FRATERNITA DEI LAICI AREZZO ANNALI ARETINI X AREZZO NELLA SEDE DELLA FRATERNITA 2002
COMITATO SCIENTIFICO DEGLI ANNALI ARETINI: Augusto Antoniella, Luca Berti, Camillo Brezzi, Armando Cherici, Giovanni Cherubini, Alberto Nocentini, Silvano Pieri Direttore: Giovanni Cherubini Segreteria di Redazione: Gianna Rogialli MAGISTRATO DELLA FRATERNITA DEI LAICI: Primo Rettore: Abramo Guerra Rettori: Giovanni Chianucci, Angiolo Citernesi, Andrea De Rogatis, Carlo Greco, Pier Luigi Peruzzi, Daniele Piccoletti ISBN 88-7814-278-6 2002 - Fraternita dei Laici - Arezzo, Via Ricasoli, 8 Pubblicato da Edizioni All'Insegna del Giglio s.a.s. - www.edigiglio.it Firenze, Via N. Piccinni, 32
ISABELLA DROANDI LE INSEGNE DELLA FRATERNITA DEI LAICI NEL XVI SECOLO: DA BARTOLOMEO DELLA GATTA A GIORGIO VASARI Nonostante tutto, la lunga storia della Fraternita dei Laici di Arezzo resta ancora da indagare e da scrivere nei suoi molteplici aspetti di relazione con la città e con la sua immagine 1. Se anche soltanto ne volessimo seguire il percorso attraverso le cose, cioè le opere d arte e i monumenti nati nel suo segno, e nonostante le perdite inevitabili dovute alla loro stessa caducità, ci costringeremmo ad un impegno notevole ma anche a risultati certamente significativi. Spesso, ma non sempre, il perseverare della funzione e il loro valore artistico hanno consentito che sopravvivessero fino a noi, seppure modificate nell uso e nei nuovi significati che il tempo ha loro conferito. Ma se c è una categoria, fra queste, soggetta più delle altre per sua natura alla transitorietà e alla consunzione da uso, è proprio quella delle insegne, dei gonfaloni, degli stendardi e dei baldacchini che rendevano mobile, esibibile e preziosa l immagine dell istituzione in processioni, sacre rappresentazioni, celebrazioni religiose e manife- 1 Rimane un saggio fondamentale l introduzione storica di Augusto Antoniella a L Archivio della Fraternita dei Laici di Arezzo, Firenze 1985, vol. I, pp. VII-LIII; vd. anche G.G. MEERSSEMAN, Ordo Fraternitatis. Confraternite e pietà dei Laici nel Medioevo, vol. II, Roma 1977, pp. 954, 971-972, 997-998, 1011, 1015-1029. Per la vasta bibliografia precedente e per le principali linee di ricerca storica e artistica avviatesi negli ultimi decenni, promosse dall ente stesso, segnaliamo: AA.VV., Cultura e società nel Settecento lorenese. Arezzo e la Fraternita dei Laici, Firenze 1988; E. AGNOLUCCI I. DROANDI, La Collezione Bartolini di Arezzo. Storia e documenti, Firenze 1990; E. AGNOLUCCI A. CHERICI M. RAK, Piazza Grande di Arezzo in un quadro della Fraternita dei Laici, Arezzo 1992; E. AGNOLUCCI, La città della Fraternita, Arezzo 1992, oltre ai numerosi e vari contributi di studiosi comparsi in nove numeri della rivista «Annali Aretini», le numerose tesi di laurea condotte nell archivio e sui beni dell ente e il progetto in corso per la catalogazione informatica della Collezione Bartolini. Pur tenendo di conto della brevità di questa nota bibliografica, non si possono non ricordare anche le ricerche e i saggi di Giovanni Cherubini sul mercante Simo d Ubertino in Signori, contadini, borghesi. Ricerche sulla società italiana del basso Medioevo, Firenze 1974; MARIA MERCANTINI, Il Palazzo di Fraternita in Piazza Grande ad Arezzo, Arezzo1980; A. MORIANI, Assistenza e beneficienza ad Arezzo nel XIV secolo: la Fraternita di Santa Maria della Misericordia, in La società del bisogno. Povertà e assistenza nella Toscana medievale, a cura di G. Pinto, Firenze 1989, pp. 19-35; LUCIANA BORRI CRISTELLI, Iconografia della Mater Misericordiae nella committenza della Fraternita aretina, «Atti e memorie dell Accademia Petrarca di scienze, lettere ed arti», 1991, pp. 258-289; C. CONFORTI, Epilogo aretino. Le logge di piazza Grande e il nuovo palazzo della Fraternita, in Giorgio Vasari architetto, Milano 1993, pp. 243-255 e la campagna di catalogazione OA del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali condotta dalla Soprintendenza Beni AAAS di Arezzo sul patrimonio dell ente. 5
