Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN 228-8693 Pubblicazione del 24.0.203 La Nuova Procedura Civile, 4, 203 Comitato scientifico: Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, segreteria del Consiglio Superiore della Magistratura) - Vittorio CORASANITI (Magistrato) - Francesco ELEFANTE (Magistrato) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Bruno SPAGNA MUSSO (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Paolo SPAZIANI (Magistrato) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato). --------------------------- Reconventio reconventionis nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. La reconventio reconventionis - nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo - nasce dall'eventuale domanda riconvenzionale formulata dall'opponente, a seguito della quale la parte opposta si venga a trovare a sua volta nella posizione processuale di convenuto, cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione, appunto, di una reconventio reconventionis. Cassazione civile, sezione terza, sentenza del 4.0.203, n. 22754 omissis. Con il primo motivo si denunzia violazione di norme di diritto e vizio di motivazione in relazione alla presunta assenza di forma scritta. Sostiene il ricorrente che le la delibere per riconoscimento di debiti fuori bilancio adottate dal Comune perseguono uno scopo economico sociale equivalente a quello che informa di sè i contratti disciplinati dalla legge e quindi il riconoscimento di debito, in quanto generativo di obbligazioni in capo alla pubblica amministrazione alla stregua di un contratto, può farsi rientrare nella categoria degli atti sostitutivi del contratto. 2. Il motivo è infondato. La Corte di appello ha affermato che le delibere poste a base del decreto ingiuntivo non potevano considerarsi ricognizione di debito, perchè non portate a conoscenza del creditore. La motivazione deve essere integrata con i seguenti principi.
Questa Corte ha affermato che il riconoscimento, da parte dei comuni, province o comunità montane, di debiti fuori bilancio, ai sensi del D.L. 2 marzo 989, n. 66, art. 24 (conv, con modif., nella L. 24 aprile 989, n. 44) e del D.L. 2 gennaio 99, n. 6, art. 2 bis (conv., con modif., nella L. 5 marzo 99, n. 80), rientra in un regime provvisorio che consente di far salvi gli impegni di spesa in precedenza assunti senza copertura contabile, ma non innova in alcun modo alla disciplina che regolamenta la conclusione dei contratti da parte della P.A., nè introduce una sanatoria per i contratti eventualmente nulli o comunque invalidi, come quelli conclusi, senza la forma scritta prescritta - appunto per i contratti conclusi iure privatorum dalla P.A. - ad substantiam. 3. Un tale riconoscimento, quindi, presuppone necessariamente l'esistenza di un'obbligazione validamente assunta dall'ente locale, anche se sprovvista di copertura finanziaria, e non può costituire esso stesso fonte di obbligazione. Cass. n. 942 del 20 Cass. 5.2.2007 n. 2489; Cass. 25.5.2005 n. 02; v. anche Cass. 4.2.2006 n. 26826. 4. Nella specie è certo che la fornitura di merce in favore del Comune è stata effettuata dal B. senza che vi fosse un contratto in forma scritta. Il ricorrente, in realtà, vorrebbe indebitamente estendere la sanatoria legale della nullità di cui al D.L. n. 66 del 989 oltre il suo ambito di applicazione, che concerne solo le nullità derivanti dal fatto che l'ente ebbe ad assumere impegni di spesa privi di regolare copertura. 5. La procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio sana la nullità conseguente alla mancata indicazione della copertura finanziaria: ha cioè l'effetto contabile di rendere possibile il pagamento, in applicazione della complessa disciplina approvata ai fini del risanamento delle finanze degli enti locali. Non vale a sanare altre cause di nullità, nè in particolare quella derivante dalla mancata attribuzione dell'incarico in forma scritta Cass. civ. n. 7966/2008, cit. Cass., Cass. civ n. 27406 del 2008. 6. Il profilo della censura con cui si denunzia vizio di motivazione è inammissibile perchè effettuate senza la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell'attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l'indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un'assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. (Cass., n. 478 del 2007; Cass., n. 3777 del 2007; Cass., n. 5604 del 2007). 7. Con il secondo motivo si denunzia violazione di norme di diritto e vizio di motivazione in relazione alla domanda di arricchimento senza causa. Sostiene il ricorrente che la domanda di arricchimento senza causa poteva essere proposta fino alla precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado in virtù della normativa anteriore alla L. n. 53 del 990 applicabile alla presente controversia,e che la domanda
ex art. 204 c.c. costituisce una ementadio e non una mutatio della domanda originaria. 8. Il motivo è infondato. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che le domande di adempimento contrattuale e di arricchimento senza causa, quali azioni che riguardano entrambe diritti eterodeterminati, si differenziano, strutturalmente e tipologicamente, sia quanto alla "causa petendi" (esclusivamente nella seconda rilevando come fatti costitutivi la presenza e l'entità del proprio impoverimento e dell'altrui locupletazione, nonchè, ove l'arricchito sia una P.A., il riconoscimento dell'utilitas da parte dell'ente), sia quanto al "petitum" (pagamento del corrispettivo pattuito o indennizzo). Ne consegue che, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo - al quale si devono applicare le norme del rito ordinario, ai sensi dell'art. 645, comma 2, e, dunque, anche l'art. 83 c.p.c., comma 5 - è ammissibile la domanda di arricchimento senza causa avanzata con la comparsa di costituzione e risposta dall'opposto (che riveste la posizione sostanziale di attore) soltanto qualora l'opponente abbia introdotto nel giudizio, con l'atto di citazione, un ulteriore tema di indagine, tale che possa giustificare l'esame di una situazione di arricchimento senza causa. In ogni altro caso, all'opposto non è consentito di proporre, neppure in via subordinata, nella comparsa di risposta o successivamente, un'autonoma domanda di arricchimento senza causa, la cui inammissibilità è rilevabile d'ufficio dal giudice. Cass. S.U. 27-2-200 n. 2628. 