagare alla ricorrente la somma di euro 1.500,00, oltre IVA CPA e rimborso forfetario delle spese come per legge one, con distrazione in favore degli avv.ti A. Guariso e S. Balestro, antistatari. Si comunichi. Monza, 1 agosto 2018 Il Giudice Camilla Stefanizzi Pagina 10