Rosso porpora. Gianluca Frangella



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Transcript:

Rosso porpora Gianluca Frangella II

Rosso porpora è una storia inventata. Il riferimento a persone, cose o fatti realmente accaduti, è puramente casuale. III

IV Dedicato con affetto a Sabrina V. una tenera Tomboy

Basta un solo istante. Non si sa quando arriverà, se arriverà. Non è lontano, né vicino. È solo un istante, a cambiare la tua vita. Gianluca Frangella V

INDICE Il tempo dei ricordi 1. Il teatrino dal mio studio flat 2. Appare, scompare 3. Ricordi 4. Il tempo scorre come un fiume 5. Il tempo che ritorna 6. Era un capriccio, quel tradimento 7. L energia di una mamma 8. Una prostituta Note VI

Rosso porpora

Il tempo dei ricordi Il tempo se ne va inseguendo una poesia, nel vento di malinconia, come un fiume, il tempo, se ne andrà. E col tempo, dolce, se ne andrà un ricordo che vola via, in fondo al cuore la nostalgia, mentre il ricordo, lento, se ne va. Nel tempo lascialo riposare quieto nel suo nido d amore, fin quando non ritorna nel cuore, fin quando quel tempo non tornerà. Gianluca Frangella 1

1. Il teatrino dal mio studio flat Era un venerdì. Il ventotto gennaio. Era passato molto tempo dal mio arrivo a Londra. Il monolocale mi era sembrato troppo piccolo, quando lo visitai la prima volta: una stanza di appena venti metri quadri e un piccolo bagno. Dopo otto mesi mi ero abituato. Il bagno, senza specchi né finestre, non dava più quel fastidioso senso di assenza di spazio. Avevo imparato a girarmi senza urtare i pochi oggetti che lo rendevano ancor più piccolo. Nella stanza, invece, per renderla più spaziosa, avevo dovuto modificare l arredamento. Avevo spostato un mobile contro la parete, tra la porta d ingresso e quella del bagno: sembrava essere disegnato proprio per quel piccolissimo angolo. Il tavolino di legno, bianco, dal design semplice, che precedentemente occupava 2

quello spazio, lo sistemai lungo la parete opposta, sotto l unica finestra che dava sul retro della corte in cui vivevo. Di fianco al tavolino, da una parte, c era un armadio un poco instabile che poggiava contro l angolo delle due pareti e sembrava dovesse smontarsi per cadermi addosso da un momento all altro; nell angolo opposto una piccola libreria, dove sistemai i pochi libri portati con me e un lettore cd audio. Davanti alla libreria c era il letto a piazza singola. Di fianco alla porta del bagno, lungo la parete, si estendeva la piccola cucina a vista, che era composta da un lavello, da quattro fornelli per cucinare e una specie di banco tavolino sotto il quale era sistemato il frigorifero. Tutto sembrava essere piccolo nel mio studio flat; tutto ad eccezione di me stesso, che iniziavo a sentirmi grande in un monolocale dove non vi era posto per cose voluminose. Con il tempo mi adattai a quegli spazi. Mi trovai bene nel piccolo 3

bagno; mi trovai bene nel piccolo letto; mi trovai bene seduto sulla piccola sedia al piccolo tavolino che si appoggiava alla grande finestra. Così, quella mattina del ventotto gennaio, un freddo venerdì sotto il grigio cielo londinese, mi svegliai di buon umore, pronto sin da subito per una buona colazione tipica inglese. Tagliai i funghi, li misi nel forno; di fianco ad essi le salsicce. In un pentolino misi a cuocere i baked beans e, in un tegamino, a friggere due uova; infine preparai un toast con sopra del cheddar. Sulla tavola misi un tovagliolo, una forchetta e il succo di arancia: mentre attendevo che la mia colazione fosse pronta, guardavo fuori dalla finestra. Mi dava piacere. Era come aprire il sipario del palcoscenico di un teatrino. Tiravo la cordicella e la tendina, fatta di finissime cannucce di legno, si avvolgeva 4

