Giustizia & Lavoro Il commento alle principali sentenze giurislavoristiche
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- Giorgiana Speranza
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1 Giustizia & Lavoro Il commento alle principali sentenze giurislavoristiche N Licenziamento: prova del tacito mutuo consenso Trovare un nuovo lavoro non un è comportamento di per sé indicativo della rinuncia a impugnare il licenziamento A cura di Paola Mauro Categoria: Previdenza e lavoro Sottocategoria: Vertenze Affinchè si configuri il tacito mutuo consenso inteso a risolvere o, comunque, a non proseguire il rapporto di lavoro, non basta il mero decorso del tempo fra il licenziamento e la relativa impugnazione giudiziale, né che in quel lasso temporale il lavoratore abbia trovato un altra occupazione: è necessario il concorso di ulteriori e significative circostanze della cui allegazione e prova è gravato il datore di lavoro. È quanto emerge dalla lettura di una sentenza pubblicata dalla Corte di Cassazione lo scorso 4 novembre. PREMESSA Nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento dell illegittimità del licenziamento, ove il datore di lavoro eccepisca la tacita accettazione del lavoratore (quindi la sua rinunzia al diritto d impugnarlo), il giudice deve accertare l esistenza di una chiara e certa comune volontà delle parti di porre fine definitivamente a ogni rapporto lavorativo. Tale accertamento deve avvenire considerando il lasso temporale trascorso tra l intimazione del licenziamento e la relativa azione giudiziale, del comportamento tenuto dalle parti e di altre eventuali circostanze significative. 1
2 In proposito non costituiscono significative circostanze dell intento risolutorio l avere il lavoratore, nelle more, percepito il TFR e/o cercato o trovato nuova occupazione. È quanto si ricava dalla sentenza 4 novembre 2016, n , della Sezione Lavoro della Cassazione. Nella fattispecie, i Supremi Giudici hanno accolto il ricorso della lavoratrice in quanto, a loro avviso, la Corte territoriale ha affidato il respingimento della domanda di riammissione in servizio a una motivazione non puntuale relativamente alla configurabilità del mutuo consenso inteso a risolvere il rapporto di lavoro. ORIENTAMENTO CONSOLIDATO È stato ripetutamente chiarito, anche di recente (Cass. n /2016, in fattispecie concernente il riconoscimento dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato in presenza di più contratti a termine), che affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative una chiara e certa comune volontà delle stesse parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo. La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, è di per sé insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, mentre grava sul datore di lavoro, che eccepisca tale risoluzione, l'onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere porre fine ad ogni rapporto di lavoro (cfr., tra le altre, Cass. n /2014; Cass. nn. 5887/2011, 23319/2010, 26935/2008, 20390/2007, 23554/2004). Si è altresì ritenuto che il reperimento di altra occupazione di per sé non implica la volontà risolutiva del precedente rapporto, tantomeno può essere letta come condotta di per sé significativa del mutuo consenso la percezione del TFR, in quanto la accettazione delle competenze di fine rapporto trova logica giustificazione alternativa in esigenze di tipo alimentare (Cass. n /2016). È stato infine chiarito che la valutazione del significato e della portata del complesso degli elementi di fatto atti a configurare il mutuo consenso compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto (Cass. n.16932/2011). 2
