Affidamento e potestà genitoriale: tra tribunale per i minori e tribunale ordinario, alla luce della Legge n. 54 del 2005.

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Affidamento e potestà genitoriale: tra tribunale per i minori e tribunale ordinario, alla luce della Legge n. 54 del 2005. Di Alberto Bucci a) ambito di applicazione della legge di riforma. Il comma 2 dell articolo 4 della riforma ( L. n. 54 del 2006) prevede che le disposizioni della legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. La disposizione quindi, attribuisce a tutta la normativa sull affidamento con la riforma dell articolo 155 c.c. e con l introduzione degli articoli 155 bis, ter, quater,quinquies e sexies una valenza di carattere generale che prescinde dalle singole situazioni, di separazione, di divorzio ovvero di contrasto tra genitori naturali, in tutte quelle situazione in cui, in presenza di figli, vi sono dei genitori che non sono più uniti da un vincolo di convivenza. La normativa quindi sarà applicabile ai giudizi di separazione e di divorzio, sia nell ambito dei provvedimenti provvisori del presidente o del giudice istruttore che nelle sentenze finali; in tutti i casi di affidamento dei minori; in tutti i procedimenti di modifica o di revisione delle condizioni di affidamento; nell assegnazione o nella revoca del godimento della casa familiare; nella determinazione dei criteri e l attribuzione di un contributo per il mantenimento della prole, nella determinazione e nella destinazione degli assegni per il mantenimento dei figli maggiorenni. L estensione della normativa ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati fornisce, in relazione alle medesime situazioni, le stesse regole e gli stessi strumenti previsti per i coniugi separati o divorziati, regole e strumenti che la normativa previgente ignorava o non contemplava compiutamente. b) la potestà genitoriale e l affidamento dei figli La riformulazione dell articolo 155 del codice civile, con la precisa statuizione di cui al terzo comma, secondo cui la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori, impone una analisi sulla compatibilità di tale disposizione, con le norme sulla potestà di cui all articolo 317 bis del codice civile che disciplina l esercizio della potestà principalmente con riferimento ai figli naturali. Se la disposizione di cui al terzo comma del nuovo articolo 155, ha, come sembra, una valenza di carattere generale, non può avere più applicazione la regola dell articolo 317 bis che attribuisce la potestà al genitore con il quale il figlio convive, né quella che attribuisce la potestà al genitore che per primo ha fatto il riconoscimento. Ciò perché la legge di riforma, come abbiamo visto, ha attribuito l esercizio della potestà congiunta oltre che ai genitori coniugati, nella separazione o nel divorzio, anche ai genitori ed ai figli naturali. Di conseguenza, salvo le precisazioni e le limitazioni contenute nello stesso terzo comma dell articolo 155 sulle decisioni di maggiori interesse e sulle questioni di ordinaria amministrazione, tutti i minori che abbiano due genitori viventi, sia naturali, che coniugati, sono soggetti alla potestà di entrambi senza alcuna distinzione nella separazione, nel divorzio ovvero nella situazione di non convivenza. Per cui, accanto alla figura prioritaria dell affidamento congiunto alla quale è connaturato l esercizio congiunto della potestà, può dirsi che anche nell affidamento monogenitoriale la stessa potestà permane in capo ad entrambi i genitori. La pregressa versione dell articolo 155 del codice civile, e l attuale articolo 6 della legge sul divorzio (n. 898 del 1970), che non è stata modificato, ma che non è più interamente compatibile con la nuova disciplina (che si applica anche in caso di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio), prevedevano l affidamento come strumento diretto principalmente a disciplinare l attribuzione della potestà genitoriale, nel senso che il genitore (o il co-