lentamente su se stessa e all improvviso lo spettacolo iniziava. Dalla mia finestra vedevo il tetto della stanza del ragazzo che viveva di sotto. Lì trovai Mike, il gatto di uno dei ragazzi che abitava nel gruppo di appartamenti adiacenti al mio. Si avvicinò. Con la zampetta bianca toccò il vetro: voleva giocare. Mike mi guardò. Si sdraiò sul tetto, si rotolò e di nuovo mi chiamò con la zampetta. Mi fece sorridere. Mi alzai e andai a tirar fuori dal forno la colazione. Riempii il piatto e mi rimisi seduto a tavola, al mio posto da spettatore, ma Mike non era più lì. Si era acquattato sul recinto che fa da confine tra i giardini delle varie abitazioni. Si mosse lentamente. Aveva puntato qualcosa. Era Fred, un grosso piccione, tanto grasso da sembrare un tacchino. Mike si avvicinava lentamente a lui, ma Fred abitava in quei giardini ancor prima che arrivassi io. Conosceva molto bene 5

Mike e sapeva che era sempre in agguato. Così volò via sul ramo di un platano e, nel posarsi, lo fece dondolare per un po. Tra i rami spuntarono, subito dopo, Molly e Ted, due scoiattoli che abitavano anche loro nei giardini delle corti. Ad essi si aggiungeva di rado un altro scoiattolo che chiamai Drake. Lui era dispettoso: inseguiva sempre la piccola Molly. Ted scese velocemente dall albero inseguito da Molly. Di ramo in ramo, di albero in albero, correvano, s inseguivano e, sul recinto sotto di loro, seduto a guardare, c era Mike, che non avrebbe mai saputo raggiungerli: erano tanto leggeri da poter saltare ovunque, per sottrarsi alle sue grinfie. Ogni tanto veniva anche una volpe che, per mancanza di fantasia, decisi di chiamare Foxy e, con essa, terminava l elenco di questi attori che recitavano ogni giorno nel mio teatrino privato. Mentre mangiavo la mia colazione lietamente, volsi lo 6

sguardo alle finestre delle case di fronte. Mi domandai se qualcun altro, come me, avesse scoperto quel dolce spettacolo e se si fosse mai soffermato a guardare quel buffo teatrino. In alto si accese una luce. Dietro una tenda rosso porpora intravidi la sagoma di una persona dai lineamenti sensuali, nascosti nel gioco d'ombre che la luce creava sulla tendina. Conoscevo bene quell ombra. In quella casa abitava Liza, la ragazza che aveva stregato la mia fantasia e che in segreto amai per molto tempo; tempo che lentamente andava via. 7

2. Appare, scompare La mia storia inizia da qui. Un piccolo studio flat nella grigia e fredda Londra, dalla cui finestra mi affacciavo su un altro mondo, come fosse qualcosa d inventato, ma sicuramente fantastico. Ogni mattino, verso le sette, le giornate avevano ancora poca luce e c era chi continuava a dormire, mentre mi preparavo per uscire. Poco dopo le sette, puntuale come ogni giorno, si svegliava la ragazza che abitava nell appartamentino di fronte al mio. Me ne accorgevo quando dietro la tenda rosso porpora vedevo accendersi la luce. Poco dopo si vedeva la sua ombra avvicinarsi. Scansava la tenda. Guardava pochi istanti fuori, ora al cielo ora nelle corti e, dopo essersi stirata per bene, iniziava a correre per la casa preparandosi alla svelta, anche lei per 8

uscire. Spesso, la bruna sconosciuta aveva il sorriso sulle labbra. Era bellissima con i suoi capelli mossi che le ondeggiavano sul collo. La vedevo andare avanti e indietro da quella finestra: ora compariva e ora scompariva e poi, di nuovo, riappariva. Ora in reggiseno, ora con la maglia, ora si pettinava e poi si metteva gli orecchini. Si abbassava, scompariva. Si alzava indossando un cappello. Spariva dietro la parete e ricompariva con il cardigan addosso e, poi, ricompariva con addosso un giubbotto. La luce si spegneva. Lei scompariva. Ogni tanto accadeva che ci fosse un uomo con lei, sempre lo stesso, che la abbracciava e la baciava, ma lei sembrava essere pensierosa, come triste e, in quelle occasioni, perdeva il magnifico sorriso. La particolarità che mi affascinava della ragazza senza nome, era il suo apparire e sparire nel nulla, come per magia. 9

