COSA CI ATTENDE DOPO LA MORTE? LA META DELLA TRASFORMAZIONE



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COSA CI ATTENDE DOPO LA MORTE? LA META DELLA TRASFORMAZIONE Cosa ci attende dopo la morte? Cosa ne sarà del corpo che abitiamo e che siamo? In tutti questi incontri su Paolo, abbiamo notato che nelle sue lettere non scinde mai la morte dalla resurrezione di Cristo, perché alle tre del pomeriggio del venerdì si intravede l alba della domenica di pasqua. Tuttavia, il risorto porta con se i segni della crocifissione. Non volendoci fermare a quel venerdì, ma desiderando andare oltre, leggiamo 1 Cor 15,51-58. LETTURA 1 Cor 15,51-58 Se nella prima sezione della lettera l attenzione di Paolo è stata rivolta alla predicazione della croce (1Cor 1-4), nell ultima sezione subentra quella della resurrezione (1Cor 15). Sembra che fra quanti a Corinto avevano aderito alla fede in Gesù Cristo, si fossero diffuse concezioni fuorvianti sulla resurrezione: alcuni pensavano che questa riguardasse soltanto una parte del corpo -quella che chiamiamo anima- a discapito del resto; altri ritenevano che non si realizzasse affatto alcuna resurrezione. Nel primo caso risulta il contrasto tra anima e corpo, per cui a una si attribuisce valore positivo mentre l altra è da considerare un carcere da cui liberarsi. Nel secondo caso, non c è spazio per alcuna resurrezione o vita dopo la morte, ma tutto si risolve nel nulla dunque la nostra esistenza si risolve tutta qui e adesso. Già ad Atene Paolo all Areòpago, parlando di resurrezione dai morti, venne deriso (cfr At 17,32-33). Adesso Paolo riprende i contenuti della predicazione, partendo dalle sue radici storiche A voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch io ho ricevuto: Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in 1

una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto (1 Cor 15,3-8). Questa è la fede Cristiana Cristo per noi è morto ed è risorto e continua ad essere presente fra noi come il vivente. Paolo dirà che se con lui moriremo, con lui anche risorgeremo. Dirà ancora Paolo: Ora, se si predica che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni fra voi che non vi è resurrezione dai morti? Se non vi è resurrezione dai morti, neanche Cristo è risorto!... Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la nostra fede Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo più sventurati di tutti gli uomini (1Cor 15,12-19). Per questo, nel cammino di maturazione della fede, i due luoghi ideali di svolta restano Cesarea di Filippo con la domanda chi è Gesù per noi e il monte Tabor con l esperienza della sua trasfigurazione, che anticipa nella bellezza, la sua e la nostra resurrezione. Al di là delle immagini più o meno colorite, con le quali Paolo descrive l evento della resurrezione il suono dell ultima tromba o l essere rapiti nell aria e nel cielo, soffermiamoci adesso in particolare su un binomio sul quale egli ritorna spesso quando si tratta di argomentare sulla vita oltre la morte: essere in Cristo per essere con Cristo. Questo afferma che a chi è in Cristo per la fede in Lui, sarà concesso di essere con lui nella resurrezione. Vedete qui l accento va posto sul primo termine, dal quale scaturisce il secondo! Ogni sacramento diviene così anticipazione di questo essere con lui d altra parte, lo affermiamo come verità di fede: Annunciamo la tua morte proclamiamo la tua resurrezione, nell attesa della tua venuta. Il nostro corpo è dunque il luogo dell incontro sacramentale reale con il vivente, che ci trasforma con la sua presenza anzi ci trasfigura ora e nell eternità e c è ancora qualcuno, anche fra quelli che si professano cristiani, che si rivolgono per un esperienza di luce interiore (come la chiamano loro) a pratiche ascetiche orientali!!! 2

Penso che molti fra noi, sulla scia di quelli di Corinto, ritengono che la salvezza riguardi solo l anima Paolo afferma il contrario parlando di passaggio da corruttibile a incorruttibile; dalla morte alla vita. Cristo è primizia di coloro che sono morti (cfr. 1Cor 15,20). La nostra carne, ossia l uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità (CCC 990) è chiamata a riprendere vita come si è verificato per la risurrezione di Cristo, ma in condizione del tutto nuova. L uomo e Paolo lo ricorda a più riprese, è una unità indissolubile di anima e corpo anzi per lui, noi siamo carne, corpo, coscienza, individualità, singolarità e libertà. Tutti questi modi di esprimere la totalità della persona umana, sono destinati a trasformazione sino all epilogo con il superamento di quella soglia misteriosa che è la morte. Più che essere per la morte, quello del credente è un essere per la vita attraverso la morte, perché ciò che avverrà in un batter d occhio rappresenta il passaggio definitivo dal non essere all essere in Cristo. Quella di Paolo è per i Corinzi una esortazione a confidare nella trasformazione gloriosa in colui che ci viene incontro ogni giorno con la sua Parola e i sacramenti. Il pungiglione della morte ci colpisce si ma si spezza e il suo veleno è reso inefficace da Colui in cui speriamo! Non si può negare tuttavia che il pungiglione o l iniezione di veleno nella carne crei sofferenza e quando ci si trova di fronte alla morte di una persona cara, quel pungiglione colpisce con violenza e ti lacera dentro! In questa vita non vedremo più gli occhi, non ascolteremo più la voce, non stringeremo più le mani di chi amiamo; e a volte l assenza crea una sofferenza così lancinante che non si vorrebbe o, di fatto, si rischia di non vivere più: si vegeta! Tuttavia, il pungiglione e il veleno della morte, non vanno oltre inizia qui la comunione dei santi un modo nuovo e misterioso di vivere continuare a vivere con chi ci ha preceduto nella visione beatifica!... vivere nell amore! Chiediamoci a questo punto: Quale è la nostra postazione di fronte alla morte di chi amiamo? 3

Chi siamo davanti alla prospettiva della nostra morte? Quale consistenza ha la nostra speranza di essere con Cristo? Possiamo anche noi gridare con Paolo la vittoria della fede in Cristo davanti al rantolo della morte? Oppure predomina l angoscia e la disperazione per il nulla? S.Francesco sarà capace finanche di cantare la morte corporale, chiamandola sorella: Laudato si, mi Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullo omo vivente po scampare. Guai a quelli che morranno ne la peccata mortali! Beati quelli che troverà ne le tue santissime volutati, ca la morte seconda no li farà male. La nostra fede è così debole e inconsistente che temiamo più la morte corporale che la morte seconda, quella che ci allontana ogni giorno dall amore di Cristo, per le nostre scelte antievangeliche. Chi è stato ferito dall amore di Cristo, non desidera altro che rivederlo e stare sempre con Lui e che lo Spirito (come scrive S. Giovanni della Croce in O fiamma d amor viva) Rompa la tela di questo dolce incontro. Concludo con una poesia di Donata Doni tratta da Il pianto dei ciliegi feriti (1936) il titolo è Dimmi che non sarà la morte: Sarà come incontrarti per le strade di Galilea e sentire il battito di luce delle Tue pupille divine riscaldare il mio volto. Sarà la Tua mano a prendere la mia con un gesto d amore 4

ignoto alla mia carne. Sarà come quando parlavi a chi era respinto per i suoi peccati, sarà come quando perdonavi. Dimmi che non sarà la morte, ma soltanto un ritorno di amici separati da catene d esilio. Dimmi che non saranno Paludi d ombra a sommergermi, né acque profonde a travolgermi. Solo il Tuo volto, solo il Tuo incontro, Signore. 5