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N 30/2011 18 Luglio 2011(*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa nuova iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, ma pur sempre collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. COEFFICIENTE ISTAT PER T.F.R. MESE DI GIUGNO 2011 E stato reso noto l indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Giugno 2011. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Giugno 2011 è pari a 2,088403 e l indice Istat è 102,6. DISABILI, OBBLIGO SOSPESO SENZA LIMITAZIONI GEOGRAFICHE SOLO IN PRESENZA DELLA PROCEDURA DI MOBILITA. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 10731 DEL 16 MAGGIO 2011. La Suprema Corte di Cassazione, sentenza n 10731 del 16 maggio 2011, si è occupata di collocamento obbligatorio dei disabili di cui alla normativa ex legge 68/99 che, nel riformare la materia, ha sancito il principio del collocamento mirato dei disabili abiurando l aspetto meramente assistenzialistico di cui alle precedenti normative. 1

Come noto, in subiecta materia ed alla luce del principio su esposto, l art. 3 comma 5 della legge 68/99 prevede che resta sospeso l obbligo di avviamento di lavoratori disabili nel caso di cui alla legge 223/91. Trattasi, relativamente agli articoli 1 e 3, di imprese per le quali è in corso la cassa integrazione guadagni straordinaria ovvero nelle quali è in atto una procedura concorsuale, limitatamente alla durata dei programmi contenuti nella relativa richiesta di intervento, in proporzione all'attività lavorativa effettivamente sospesa e per il singolo ambito provinciale. Inoltre, l obbligo di avviamento di lavoratori diversamente abili è sospeso presso l'impresa di destinazione della procedura di mobilità disciplinata dagli artt. 4 e 24 della legge 223/91 (id: rispettivamente mobilità e licenziamento collettivo), per l'intera durata della procedura, nonché, ove la stessa si concluda con almeno cinque licenziamenti, per l'intero periodo in cui permane il diritto di precedenza all'assunzione previsto dall'art. 8, comma 1, Legge n 223 del 1991 (pari ad un anno dall'ultimo licenziamento nel regime anteriore alle modifiche introdotte con l'art. 6 d.lgs. n 297 del 2002 attualmente pari, invece, a sei mesi). Gli Ermellini, con la sentenza in esame, hanno avuto modo di precisare, quand anche, a dire il vero, già la formulazione letteraria della norma era molto chiara, che nel caso di licenziamenti collettivi con messa in mobilità non sono previste alcune limitazioni territoriali. Ne consegue che il provvedimento di avviamento obbligatorio al lavoro può essere legittimamente adottato dal datore di lavoro solo a seguito della cessazione della sospensione dell'obbligo, potendo la relativa istanza di assunzione essere effettuata, entro il termine di sessanta giorni ai sensi dell'art. 9, comma 1, legge n. 68 del 1999, solo da tale momento. ESCLUSIONE DALL IRAP. IL GIUDICE DI MERITO DEVE SEMPRE ADEGUATAMENTE MOTIVARE LE RAGIONI DEL PROPRIO CONVINCIMENTO. CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N. 10583 DEL 17 MAGGIO 2011. La sentenza, con la quale si dispone l assoggettamento, o meno, di un contribuente all IRAP, deve sempre essere dettagliatamente motivata dal 2

