Il Piano di gestione dei rifiuti portuali: un importante strumento normativo oggetto di procedura d infrazione dell Unione Europea

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Il Piano di gestione dei rifiuti portuali: un importante strumento normativo oggetto di procedura d infrazione dell Unione Europea a cura di Cristian Rovito Sottufficiale del Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera Introduzione. Nel trattare le problematiche sorte dopo l entrata in vigore del Decreto Legislativo 26 giugno 2003, n. 182 (in vigore dal 06 agosto 2003), con il quale è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico la specifica disciplina in materia di impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico (assicurando in tal modo il recepimento della Direttiva 59/2000/CE), con riferimento sia all aspetto tecnico operativo, sia all aspetto giuridico amministrativo, abbiamo accennato anche al discendente obbligo per gli Stati membri di redigere il Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti portuali (specie per quanto concerne gli approdi commerciali, tenuto conto della classificazione operata dalla Legge 84/94 sul riordino della legislazione in materia portuale). Con questa modernizzazione legislativa, anche il nostro Paese, ed in particolare tutto il suo sistema portuale latu sensu, si è dotato di una regolamentazione di settore per un ambito tutt altro che insignificante sotto l aspetto degli impatti e delle conseguenze ecologico ambientali benché non si possa più sottacere sulla trascuratezza che per diverso tempo gli è stata riservata. Il decreto legislativo di che trattasi ha dapprima individuato e successivamente regolamentato un oggetto che, sotto l aspetto prettamente qualitativo piuttosto che quantitativo, è classificabile come una sorta di macrocategoria anziché sub categoria dei rifiuti portuali e dei residui del carico. Si tratta senza dubbio di una categoria per la quale possono esternarsi non poche perplessità per quanto attiene l applicazione delle discendenti disposizioni e la contestuale attività di prevenzione, monitoraggio e controllo operata dagli organi di polizia 1. Tralasciamo in questa sede quegli aspetti già trattati in altri contributi per focalizzare l interesse sulla previsione nomenclata dall art. 5 sull obbligo incombente sulle Autorità Portuali 2 e, ove non istituite, sulle Autorità Marittime (Capitanerie di Porto Guardia Costiera con la figura del Comandante del Porto) di redigere il Piano di raccolta e di gestione dei rifiuti. 1

Il decreto de qua prevedeva l elaborazione di tale piano entro un anno dalla data di entrata in vigore, ovvero entro il 06 agosto 2004; nonché il rispetto delle prescrizioni previste dall allegato I, tenuto conto degli obblighi di cui agli artt. 4, Impianti portuali di raccolta, 6, Notifica, 7, Conferimento dei rifiuti prodotti dalla nave, 10, Conferimento dei residui del carico e 14, Informazione, previa consultazione delle parti interessate: enti locali (Comune, Provincia e Regione), ufficio di sanità marittima, operatori dello scalo o loro rappresentanti. Per ultimo, e più significativo, merita cenno la comunicazione immediata alla Regione competente, investita del compito di valutare ed approvare il piano, integrandolo, per gli aspetti relativi alla gestione, con il Piano regionale di gestione dei rifiuti di cui all art. 199, comma 1, lett. a) del Decreto Legislativo 152/06. Nei porti ove non sia stata istituita l Autorità Portuale, all obbligo di redigere il Piano provvede l Autorità Marittima con ordinanza, da emanarsi ai sensi dell art. 59 del Regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione, approvato con il D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, d intesa con la Regione interessata (dovendoci essere comunque una indispensabile attività di coordinamento e proficua collaborazione istituzionale) 3. L allegato I detta le disposizioni di principio a cui deve uniformarsi la stesura del Piano. In primis, occorre osservare che tale documento deve riguardare tutte le categorie di rifiuti e di residui del carico provenienti dalle navi che approdano in via ordinaria nel porto. In secundis deve essere elaborato in relazione alle dimensioni dello scalo ed alla tipologia delle unità che vi approdano. Sono molti i punti elencati dal D.Lgs 182/03 - allegato I - degni di nota ed a cui bisogna conformarsi in fase redigente; tuttavia, ci pare opportuno soffermarci sotto l aspetto sostanziale sull importanza della descrizione dettagliata delle procedure di raccolta dei rifiuti e dei residui del carico prodotti dalla nave ; tipologia e quantità dei rifiuti e dei residui del carico prodotti ; descrizione delle modalità di registrazione dell uso effettivo degli impianti portuali di raccolta; descrizione delle modalità di registrazione dei quantitativi di rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico conferiti ; descrizione delle modalità di smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico. 2