Appariva nella sua bellezza, m incantava e volava via chissà dove. Così, quando lei spegneva la luce, io finivo di prepararmi e uscivo per andare a cercarmi un lavoro. Impiegai molti mesi per imparare un poco d inglese e ogni giorno cercavo di imparare di più, perché speravo di poter cambiare il lavoro che avevo. In quel periodo lavoravo come kitchen porter per un ristorante italiano chiamato La Forchetta. Lavoravo durante le ore in cui la gente pranzava e cenava per un totale di circa sette, otto ore. Non lo disprezzavo come impiego e anche il posto mi piaceva abbastanza; avrei voluto, però, trovare qualcosa che mi permettesse di essere più a contatto con le persone, che mi aiutasse a migliorare il mio inglese. Per questo, di buonora al mattino, giravo per Londra lasciando curriculum ovunque e cercando il più possibile di comunicare e apprendere espressioni e parole nuove. 10

Abitavo nel quartiere di Arsenal, zona nord della città. Avvicinandomi alla fermata dell underground, durante il tragitto che facevo a piedi, pensavo esclusivamente in inglese, preparandomi mentalmente quello che dovevo dire presentando il curriculum. Leggevo cartelli pubblicitari, insegne, scritte sui muri. Prendevo giornali gratis dove ne trovavo, ascoltavo musica inglese e leggevo molti libri. Capitava sempre più spesso di parlare con me stesso in inglese; e, sempre più spesso, capitava di parlare in inglese anche con lei nella mia mente. Arrivavo, con questi pensieri per la testa, all incrocio con la strada principale: Blackstock Road. Lì potevo decidere di andare verso sinistra, alla fermata underground di Arsenal, oppure in quella di Finsbury Park che si trova dalla parte opposta. Sono entrambe fermate della Piccadilly Line, ma a Finsbury passa anche la Victoria Line. Se non avevo necessità 11

di prendere la Victoria Line, alternavo le due fermate, ma solo per cercare di imbattermi in Elizabeth, il nome che diedi alla ragazza della finestra di fronte. Liza, il suo diminutivo, la incontravo spesso alla fermata dell autobus diciannove, verso Arsenal: quando io arrivavo lì, lei puntualmente saliva sull autobus che chiudeva le porte e partiva. Altrettanto spesso la incontravo dalle parti di Finsbury Park, a volte la vedevo di sfuggita da dentro l underground che lasciava la stazione, altre volte andava via lei, nell underground, mentre io arrivavo di corsa. Insomma, Liza appariva e scompariva nel nulla, ed io non riuscivo a fermarla per conoscerla. Un giorno salutai un tale, per chiedergli un informazione: Excuse me Sir. Could you lend me just an information, please? 12

Il signore mi guardò annuendo con un sorriso. Io continuai a parlargli indicandogli un indirizzo che avevo segnato su di un foglio di carta: Do you know how can I get this address, please? Let me think mi disse l uomo. Mise gli occhiali. Prese il bigliettino in mano. Si guardò intorno e, voltandosi, indicò un punto lontano con il dito. Seguii con lo sguardo la direzione del suo indice. La mia mente si svuotò d improvviso: Liza era di nuovo apparsa. Aveva un libro fra le mani, sembrava avesse la passione per la fotografia. Parlava al telefono. Mi guardò. Sorrise. I nostri sguardi s incrociarono e pensai che lei stesse sorridendo a me. L uomo continuava a parlare. Lo guardavo annuendo con il capo. Desideravo finisse di spiegare, in modo tale da poter raggiungere Liza e parlarle, ma il buon uomo mi distrasse voltandosi nella parte opposta alla direzione in cui la ragazza 13

stava andando. You could also take this street, you know? But, I think, yes, of course, it s better this other one... indeed mi disse ritornando a guardare in direzione di Liza, ma lei non c era già più. Lo ringraziai e mi congedai. Non avevo ben capito dove mi avesse indicato di andare, ma mi incamminai con passo veloce; benché di lei non vedessi la presenza, speravo di raggiungerla o, ad ogni modo, di trovarla in qualche negozio lungo la via, ma nulla: Liza era di nuovo apparsa e, subito dopo, scomparsa. 14

