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N. 588/16 R. G. LAV. TRIBUNALE di MODENA SEZIONE LAVORO Nel procedimento iscritto al n. r.g. 588/2016 promosso da: MERIEM AQARI, con il patrocinio dell avv. GUARISO ALBERTO e dell avv. NERI LIVIO, elettivamente domiciliata in MILANO, viale Regina Margherita n. 30, presso il difensore avv. GUARISO ALBERTO; RICORRENTE contro COMUNE DI MODENA, con il patrocinio dell avv. VILLANI VINCENZO e dell avv. MAINI STEFANO, elettivamente domiciliato in P.ZZA GRANDE n. 16, C/O CIVICA AVVOCATURA, presso il difensore avv. VILLANI VINCENZO; INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, con il patrocinio dell avv. BASILE ISABELLA PATRIZIA, elettivamente domiciliato in VIALE REITER n. 72, MODENA, presso il difensore avv. BASILE ISABELLA PATRIZIA; RESISTENTI Il giudice del lavoro dott. Luigi Bettini, letti gli atti, a scioglimento della riserva che precede: rilevato che: - con ricorso del 9/5/16 Aquari Meriem adiva il Tribunale di Modena, quale giudice del lavoro, chiedendo l accertamento della natura discriminatoria della condotta del Comune di Modena e dell INPS che le avevano negato l assegno di maternità di cui all art. 74 D.l.vo n. 151/01 e l assegno di natalità di cui all art. 1/125 L. n. 190/14 sul presupposto che non fosse in possesso del permesso di soggiorno CE come soggiornante di lungo periodo, come previsto da entrambe le citate norme che però violavano, da un lato, la direttiva UE 2011/98 e il D.l.vo n. 40/14 che l aveva attuata e, dall altro, l art. 65 dell Accordo euromediterraneo stipulato dalla CE ora UE con il Regno del Marocco il 26/2/96, recepito con L. n. 302/99; - affermava che: 1) la direttiva stabiliva che i lavoratori stranieri beneficiano dello stesso trattamento dello Stato membro in cui soggiornano per quanto riguarda i settori della sicurezza sociale, e dunque anche per quanto riguarda trattamenti di maternità e paternità e prestazioni familiari, e dunque anche quelli oggetto di causa; 2) lo Stato italiano aveva recepito la direttiva con il D.l.vo n. 40/14, omettendo però di garantire la parità di trattamento con i cittadini stranieri; 3) doveva quindi farsi diretta applicazione dell art. 12 della citata direttiva, essendo direttamente esecutiva perché sufficientemente chiara; 4) sotto Pagina 1

altro profilo il citato Accordo euromediterraneo stabiliva che i cittadini marocchini e i loro famigliari conviventi godono in materia di previdenza sociale di un regime caratterizzato dall assenza di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza rispetto ai cittadini degli Stati membri in cui essi sono occupati; 4) per previdenza sociale intendeva le prestazioni in materia di malattia e maternità, di invalidità, di vecchiaia, di reversibilità, le prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali, le indennità in caso di decesso, i sussidi di disoccupazione e le prestazioni familiari; 4) la nozione ampia di previdenza sociale comprendeva dunque anche l assegno familiare e l assegno di natalità, peraltro in accordo con la nozione comunitaria di previdenza sociale, contenuta nel regolamento CE n. 1408/71; - poiché dunque sia l art. 1/125 L. n. 190/14 che l art. 74 D.l.vo n. 151/01 contrastavano con la normativa comunitaria dovevano essere disapplicati nella parte in cui prevedevano quale requisito il possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo, a nulla rilevando che non ne fosse in possesso; il Comune di Modena e l INPS dovevano essere condannati a pagarle l assegno di maternità e il solo INPS doveva essere condannato a pagarle l assegno di natalità; - si costituiva in giudizio l INPS rilevando che: 1) il ricorso era inammissibile poiché difettava la sua legittimazione passiva in relazione alla domanda avente a oggetto l assegno ex art. 74 D.l.vo n. 151/01; 2) il ricorso era improponibile o inammissibile in relazione a entrambe le domande poiché la ricorrente non aveva terminato il prescritto procedimento amministrativo proponendo il dovuto ricorso avverso i provvedimenti di rigetto; 3) nel merito l assegno di natalità era stato negato poiché la ricorrente non era in possesso del permesso di soggiorno di lunga durata e l INPS non era titolare di alcun potere concessorio circa l assegno di maternità; - si costituiva altresì in giudizio il Comune di Modena chiedendo il rigetto delle domande perché infondate in fatto e in diritto; - affermava che: 1) l art. 74 D.l.vo n. n. 151/01 richiedeva il possesso del permesso di soggiorno superiore all anno e il Comune di Modena con apposita delibera aveva esteso la concessione del beneficio agli stranieri che avevano il premesso di soggiorno per almeno un anno; 2) in presenza della norma - anche se ritenuta incostituzionale o contrastante con il diritto comunitario - il Comune non aveva potuto far altro che applicarlo e dunque aveva rigettato la domanda amministrativa poiché la ricorrente non ne era in possesso; 3) non poteva quindi ritenersi responsabile di alcunché né vi era stata alcuna discriminazione nei confronti della ricorrente; - all udienza del 21/7/16 la ricorrente rinunciava agli atti del giudizio, a spese compensate in relazione alle domande relative all assegno di maternità, anche con riferimento a quelle conseguenti di pagamento dello stesso da parte dell ente previdenziale; il Comune di Modena e l INPS accettavano la rinuncia e il giudice dichiarava l estinzione del giudizio in relazione a quelle domande, a spese compensate; insisteva nell accoglimento delle restanti domande, di cui l INPS chiedeva il rigetto; il giudice riservava la decisione; ritenuto che: - oggetto del giudizio sono solo le domande della ricorrente relative all assegno di natalità ex art. 1/125 L. n. 190/14, poiché all udienza del 21/7/16 è già stata pronunciata ordinanza di estinzione del giudizio in relazione alle altre domande svolte nei confronti del Comune di Modena (e quale ente pagatore dell INPS); - in relazione alle restanti domande deve anzitutto essere rigettata, in via pregiudiziale e in senso non ostativo alla decisione sul merito, l eccezione di improcedibilità svolta dall INPS; Pagina 2