niuge) a cui sono affidati i figli ha l esercizio esclusivo della potestà su di essi, salvo le limitazioni imposte dal giudice, avvero dall essere le decisioni di maggiore interesse. Con l applicazione generalizzata dell affidamento, che deve essere prioritariamente congiunto e con la disposizione che stabilisce come la potestà genitoriale è essere esercitata da entrambi i coniugi, anche in caso di affidamento monogenitoriale, tale istituto ha perso gran parte della sua o- riginaria funzione e si riduce, in definitiva, nella maggior parte dei casi, ad un semplice collocamento del minore, nella direzione di assolvere all esigenza che la prole abbia un alloggio definito e duraturo, e con la prevalente funzione di offrire al giudice il criterio prioritario di scelta nell assegnazione del godimento della casa familiare, nell interesse dei figli. Le disposizioni di cui ai nuovi articoli 155 bis e 155 ter, secondo cui il giudice può disporre l affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l affidamento all altro sia contrario all interesse del minore con la previsione che ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l affidamento esclusivo e che il giudice, se accoglie la domanda, dispone l affidamento esclusivo al genitore istante, salva in ogni caso il diritto di ciascun genitore di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l affidamento dei figli e l attribuzione dell esercizio della potestà su di essi, fanno comunque ritenere che, in deroga alla disposizione sulla potestà congiunta, il giudice possa attribuire la stessa in via esclusiva, salvo le limitazioni sulle decisioni di maggiore importanza, ad uno solo dei genitori. Salva l ipotesi di accordo a cui il giudice deve attenersi, deve osservarsi che l attribuzione dell affidamento esclusivo, quando questo è richiesto espressamente da uno dei genitori, anche con una istanza di modifica, può risultare in contrasto con il mantenimento della potestà genitoriale in capo ad entrambi i coniugi. Certamente all affidamento esclusivo non consegue automaticamente l esercizio esclusivo della potestà genitoriale, ma deve osservarsi chele stesse ragioni che giustificano l affidamento e- sclusivo nell interesse del minore, possono portare ad una attribuzione esclusiva della potestà genitoriale, che deve comunque essere espressamente sancita oltre che compiutamente motivata. Tale disposizione può fondarsi sulla possibilità che il giudice, a mente del terzo comma dell articolo 155, possa dare ogni altra disposizione relativa alla prole. La stessa possibilità è del resto prevista nell articolo 155 ter dove è espressamente contemplata la revisione delle disposizioni concernenti l affidamento dei figli e l attribuzione dell esercizio della potestà su di essi. c) la competenza del tribunale ordinario Sorge a questo punto l interrogativo se dovendosi applicare le disposizioni anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, gli stessi procedimenti siano o meno diventati di competenza del tribunale ordinario, innovando alla tradizionale competenza del tribunale per i minori. La competenza del tribunale per i minori in ordine all affidamento dei figli naturali ha il suo fondamento perché, mancando una specifica regolamentazione in merito a tali rapporti tra genitori naturali, è necessario ricorrere alle disposizioni di cui all articolo 136 e 137 bis c.c., sulla regolamentazione dell esercizio della potestà genitoriale, per i figli naturali, che l articolo 38 delle disposizioni di attuazione al codice civile, ha riservato alla competenza di tale organismo. Nel momento in cui tali rapporti sono espressamente regolati dall articolo 155 e seguenti del codice civile, nella versione riformulata, che si applica anche ai procedimenti tra genitori non coniugati, può ritenersi che il tribunale ordinario sia competente a decidere sia sull affidamento dei figli naturali minori, sia sulle connesse questioni economiche o sull assegnazione della casa familiare, ferma restando la funzione regolatrice del tribunale dei minori solamente in ordine alla decadenza ed alla limitazione della potestà genitoriale. Tale soluzione si fonda sul dato contenuto nell articolo 38 citato che non contempla i provvedimenti di cui agli articoli 155 e seguenti del codice civile tra quelli riservati alla competenza del

tribunale dei minori dei provvedimenti, nell ambito di una distinzione di attribuzioni chiara e precisa. Ogni questione che riguarda l affidamento, quindi, sia di figli naturali che legittimi, rientra nella competenza del tribunale ordinario, mentre restano al tribunale dei minori i diversi provvedimenti ablativi o limitativi della potestà relativi ad altri aspetti, come ad esempio quelli diretti alla sostituzione delle direttive dei genitori nell apprestamento di cure, nutrimento, istruzione adeguata, quando gli stessi genitori, naturali o legittimi, esercitino la potestà in modo che sia pregiudizievole per l interesse figli minori. d) la diversa ipotesi di competenza del tribunale per i minori Una diversa soluzione può formularsi solamente sul