3. Ricordi Le giornate trascorrevano così: tra un apparizione e l altra di Liza, il teatrino e le mattinate a cercare una nuova occupazione da sostituire a quella che già avevo. Capitava saltuariamente che mi unissi ad un gruppo di colleghi di lavoro per una serata in compagnia e, rare volte, per una partita di calcetto. Iniziai a frequentare una ragazza italiana di nome Roberta, con la quale mi trovavo bene a parlare di tutto, in più, spesso, lei mi aiutava con il mio inglese correggendomi là dove sbagliavo. Liza continuava a restare fra i miei pensieri. Se non la pensavo, appariva e, quando scompariva, mi ritrovavo a pensarla. Tutto questo divenne pressoché un bel gioco nel quale iniziai a trovarmi a mio agio, anche se erano brevissimi gli istanti in cui mi capitava di vederla. 15

Un giorno ero nello studio flat con Roberta; seduto al tavolino guardavo alcune foto scattate per la città, quando lei esclamò: Guarda quei due come discutono animatamente! Mi voltai a guardare: Liza parlava, gesticolando nervosamente, con il suo compagno. Mentre continuavo a guardare, Roberta mi chiese: Da quanto tempo frequento la tua casa? Un paio di mesi? Sì, all incirca un paio di mesi. Perché? Perché, ogni volta che vengo qua, non posso fare a meno di notare quei due che litigano. Non mi vorrei impicciare degli affari altrui, ma mi fanno tornare in mente la storia che avevo con il mio ex, quella che ho avuto in Italia; era un continuo discutere e mi domando: che senso ha stare insieme quando non si va d accordo? Forse c è l amore che impedisce di trovare il coraggio per 16

lasciarsi supposi, ma subito Roberta continuò dicendo: Amore o non amore, quando fra due persone si discute sempre, vuol dire che fondamentalmente c è un problema che non si riesce a risolvere e, secondo me, è meglio troncare. Poi lei avrà poco più di vent anni e lui sembra averne almeno trentacinque, se non di più. Secondo me, lei è la sua amante. Da cosa lo deduci? Lei mi sembra la tipica ragazzina ingenua che s innamora degli uomini brillanti che prima t illudono con belle parole e poi ti fanno soffrire. Ti sembra brillante lui? Beh veste bene, è elegante. Ha portamento. Comunque non mi sembra agitarsi molto. Guardalo: sembra sia calmo, nonostante stia discutendo con lei. Già! Sembrerebbe. Come si fa a stare insieme quando si litiga in 17

continuazione?. Me lo domandavo anch io e mi domandavo anche quanto fosse giusto stare con una persona, mentre si ha per la testa il pensiero di un altra. Mi sentivo in colpa nei confronti di Roberta. Liza sta ancora litigando pensai non fanno altro che discutere ultimamente: l ha notato anche Roberta. Lui ora si volterà, prenderà il suo cappotto e se ne andrà, lasciandola sola nel suo dolore. Voi uomini siete senza cuore asserì Roberta nel guardare l uomo lasciare Liza in lacrime. Mi diede anche un colpetto sulla spalla, sorridendo e finendo con il dire: Sapete essere così crudeli delle volte che vi odierei tutti, ma poi per noi donne è tutta una sorta di odi et amo Catulliano: ci chiedete come facciamo a provare due sentimenti opposti e non sappiamo rispondervi, eppure è così e ce ne tormentiamo. 18

Da quel giorno l uomo non comparve più nella casa di Liza. Lei passava sempre più tempo a guardare il cielo dalla sua finestra e, immobile, a fissare le scie degli aerei che passavano, con una mano sul petto, all altezza del cuore, e l altra sulla pancia. Mesi dopo anche il mio studio flat tornò ad essere vuoto: Roberta aveva deciso di tornare in Italia e, nonostante si fosse sforzata di convincermi a seguirla, non avevo avuto il coraggio di andare con lei. Le mie giornate, da quel momento, si legarono alla vita della bellissima Liza, che ammiravo guardare il cielo con tristezza da una finestra, e a quella di Roberta, di cui sentivo la mancanza. Alternavo la sofferenza che provavo nel vedere la triste Liza, alla sofferenza per il desiderio di risentire Roberta che, da quando era arrivata in Italia, si era fatta sentire raramente. 19