Giudice di merito, mediante approfondita disamina logica e giuridica degli elementi posti a base del proprio convincimento. Tale principio di carattere generale è applicabile anche nel caso in cui trattasi di un contenzioso generato a seguito di ricorso esperito da un azienda ed avente per oggetto il rimborso dell imposta regionale sulle attività produttive versata. A stabilirlo è la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n 10583 del 17 maggio 2011. Ecco i fatti al fine di una maggiore comprensione della fattispecie. Un imprenditore impugnava il silenzio-rifiuto dell'agenzia delle Entrate formatosi a seguito di istanza di rimborso Irap dallo stesso presentata. I Giudici tributari di prime cure condividevano le tesi del contribuente che, però, non veniva accolta dalla Commissione regionale. L'imprenditore, allora, ricorreva in Cassazione in quanto secondo la sua prospettazione i Giudici di Appello avevano insufficientemente ed in maniera contraddittoria motivato la esistenza di un autonoma organizzazione che, come noto, rappresenta il presupposto oggettivo ai fini dell Irap. Tale requisito è, infatti, indefettibile ai fini del assoggettamento ad IRAP, così come enunciato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n 156 del 21/05/2001. Esso ricorre in presenza contemporanea delle seguenti condizioni: il contribuente è, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell organizzazione e non è, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; il contribuente impiega i beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l esercizio dell attività in assenza di organizzazione oppure si avvale, in modo non occasionale, di lavoro altrui. In altri termini, l attività abituale ed autonoma del contribuente deve dare luogo ad un organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente stesso. Gli Ermellini, con la sentenza de qua, hanno precisato che - relativamente alle imprese - il requisito della autonoma organizzazione è intrinseco alla natura stessa dell'attività svolta, in base proprio al contenuto dell art. 2082 c.c., e dunque sussiste sempre il presupposto impositivo idoneo a produrre valore aggiunto prodotto. 3

Tuttavia, ricorre il vizio di motivazione della sentenza (denunziabile con il ricorso in Cassazione) quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sulla esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. LA MANCATA CONCESSIONE DEI RIPOSI GIORNALIERI IN MISURA DOPPIA NEL CASO DI PARTO GEMELLARE COSTITUISCE PRESUPPOSTO PER IL RISARCIMENTO DEL DANNO IN VIA QUANTITATIVA. CONSIGLIO DI STATO - SENTENZA N. 2732 DEL 9 MAGGIO 2011. Il datore di lavoro che non concede i riposi di cui all art. 10 della L. 1204/1971, così come novellata dalla L. 53/2000 (id: allattamento), spettanti in misura doppia nel caso di parto gemellare, è tenuto al risarcimento del danno patito dalla lavoratrice, quantificato non solo come danno economico come ad esempio per il risarcimento delle maggiori spese sostenute per accudire i figli, ma anche per il danno in re ipsa, determinato dal mancato appagamento dei bisogni affettivi dei nascituri. Questo importante principio è stato affermato dal Consiglio di Stato - Sezione VI - sentenza n 2732 del 9 maggio 2011 - che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno alla lavoratrice statale, madre di due gemelli, cui il datore di lavoro non aveva riconosciuto il doppio riposo giornaliero ex legge 8 marzo 2000 n. 53. I Giudici hanno colto l occasione per ricordare che la ratio ispiratrice della normativa a tutela della maternità non è solo di salvaguardare la salute della donna e di concederle il tempo necessario affinché la stessa possa provvedere alle necessità fisiologiche dei neonati nel primo anno di vita, ma anche di garantire l'appagamento dei bisogni affettivi e relazionali di ciascun bimbo, per realizzare il pieno sviluppo delle loro personalità. Pertanto, il datore di lavoro che ostacola la lavoratrice, anche in assenza di specifiche dimostrazioni su un possibile danno materiale patito dalla lavoratrice (come la necessità di ricorrere a personale a pagamento per l'assistenza dei bambini, in corrispondenza delle ore di permesso negate), è tenuto comunque a risarcire il danno determinato in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., quale danno 4

