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ovvero. Agenda un po insolita per appunti.. mica tanto frettolosi con il gradito contributo del Centro Studi O. Baroncelli N 19/2015 Napoli 18 Maggio 2015 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. COEFFICIENTE ISTAT PER T.F.R. MESE DI APRILE 2015 E stato reso noto l indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Aprile 2015. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Aprile 2015 è pari a 0,570093 e l indice Istat è 107,10. L ESTINZIONE DEL RAPPORTO PER MUTUO CONSENSO CONSEGUE AD UN ACCORDO TRA LE PARTI FINALIZZATO ALLA CESSAZIONE DI OGNI RAPPORTO LAVORATIVO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 5454 DEL 18 MARZO 2015 La Corte di Cassazione, sentenza n 5454 del 18 marzo 2015, ha ribadito che, per la configurabilità di una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata la comune volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo. Nella vicenda in esame, la Corte di appello di Lecce, nel confermare la decisione di primo grado, aveva ritenuto, risolto per mutuo consenso, un rapporto lavorativo intercorso per effetto di reiterati contratti di 1

somministrazione ed inesistente l ipotesi della sussistenza di un unico rapporto lavorativo. La statuizione di conferma era stata fondata sulla constatazione del disinteresse del lavoratore alla prosecuzione del rapporto e dalla impossibilità, per quest ultimo, di offrire le proprie prestazioni lavorative alla società datrice in virtù dei periodi di attività lavorativa alle dipendenze di terzi. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso il lavoratore. La Suprema Corte ha accolto il ricorso del dipendente ed ha evidenziato che per la configurabilità di una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, e' necessario che sia accertata, sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti, una chiara e certa comune volontà reciproca di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo. Nel caso in specie, hanno concluso gli Ermellini, il semplice decorso del tempo e la mancanza di operatività del rapporto, non legittima la risoluzione per mutuo consenso giacché non denota una volontà certa delle parti di volere, d'accordo tra loro, porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo. LA CONDOTTA INESPERTA DEL LAVORATORE CHE NON ABBIA RICEVUTO OPPORTUNA FORMAZIONE SUI RISCHI, NON FA VENIR MENO GLI ILLECITI LESIVI CHE NE DERIVANO. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N. 17163 DEL 24 APRILE 2015 La Corte di Cassazione - Sezione Penale -, sentenza n 17163 del 24 aprile 2015, ha statuito la responsabilità di un datore di lavoro, in ordine al reato di lesioni colpose, per aver omesso di verificare in modo adeguato la formazione del dipendente e di informarlo per gli specifici rischi connessi alla mansione. Nella vicenda in esame, un lavoratore, al suo primo giorno di lavoro, nel corso dell'utilizzazione di una bombola di azoto secco, ometteva di aprire la valvola a valle del manometro determinando l'esplosione dell'apparato con conseguenti lesioni personali gravi. In particolare il lavoratore, mero ausiliario di un collega, 2

stava lavorando su un ponteggio ed immotivatamente si era recato nella stanza ove si trovava la bombola in questione. La Corte d Appello di Roma, confermando il decisum del Tribunale della stessa città, aveva ritenuto il datore di lavoro responsabile per violazione dell art. 55 del D.Lgs. n 81 del 2008, in relazione all obbligo di formazione ed informazione del lavoratore. La Suprema Corte, compulsata dal datore di lavoro, ha confermato la fondatezza degli addebiti e ribadito che il datore di lavoro deve, in ogni caso, vigilare direttamente o mediante delega al fine di garantire l'applicazione delle norme di sicurezza. In tale situazione, hanno continuato gli Ermellini, non si ritiene di poter ravvisare una condotta colposa del lavoratore, completamente ignorante, idonea a determinare l'interruzione del nesso causale o a limitare la responsabilità del datore di lavoro. Né tale ultimo apprezzamento può essere influenzato dall'affermazione del lavoratore di aver commesso una cavolata. CONSULENTE CONDANNATO PENALMENTE SE CONTABILIZZA, PER CONTO DEL PROPRIO CLIENTE, FATTURE PER OPERAZIONI DELLE QUALI SA ESSERE INESISTENTI. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE SENTENZA N. 19335 DELL 11 MAGGIO 2015 La Corte di Cassazione Sezione Penale -, sentenza n 19335 dell 11 maggio 2015, ha statuito che risponde del reato di emissione e utilizzo di fatture false e dichiarazione fraudolenta, il consulente fiscale che contabilizza alcuni documenti con la consapevolezza che siano riferiti a operazioni inesistenti. La vicenda, posta all attenzione della Corte, aveva avuto origine dal controllo fiscale operato a carico di una società dal quale era emersa l esistenza di presunte fatture per operazioni inesistenti. Il professionista veniva condannato alla pena di anni due di reclusione in relazione agli addebiti di concorso nell emissione (art. 8, D.Lgs. n. 74/2000) e concorso nell utilizzazione (art. 2, D.Lgs. n. 74/20000) di fatture per operazioni inesistenti. 3

