Classe seconda A Scuola media Silvio Pellico - Arese (MI) INTERVISTA SULLA TRAGEDIA DEL VAJONT A LUIGI ROSSI ALPINO CHE PARTECIPO AI SOCCORSI
Come ti sei sentito? Spaventato. Ci hanno chiamato di notte, dicendoci solo Allarme, dobbiamo andare. Siamo saliti sul camion, siamo arrivati in un quarto d'ora era vicino e là era tutto buio perché era notte. Nessuno sapeva niente, non c'erano i mezzi di comunicazione che ci sono oggi. Cos'hai fatto? Ci siamo inoltrati nel buio a tastoni, finché la vista non si è abituata; siamo andati verso il centro, era tutto nella melma e piano piano abbiamo cominciato a trovare qualcuno... erano tutti morti. Non sapevamo cosa fosse successo esattamente, la prima impressione è stata che fosse scoppiata la diga, che si fosse rotta. Hai perso qualche compagno? No, quando siamo arrivati noi era già successo tutto. Il pericolo poteva essere che qualche edificio fosse rimasto in piedi in qualche modo e potesse crollare in seguito. Il mattino dopo a un certo punto è suonato l'allarme e ci hanno detto di andare via tutti: si erano accorti che la diga era ancora in piedi. Prima di tornare tutti al lavoro sono dovuti andare a controllare che la diga tenesse.
In che paese sei andato? A Codissago, frazione di Longarone: guardando la diga era sul lato sinistro. La pressione dell'aria e poi dell'acqua è stata talmente forte che ha colpito prima di fronte alla conca, mentre le case che erano più vicine all'uscita della gola sono rimaste intatte. C'era la scuola, dove poi siamo stati sistemati noi, e davanti 4 casette semidistrutte, di cui una la casa del macellaio era sventrata e ne era rimasta in piedi solo una parte: la nonna che dormiva all'ultimo piano è stata l'unica della famiglia ad essersi salvata. La montagna era franata e caduta nel bacino della diga ed è stata la pressione all'inizio ad abbattere tutto. Solo dopo l'acqua travasata è arrivata in basso e ha sommerso tutti: se non erano morti, erano sotto le macerie e sono morti con l'acqua. C'erano degli uomini all'osteria, che erano al tavolo a giocare a carte: li abbiamo trovati con le carte in mano appoggiate al petto. La violenza dell'acqua ha risparmiato la struttura della campana della chiesa, mentre le rotaie del treno erano addirittura arrotolate.
Che mezzi avevate a disposizione? Le mani fino al giorno successivo, quando sono arrivati i pompieri con altri mezzi. Prima c'eravamo solo noi dell'esercito e i carabinieri. Anzi, quando sono arrivati i pompieri hanno rimproverato i nostri superiori: dal mattino quando abbiamo cominciato a vedere meglio, infatti, quello che abbiamo fatto è stato spostare i morti e portarli con qualche mezzo al cimitero, dove li abbiamo lavati dal fango; il tutto senza guanti o protezioni e quindi pensavano potessimo aver preso qualche infezione. I primi due turni che abbiamo fatto sono stati di 24 ore perchè l'emergenza era notevole. C'erano dei sopravvissuti? 4 o 5: oltre la nonna, anche il giornalaio e un operaio di una fabbrica che si trovava un po' a monte. Quest'ultimo aveva appena finito il turno in fabbrica e sulla strada per tornare a casa ha visto tutto: lo shock è stato talmente forte che nei giorni in cui noi siamo rimasti lì non era più molto sano di mente (non so poi se è tornato in sé). Poi c'era un bambino, unico sopravvissuto della sua famiglia, che nella notte non si era accorto di nulla: al mattino ha preso le sue cose per andare a scuola, forse convinto di non essersi svegliato e di essere in ritardo e quando ha aperto la porta... si è trovato davanti il disastro.
Quanti giorni siete rimasti? E quanti eravate? Circa 40 giorni, ma non tutti come la prima notte. All'inizio eravamo in 1000, tutta la caserma, saranno rimasti là in 4 di guardia. Parlo di noi alpini, ma non eravamo solo noi: c'erano altre compagnie dei dintorni. In totale i soccorsi erano circa 20mila persone. Poi c'era gente volontaria, anche chi aveva perso dei parenti. Mi ricordo un ragazzo che era lì con noi al cimitero: ci ha aiutati, ha seppellito 23 suoi parenti e poi ci ha salutati. Lui si è salvato perchè era in Francia a lavorare. Poi, dopo i primi 4/5 giorni, siamo rimasti in 500. All'inizio c'è stato tanto da fare: spostare e lavare i morti, fotografarli e cercare di farne il riconoscimento, seppellirli A MANO! 2350 morti. Dopo la prima settimana siamo rimasti in 8/10 del nostro gruppo, ma in realtà facevamo poi solo presenza per dare conforto alle persone rimaste e ai parenti. Dove avete portato i superstiti? All'ospedale... ma erano pochi... e comunque stavano bene: spaventati, shockati, ma fisicamente non avevano niente.
Che ricordo hai di quest'esperienza? Un'immagine in particolare di quello che ho vissuto, molto ma molto triste, è una foto che mi hanno fatto: mi ero fatto crescere la barba, per comodità, e sembro uno di 60 anni mentre ne avevo 20. Cosa mi è rimasto? Che la vita è dura ma si va avanti lo stesso. E che queste cose capitano ancora... anche peggio.