CENTRO STUDI di DIRITTO SANITARIO www.dirittosanitario.net Medici specialisti 1983-1991 Esiste il diritto al risarcimento? L ampio risalto e la notorietà della vicenda ci consente la sintesi della presente nota. La Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nelle sentenze 25 febbraio 1999 in causa C - 131/97, Annalisa Carbonari e a. c. Università degli Studi di Bologna e a.; 3 ottobre 2000 in causa C - 371/97, Cinzia Gozza e a. c. Università degli Studi di Padova e a., ha affermato che dalle direttive del Consiglio 75/362/CEE (articoli 5 e 7); 75/353/CEE, (art. 2, n. 1, lett. c), e 82/76/CEE deriva l'obbligo incondizionato e sufficientemente preciso di retribuire la formazione del medico specializzando. L'adempimento di tale obbligo, ove lo Stato membro non abbia adottato nel termine prescritto le misure di trasposizione delle direttive, deve essere assicurato mediante gli strumenti idonei previsti dall'ordinamento nazionale. Nella sentenza Carbonari la Corte di Lussemburgo ha indicato, quali modalità di adempimento di tale obbligo, l'applicazione retroattiva delle norme nazionali di trasposizione, attraverso un'interpretazione di tale norme conforme alle direttive e, ove tale applicazione non sia possibile, attraverso il risarcimento del danno da mancato adempimento, da parte dello Stato membro, degli obblighi derivanti dall'adesione al Trattato CE. Nella sentenza in causa C - 371/97 la Corte comunitaria ha inoltre affermato che un'applicazione retroattiva delle misure nazionali di trasposizione costituirebbe una misura sufficiente a garantire un adeguato risarcimento, salva la possibilità di dimostrare ulteriori danni. La Corte di Giustizia ha già dichiarato che il principio della responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili è inerente al sistema del Trattato (sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90, C-9/90, Francovich e a., Racc. pag. I-5357, punto 35; Brasserie du pêcheur e Factortame, cit., punto 31; 26 marzo 1996, causa C- 392/93, British Telecommunications, Racc. pag. I-1631, punto 38; 23 maggio 1996, causa C-5/94, Hedley Lomas, Racc. pag. I-2553, punto 24; 8 ottobre 1996, cause riunite C-178/94, C-179/94, e da C-188/94 a C-190/94, Dillenkofer e a., Racc. pag.
I-4845, punto 20; 2 aprile 1998, causa C-127/95, Norbrook Laboratories, Racc. pag. I-1531, punto 106, e Haim, cit., punto 26). Ha anche precisato che se il risultato prescritto dalla direttiva non può essere raggiunto per via interpretativa il diritto comunitario impone allo Stato italiano di risarcire i danni subiti dai singoli; a tal fine, peraltro, come più volte affermato dalla Corte (C-6/1990 F., C-46-/93 3 C-48/1993 B.), devono concorrere tre condizioni: che la norma violata abbia lo scopo di attribuire diritti ai singoli il cui contenuto possa essere identificato, che la violazione sia grave e manifesta, e che sussista nesso di causalità tra la violazione dell'obbligo imposto allo Stato e il danno subito dai singoli. La direttiva n. 82/76 prevedeva l'obbligo di remunerare adeguatamente i medici specializzandi, tenuto conto dell'impegno a tempo pieno richiesto, ed è stata recepita nell'ordinamento italiano con il D.Lgs. n. 257/1991, nonostante il termine per l'adeguamento delle normative nazionali fosse stato fissato al 31.12.1983. Tale decreto limitava la corresponsione della borsa di studio di lire 21.500.000 ai soli medici specializzandi che avevano iniziato i corsi nell'anno accademico 1991-1992, escludendo quindi coloro che li avevano frequentati negli anni precedenti. I decreti interministeriali del 17 dicembre 1991 e 28 dicembre 1991 - che hanno dato esecuzione al decreto legislativo 257/1991 - furono tuttavia annullati dal TAR LAZIO Sez. 1 BIS con sentenza del 16.04.1993 n. 601 nella parte in cui prevedevano la limitazione dell'applicazione del diritto comunitario, in relazione alla disciplina della direttiva n. 82/76, ai soli corsi iniziati nell'anno accademico 1991-92. A questa pronuncia del giudice amministrativo ne seguirono altre (TAR LAZIO Sez. 1 Bis nn. 279, 280, 281, 282 del 25 febbraio 1994). Per porre rimedio a questa situazione di disparità il legislatore emana la Legge n. 370/99 con la quale si è stabilito di corrispondere una borsa di studio, dell'importo onnicomprensivo di lire 13.000.000 annui agli specializzandi medici destinatari delle richiamate sentenze passate in giudicato, del Tar Lazio. Sulla G.U. n. 72 del 27 marzo 2000 è stato poi pubblicato il DM 14 febbraio 2000 contenente le disposizioni di attuazione per la corresponsione di borse di studio agli specializzandi medici ammessi alle scuole di specializzazione negli 1983-1991 di cui agli articoli 11 della legge 370/1999.
