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Transcript:

1 Suppongo madame Lefèvre sia stata la scintilla di gran parte di quel che avvenne dopo. Il che è sorprendente, in quanto dubito che in tutta la sua vita madame Lefèvre sia mai stata la scintilla di alcunché. Anche adesso: guardo le parole «scintilla» e «madame Lefèvre» e mi domando come siano arrivate a coabitare nella stessa frase. È sempre bello starsene a casa quando si è malati, eh, monsieur Zhukovski? Ecco la prima di due osservazioni che innescarono una catena di eventi destinati a trasformare la mia vita in un modo all epoca impensabile. Difficile infatti immaginare osservazione piú scontata, ovvietà piú ovvia, eppure ebbe conseguenze profondissime. Spero non le dispiaccia se glielo dico, monsieur Zhukovski, ma sta diventando troppo vecchio per correre sempre a destra e a sinistra. Secondo me dovrebbe darsi una calmata. E questa fu la seconda osservazione. Allora mi dispiacque eccome sentirmelo dire, visto soprattutto che non le avevo chiesto niente, ma è difficile prendersela, se si è costretti a letto da una febbre da cavallo e quella che si è autoproclamata tua infermiera decide di somministrarti consigli indesiderati. Quindi probabilmente dissi «Ha ragione, madame Lefèvre» e non aggiunsi altro, per poi ricevere il sacramento dell ultima razione di medicine che si era procurata per una cifra smodata nella farmacia di fronte. Entrambe le osservazioni risalgono allo stesso giorno: il primo gennaio 1991, cosa che all epoca non mi fece alcun 3

effetto. Non sono il tipo che dà importanza a certe coincidenze, né ad altre forme di superstizione o scaramanzia, ma oggi persino io devo ammettere che la data era perfetta. Avevo cominciato a sentirmi poco bene la vigilia di Natale, senza tuttavia preoccuparmi. A parte qualche raffreddore, ho sempre goduto di buona salute. Non sono uno che fa scene e non proclamo l arrivo di un influenza alla prima soffiata di naso. Per quel che ricordo, anzi, prima di allora l influenza non l avevo mai presa. Né rammento di essermi mai messo a letto malato. Semplicemente, pensavo di essere un po giú. Il 1990 era stato un anno pesante, pieno di spostamenti. Avevo avuto bisogno di lavorare di piú e piú rapidamente di quanto mi accadesse da parecchio tempo, e la cosa doveva avermi esaurito. Ottobre e novembre erano stati i mesi piú difficili. Perciò, quando avevo iniziato a sentirmi male avevo salutato quasi con gioia quella pausa. Natale non è il mio periodo dell anno preferito. Aborro le assurdità della religione e non ho una famiglia a cui infliggere doni sgraditi. Le quattro o cinque conoscenze che in genere la sera sono disposte ad aiutarmi a puntellare il bancone di qualche bar vanno tutte a trovare parenti che detestano. Per due settimane Parigi chiude i battenti. Non hai niente da fare. Anche senza essere malati, la casa è il posto migliore dove starsene; l unico, anzi. Ma non avevo mai considerato casa il mio appartamento, ecco perché l osservazione di madame Lefèvre mi fece tanto effetto. Non che chiamassi casa qualche altro posto: semplicemente, era un concetto a me estraneo. Forse non avevo mai affrontato davvero la questione. Dunque eccomi lí, un uomo tranquillo e discretamente agiato, prossimo ai sessantun anni e che da trentasei viveva nello stesso appartamento, ma senza casa. E piú ci riflettevo, piú quella parola, «casa», si complicava. Mi resi conto che non la usavo mai. Quando ogni autunno rientravo dai miei viaggi, non 4

pensavo «Torno a casa». Quando alla fine di una serata mi infilavo il cappotto in un bar, non dicevo ai miei amici «È ora che me ne vada a casa». No. Pensavo «Torno a Parigi», o dicevo «L appartamento mi chiama». Casa era una parola che non usavo proprio. Tutto ciò sarebbe forse rimasto pura speculazione, non fosse stato per la seconda osservazione di madame Lefèvre, quella sul fatto che ero troppo vecchio per correre sempre a destra e a sinistra. Nei precedenti trentasei anni avevo condotto una vita che probabilmente altri definirebbero insolita e interessante, ma che per me era da tempo diventata routine. Nel 1955 avevo iniziato a scrivere una piccola guida turistica dei paesi dell Est. Come molte cose destinate a rivelarsi importanti nella vita di una persona, era successo quasi per caso. Ero senza lavoro e dovevo trovare in fretta qualcosa da fare. Mi piaceva viaggiare, soprattutto nell Europa dell Est. In quel periodo ero iscritto al Partito comunista francese, e l idea di spiegare con obiettività agli altri le società comuniste mi allettava. Vero è che all epoca i turisti che andavano in Europa orientale erano abbastanza pochi, ma qualcuno c era, e nessuna guida francese si rivolgeva a loro. Perciò avevo cominciato la Guide Jaune. Era partita come una pubblicazione modesta. C era una sezione dedicata a ciascun paese del Blocco sovietico, con un breve commento, una descrizione delle città e dei luoghi d interesse principali e una lista di alberghi e ristoranti. Negli anni a seguire si era ampliata fino a diventare, nel 1991, un volume di dimensioni considerevoli. In Francia tirava nelle librerie indipendenti, poi erano uscite anche l edizione tedesca e inglese. Non si trattava mai di vendite enormi, ma garantite sí, e io potevo permettermi una vita che molta gente mi avrebbe invidiato: autonoma, varia e, se non esattamente ricca, perlomeno comoda. Non avevo collaboratori. Riuscivo benissimo ad aggior- 5

