IL CASTELLO DI BAIA La collina, su cui ora sorge il Castello Aragonese di Baia, era occupata in epoca romana da una grandiosa villa rientrante nella tipologia delle lussuose residenze marittime della nobilitas di Roma, i cui resti ancora sopravvivono emergenti lungo il pendio retrostante. Il castello venne costruito sul finire del XV secolo da Alfonso d Aragona per difendere il golfo di Pozzuoli dalle incursioni moresche, nell ambito di un vasto programma di costruzione di sistemi di fortificazione condotto in tutta l Italia meridionale, con lo scopo sia di predisporre una valida difesa contro le frequenti invasioni saracene, sia contro il tenace antagonismo dei baroni locali, spesso coalizzati per abbattere il dominio reale. Lo storico Riccardo Filangieri riferisce che il sovrano, avvalendosi dei consigli dell architetto Francesco di Giorgio Martini, fece erigere una fortificazione a Baia a difesa dell ampia insenatura che va da Miseno a Nisida. Non restano oggi tracce dell originaria architettura del castello, quale fu edificato in epoca aragonese, e poi radicalmente trasformato nei decenni successivi del vicereame spagnolo in seguito alle innovazioni introdotte nelle tecniche militari.
Il completamento dell opera di rafforzamento del castello, lasciato interrotto dagli Aragonesi, fu attuato più tardi dal vicerè Pedro Alvarez de Toledo, quando il castello fu danneggiato nel 1538 dall eruzione di Monte Nuovo, evento che rese necessari estesi restauri, congiunti a quelli voluti da Don Pedro, che comportarono la definitiva perdita della primitiva fisionomia, rappresentata in una xilografia del 1539, nella quale si scorge un altissimo mastio merlato a pianta quadrangolare, cinto da una cortina muraria a sua volta rinforzata da torri angolari parimenti merlate, con base a scarpa e pianta quadrata. Il nuovo organismo edilizio si presentò notevolmente ingrandito verso Sud fu costituito con mura poderose, direttamente poggiate sul banco di roccia tufacea, che fecero assumere ad esso l aspetto che conserva tuttora. L ampio programma di potenziamento del sistema di difesa era concepito come una serie articolata di fortificazioni tra loro organicamente collegate; vennero infatti realizzate piazzeforti disposte prevalentemente lungo la costa (a Gaeta, Mondragone, Ischia, Baia e Pozzuoli), per ostacolare lo sbarco delle flotte nemiche. Nel 1575 Benvenuto Tortorelli propose la costruzione di un muraglione di cinta dal lato del mare avendo individuato un punto di debolezza nella difesa del castello; nel 1670 l ingegnere della Real Corte, Francesco Antonio Picchiatti, indicò urgenti opere di manutenzione, tra cui il restauro del parapetto del baluardo delle Dame e del muro di sostegno di quello soprastante, denominato dello Stendardo. Nel Settecento il castello fu quindi interessato da numerosi eventi: per un trentennio fu occupato dalle truppe austriache, subì nuovi assedi durante il breve periodo della Repubblica partenopea, e una ulteriore breve occupazione da parte delle truppe francesi di Giuseppe Bonaparte; e dopo la riconquista borbonica si procedette al rafforzamento del fortino a mare ed alla costruzione di nuovi quartieri per i soldati. Nel 1887 il presidio militare del castello cessò la sua funzione di fortificazione posta a difesa del litorale flegreo, periodo a partire dal quale iniziò una fase di declino, con continui trasferimenti di proprietà da un amministrazione all altra. Durante la prima guerra mondiale il forte fu adibito alla custodia dei prigionieri di guerra, per cui sul terrazzo della Torre Tenaglia furono innalzati alti muri per la creazione di un recinto. Nel 1926 l Alto Commissariato della Provincia ed il Comune di Napoli ottennero dal Demanio dello Stato che il castello fosse destinato a sede di un grande istituto per gli Orfani di Guerra; nell arco di tre anni vennero effettuate notevoli opere che trasformarono