Luca 18, 9 Disse ancora questa parabola per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: "O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. 12 Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo". 13 Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: "O Dio, abbi pietà di me, peccatore!" 14 Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s'innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato». Forse ci ha colto inaspettata la dichiarazione che il papa ha fatto, rispondendo ad una domanda sull accoglienza degli omosessuali, che ha suonato così: chi sono io per giudicare. Certo dopo tutti i papi che hanno giudicato e quelli che, dichiarandosi vicari di Cristo, hanno reso concreti i loro giudizi e le loro condanne, queste parole non potevano suonarci strane. Tuttavia anche se molto ci sarebbe da dire sull aspetto storico del giudicare, il tema del giudizio merita un approfondito esame da pare di tutti noi, in quanto un malinteso senso di che cosa si può giudicare è quello allontana i credenti da Cristo e spacca le chiese. Il racconto che abbiamo letto si svolge in un ipotetico luogo della Palestina, ma le sue dinamiche si possono realizzare identicamente oggi in qualunque luogo, tanto a New York quanto a Sarzana. Il presupposto del racconto è che ci sono persone che non solo pensano di essere giusti ma, proprio per questo, migliori degli altri tanto da potersi mettere sulla cattedra di un giudice. I personaggi del pubblicano e del fariseo sono fortemente significativi e proprio per questo Gesù li richiama all attenzione degli ascoltatori: il 1
pubblicano è sicuramente una persona che si comporta male rispetto alla morale religiosa degli ebrei, mentre il fariseo è sicuramente una persona che rispetta tutte le regole religiose, è sempre al Tempio o in Sinagoga e attento ad ogni prescrizione e regola 1. Ecco il primo inciampo: siamo dei ciechi perché le nostre valutazioni si fermano solo di fronte a quello che si vede quello che appare. Gesù ci fa una descrizione molto asettica dell episodio, ci dice soltanto Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro pubblicano (v. 10). Già di fronte a queste semplici parole rischiamo di essere vittime di un giudizio esteriore, di quello che si vede o che il nostro pregiudizio ci vuole fare vedere. La nostra bilancia, se mai fossimo così presuntuosi da immaginare di avere una in mano, penderebbe sicuramente dalla parte del fariseo l unico con le carte in regola, l esempio di uno che fa tutte le cose di religione come devono essere fatte. Ma Gesù non si ferma qui nel suo racconto, e ci porta dentro al cuore dei due personaggi, Gesù ci consente, per un attimo, di osservare la scena avendo la medesima visione di Dio, anticipando quello che Paolo scriverà in 1^ Corinzi (Cap. 4) dicendo: 5 non giudicate nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale metterà in luce quello che è nascosto nelle tenebre e manifesterà i pensieri dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio. 1 Matteo 23, 23 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell'aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia, e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre 2
Tanto del fariseo quanto del pubblicano possiamo conoscere anche i pensieri più remoti, persino l intimità di una preghiera che è fatta di parole ma anche di gesti impercettibili. Questo secondo punto del racconto ci fa comprendere che degli altri vediamo solo l esteriorità ma, non essendo come Dio, pretendiamo di conoscere anche quello che non appare ma che abbiamo l arroganza di presumere. Ma il Fariseo non è solo colui che nella nostra presunzione di giudicare è quello che ha tutte le carte in regola, lui è anche quello che per il ruolo o per la convinzione di averlo ringrazia Dio prima di tutto per non essere come gli altri uomini, e dice: io non sono come gli altri uomini, io non sono un ladro, io non sono un adultero, io non sono come quello, io osservo tutti i precetti della legge di Mosè e per essere ancora più giusto, io vado oltre: io digiuno non una ma due volte la settimana, io do la decima non solo sul grano, sul mosto, sull olio, ma io pago la decima su tutto ciò che Io possiedo io do l elemosina a tutti i poveri che incontro fuori del tempio: una preghiera dove tutto il posto è occupato da un ingombrante fariseo che non lascia neppure uno spazietto per quello che Dio ha fatto e sta facendo per lui. Eppure dal punto di vista giudaico il suo atteggiamento, in buona fede, è ineccepibile. Il pubblicano, noto peccatore perché fa pagare le tasse a favore dei romani, perché forse non va mai al Tempio o in Sinagoga, o ci va 3
saltuariamente, perché forse fa anche un po di cresta sulle tasse e perché chissà cosa altro ancora, mormora parole che non puoi sentire, perché noi non siamo Dio, che può entrare nel segreto dei nostri cuori. Il poco religioso pubblicano, l inaffidabile pubblicano vive nel suo intimo una tempesta di sentimenti e nessuna carta da mettere davanti a Dio solo la sua vergogna, un sentimento che comprendiamo dai suoi occhi, occhi che non possono neppure pensare di alzarsi al cielo, dove Dio giudicherà. Della salita al Tempio di quest uomo abbiamo solo poche parole : O Dio, abbi pietà di me, peccatore. Il messaggio della parabola è molto chiaro: quando Gesù afferma che questo Pubblicano tornò a casa sua giustificato, cioè riconciliato con Dio, piuttosto che l altro, il Fariseo, ma mentre Dio ha espresso un giudizio giusto quante volte abbiamo osannato il fariseo e infamato il pubblicano? Se riflettiamo su quanto è forte la tentazione di sparare giudizi umani perché siamo forti della nostra presunzione e del nostro orgoglio comprendiamo non solo che Dio è l unico a potere giudicare sulla fede delle persone ma comprendiamo anche la forza della misericordia di Dio. Il libro di Apocalisse (cap. 3) ci ricorda queste parole di Cristo Gesù: 20 Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. 21 Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono. 4
Se il Signore non ha avuto bisogno di bussare perchè nel pubblicano ha trovato le porte già spalancate significa che noi tutti dobbiamo fare un bagno di umiltà per non potere esprimerci sulla quantità di fede di chi ci sta accanto; solo Dio può giudicare la fede, noi tutt al più i comportamenti esteriori 5