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Luca Tarantelli Il sogno che uccise mio padre Storia di Ezio Tarantelli che voleva lavoro per tutti Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi Rizzoli 0010.frontespizio.indd 3 04/04/13 16:42
Il sogno che uccise mio padre 0040.ripetizione_titolo.indd 9 04/04/13 16:43
A mia madre Carole, che ha tenuto la rotta quando l ho persa e mi ha permesso di navigare fino alla meta. A mio nonno Frank, per l allegria, l affetto, la vicinanza incondizionata che mi hanno infuso fiducia in me stesso e forza per tutta la mia infanzia e l adolescenza. Senza la sua ala protettiva non sarei la persona che sono diventato. Al mio cane Ciro che non c è più. Per buffo che possa sembrare, mi è stato d esempio vivente su quei valori essenziali della vita che spesso noi umani abbiamo dimenticato. 0040.ripetizione_titolo.indd 11 04/04/13 16:43
Introduzione Un giorno come tanti Ho dei ricordi sfumati di quel giorno. Mia madre mi sveglia come ogni mattina, con un bacio. «Alzati, stella, che fai tardi a scuola!» Io mi alzo di malavoglia e come al solito mi preparo e vado alla fermata dell autobus. Era un giorno di sole molto caldo, anche se era fine marzo: tre giorni prima avevo compiuto tredici anni. Mio padre ne aveva quarantatré, e come sempre era andato all università a fare lezione. Era il 1985. Una mia compagna di classe, di nome Layla, mi disse poi che, quando uscimmo da scuola, Roma era piena di polizia; ma io questo non me lo ricordo. Ricordo però che mi venne a prendere Dario, il figlio di due cari amici di famiglia, Rita di Leo e Aris Accornero. Dario già andava al liceo, e aveva il Commodore 64: come tante altre volte, quel giorno andai a giocare con lui e restai a mangiare da loro. Ma erano solo le tre del pomeriggio quando passò a prendermi mio zio Federico. Io non volevo smettere di giocare così presto, e gli chiesi perché fosse venuto lui, e perché a quell ora. «È successo qualcosa di brutto» mi disse. «Tuo padre sta all ospedale.» Cominciai a capire quando arrivai a casa. C era tanta gente: mia madre mi venne incontro sulle scale dell entrata, senza riuscire a trattenere il pianto. Mi portò nella mia stanza e ci sedemmo insieme sul letto, con le gambe incrociate, uno davanti all altra. Non ricordo la frase esatta con cui mi disse la verità: so che piansi, e che dopo un lungo 15 0050.testo.indd 15 04/04/13 16:44
Il sogno che uccise mio padre silenzio le dissi: «Le nostre vite devono andare avanti». E dopo un altro, lunghissimo silenzio aggiunsi, come tra me e me: «Chissà come sarà la mia vita». Ho scritto questo libro per chiudere la lunga fase di lutto che cominciò quel giorno di sole di oltre venticinque anni fa, quando mio padre Ezio Tarantelli fu ucciso dalle Brigate Rosse. Sono stati anni bui, cupi, in cui si sono susseguite persone, eventi e storie di cui solo adesso sto cominciando a ricucire i frammenti. Ho aspettato molto tempo prima di maturare la forza di rievocare il passato: credo che sia giunto il momento di mettere insieme i pezzi e dare una spiegazione, prima di tutto a me stesso. Nel 2007, il 9 maggio, anniversario dell assassinio di Aldo Moro, è stato designato Giorno della Memoria delle Vittime del Terrorismo e delle Stragi e negli anni successivi molti familiari di vittime del terrorismo hanno pubblicato le loro testimonianze; ed è senz altro grazie al lavoro di Mario Calabresi per primo, di Benedetta Tobagi poi, che si è aperta una porta anche alla mia rielaborazione. Una sensibilità particolare accomuna tutte noi vittime del terrorismo, e ci distingue da quelli che hanno perso i loro cari per altre cause. I nostri sono stati uccisi perché per i loro assassini erano dei simboli, e non più delle persone come le altre, fatte di ossa, carne, sangue, pensiero, relazioni. Rappresentavano qualcosa di altro da sé, qualcosa di astratto e di diverso dalla loro irripetibile natura umana. Per noi erano i nostri padri; i nostri ricordi difficilmente si combinano con le loro figure pubbliche che durante gli anni successivi ci sono state riproposte in diverse forme da giornali e televisioni, o nelle celebrazioni. Sui loro omicidi si sono articolati discorsi che trascendono gli affetti e il dolore familiare, e che coinvolgono la politica, le lotte tra fazioni, le dichiarazioni di appartenenza. I loro corpi, e quindi il nostro dolore, sono diventati il campo di una battaglia tra forze molto più grandi e potenti di noi. 16 0050.testo.indd 16 04/04/13 16:44