radicalmente il castello, alterando e talvolta cancellando le tracce delle costruzioni realizzate nei secoli precedenti. Nel 1975 il castello cessò la sua funzione di orfanotrofio e la proprietà tornò al Demanio, che nel 1984 provvide ad assegnarlo alla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Province di Napoli e Caserta, che ne aveva proposta la destinazione a museo archeologico dedicato dell area flegrea. IL MUSEO ARCHEOLOGICO Il Castello aragonese, sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei, espone documenti eccezionali da Baia, Miseno, Bacoli: l'imponente "Sacello degli Augustali" di Miseno, ricostruito con la sua decorazione architettonica e scultorea; il complesso delle sculture del Ninfeo di Punta
Epitaffio, ritrovato nel corso di uno scavo subacqueo. La raccolta dei "gessi di Baia", centinaia di frammenti di calchi eseguiti direttamente sulle più celebri sculture greche dell'età classica, e adoperati, tra il I e il II secolo d.c., come modelli per la realizzazione di copie marmoree destinate a decorare ville e edifici pubblici. PARCO ARCHEOLOGICO DI CUMA
Dell antica Cuma, la prima colonia greca di Occidente fondata nella seconda metà dell VIII secolo a.c., si conosce ancora piuttosto poco, se si escludono i numerosi bei vasi greci che nell Ottocento furono estratti dalle sue necropoli e poi dispersi in tutti i musei d Europa. Nel Novecento gli scavi si sono concentrati soprattutto sull acropoli, dove sono visitabili i due grandi templi testimoni della fase greca, trasformati in chiese nel Medioevo: sulla terrazza più bassa il tempio di Apollo, sottoposto ad un rifacimento romano in età augustea, di cui restano un monumento a sedile e una cisterna forse pertinente ad una fontana monumentale di età ellenistica; e, sulla cima più alta dell acropoli, il secondo tempio, detto (senza certezza) di Giove. Sull acropoli è il cosiddetto Antro della Sibilla, il monumento più celebre di Cuma, città che era considerata in età romana un luogo sacro: Virgilio aveva descritto come avvenuta qui la profezia della Sibilla ad Enea.
Da Cuma si facevano derivare i Libri Sibillini, contenenti le profezie che i più alti magistrati dello stato romano consultavano nei giorni più difficili della repubblica; e ancora da qui si facevano venire, obbedendo ad antichi rituali, le sacerdotesse del culto di Demetra-Cerere. Visibili dall acropoli sono anche i resti della città bassa, con i Templi italici del Foro ed i grandiosi ruderi di un edificio termale detto Masseria del Gigante ; inoltre, l anfiteatro di recente riportato alla luce, nonché l Arco Felice, impiantato sul valico che fu aperto nel monte Grillo, confine orientale della città antica, per il passaggio della antica via Domitiana. OASI NATURALISTICA DI MONTENUOVO Il 29 settembre del 1538, le acque del mare sulle coste di Pozzuoli si ritirarono, lasciando sulla spiaggia centinaia di pesci boccheggianti che i pescatori attoniti subito raccolsero. Ma l entusiasmo fu bruscamente interrotto dal terrore: dietro lo strano evento si celava l eruzione imminente del vulcano del Monte Nuovo con le sue ceneri, lapilli e lava incandescente. Da quel momento il paesaggio del monte cambiò irreversibilmente. Il villaggio medievale di Tripergole e il mantello vegetale del rilievo lasciarono il posto a due crateri aridi e senza vita. Fattori geologici, ambientali ed antropici hanno nel tempo profondamente modificato l originario paesaggio vulcanico mostrando oggi una vegetazione ricca ed eterogenea. Dichiarato oasi naturalistica nel 1996, presenta zone steppiche con graminacee (ipparrenia o barboncino) e arbusti bassi e spinosi (Elicriso e Ginestre); zone meno secche con i sempreverdi quali: mirto, lentisco, leccio e corbezzolo; infine la parte interna del cratere più umida è occupata da una densa Lecceta (roverella, castagno, ornello, felce aquilina) e da strati di muschio.