La ratio logico giuridica della Direttiva 59/2000/CE e del discendente decreto nazionale di recepimento, pur perseguendo l obiettivo di ridurre gli scarichi in mare (scopo primario in senso lato), in particolare quelli illeciti, dei rifiuti e dei residui del carico prodotti dalle navi che utilizzano porti situati nel territorio dello Stato, del pari si preoccupa di assicurare un miglioramento della disponibilità e dell utilizzo degli impianti portuali di raccolta (scopo secondario ma non meno importante). Quanto sopra riassume una vexata quaestio che da molto tempo attanaglia il sistema portuale italiano e costituisce la ragione certamente non idonea a giustificare la commissione di taluni comportamenti contra legem, i cui effetti sono devastanti per l ambiente marino e le sue risorse ( si pensi che soltanto cinque litri di olio esausto sono sufficienti a creare sulla superficie del mare una pellicola sottile di 5000 m 2 ). Riprendiamo di seguito le definizioni ex lege di rifiuto prodotto dalla nave e residuo del carico : - Rifiuti prodotti dalla nave: i rifiuti, comprese le acque reflue e i residui del carico, ivi comprese le acque di sentina prodotti a bordo di una nave e che rientrano nell ambito di applicazione degli allegati I, IV e V della Marpol 73/78, nonché i rifiuti associati al carico di cui alle linee guida definite a livello comunitario per l attuazione dell allegato V della Marpol 73/78; - Residui del carico: i resti di qualsiasi materiale che costituisce il carico contenuto a bordo della nave, nella stiva o in cisterne e che permane al termine delle operazioni di scarico o di pulizia, ivi comprese le acque di lavaggio (slop) e le acque di zavorra, qualora venute a contatto con il carico o suoi residui; tali resti comprendono eccedenze di carico scarico e fuoriuscite. Orbene, l elaborazione del piano di cui al citato art. 5 ha per oggetto le due tipologie di rifiuto appena enucleate, fermo restando la sua necessaria ed indispensabile conformazione al Piano di gestione regionale. Strumento di politica gestionale ambientale di più ampia portata amministrativa. Il suo destinatario è sui generis il complesso delle imbarcazioni che approdano e/o che operano nel sistema portuale (navi commerciali, pescherecci, unità da diporto). In data 02 agosto 2007, la Commissione delle Comunità Europee, rappresentata in giudizio dagli agenti K. Simonsson e E. Montaguti, ha presentato ricorso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nei confronti della Repubblica Italiana (causa C 368/07) all uopo di constatare che, 3