nare la Guide da solo, aiutato naturalmente da utili informazioni provenienti dagli uffici del turismo e dalle agenzie governative dei vari paesi. Il mio vecchio amico Benoît Picard aveva una tipografia a Parigi e curava per me vendite e distribuzione. Le cose filavano a meraviglia. Per tutto quel tempo avevo passato piú di sette mesi in viaggio ogni anno, partendo puntuale come un cronometro il primo di marzo e tornando agli inizi di ottobre, sempre e solo armato di un unica valigia. Facevo in modo di visitare ciascun paese e ciascuna città importante almeno una volta ogni due anni, ma c erano posti Mosca, Leningrado, Berlino, Varsavia, Praga, Budapest dove andavo tutti gli anni. Al rientro a Parigi, in autunno, la routine cambiava. Ottobre era sempre un mese febbrile, in cui apportavo correzioni e aggiunte al mio libro. La Guide veniva stampata nella seconda metà di novembre, di modo che l edizione aggiornata arrivasse in libreria entro Natale e la gente avesse tutto il tempo di programmare le vacanze per l anno a venire. Le cose erano andate avanti cosí per trentasei anni. Probabilmente sapevo già che prima o poi sarebbe finita, ma non ricordo di aver mai pensato troppo a come o a quando ciò sarebbe accaduto, o a che cosa avrei fatto della mia vita dopo. Già prima dell osservazione di madame Lefèvre, comunque, avevo percepito che la storia mi incalzava. Tutto era iniziato nel 1989, ovviamente, e ancora oggi trovo gli accadimenti di quell anno assolutamente sbalorditivi. Per onestà dovrei dire che il mio stesso attaccamento al comunismo si era ormai indebolito. Nel 1968 ero uscito dal Partito, ma in linea di principio ero rimasto un sostenitore di quanto il sistema sovietico aveva cercato di ottenere e non nutrivo alcun dubbio circa la continuità di quel sistema in Europa orientale, benché ormai non sperassi piú nel suo trionfo altrove. Perciò, quando nel giro di pochi mesi il Blocco sovietico era crollato come un castello di carte ero rimasto basito. Non potevo credere che stesse succedendo. 6

Era come se stessero demolendo sotto i miei occhi l intero edificio della mia vita. Ironia della sorte, il primo effetto della cosa sulla Guide era stato soprattutto positivo. Improvvisamente fioriva questo nuovo interesse per il turismo in Europa orientale e la mia era una delle poche guide disponibili. Ma non avevo bisogno di essere un veggente per sapere che sarebbero seguiti molti altri cambiamenti, assai meno favorevoli per me. Questi si erano fatti sempre piú evidenti nel corso dei miei viaggi nel 1990. Ovunque andassi, mi aspettavano profondi mutamenti; in meno di un anno la situazione si era trasformata. Ogni precedente senso di familiarità era evaporato. Mi ero ritrovato a domandarmi se non fossero cambiate piú cose in quell unico anno che in tutti i trentacinque passati messi insieme. Naturalmente non posso fingere di aver pensato che la maggior parte di quel cambiamento fosse stato in meglio. L effetto complessivo mi sembrava malsano. Aveva anche messo sotto forte pressione la mia vita lavorativa. Laddove prima era stato facile per me aggiornare la Guide con le mie sole forze, adesso capivo che sarebbe diventato impossibile. E stava pure diventando dispendioso. Forse ero stato stupido a non prevedere l avidità che si sarebbe scatenata nelle persone in seguito a quegli eventi. Nel marzo del 1990 come prima tappa ero andato a Praga, nello stesso albergo dove alloggiavo da anni. Alla partenza ero rimasto sorpreso nel vedermi presentare il conto. Immaginando che il nuovo gestore non fosse stato informato degli accordi l avevo fatto chiamare, ma mi era stato detto recisamente che non c era piú nessun accordo. Anche altrove mi ero imbattuto nella stessa situazione, al punto che adesso al mio arrivo dovevo per prima cosa verificare il budget per ciascun soggiorno. Un approccio che non mi garbava affatto. Semmai rappresentava l aspetto piú odioso dell apertura dell Europa orientale al capitalismo. 7