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Meglio soli

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

Roberto Boi MEGLIO SOLI Racconto

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Ai miei genitori. Gli unici che mi hanno creduto, sempre. E a mia moglie Francesca. Per avergli dato retta.

Amo di più i posti in cui ho sognato di andare di quelli in cui in effetti sono già stato. Io, l altra mattina, mentre mi facevo la barba.

Io Ho appena smesso di piangere. Non sono le prime, ma sicuramente le ultime di poche, pochissime lacrime mai versate in tutta la mia vita. Andiamo via tutti, prima o poi. E la tristezza del destino vuole che il dolore più grande se lo prende proprio il più fortunato. Quello che rimane. Rimane lì, a raccontare le gioie degli altri, a soffrire dei ricordi. Ho pianto a lungo, seduto davanti ad una scrivania in noce oscurato dal tempo, a tratti intaccata dalle tarme. Di fronte a me c è un grande specchio, capace di riflettere tutto ciò che si trova alle mie spalle. Un letto, un grande armadio ed alcuni poster, quasi tutte locandine di vecchi film, ed alcune foto raffiguranti volti femminili, bambine quasi ragazze, con vestiti che, a guardarli con attenzione, altro non sono che un misto di tenerezza e una violenta riscoperta del passato. Ho tra le mani una vecchia scatola di scarpe. Al suo interno un gruppo di lettere ed alcune fotografie. Gli elastici colorati, uno per ognuno del gruppo, hanno tutti differenti colori e tengono ben ferme le fascette in carta bianca che li separano. Ognuna di queste fascette ha su scritto, con una penna rossa, un nome. Alcuni di questi plichi mi appaiono subito assolutamente anonimi. Decido di aprire, a caso, i primi che mi cadono dalle mani, con un attenzione pari a quella che storicamente ho sempre rivolto ai dischi in vinile, e faccio in modo che i polpastrelli rimangano il più possibile lontani dalle parti più sensibili. Ma la mia attenzione cade all improvviso su una scatola in legno, con una piccola serratura in ferro. Preso da un accesso di frenesia cerco con ardore la piccola chiavetta in argento che ricordavo essere lì nascosta. Non viene fuori 9

niente, tranne che altre lettere sparse, non catalogate, ed alcune cartoline. Ne prendo una a caso: ciao amico, a presto, trovo scritto sulla parte bianca di un immagine del ponte di Mostar. È firmata Hegle, ma non esiste nient altro che possa far pensare al mittente. La metto da parte con l impegno di poter cercare in un altro momento un qualsiasi riferimento. Il pomeriggio va via, fino a sera inoltrata, a scavare nei ricordi, a ridere e a provare un misto tra tenerezza e dolcezza. Sto per lasciar perdere quando il mio sguardo cade su una busta verde, che sembra essere particolarmente recente. L apro, con la curiosità di una scimmietta che mette il naso in una macchina safari. Alcuni minuti dopo mi trovo a correre lungo le scale come quando ero bambino, contando una per una le rampe che mancavano per arrivare al portone d uscita e salutando ad ogni piano gli amici che ci abitavano. Nessuna risposta, nessuno apre la porta. 10

Carlo Smise di piovere esattamente nel momento in cui la macchina di Carlo si fermò davanti casa mia. 22 minuti. Ventidue minuti di ritardo, probabilmente scusabili nella normalità degli altri, ma molto più razionalmente spiegabili se potessimo capire Carlo. Ma non ci ho mai provato, né intendo farlo ora. So che si era fermato cinquanta metri da casa, ben nascosto da quel grosso faggio che, come ama dire lui, il guardo dal tuo portone esclude. Si è fermato lì in perfetto orario, probabilmente in anticipo, ma mai avrebbe potuto negarsi il piacere di vedermi infreddolito ed esposto al vento, giusto per provare l effetto che fa. E di freddo, e di vento, in quel mese di gennaio di un po di anni fa ne faceva veramente tanto. Va bene, chi è Carlo, in poche righe ed in un unica situazione di vita quotidiana, lo si è già capito per bene. Ma poi, nascosto da un paltò grigio e dall unica sciarpa bucata proprio nel punto in cui la sciarpa stessa dovrebbe ripararti dal vento, ebbene sì, lì c ero io. E dovrei magari dirvi di me, presentarmi un po, cercando magari di rendermi interessante e perché no, simpatico. Quindi, sì, andiamo per ordine. 11

Io. Chi sono? Di simpatico, tranne che ai miei occhi, non ho proprio niente. Scientificamente l assioma è provato dal semplice fatto che, a 49 anni, a parte Carlo, ho un solo altro amico, si chiama Stefano e vive nel pianerottolo adiacente al mio. È Stefano un amico vero, ma anche Carlo è da considerare assolutamente un amico. Stefano, devo dirlo, viaggia, viaggia tanto, riusciamo a vederci, in alcuni anni, di solito in quelli bisestili, per due, tre giorni l anno, ma un vero amico lo riconosci dalle piccole cose. Stefano, prima di partire, mi omaggia con continuità delle sue chiavi di casa, ama affidarmi, certo a malincuore, la cura dei suoi due gatti e dei pesciolini rossi, e si raccomanda sempre che sia io a badare all impianto elettrico in caso di fulmini, terremoti e intemperie varie. Ma visto che le amicizie non possono e non debbono essere mai oggetto di classifiche, Carlo e Stefano alla pari sono. 12