avendo la Repubblica Italiana omesso di elaborare ed adottare, per ciascun porto nazionale, i piani di raccolta e gestione, la medesima è venuta meno agli obblighi a lei imposti dagli artt. 5, par. 1 e 16, par. 1 della Direttiva 2000/59/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 novembre 2000 sui rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico (il termine previsto era quello del 27 dicembre 2004). Per dovere di cronaca, già in data 12 ottobre 2006, la Commissione Europea aveva inviato un parere motivato a sette Stati membri 4, tra cui l Italia, per il mancato rispetto della normativa comunitaria volta a migliorare la disponibilità e l utilizzo di impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico, anticipando sotto taluni aspetti il deferimento alla Corte di Giustizia, oggetto della presente trattazione. Ma perché è cosi importante il Piano di gestione dei rifiuti portuali? Secondo la matrice comunitaria, il piano è un elemento chiave per garantire che gli impianti portuali di raccolta rispondano alle esigenze delle navi che utilizzano normalmente i porti, che il loro impiego non causi ritardi ingiustificati e siano applicate tariffe eque, trasparenti e non discriminatorie. Una risposta adeguata necessita della disamina di un documento già elaborato ed approvato secondo i crismi legislativi già sottolineati. Ci limitiamo tuttavia ad evidenziarne di seguito gli elementi più importanti: 1) Obiettivi e indirizzi fondamentali. - fornitura di un servizio completo alle navi, che preveda tutto il ciclo completo di gestione dei rifiuti assimilati agli urbani e speciali di ogni genere e tipo, sia solidi che liquidi: ritiro, sterilizzazione ove prevista, trasporto, trattamento, recupero o smaltimento, in modo da scoraggiare il ricorso alla discarica in mare; - organizzazione di un servizio che rispondendo a criteri di facilità di accesso, efficienza ed economicità e trasparenza, addebiti il costo degli impianti portuali di raccolta, incluso il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti alle imbarcazioni stesse che li producono, secondo il principio chi inquina paga creando nel contempo un regime tariffario che incentivi il conferimento e disincentivi lo scarico in mare; - attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti; - individuazione di un soggetto gestore degli impianti portuali di raccolta ed eventuale trattamento dei rifiuti che assicuri la corretta gestione dei servizi di raccolta per il successivo recupero e/o smaltimento di comprovata esperienza, dotato delle necessarie risorse umane e materiali, previa procedura ad evidenza pubblica. Su di esso graveranno gli oneri ed i 4

compiti di adempimento relativo al MUD ed ai registri di carico e scarico, essendo state l Autorità Portuale e l Autorità Marittima esonerate da tale obbligo. 2) Gestione dei rifiuti divisi in due gruppi. Sotto il profilo tecnico operativo il Piano in esame riprende la distinzione giuridica dei rifiuti prodotti dalle navi incluse le acque reflue e le acque di sentina dai residui del carico incluse le acque di lavaggio e di zavorra, qualora venute a contatto con il carico o suoi residui. Vengono altresì distinte le acque di sentina dalle acque reflue nere dei servizi igienici delle imbarcazioni, la cui depurazione in base all allegato IV della Marpol 73/78 sarà obbligatoria a partire dal 01.01.2008. Alla luce di quanto su esposto, è del tutto evidente che anche gli strumenti di politica programmatica e gestionale assumono un ruolo di grande rilievo sotto l aspetto della prevenzione e del controllo dell inquinamento. Il Piano di gestione dei rifiuti portuali e dei residui del carico è soltanto uno dei tanti strumenti individuati dall alta amministrazione e serve a dare risposte concrete a problemi reali e specifici, a gestire con equità, rigore giuridico ed in ossequio ai principi di precauzione e prevenzione tutte le problematiche di volta in volta in essere. Pubblicato il 2 febbraio 2008 Cristian Rovito 1 Si vedano in merito i contributi: La disciplina dei rifiuti portuali: aspetti tecnico-pratici a quasi due anni dall'entrata in vigore del D. Lgs 182/2003 e La disciplina dei rifiuti in porto - a cura di Cristian Rovito su www.dirittoambiente.it. 5

2 Istituite dalla Legge 28 gennaio 1994, n. 84 con compiti esclusivi di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo... omissis con poteri di regolamentazione e di ordinanza. 3 Il potere di emanare di atti amministrativi aventi forza di legge secondo la disciplina dettata dal Codice della navigazione spetta al Capo del Circondario Marittimo (art. 59 del Regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione). 4 Per dovere di cronaca anche Belgio, Finlandia, Francia, Irlanda Portogallo e Slovenia. 6