stazioni pubbliche, visualizzando e imponendo, nel messaggio informativo stesso dell insegna, il proprio senso di sé. La vicenda che vogliamo raccontare, nota in sostanza da tanto tempo ma mai rimessa in fila come merita, riguarda il gran baldacchino dipinto a olio da Domenico Pecori all inizio del Cinquecento per la Fraternita dei Laici. La notizia, insieme ad altre relative al Pecori, era fornita dal Vasari nella vita di Bartolomeo della Gatta di cui era stato allievo e collaboratore, dove si legge che era «cosa ricca e di grande spesa», e nella vita di Niccolò Soggi, in cui aggiungeva che il Soggi stesso aveva fatto «al detto Domenico a olio in sul drappo un tondo d una Nostra Donna con un popolo sotto, per il baldacchino della Fraternita d Arezzo» 2. L opera, prestata anni dopo per una rappresentazione che si teneva nella chiesa di San Francesco, «per adornarne un Paradiso vicino al tetto della chiesa», finì però distrutta nel tragico incendio che si sviluppò durante lo spettacolo e che costò la vita sia al poveretto che interpretava, lassù in alto, il Padre Eterno, che a diverse diecine di persone del pubblico che si calpestarono nel tentativo di uscire di chiesa. Le parole del Vasari, che certo ricordava i fatti in prima persona pur non avendovi assistito, sono suggestive ed efficaci e a proposito del baldacchino affermano che «essendosi dalla gran copia de lumi acceso il fuoco, arse insieme con quel che rappresentava Dio Padre; che per esser legato non potette fuggire, come fecero gli Angioli, con molti paramenti, e con gran danno degli spettatori, i quali, spaventati dall incendio, volendo con furia uscire di chiesa, mentre ognuno vuole essere il primo, nella calca ne scoppiò intorno a ottanta; che fu cosa molto compassionevole; e questo baldacchino fu poi rifatto con maggior ricchezza, e dipinto da Giorgio Vasari» 3. Il ricordo del Vasari conteneva però almeno due imprecisioni, la prima circa il soggetto della rappresentazione che si teneva quel giorno nella chiesa di San Francesco e la seconda, forse, circa il numero delle vittime del disastro. Entrambe le notizie furono corrette in una nota dell edizione fiorentina delle Vite del 1771, riportata poi fedelmente da Gaetano Milanesi in una nota della sua, nella quale si precisava che la rappresentazione non riguardava i santi Giovanni e Paolo, come affermato dal Vasari, ma che era tratta invece dalla storia di Nabuccodonosor, e che le vittime erano state sessantasei. Gli annotatori citavano anche la fonte utilizzata per i controlli, segnalando per la prima volta il «libro de' morti segnato di lettera L, conservato nella cancelleria della Fraternita d Arezzo», ma indicavano erroneamente la data del 19 settembre 1556, e aggiungevano che «quegli che rappresentava Dio Padre, e che rimase arso, fu un religioso servita chiamato Benedetto» 4. 2 G. VASARI G. MILANESI, Le Vite de più eccellenti pittori, scultori et architettori, Firenze 1981, vol. III, p. 223 e vol. VI, p. 20. 3 Op. cit., vol. III, p. 223. 4 Ibid., p. 223, n. 3. 6