Nel 2002 è intervenuta la sentenza del Cons. St. Sez. VI 18 ottobre 2002 n. 6802 che, in riforma della sentenza del TAR LAZIO Sez. III bis 10 agosto 2001 n. 6983, ha accolto il ricorso avverso il DM 14 febbraio 2000 nella parte in cui limita il riconoscimento del diritto alla borsa di studio ai soli destinatari delle sentenze passate in giudicato del TAR LAZIO (Sez. I Bis n. 601/1993 e 279, 280, 281, 282, 283 tutte del 1994), dichiarando inoltre il diritto degli appellanti a percepire le borse di studio dagli stessi reclamati nei limiti e con il rispetto delle condizioni di cui all'art. 11 Legge 370/1999. Per determinare il quantum del danno risarcibile la Corte di Giustizia ritiene adeguata un'applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione della direttiva n. 82/76. La natura incondizionata e sufficientemente precisa delle norme delle direttive, in quanto attribuiscono agli specializzandi un diritto perfetto ad una adeguata remunerazione, da tutelarsi in forma risarcitoria è stata affermata dalle Sezioni Unite nella sentenza 10 aprile 2002, n. 5125 e dalla successiva sentenza della terza Sezione civile del 16 maggio 2003, n. 7630. Potrebbe dunque ritenersi, in astratto, la responsabilità dello Stato italiano per il ritardo con cui ha attuato le disposizioni richiamate. Qualche breve profilo di riflessione: Sotto il profilo processuale va tuttavia registrato come parte della giurisprudenza, anche recentissima, non mostri comunque di ritenere che il risarcimento discenda dalla semplice inadempienza del legislatore italiano ma dal concorso di ulteriori requisiti : a) La tardiva attuazione delle direttive comunitarie in materia ha comportato la mancata imposizione ai medici, che abbiano frequentato i corsi di specializzazione prima dell anno accademico 1991/92, di tutte le limitazioni e le incompatibilità introdotte con il decreto legislativo 257 del 1991, di attuazione delle anzidette direttive. Si sono, pertanto, venute a determinare situazioni non comparabili tra loro perché non è stato precluso, ai medici non soggetti al sistema del decreto legislativo n. 257 del 1991, di portare a termine i corsi con la possibilità (non importa se in concreto utilizzata) di esercitare attività libero professionale ovvero di
avere rapporti di lavoro compatibili con la frequenza a detti corsi. Essi, pertanto, non possono rivendicare lo stesso trattamento riservato ai borsisti ammessi sulla base di un differente meccanismo giuridico introdotto dal decreto legislativo n. 257, ai quali sono stati riconosciuti emolumenti (allo scopo di consentirne la sopravvivenza) proprio a seguito del divieto loro imposto di svolgere qualsiasi attività ulteriore rispetto alla frequenza ai corsi di specializzazione. (Consiglio di Stato, sent. n. 427, 05.12.2006 depositata il 02.02.2007) b) La eventuale intervenuta prescrizione del diritto, rappresenta ancora uno tra gli aspetti più dibattuti: "Il diritto dei medici specializzandi alla corresponsione di borse di studio per la partecipazione alle scuole di specializzazione soggiace al termine di prescrizione quinquennale, poiché riguarda somme dovute dalla pubblica amministrazione con cadenza annuale o inferiore all'anno" (cfr., Trib. Roma, 14/6/2004, in Foro It., 2004, 1, 2511; nello stesso senso Trib. Palermo, 24/3/2004, in Foro It., 2005, 1, 595); ed ancora: "Il diritto dei medici specializzandi alla corresponsione di borse di studio per la partecipazione alle scuole di specializzazione soggiace al termine di prescrizione quinquennale, poiché riguarda somme dovute dalla pubblica amministrazione con cadenza annuale o inferiore all'anno, in forza di disposizioni di legge e non sulla base di un previo riconoscimento da parte dell'amministrazione stessa" (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 9/2/2004, n. 445) - Tribunale di Bari (cfr. sentenze n. 2593/2004 del 22/10/2004, Giudice Dr. DI LALLA; n. 2370/2004 del 19/11/2004, Giudice Dr. RANA, n. 2365/05 del 14-27/10/2005, Giudice dr. LABELLARTE, e sentenze del 13/1/2006 e del 14/7/2006 ). Nello stesso senso si è espressa anche la giurisprudenza amministrativa, che ha deciso: "In mancanza di atti interruttivi, il diritto dei medici specializzandi negli anni precedenti l'anno accademico 1991/1992 a percepire somme sostitutive dell'adeguata remunerazione prevista dalle Direttive Comunitarie relative alla formazione dei medici specialisti, così come quello al risarcimento del danno, si prescrive con il decorso di un quinquennio, trattandosi di somme da corrispondersi ad anno, ai sensi dell'art. 2948 n. 4 c.c., a decorrere dall'epoca in cui i diritti in questione avrebbero dovuto essere fatti valere, cioè dalla data di assunta maturazione del diritto, coincidente con la conclusione di ciascun anno accademico in cui la parte ha frequentato il corso di specializzazione o, al più tardi, dalla data in
cui tale diritto è stato sostanzialmente negato, ossia dall'emanazione del d.lg. n. 257 del 1991, di attuazione della direttiva 82/76/Cee con decorrenza solo dall'anno accademico 1991/1992, vale a dire ottobre 1991" (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. III, 2/5/2002, n. 3824, in Foro Amm. TAR, 2002, 1636). Avv. Ennio Grassini