Il tempo continuava a scorrere come un fiume. Udivo il ticchettio delle lancette di un orologio da parete regalatomi da Roberta; sembrava scandire i battiti cardiaci della vita che trascorreva. Liza era di nuovo davanti alla finestra. Aveva lo sguardo rivolto alla sua pancia questa volta, la stava accarezzando. Stava piangendo. Liza era rimasta incinta. Piangeva anche Roberta, che aveva ripreso a cercarmi con messaggi in cui diceva che le mancavo molto. Piangeva anche il mio animo che, nell ascoltare il cuore, non capiva che lingua stesse parlando, né la direzione che mi stava indicando di prendere. Tra sogno e realtà, tra bugie e verità, capii che a Londra non potevo più restare. Avevo bisogno di partire, di andare in una città dove avrei potuto ricominciare tutto da capo, con un nuovo lavoro, nuove amicizie. Speravo di poter cancellare il passato e dimenticare. Speravo di trovare una risposta ai miei 20

dubbi. Un mattino mi svegliai e mi accorsi che Liza tardava ad alzarsi, per tutto il giorno non ebbi modo di vederla. Altri giorni guardai in quella finestra, ma nulla: dopo tanti mesi Liza sembrava non essere più in quella casa. Passarono altre settimane, quando una sera, all improvviso, la luce si accese e la tenda si aprì di nuovo: vidi un uomo che parlava a una coppia che annuiva senza aprire bocca. Liza era andata davvero via, persa per sempre. Iniziai a sentirmi sempre più triste sapendo che lei non era più lì. Iniziai a camminare pensieroso per le strade di Londra, sperando forse di poterla rivedere almeno un ultima volta. Camden Town, King s Cross St Pancras, Green Park e così Embankment e St Jame s Park; lungo il Thames e in Greenwich Park e, poi, ancora a Bank: Londra sembrava diventare triste e vuota. 21

Anche London Bridge, Tower Bridge o Millennium Bridge, sembravano essersi spogliati del loro fascino, come accadde per Buckingham Palace e The Palace of Westminster. Era davvero giunta l ora di lasciare l Inghilterra. Giorni dopo presentai una lettera di dimissioni a Luca, il mio manager il quale chiese: Sei sicuro di quello che fai? Sono stato bene a Londra e anche qui con voi mi sono trovato bene. Una bellissima esperienza. Ora ho bisogno di sperimentare qualcosa di nuovo. Dammi la mano mi tirò a sé e mi abbracciò forte; poi continuò: Tornerai in Italia? Non lo so ancora a dire il vero. Allora in bocca al lupo e mi raccomando, se passi di nuovo per Londra, qui c è la tua famiglia che ti aspetta. 22

Lo terrò a mente e crepi il lupo. Seguì un altro abbraccio e ci salutammo. Salutai anche gli altri colleghi e mi congedai. Quella stessa sera, seduto vicino alla grande finestra, la passai interamente a domandarmi di Liza. Vedevo il riflesso di me e della mia stanza sul vetro: si andava ad incastrare perfettamente con le finestre illuminate che spuntavano nel buio, dando l idea di un pittore che si ritrae segretamente nel dipingere quel che scorge. La valigia era pronta. La casa era spogliata dei miei oggetti. Gli armadi vuoti. Il mattino seguente riguardai ancora fuori dalla finestra. C erano Mike e Fred. Poi arrivarono Molly e anche Ted. Erano tutti lì pronti a recitare di nuovo per me in quel teatrino. Erano tutti lì, eccetto Liza. Passò anche quel giorno pieno di ricordi, e anche quello seguente. Allo scadere del secondo il sipario si 23

abbassò: Liza ed io eravamo definitivamente usciti di scena. Mi dirigevo all aeroporto di London Gatwick: lei era chissà dove, lontana da me. Continuai a camminare, pieno di ricordi, mentre sul viso soffiava il freddo vento della malinconia. 24