In particolare, la Corte d Appello aveva evidenziato come il consulente, tra l altro, avesse curato la costituzione della cartiera e si fosse occupato di registrare le fatture ritenute inesistenti nella contabilità della società. Da qui, il ricorso per Cassazione da parte del consulente che lamentava l insussistenza di elementi di responsabilità e in particolare dell elemento soggettivo. Orbene, secondo i Giudici di Piazza Cavour, ben avevano ritenuto i Giudici d Appello che il professionista avesse fornito un contributo intenzionale e consapevole alla realizzazione dei fatti criminosi, agevolando e rafforzando il proposito criminoso dei vertici societari, posto che un soggetto professionalmente esperto come l imputato non poteva che avere piena conoscenza dell intento fraudolento della fatturazione e conseguente reperimento in bilancio di documenti irregolari, oltreché del fatto che lo scopo dei titolari della società fosse quello di frodare il fisco. Sicché, hanno concluso gli Ermellini, l aver proseguito nelle consulenza e nella prestazione dei servizi anche dopo il primo esercizio, pur a fronte di evidenti segnali di irregolarità nelle operazioni svolte e della documentata evasione delle imposte, corrisponde ad una condotta interamente connotata dal dolo generico, sufficiente all integrazione da parte del ricorrente dei reati oggetto di contestazione. Per le motivazioni suddette, la Suprema Corte ha respinto il ricorso del professionista, condannandolo anche al pagamento delle spese processuali. IL RISARCIMENTO DANNI A CARICO DELL AMMINISTRATORE INADEMPIENTE VA DETERMINATO CON RIFERIMENTO ALLE SPECIFICHE MANCANZE. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE - SENTENZA N. 9100 DEL 6 MAGGIO 2015 La Corte di Cassazione Sezioni Unite -, sentenza n 9100 del 6 maggio 2015, ha statuito che nel caso in cui il curatore del fallimento di una società di capitale attivi azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore della medesima, l'individuazione e la liquidazione del danno risarcibile deve essere operata prendendo in considerazione gli specifici inadempimenti dell'amministratore, al fine di consentire la 4

verifica dell'esistenza del rapporto di casualità tra quest ultimi ed il danno di cui si chiede il risarcimento. La vicenda esaminata concerne un'azione intentata nel 2001 contro l'amministratore unico di una S.r.l. napoletana, condannato in primo e anche in secondo grado per aver consentito la distrazione di beni custoditi nei locali aziendali, per non aver tenuto i libri sociali e per non aver predisposto i bilanci di due annualità. In particolare, la questione di legittimità riguardava la correttezza del criterio di liquidazione del danno legato alla differenza tra l'attivo e il passivo rilevati nell'ambito della procedura concorsuale Nel caso de quo, i Giudici del Palazzaccio, hanno sancito che nell azione di responsabilità promossa dal Curatore a norma dell art. 146, comma secondo, Legge Fallimentare, la mancata, ovvero irregolare, tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l attivo liquidato in sede fallimentare. Ciò, infatti, integra solo un parametro per una liquidazione equitativa, ove ne sussistano le condizioni, sempreché il ricorso a tale criterio sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e, comunque, che l attore abbia indicato le ragioni che gli hanno impedito l accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell amministratore. LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA PUR IN ASSENZA DELL AUDIZIONE SE QUEST ULTIMA NON E STATA RESA PER MOTIVAZIONI DA RICONDURRE AL SUBORDINATO RICHIEDENTE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 9223 DEL 7 MAGGIO 2015 La Corte di Cassazione, sentenza n 9223 del 7 maggio 2015, ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato da un datore in assenza dell audizione richiesta dal lavoratore. In particolare, all esito dell aggressione ad un proprio superiore, il lavoratore in questione si vedeva contestato il relativo addebito disciplinare; in sede di giustificazioni richiedeva l audizione. Lo stesso, tuttavia, benché più volte convocato, non si recava per rendere la prescritta audizione adducendo, in ogni occasione, i più disparati impedimenti. 5

Orbene, secondo un consolidato acquis giurisprudenziale, qualora il datore di lavoro dia seguito alla richiesta del lavoratore di essere sentito oralmente, quest'ultimo non ha diritto di differire sine die l'incontro adducendo una mera disagevole o sgradita possibilità di presenziare (Cass. 7493/2011). Parimenti, il datore di lavoro ha l'obbligo di agire in buona fede e lealtà contrattuale circa le modalità di convocazione e di audizione (Cass. 23528/2013). Rilevata, pertanto, la correttezza del datore e la cattiva fede del lavoratore, i Giudici nomofilattici hanno confermato la legittimità del licenziamento, provvedendo a rigettare altresì l ulteriore motivo di censura (fatto punito con una sanzione conservativa dal relativo CCNL) atteso che la valutazione sulla gravità del comportamento compete esclusivamente al Giudice di merito e non a quello di legittimità. Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo. Ha collaborato alla redazione il Collega Francesco Pierro 6