certamente non suscettibile di prova nello specifico ammontare, ma sussistente per le stesse ragioni giustificatrici delle norme a tutela della genitorialità. IL LAVORATORE CHE CON LA SUA CONDOTTA ARBITRARIA SI PROCURA DANNI FISICI NON HA DIRIRTTO AL TRATTAMENTO ECONOMICO PREVISTO PER L INFORTUNIO SUL LAVORO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 10734 DEL 16 MAGGIO 2011. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10734 del 16 maggio 2011, ha stabilito che l infortunio occorso ad un lavoratore, allontanatosi dal proprio posto di lavoro per chiacchierare con un collega, non è risarcibile venendo a mancare il vincolo dell occasionalità lavorativa e non qualificandosi pertanto come infortunio sul lavoro. In tale fattispecie, è - invece - ravvisabile la sussistenza del rischio elettivo che consiste, così come precisato dalla Cassazione con le sentenze n.ri 8269/1997 e 15312/2001, in una deviazione puramente arbitraria dalle normali modalità lavorative per finalità personali, che comporta rischi diversi da quelli inerenti alle normali modalità di esecuzione della prestazione. Nel caso di specie, una guardia giurata si allontanava dalla propria guardiola per chiacchierare con un collega il quale, nel mostrargli la nuova marmitta installata sulla propria autovettura, perdeva accidentalmente la pistola dalla quale - battendo sul suolo - partiva un colpo che feriva l altro lavoratore. Gli Ermellini hanno statuito che la fattispecie non possa essere ricondotta nel novero degli infortuni sul lavoro non essendo ravvisabile né una causa, né una occasione di lavoro, dal momento che la condotta posta in essere dal lavoratore si era concretizzata nel fatto che, per ragioni del tutto estranee al servizio, aveva lasciato la propria postazione di lavoro, soffermandosi a discutere con l altra guardia giurata, determinando così il venir meno di quel vincolo di occasionalità lavorativa, che costituisce condizione imprescindibile per la responsabilità datoriale. Tale inopinata condotta del lavoratore configura un rischio elettivo (ID:rischio derivante dalla consapevole scelta del lavoratore) causato esclusivamente dalla deviazione delle modalità lavorative da parte del dipendente e generando un rischio del tutto estraneo alla normale attività lavorativa. 5

SOLO L INCERTEZZA NORMATIVA CONSENTE AL GIUDICE TRIBUTARIO DI DISAPPLICARE LE SANZIONI. CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE TRIBUTARIA - ORDINANZA N. 11096 DEL 19 MAGGIO 2011. Nel vigente sistema tributario nazionale, l incertezza normativa oggettiva è prevista come causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria. Infatti, secondo l articolo 8 del D.lgs 546/1992 la commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce. Tale principio è, inoltre, affermato anche dall articolo 10, comma 3, della legge 212/2000 (Statuto del Contribuente), in base al quale le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Con l ordinanza n 11096 del 19 maggio, la Cassazione ha fornito alcune precisazioni in merito all esatta interpretazione delle norme sopra indicate. Il fatto. L Amministrazione finanziaria ricorreva in Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale che, nel rigettare l appello dalla stessa proposto, aveva confermato la pronuncia di primo grado con la quale era stato accolto limitatamente alle sanzioni applicate e in ossequio al disposto di cui al citato articolo 8 del D. Lgs. 546/1992 il ricorso di un contribuente avverso un avviso di accertamento Iva, Irpef e Irap per l anno 2002, emesso senza il rispetto del procedimento previsto dall art. 12 della legge 212/2000. Tale norma, al comma 7, impone all Amministrazione l obbligo di notificare l avviso di accertamento non prima di sessanta giorni dal termine della verifica fiscale, salvo casi di particolare e motivata urgenza. 6

Il contribuente aveva ritenuto applicabile a tale (incerta) violazione procedimentale dell Amministrazione, la esimente in materia di sanzioni prevista dall art. 8 del citato decreto delegato. La Cassazione ha, invece, precisato che il potere del giudice tributario di disapplicare le sanzioni amministrative sussiste esclusivamente nel caso in cui l obiettiva incertezza concerna le norme tributarie la cui violazione da parte del contribuente ha dato luogo alla emissione dell avviso di accertamento (con irrogazione delle conseguenti sanzioni), configurandosi un errore giustificabile riguardo all interpretazione della norma tributaria violata, e non nelle ipotesi, come quella di specie, in cui l incertezza interpretativa attenga a norme procedimentali alla cui osservanza è tenuta l Amministrazione. Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! HA REDATTO QUESTO NUMERO LA COMMISSIONE COMUNICAZIONE SCIENTIFICA DEL CPO DI NAPOLI COMPOSTA DA FRANCESCO CAPACCIO, PASQUALE ASSISI E GIUSEPPE CAPPIELLO. HA COLLABORATO GIOSUE ESPOSITO 7