4. Il tempo scorre come un fiume Pioveva, quando atterrai a Dublino. Avevo deciso di trascorrere un periodo in Irlanda. Andai alla fermata degli autobus; ne trovai uno che portava al centro città: era il 16a. Davanti alla fermata c erano molti turisti con trolley e zaini, tutti vestiti con giubbotti pesanti, avvolti in calde sciarpe di lana e cappelli. Si potevano vedere solo il naso e gli occhi. Era freddo e la pioggia, aiutata dal vento, irrigidiva tutti noi che aspettavamo con ansia che l autista ci aprisse le porte. I m sorry boss mi domandò un ragazzo dai capelli castani e ricci. Era accompagnato da un gruppo di amici: mi accorsi subito che erano italiani. Ne avevo conosciuti molti a Londra e mi ero abituato a riconoscerne la provenienza. Hi there lo salutai do you need a help? chiesi imbarazzato per il mio inglese non ancora fluente. 25

Yes, thank you. Do you know how we can arrive Siete italiani? lo interruppi. Guardò gli amici e mi sorrise. Sì. Anche tu sei italiano? Meno male! Sai come si arriva in città da qui? Ho chiesto a un tale e mi ha detto che il 16a porta fino allo Spire. Costa solamente due euro e venti centesimi. Oppure c è un autobus diretto per il centro senza fare fermate, che costa sei euro. Dove si trova lo Spire? In pratica al centro. A noi hanno dato appuntamento in un posto che si chiama dove ha detto di arrivare Mirco? chiese al suo gruppo. Tempo al bar mi sembra che abbia detto tempo al bar rispose uno di loro. 26

Temple bar. Sì è vicino aggiunsi io che conoscevo abbastanza Dublino. C ero stato altre volte in Irlanda e mi era piaciuta anche molto, per questo avevo deciso di ritornare lì. E' un locale italiano? No, è semplicemente una via di Dublino. Poi c è anche un pub che ne prende il nome. Tempo al bar fece il giovane hanno chiamato una strada con un nome italiano? Temple bar scandii le lettere t e m p l e b a r e poi corressi loro la pronuncia. Mi unii a loro fino a Dublino. Li aiutai a raggiungere il pub dove avrebbero dovuto incontrare i loro amici e, di lì, mi diressi verso Camden Street: avevo appuntamento con un amico in Harrington Street, poco distante dal luogo dove avevo lasciato quei ragazzi. M incontrai con Marco. Ci fermammo a bere una birra in un 27

locale nei dintorni. Parlammo molto e di tutto. Si era offerto di ospitarmi per un breve periodo, così, poco dopo, ci dirigemmo verso casa dove preparò un abbondante cena accompagnata da un buon vino italiano. Tra una battuta, uno scherzo e un bicchiere di vino, arrivò la stanchezza. Mi preparò il letto aprendo il divano che aveva in soggiorno. Mi diede il necessario per dormire e quella fu la mia prima notte irlandese. L indomani andai subito in cerca di un lavoro. Vagava nella mia mente il pensiero di Roberta, inseguito dal pensiero di Liza con quelle lacrime amare sul viso, mentre la calda mano si accarezzava il grembo. Quei pensieri, con il trascorrere dei giorni, se ne andarono in fondo al cuore. Roberta mi aveva detto che si era fidanzata di nuovo con il suo ex e che si sentiva felice. Liza la accantonai nell angolo dei ricordi sbiaditi dal tempo, aiutato da un nuovo 28

lavoro e dai nuovi amici che avevo iniziato a frequentare. Anche il mio inglese migliorò e finalmente iniziai a frequentare anche irlandesi o persone di altre nazioni, e non solo italiani. Tra queste persone, conobbi Jasmijn, una ragazza di origine olandese. Era a Dublino per studio. I genitori le avevano dato la possibilità di studiare all estero e lei aveva scelto l Irlanda: paese affascinante, pensava. Con lei mi trovai in perfetto accordo sui molti aspetti positivi e negativi di Dublino. In my opinion diceva it s not right to come to Dublin just for drinking, you know? I hear the most of my friends speak about nothing else that when they have drunk in that pub or in that other pub. I find it so boring. I have never met someone that he liked the museums before you. My friends prefer to drink only drink rideva. 29

