REPUBBLICA ITALIANA Tribunale di Ancona

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1 REPUBBLICA ITALIANA Tribunale di Ancona Il Giudice del lavoro, dott.ssa Arianna Sbano, ha pronunciato la seguente ORDINANZA Ex art. 1 comma 49 Legge n. 92/2012 a scioglimento della riserva assunta con note all udienza del 16 febbraio 2016 nel procedimento promosso da: LORENZO QUARANTA, rappresentato e difeso dall avv. DI STASI ANTONIO ISTANTE contro BORA SRL rappresentata e difesa dall avv. GASPARETTI MASSIMO CONVENUTI OSSERVA Il ricorrente, già dipendente della Bora s.r.l. dal 2005 con mansione di operatore alle presse inquadrato al 3 CCNL Industria Metalmeccanica, contesta la legittimità del licenziamento a lui irrogato per motivo oggettivo in data , ritenendo, in primo luogo, la discriminatorietà dello stesso, in quanto volto a colpire il lavoratore solo perché iscritto alla FIOM-CGIL (come gli altri tre dipendenti contestualmente interessati dalla medesima misura espulsiva) ed, in ogni caso, in quanto illegittimo per insussistenza del motivo oggettivo addotto e per mancato repechage. Il licenziamento intimato al ricorrente è stato motivato dalla soppressione del suo posto di lavoro e di un turno di lavoro, quale conseguenza della riduzione dell attività del reparto stampaggio, ossia per calo dei pezzi prodotti e del numero di ore richieste per le lavorazioni alle presse. In proposito, è notorio che, ai sensi dell art 3 L. 604/1966, nella nozione di giustificato motivo oggettivo rientrano ragioni estranee al comportamento del prestatore di lavoro 1

2 ma inerenti all attività produttiva, all organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. In tale nozione, rientra l ipotesi del riassetto organizzativo dell azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa, purché non pretestuoso e strumentale, bensì volto a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti le quali influiscano in modo decisivo sulla normale attività produttiva ed impongano un effettiva necessità di riduzione dei costi (cfr. Cass. n. 3030/1999). Costituisce, poi, giustificato motivo oggettivo anche l ipotesi della soppressione del posto di lavoro ovvero del reparto cui è addetto il lavoratore. In proposito, la più recente giurisprudenza (v. Cass. Sez. L, Sentenza n del 02/10/2006 e succ. conf.) ha precisato che il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell'art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è determinato non da un generico ridimensionamento dell'attività imprenditoriale, ma dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto, ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti; il lavoratore ha, quindi, il diritto a che il datore di lavoro (su cui incombe il relativo onere) dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale a iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo e non ad un mero incremento di profitti e che dimostri, inoltre, l'impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale. La piena sussistenza del giustificato motivo oggettivo è data, dunque, anche dal rispetto, da parte datoriale, dell obbligo di reinserimento del lavoratore in altro ambito organizzativo compatibile dell impresa e tale obbligo di repechage delinea il licenziamento per giustificato motivo oggettivo come extrema ratio, subordinato all impossibilità per il datore di lavoro di attribuire al lavoratore una posizione lavorativa di pari livello professionale (o, se del caso, e con il consenso del lavoratore, anche di un livello inferiore, qualora ciò costituisca l unica alternativa possibile al recesso datoriale). La S.C., anche recentemente (cfr. Cass., Sez. Lav., n ) ha ribadito che il Giudice adito per la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogato al prestatore per soppressione del posto da questi occupato è tenuto al controllo della effettiva sussistenza del giustificato motivo oggettivo posto alla base del recesso 2