Il terribile evento, accaduto in realtà il 29 di settembre del 1556, sconvolse la città e le inflisse una perdita di cittadini così numerosa da lasciarci facilmente immaginare che quasi in ogni casa si piangesse per un lutto o si penasse per il ferimento di un familiare. Il racconto, straordinario e vivo, ricco di particolari ma soprattutto denso dei sentimenti e dell orrore di chi vi assisté di persona, si ripercorre con emozione nella memoria in latino che il notaio Vincenzo Torri firma nel citato Libro dei Morti dell Archivio di Fraternita 5. Intitolato a margine Magnum et orrendum spectaculum, è l accorata testimonianza a perpetua memoria, che lo scrivente ego qui vidi et presens fui volle lasciare ai posteri, perché in futuro si fosse più prudenti nell organizzazione di simili eventi e più devoti a Nostro Signore. Simile testimonianza si ritrova in altri tre documenti di altrettanto interesse e della stessa evocativa vivezza, in cui i fatti coincidono perfettamente nella sostanza. Il sagrestano del duomo, Domenico di Lando da Faltona, racconta che, non appena l angelo ebbe pronunciato la prima parola della rappresentazione, cadde uno bacino e in uno lume e così s apiciò el paradiso 6 ; gli altri angeli, allora, cominciarono a saltare giù dalle cappelle e, pur facendosi male, ebbero salva la vita; ma quello che rappresentava Dio Padre, il frate servita Benedetto di San Piero, che aviva indosso el piviale de brochato della Pieve, non poté essere aiutato e, raccomandandosi a Dio, bruciò tutto de sorte che non e conosciva se gliera huomo. Il sagrestano riporta a questo punto anche un antefatto inquietante e cioè che la mattina stessa, prima di andare a San Francesco, frate Benedetto si era confessato e comunicato perché aveva detto altre due volte si era trovato in situazioni di grande pericolo e aveva confidato ai confratelli che se Idio fa altro di me, io ho adosso trecento schudi d oro, io gli laserò al convento 7. Anche secondo questa fonte i morti furono ottanta, tra i 5 Arezzo, Archivio della Fraternita dei Laici. Registri dei Morti, n. 892 (1542, nov. 1-1565, feb. 27), 29 sett. 1556, cc. 138r-139r; elenco dei morti, cc. 139r-140v. Qui in Appendice (doc. VII) la trascrizione completa dall originale. I morti qui registrati, nei giorni 29 e 30 settembre, sono cinquantotto. Per notizie su V. Torri, vd. infra nota 22. Il documento era già pubblicato per intero e con data corretta in A. D ANCONA, Origini del teatro italiano, Torino 1891 (ed. anast. Roma 1971), vol. I, pp. 364n-366; la data era giusta anche in G. CENTAURO, Dipinti murali di Piero della Francesca, Milano 1990, pp. 121-123, ma attinta da documenti diversi (tre cronache del fatto: di Domenico di Lando da Faltona, Gregorio Sinigardi, Giovanni Antonio Catani; gli ultimi due già pubblicati in O. BRIZI, Memorie antiche aretine storico-religiose, Arezzo 1854, pp. 9-10, 20-21); chi scrive aveva poi ricontrollato la data sull originale di Fraternita (vd. Note per Niccolò Soggi e per la Natività Ricciardi della SS. Annunziata di Arezzo, in AA.VV., Professione restauratore. Corso di aggiornamento su diagnostica artistica, conservazione preventiva e nuove tecnologie applicate al restauro, Arezzo 1995, p. 104n); di nuovo inesatta in N. BALDINI, Niccolò Soggi, Firenze 1997, p. 58; il controllo della fonte del Registro dei Morti di Fraternita elimina comunque ogni dubbio sulla data, giustamente riportata da Domenico di Lando e da Giovanni Antonio Catani ed erroneamente riferita all anno successivo da Gregorio Sinigardi. Ne dà conferma anche un nuovo documento (App. doc. VI), sul quale torneremo. 6 Il documento è pubblicato, con la trascrizione di Don Silvano Pieri, in G. CENTAURO, op. cit., p. 121, n. XCIV. 7 Ibid. È possibile che provenisse da questo documento dell Archivio capitolare l informazione sulla presenza del frate servita ad altre due precedenti sacre rappresentazioni in città, già ipotizzata dal D Ancona (op. cit., p. 364n) che era in contatto con Don Pasquale Leoni. 7