3 Ebbene, la sentenza n /2016 qui in esame non si è discostata da questi principi. IL CASO Il Tribunale di Firenze ha ordinato la riammissione in servizio della ricorrente e condannato, di conseguenza, la società intimata a pagarle le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento, detratto l'aliunde perceptum. La Corte d Appello, in totale riforma della sentenza di prime cure, ha rigettato la domanda di reintegra nel posto di lavoro, ravvisando un mutuo consenso delle parti, per fatti concludenti, alla risoluzione del rapporto, atteso che, dopo aver impugnato in via extragiudiziale il recesso, la lavoratrice aveva comunque trovato una nuova occupazione. Ebbene, il giudizio di legittimità, instaurato dalla lavoratrice, si è chiuso con il rinvio della causa alla Corte distrettuale per nuovo esame. Con i motivi di ricorso accolti la lavoratrice ha lamentato: la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, co. 1, 1175 e 1375 c.c. la violazione e falsa applicazione degli artt e 2697 c.c. per avere la Corte territoriale ravvisato un mutuo consenso alla risoluzione del rapporto per fatti concludenti sol perché nelle more tra l'impugnazione extragiudiziale ( ), il tentativo di conciliazione innanzi alla D.P.L. e l'impugnazione giudiziale ( ) l opponente aveva dovuto reperire altra occupazione (trovandosi da sola e con un figlio a carico) per sopravvivere in attesa di reperire documenti e fonti di prova per predisporre il ricorso contro l'illegittimo licenziamento intimatole. OSSERVAZIONI DELLA CORTE La Suprema Corte ha ritenuto fondate le censure mosse dalla lavoratrice nei confronti della sentenza di secondo grado, poiché la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nello statuire che la mera inerzia del lavoratore non è di per sé sufficiente a far ritenere una risoluzione del rapporto per mutuo consenso. Affinché possa configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata - sulla base di ulteriori e significative circostanze - una chiara e certa volontà comune di porre fine ad ogni rapporto lavorativo. Afferma (fra le altre) Cass. n. 9583/2011 che grava sul datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione per mutuo consenso, l'onere di provare le circostanze da cui ricavare la volontà chiara e certa delle parti di far cessare 3
4 definitivamente il rapporto di lavoro (v. ancora, tra le altre, Cass. n /2002). Ne deriva che per aversi tacito mutuo consenso inteso a risolvere o, comunque, a non proseguire il rapporto di lavoro non basta il mero decorso del tempo fra il licenziamento (o la scadenza d'un termine illegittimamente apposto) e la relativa impugnazione giudiziale, ma è necessario il concorso di ulteriori e significative circostanze della cui allegazione e prova è gravato il datore di lavoro, ovvero la parte che eccepisce un tacito mutuo consenso. Ai fini della valutazione della prova che grava sul datore di lavoro, non è indicativa di un intento risolutorio la condotta di chi: a. sia stato costretto a occuparsi o comunque a cercare un'occupazione dopo aver perso il lavoro per cause diverse dalle dimissioni (come avvenuto nel caso di specie); b. abbia accettato il pagamento del TFR. Secondo gli Ermellini, infatti, si tratta di comportamenti: non interpretabili, per assoluto difetto di concludenza, come tacita dichiarazione di rinunzia al diritto. Infatti, per massima di comune esperienza, nelle more della preparazione di un ricorso e di conclusione del relativo giudizio il lavoratore ha pur sempre l'urgenza di cercare una nuova fonte di sostentamento per sé e per la propria famiglia. IL PRINCIPIO DI DIRITTO Conseguentemente, la sentenza impugnata è stata cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d'appello di Firenze (in diversa composizione), che si atterrà al seguente principio di diritto: per aversi tacito mutuo consenso inteso a risolvere o, comunque, a non proseguire il rapporto di lavoro non basta il mero decorso del tempo fra il licenziamento e la relativa impugnazione giudiziale, ma è necessario il concorso di ulteriori e significative circostanze della cui allegazione e prova è gravato il datore di lavoro (ovvero la parte che eccepisce un tacito mutuo consenso). In proposito non costituiscono significative circostanze l'avere il lavoratore, nelle more, percepito il TFR e/o cercato o trovato nuova occupazione. 4
5 RIFERIMENTI NORMATIVI E GIURISPRU- DENZIALI - Codice civile, art. 1372, co. 1, 1175, 1375, 2727 e 2697; - Cass. Lav. n /2002; - Cass. Lav. n. 839/2010; - Cass. Lav. n /2005; - Cass. Lav. n.16932/2011; - Cass. Lav. 9583/2011; - Cass. Lav. n /2014; - Cass. Lav. n /2016; - Cass. Lav. n / Riproduzione riservata - 5
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