3 datoriale, mentre non può sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, in quanto espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall art. 41 della Cost. Il datore di lavoro, in ogni caso, ha l'onere di provare l'impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, pur esigendosi dal medesimo lavoratore una collaborazione nell'accertamento di un suo possibile reimpiego nel contesto lavorativo, mediante l'allegazione dell'esistenza di altri posti di lavoro nei quali poteva essere utilmente collocato, conseguendo a tale allegazione l'onere della parte datoriale di provare la non utilizzabilità dei posti predetti. Quanto, infine, all applicazione dei criteri di scelta oggettivi e predeterminati, va rilevato che se il motivo oggettivo consiste nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, in relazione al quale non sono utilizzabili né il normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere, né il criterio dalla impossibilità di repechage, il datore di lavoro deve pur sempre improntare l'individuazione del soggetto (o dei soggetti) da licenziare ai principî di correttezza e buona fede, cui deve essere informato, ai sensi dell'art cod. civ., ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e, quindi, anche il recesso di una di esse (cfr., ex plurimis, CASS., Sez. Lav, n. 7046). Più specificamente, quando il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale assolutamente omogeneo e fungibile, ai fini del controllo della conformità della scelta dei lavoratori da licenziare ai principi di correttezza e buona fede di cui all art c.c., non essendo utilizzabili nè il normale criterio della "posizione lavorativa" da sopprimere in quanto non più necessaria, nè tanto meno il criterio della impossibilità di repechage (in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili), ben può farsi riferimento, pur nella diversità dei rispettivi regimi, ai criteri che l'art. 5 della l. 223/91 detta per i licenziamenti collettivi (cfr. Cass., Sez. Lav., n ). Ebbene, nel caso di specie, al di là di ogni valutazione in merito alla effettiva esistenza del motivo oggettivo addotto da parte datoriale, ovvero il calo di lavoro registrato nel reparto stampaggio (il che, stante la presenza in atti di un mero prospetto ufficioso, necessiterebbe anche di apposita istruttoria), appare, al contrario, evidente come parte datoriale non abbia dato dimostrazione né dell impossibilità del repechage ma, 3

4 soprattutto, dell osservanza dei criteri di buona fede nella selezione dei lavoratori da licenziare. Sotto il primo aspetto, si rileva che il prospetto allegato alla memoria di costituzione di parte datoriale, se attesta una lieve diminuzione di fatturato e ore lavorate nel reparto stampaggio, d altro canto attesta, altresì, un importante aumento del fatturato e delle ore lavorate presso il reparto di produzione stampi, il che suggerirebbe la possibilità di spostare il personale eccedente da un reparto all altro. Il fatto che il reparto stampi sarebbe stato interessato da una forte automazione con conseguente esigenza di personale con particolari qualifiche scolastiche è circostanza solo genericamente allegata da parte datoriale che ha omesso di indicare con esattezza quali fossero le professionalità necessarie e le motivazioni in ordine all inidoneità del ricorrente. Ancora maggiormente lacunosa si è, poi, rivelata la dimostrazione dei criteri di scelta che avrebbero portato ad individuare il ricorrente, nonché gli altri tre lavoratori, interessati dal licenziamento. Sul presupposto della fungibilità delle relative posizioni, parte datoriale ha, infatti, addotto di avere, innanzitutto, escluso dalla possibilità di licenziamento quei lavoratori che avevano importanti carichi familiari, indicati nominativamente in memoria con numero di familiari a carico. Per il resto, ha escluso una serie di altri operai, sul presupposto che costoro, a differenza del ricorrente, avrebbero la caratteristica della polivalenza nel senso che possono essere impiegati, per preparazione scolastica e/o specifiche esperienze, anche negli altri settori che la Bora sta sviluppando. Ebbene, non è dato sapere quali siano le tipologie di preparazione scolastica e di esperienze che avrebbero tali lavoratori e non possedute, invece, dal ricorrente, nonché quali siano i settori della Bora in via di sviluppo, sicché la genericità dell allegazione non permette di distinguere tale criterio dal mero arbitrio. Si tratta, peraltro, anche di circostanze contestate da parte del ricorrente il quale, al contrario, ha allegato di avere svolto diverse mansioni all interno della Bora, venendo applicato a macchinari diversi, ed ha aggiunto che sono rimasti in servizio dipendenti, oltre che con minore anzianità, anche con inquadramento inferiore al suo (circostanze non contestate). 4