rilievo che il secondo comma dell articolo 4 della legge n. 54, si riferiscesi ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. Ove infatti possa ritenersi che al tribunale per i minori siano ancora attribuiti i procedimenti relativi alla potestà genitoriale, che coinvolgono figli minori naturali, ferma tale competenza, l incidenza della nuova normativa potrebbe intendersi nel senso che nei procedimenti stessi dovranno essere applicati gli articoli 155 e seguenti del codice civile come gli stessi sono stati riformulati ed introdotti. Tali procedimenti possono essere individuati in quelli previsti dall articolo 316 e dall articolo 317 bis del codice civile. Sulla prima disposizione deve dirsi che resta ferma la competenza del tribunale dei minori, ma l ambito di applicazione della stessa norma è limitata alla soluzione delle questioni che possono insorgere tra genitori che sono ancora conviventi e che non vogliono separarsi e che non chiedono l affidamento: d altro canto tali controversie non riguardano l affidamento dei figli, né il contributo al mantenimento, né l assegnazione del godimento della casa familiare, ed agli stessi sono del tutto estranee le nuove disposizioni del codice civile. Le controversie che attengono all esercizio della potestà genitoriale nella separazione, nel divorzio o nel contrasto tra genitori naturali che non convivono o che non vogliono continuare a convivere, quando vi siano divergenze sull affidamento o sulle modalità dello stesso, non possono rientrare tra quelle previste dall articolo 316 c.c. che attribuisce al tribunale dei minori poteri decisionali limitati e prevalentemente conciliativi. Sull applicazione da parte del tribunale dei minori dell articolo 317 bis c.c., rimane l ipotesi della applicazione dell ultimo periodo del secondo comma della disposizione, secondo cui il giudice, nell esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente, per cui potrebbe intendersi che nell ambito di un procedimento, da condursi in camera di consiglio secondo le regole dell articolo 336 c.c., in un contrasto sulla potestà genitoriale (e sull affidamento) tra genitori naturali il tribunale per i minori dovrà procedere applicando le nuove regole di cui all articolo 155 riformato, in modo del tutto simile a quanto previsto per la separazione e il divorzio, potendo disporre l esercizio monogenitoriale della potestà (e dell affidamento) in deroga alla regola generale dell affidamento e dell esercizio congiunto. Questa tesi escluderebbe il tribunale specializzato dalle decisioni sul contributo al mantenimento e sull assegnazione della casa (essendo il procedimento limitato alla potestà genitoriale), lascerebbe immutata la situazione secondo cui il genitore dovrebbe rivolgersi a due organismi differenti e farebbe nascere difficoltà di coordinamento tra le modalità di affidamento stabilite dal tribunale dei minori e l assegno perequativo, per i minori, che deve essere determinato tenendo conto di quelle regole. Tale tesi, fondata esclusivamente sul rilievo che l estensione delle nuove regole alla prole naturale è fatta con riferimento ai procedimenti, è, a nostro avviso, se non improponibile, assai debole. Occorre tenere conto, infatti, che l articolo 38 delle disposizioni di attuazione del c.c., nel delimitare la competenza, parla di provvedimenti di cui agli articoli 316, 317 bis ecc. e che la stessa norma determina le regola del procedimento, indicando, al terzo comma, che in ogni caso il

tribunale provvede in camera di consiglio sentito il P.M.. Da ciò deve dedursi che l applicazione delle nuove regole previste dagli articoli 155 e seguenti del codice, con tutti i provvedimenti relativi all affidamento, all assegno perequativo per i figli minori, all assegno per i figli maggiorenni, alla assegnazione del godimento della casa familiare, ove non si tratti di un procedimento di separazione o di divorzio, che hanno regole particolari e specifiche, dovrà essere svolto, nel caso di genitori non coniugati, con il rito camerale. Con la conseguenza che lo speciale rito di tali controversie costituisce necessariamente l oggetto di quei procedimenti a cui fa riferimento il comma 2 dell articolo 4 della legge di riforma. La conclusione che individua il tribunale ordinario nell organo giudiziario competente a decidere su tutte le controversie che riguardano i figli minori di genitori non coniugati, non è in contrasto con la riconosciuta legittimità costituzionale della precedente tradizionale ripartizione tra tribunale ordinario e tribunale per