9. In ordine ai limiti temporali dell'esercizio di questa facoltà all'attore è consentito nell'ordinario giudizio di cognizione di proporre, nell'udienza di cui all'art. 83 c.p.c., quelle domande ed eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto, perchè questa rappresenta il primo atto difensivo utile, in quanto temporalmente successivo a quello che ne determina la proponibilità. 0. Invece, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il limite temporale preclusivo alla proponibilità della domanda di arricchimento senza causa deve farsi risalire alla comparsa di costituzione e risposta dell'opposto equivalente, per le ragioni già dette, alla comparsa di risposta del convenuto ai sensi dell'art. 67 c.p.c., nell'ordinario giudizio di cognizione. La comparsa di costituzione e risposta, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, rappresenta, infatti, il primo atto difensivo, in cui l'opposto, a seguito delle difese contenute nell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo dell'opponente, deve proporre, a pena di decadenza (arg. ex art. 67 c.p.c., comma 2), la domanda di ingiustificato arricchimento.. Al di fuori di tali ristretti termini, la domanda di ingiustificato arricchimento non può essere proposta nel giudizio di primo grado conseguente alla proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo, e la sua tardiva proposizione è soggetta al rilievo officioso,
indipendentemente dall'atteggiamento processuale della controparte. Il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario riformato è finalizzato a tutelare, non solo l'interesse di parte, ma anche l'interesse pubblico al corretto e celere andamento del processo (v. in questo senso, anche Cass. 5.7.2007 n. 547; Cass. 29.3.2006 n. 7243; Cass. 27.5.2005 n. 38; inoltre S.U..5.2006 n. 083). Al che consegue che neppure l'accettazione del contraddittorio vale a sanare la sua tardiva proposizione. 2. Si osserva che il testo attuale dell'art. 83 c.p.c., comma 5, (come sostituito dal D.L. 4 marzo 2005, n. 35, art. 2, lett. e ter, conv., con mod., dalla L. 4 maggio 2005, n. 80, con decorrenza dal marzo 2006 (per effetto del D.L 30 dicembre 2005, n. 273, art. 39 bis, conv., con mod., dalla L. 23 febbraio 2006, n. 5; ed applicabile ai procedimenti instaurati successivamente a tale data di entrata in vigore) riproduce lo stesso schema e tenore letterale dell'art. 83 c.p.c., comma 4 (norma quest'ultima applicabile, con decorrenza dal 30.4.995, per effetto della L. 26 novembre 990, n. 353, art. 7), nonchè dell'art. 83 c.p.c., comma 4, nel testo anteriore alla novella del 990. Afferma la disposizione citata: "Nella stessa udienza l'attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi dell'art. 06 e art. 269, comma 3, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate". 3. Di tal che tali principi sono applicabili anche alla presente controversia in quanto l'art. 83 c.p.c., comma 4 nel testo anteriore alla novella del 990, temporalmente applicabile alla presente controversia, è rimasto immutato fino alla formulazione dell'attuale all'art. 83 c.p.c., comma 5. 4. La reconventio reconventionis - nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo - nasce dall'eventuale domanda riconvenzionale formulata dall'opponente, a seguito della quale la parte opposta si venga a trovare a sua volta nella posizione processuale di convenuto, cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione, appunto, di una reconventio reconventionis (v. in questo senso Cass. 3.2.2009 n. 3639 ; Cass. 3.3.2007 n. 8077; Cass. 7.2.2006 n. 2529; Cass. 8.6.2004 n. 45; Cass. 29.7.2002 n. 80). La massima ufficiale così recita: nel giudizio di cognizione ordinario, che si instaura con la proposizione di una domanda mediante atto di citazione, l'attore non può proporre domande diverse rispetto a quelle originariamente formulate nell'atto di citazione, trovando peraltro tale principio una deroga nel caso in cui, per effetto di una domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, l'attore venga a trovarsi, a sua volta, in una posizione processuale di convenuto, così che al medesimo, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, non può essere negato il diritto di difesa mediante la "reconventio reconventionis".
5. Nella specie la necessità di introdurre la domanda di arricchimento senza causa è conseguenza della difesa del Comune opponente, che ha contrastato l'azione contrattuale proposta dal B. eccependo la nullità dei contratti perchè non stipulati in forma scritta, ma la domanda di arricchimento è stata introdotta dall'opposto non nella comparsa di costituzione, ma nel corso del giudizio di primo grado, ed è quindi tardiva come affermato dalla sentenza impugnata. 6. Il profilo della censura con cui si denunzia vizio di motivazione è inammissibile perchè effettuato senza la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell'attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l'indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un'assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. Le spese del giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori come per legge. Così deciso in Roma, il 9 giugno 203 Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 203