Jasmijn ed io ci incontravamo spesso per un hot whisky. Si parlava della sua passione per l arte e la pittura in generale. Mi parlava dei suoi gruppi musicali preferiti e, sinceramente, anche se non avevo visitato molti musei e non ero molto attratto dalla pittura, non mi dispiaceva accompagnarla alle mostre, e da lei imparavo sempre nuove cose molto interessanti. Così ci allontanammo un po entrambi dai nostri amici, che si limitavano a preferire il bere esclusivamente al bere, come diceva Jasmijn, e ci ritrovammo a spendere molto tempo libero insieme. Anche a Dublino trascorse il tempo. Di stagione in stagione, il passato si proiettava nella mia mente come fotografie ingiallite, facendomi ripercorrere i giorni vissuti nella verde Irlanda. Tra questi flashback ricomparve anche Roberta, che soffriva 30

per via dell ennesima rottura con il suo fidanzato; Jasmijn ed io che facevamo l amore; Luca che mi avvisava di essere diventato papà. E di nuovo Roberta che si riappacificava con il suo ex; Jasmijn che tornava in Olanda. E ancora Roberta, che aveva di nuovo desiderio di vedermi e che, poi, si allontanava da me e, a tratti, Liza, che era ancora presente fra quei ricordi impolverati dal tempo. I giorni trascorsero. Mi accorsi di sentirmi sereno. Avevo ampliato le mie conoscenze e migliorato di molto la lingua e, nonostante mi sentissi soddisfatto di me, sentii desiderio di qualcos altro: sentii la necessità di tornare in Italia. Infatti, mi resi conto che conoscevo meglio l estero del mio paese. Sapevo bene dei problemi presenti a Dublino e a Londra. Dei problemi in Olanda o in Spagna o in Francia che mi raccontavano i miei amici, ma mi sembrava di conoscere così poco della mia Italia che ne sentii la nostalgia. 31

Così, anche se a Dublino non avevo trovato la finestra dalla quale scorgere il teatrino, decisi di abbassare nuovamente il sipario e due settimane dopo atterrai all aeroporto di Orio al Serio, Bergamo, per dirigermi verso Milano, dove Roberta mi stava aspettando. Valutammo insieme la possibilità di riprovare e decidemmo di ricominciare tutto da capo nella città dove lei viveva con i suoi genitori. Una nuova vita mi attendeva. Avrei dovuto cercare un lavoro, farmi nuove amicizie, cambiare abitudini. Mi resi conto che il tempo continuava a scorrere sempre più velocemente verso il suo domani come un fiume verso il suo mare. E c era sempre qualcosa di atteso, ma allo stesso tempo di inaspettato. 32

5. Il tempo che ritorna Per quanto si cambi città, stato, casa e lavoro molte volte, e per quanto le persone possano invidiare questa vita dinamica confrontandola con la loro monotonia, non potevo fare a meno di pensare che, quando i cambiamenti diventano regolari nel tempo, quella stessa dinamicità, presa in un intervallo maggiore, si trasforma anch essa in monotonia. Dovevo ricominciare da zero, ma era sempre un dover trovare lavoro, casa, amici e cambiare di nuovo abitudini. Quella volta iniziai da Milano e di nuovo con Roberta, pronta a riaprire un capitolo chiuso. Riuscii, grazie a lei, a trovare un alloggio in affitto in un quartiere da tutti sconsigliato per la cattiva nomea, ma nel quale mi ambientai senza tanti problemi e senza che alcuno m infastidisse con atti di delinquenza o cose simili. 33