i minori (vedi sentenze della Corte Costituzionale n. 23 del 1996, n. 451 del 1997 e n. 135 del 1980). Tali decisioni, infatti, sono fondate sulla legittimità della scelta discrezionale del legislatore, sulla non irrazionalità di tale scelta (per la natura dei due organi giudicanti) e sulla assenza di qualsiasi pregiudizio che potrebbe derivarne alle parti. Le decisioni della Consulta, inoltre, hanno riguardato la questione relativa alla costituzionalità dell articolo 155 terzo comma, nella sua precedente formulazione, in assenza della disposizione che ha esteso l applicazione di tale norma e dei relativi provvedimenti, anche ai procedimenti riguardanti i figli di genitori non coniugati, disposizione che può risolvere ogni dubbio nel senso di una diversa scelta del legislatore, che appare oltretutto molto più razionale della precedente. e) le conclusioni Tutte le istanze previste dal riformato articolo 155 e dai seguenti articoli introdotti, debbono essere proposte con ricorso e quindi con il rito dei procedimenti camerali contenziosi, quando non sia previsto una particolare forma di processo. Per cui, ad eccezione dei procedimenti di separazione e di divorzio, consensuali, congiunti o giudiziali, per i quali si seguiranno le regole di cui agli articoli 706 e seguenti del codice di procedura civile e dell articolo 4 della legge 898 del 1970 sul divorzio -, secondo la nuova formulazione introdotta dalla legge 80/05, potranno essere introdotte con il rito camerale contenzioso, cioè con un ricorso al tribunale civile ordinario: - le domande di affidamento nel contrasto tra i genitori naturali, - le domande di soluzione del disaccordo sull esercizio della potestà genitoriale, tra genitori separati o divorziati o tra genitori non coniugati, ma separati, (di cui al terzo periodo del terzo comma dell articolo 155) - le domande di revisione dell affidamento dei figli di genitori coniugati o naturali di cui dagli articoli 155 bis e ter, - le domande di attribuzione del godimento della casa familiare tra genitori coniugati o naturali di cui all articolo 155 quater, - le domande di pagamento di un assegno periodico per i figli maggiorenni, non economicamente indipendenti, di cui all articolo 155 quinquies, - le domande di soluzione delle controversie sulla potestà genitoriale o sulle modalità di affidamento tra genitori coniugati o naturali, di cui all articolo 709 ter, introdotto nel codice di procedura civile, - le domande di adeguamento delle disposizioni dei provvedimenti sulla separazione o sul divorzio, ovvero di affidamento dei figli di genitori naturali, ai sensi dell articolo 4 primo comma della legge di riforma.

f) le separazioni consensuali tra genitori non coniugati L ipotesi della competenza del tribunale ordinario in ordine alle controversie ed ai procedimenti che possono coinvolgere genitori non coniugati, con riferimento ai figli minori, può far sorgere il dubbio che sia possibile adire al tribunale, per la formalizzazione di un accordo già raggiunto dai genitori stessi, in una sorta di separazione consensuale. Su tale punto non può che osservarsi come nell ipotesi di genitori naturali, non sussiste una inevitabile necessità di un intervento giudiziario, cosa che è invece prevista per i genitori coniugati, in quanto se la coppia si è sciolta per comune accordo, se i genitori sono d accordo perchè il figlio resti presso uno di loro, se i due sono d accordo circa il contributo, non vi è luogo ad alcun intervento giudiziario (Cass. 4273 del 1991). Non dovrebbero quindi trovare spazio le richieste congiunte, dirette a disciplinare l affidamento, l esercizio della potestà genitoriale, atteso che non esistendo alcun contrasto, l affidamento è naturalmente congiunto e congiunto è anche l esercizio della potestà, potendo del resto i coniugi regolare consensualmente di volta in volta gli aspetti legati a tale situazione. Anche per quanto attiene alla determinazione del contributo o all assegnazione del godimento della casa familiare, gli accordi delle parti valgono a rendere inammissibile un intervento preventivo del giudice, che invece può essere attivato in caso di inadempienza all obbligo di contribuzione o in caso di contrasto sul godimento. Oltretutto una determinazione del contributo su ricorso congiunto, è dubbio che possa costituire titolo esecutivo ex articolo 474 del codice di procedura civile. Una formale assegnazione della casa familiare può essere ottenuto, in caso di insorgere di contrasti, con provvedimento di urgenza, ai fini della trascrizione.