5 Deve, dunque, ritenersi, pur nella sommarietà della presente cognizione, che parte datoriale non abbia fornito la prova del nesso causale consequenziale tra l esigenza di soppressione del posto di lavoro e la persona del lavoratore ricorrente. Per quanto riguarda le conseguenze dell illegittimità, sotto tale profilo, del licenziamento per motivo oggettivo, la giurisprudenza di merito è divaricata nel dare applicazione al nuovo comma 7 dell art. 18 St.Lav. che, nel prevedere una tutela reintegratoria ed una meramente risarcitoria a fronte di una medesima fattispecie di licenziamento economico illegittimo, sicuramente pone rilevanti problemi di tipo interpretativo ma anche di tenuta costituzionale. Nella specie, tuttavia, si deve rilevare come l illegittima individuazione del ricorrente tra la platea dei soggetti passibili di licenziamento non possa che fungere da elemento rilevatore del motivo illecito determinante addotto da parte ricorrente, ossia l intenzione di parte datoriale di colpire, comunque, dipendenti scomodi, perché sindacalizzati e, in particolare, affiliati alla Fiom-Cgil. Pur se, a detta della datrice di lavoro, il reparto in questione era interessato da una forte presenza del sindacato, essendo affiliati FIOM ben 32 addetti su un totale di 60, tuttavia, il fatto che, al momento di scegliere i 4 lavoratori da licenziare, la scelta sia ricaduta proprio su soggetti, tutti appartenenti a tale sindacato, e senza che tale scelta sia giustificabile sulla base degli usuali criteri di buona fede utilizzati dalla giurisprudenza, rende del tutto plausibile la tesi della discriminatorietà dei recessi sostenuta da parte ricorrente (ed anche rafforzata da una serie di altri comportamenti tenuti dalla medesima Bora ed oggetto di separato giudizio intentato ai sensi dell art. 702 bis c.p.c.). In proposito, si ricorda che ai sensi del D.lgs. 216/2003, si verifica un trattamento discriminatorio sul luogo di lavoro, quando il datore o un altro soggetto nello stesso ambito tenga un atteggiamento tale da comportare un trattamento differente nei confronti di uno o più lavoratori determinati rispetto a quello tenuto nei confronti della generalità di essi e, contestualmente, quando detto atteggiamento non sia sorretto da una ragione idonea a giustificarlo, ma solo da fattori (quali, ad esempio, il sesso, la razza, la fede, l età) del tutto irrilevanti ai fini dello svolgimento dell attività lavorativa. Come di recente affermato dalla Suprema Corte (v. sent. n. 6575/16), poi, la discriminazione- diversamente dal motivo illecito- opera obiettivamente -ovvero in ragione dei mero rilievo del trattamento deteriore riservato al lavoratore quale effetto 5

6 della sua appartenenza alla categoria protetta- ed a prescindere dalla volontà illecita del datore di lavoro. La discriminazione determinata dall affiliazione o dalla non appartenenza ad un associazione sindacale è, poi, disciplinata specificamente dall art. 15 St.Lav. il quale permette un azione diretta (in via di cognizione ordinaria) da parte del lavoratore volta a far valere la nullità degli atti discriminatori adottati. Inoltre, secondo la giurisprudenza di merito che si è occupata di simili controversie, nelle convinzioni personali, con riguardo alle quali non sono ammesse discriminazioni, rientra anche l affiliazione sindacale, con possibilità, pertanto, di agire, anche in materia di lavoro, ai sensi del D.lgs. 216/2003 tramite procedimento sommario di cognizione. Di conseguenza, atteso che lo stesso comma 7 dell art. 18 St.Lav. prevede che, anche in caso di licenziamento economico illegittimo, qualora il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie, trovano applicazione le tutele previste dal medesimo art. 18, parte convenuta va condannata, ai sensi del comma 1, a reintegrare il ricorrente e a risarcirgli il danno pari a tutte le retribuzioni perdute dal licenziamento sino alla reintegra. È, infatti, lo stesso legislatore ad avere colto la possibilità che dietro lo schermo di un licenziamento irrogato per motivi economici possa nascondersi l intento di liberarsi di lavoratori scomodi, per motivi discriminatori. Per questi motivi il ricorso va accolto. Spese secondo soccombenza. P.Q.M. In accoglimento del ricorso, dichiara la nullità del licenziamento irrogato al ricorrente e condanna parte convenuta a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro e a risarcirgli il danno pari ad un indennità risarcitoria commisurata all ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell effettiva reintegrazione, oltre interessi e rivalutazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi dal giorno del licenziamento fino a quello dell effettiva reintegrazione; condanna parte convenuta al pagamento in favore del ricorrente delle spese di lite che liquida in euro 1823,00 per compenso professionale, oltre IVA e CPA come per legge. Ancona, lì 02/05/2016 6

7 Il Giudice del Lavoro Dott. Arianna Sbano (atto sottoscritto digitalmente) 7

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