Pagavo ottocento euro mensili per un appartamento composto di una stanza, cucina, un piccolo soggiorno e un bagno: il tutto semi arredato. Roberta veniva a trovarmi frequentemente e quelle volte si fermava a dormire con me in quella casa che, a differenza del monolocale di Londra, era assai grande e malinconica. Mi venne così da pensare per un istante al mio studio flat e al teatrino che guardavo da quella finestra. Mi ritornò in mente anche la finestra dalla quale avevo visto comparire per la prima volta Liza. Sentii per un istante nostalgia. Roberta stava parlando al telefono. Ogni tanto si voltava di spalle o si allontanava da me. Poi si avvicinava sorridendomi, mi dava una carezza e di nuovo si allontanava, girando per l appartamento dondolandosi sui passi che faceva. Quella situazione si ripresentò nei mesi a seguire, fino a giungere allo scadere del quinto dove la novità fu l assemblea condominiale: 34

la prima da quando ero entrato in quel condominio. Quella stessa sera il mio vicino di casa presentò a tutti noi la ragazza alla quale aveva ceduto in affitto il suo appartamento. Si chiamava Sabrina. Mi voltai e, seppure la realtà a volte sia surreale e raggiunga le soglie dell impossibile, capii che era molto difficile negare che tra quella Sabrina e Liza c era una fortissima somiglianza ed era venuta ad abitare di fianco al mio appartamento. Il tempo che se ne era andato ritornò a bussare alla porta del mio destino e aveva riportato con sé tutti quei ricordi da cui mi aveva allontanato. Sabrina non era sola, aveva una biondissima bambina in braccio che si lamentava e che lei consolava asciugandole le lacrime. Parlavano inglese con un accento londinese. Lo riconobbi dalle U pronunciate simili alle A, tipiche di Londra. La riunione di condominio ebbe termine. Ci fu chiesto di 35

pagare la quota condominiale per l acqua e per gli altri servizi comuni come la luce delle scale o la manutenzione del giardino. Chi di voi ha problemi nel pagare oggi, potrà farlo questo giovedì disse l amministratore. Se posso andare a prelevare io vorrei pagare ora disse Sabrina rivolta al suo proprietario di casa che prontamente le rispose: Non ne hai bisogno. Sei appena arrivata: pagherò io la prima tassa. Da oggi scatta il periodo in cui sarai tu a pagare le successive quote. Ah! Sabrina si rilassò un poco perfetto disse al proprietario. Poi rivolgendosi alla bambina: Come on Elenoire! Are you sleeping? Come on mommy! I m tired mum. I know dearly, we re going home. 36

Salutò tutti scusandosi e si ritirò a casa. Anch io mi ritirai dietro di lei, ma già era scomparsa per le scale e potei sentire solo la porta chiudersi nel pianerottolo del secondo piano, dove avevamo i nostri appartamenti. Stetti lunghe ore a pensare. Liza, Sabrina, la loro somiglianza. Sabrina era identica a Liza. Temetti fosse un curioso scherzo del destino, un innocente effetto illusorio. Mi convinsi di essere stato soggiogato dalla forte somiglianza fra le due ragazze e finii con l addormentarmi sul divano. Mi svegliai il mattino seguente con la luce del sole che mi accarezzava il viso. Mi preparai per uscire al mio solito. Spensi le luci in bagno e quelle del soggiorno. Bevvi velocemente il mio caffè. Presi le chiavi e uscii, tirandomi dietro la porta di casa. Buongiorno udii, seguito dal rumore dell altra porta che si chiudeva contemporaneamente alla mia. 37

Ciao risposi io. Realizzai che la somiglianza, se tale si poteva definire, era straordinaria, ma decisi di dimenticare Liza e iniziai con il farlo da quel giorno, dalla nuova vicina di casa di nome Sabrina. Non ci siamo presentati ieri sera, perdonami, mi chiamo Sabrina e lei è Elenoire. Dai su, saluta il signore. Elenoire, dai non fare la timida. Good morning Sir arrossì la bimba che, subito dopo, si nascose dietro le gambe della mamma. Sorrisi, mentre indicavo loro di andare avanti, e insieme iniziammo a scendere gli scalini. Non mi hai detto come ti chiami? mi domandò. Perdonami piacere mi chiamo Fabrizio. Sei qui da tanto Fabrizio? Qualche mese. Come sono le persone? 38