l Istituto previdenziale resistente lamenta il fatto che la ricorrente, vistasi rigettare la domanda o meglio revocare la prestazione originariamente concessa, non ha esperito il relativo ricorso amministrativo, rendendo così improcedibile quello giurisdizionale ex art. 443 c.p.c.; - l eccezione è infondata; - è consolidato l orientamento giurisprudenziale secondo cui in materia di controversie previdenziali di cui agli artt. 443 e ss. c.p.c. la preventiva presentazione della domanda amministrativa costituisce un presupposto dell azione, mancando il quale la domanda giudiziaria è improponibile poiché in tal caso si determina una temporanea carenza di giurisdizione, rilevabile anche d ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio, senza che tale difetto possa essere sanato in relazione alla presentazione di domanda amministrativa concernente prestazione previdenziale diversa, ancorché compatibile con quella poi richiesta in sede giudiziaria (da ultimo Cass. civ., VI, n. 9504/15); - al contrario la preventiva presentazione del ricorso amministrativo è condizione di procedibilità della domanda giudiziale ex art. 443 c.p.c.; la presentazione del ricorso, volto a instaurare la procedura amministrativa giustiziale, è finalizzata non tanto all eliminazione dell atto impugnato, quanto a ottenere un riesame di ciò che è stato esaminato deciso dalla P.a. che ha emanato l atto, e cioè un riesame del rapporto, come espressamente stabilito dall art. 8 L. n. 533/73 secondo cui in tali procedimenti non si tiene conto dei vizi, delle preclusioni e delle decadenze verificatesi; il rapporto tra contenzioso amministrativo e contenzioso giudiziario è fissato dall art. 443 c.p.c., il cui primo comma prescrive che la domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie non è procedibile se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi centottanta giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo; in tal modo la tutela giurisdizionale garantita dall art. 24 Cost. è differita nel tempo e ciò è possibile, senza che sia leso il citato parametro costituzionale, nella misura in cui dall esperimento dei rimedi amministrativi possa conseguire un qualche effetto di tutela dei diritti potenzialmente azionabili innanzi al giudice; - tale rapporto non è tuttavia generalizzato, sussistendo solo quando la procedura amministrativa giustiziale sia espressamente prevista da una legge speciale, il che non è nel caso di specie, ove nessun ricorso amministrativo è previsto per l assegno di natalità né nella L. n. 88/89 né nella L. n. 190/14; - se così è, poiché è pacifico che la ricorrente ha presentato domanda amministrativa che è stata rigettata, o meglio dapprima accolta e poi successivamente rigettata con revoca delle prestazione già concessa, da un lato la domanda non può dirsi improponibile poiché la domanda amministrativa è stata presentata e, dall altro, non può nemmeno dirsi improcedibile poiché il ricorso amministrativo non è previsto dalle leggi speciali; - per tali motivi l eccezione deve essere rigettata; - nel merito le domande sono fondate e devono essere accolte; - unica questione controversa fra le parti riguarda il requisito per ottenere l assegno richiesto del possesso del permesso di soggiorno di lunga durata che l INPS afferma essere necessario ex art. 1/125 L. n. 190/14 e che invece la ricorrente afferma non essere necessario visto che la norma sul punto contrasta con la direttiva UE 2011/98 e il D.l.vo n. 40/14 che l aveva attuata e, dall altro, con l art. 65 dell Accordo euromediterraneo stipulato Pagina 3

dalla CE ora UE con il Regno del Marocco il 26/2/96, recepito con L. n. 302/99, e per tale ragione deve essere disapplicata; - la difesa coglie nel segno; - sotto un primo profilo l art. 1/125 L. n. 190/14 nel prevedere quale requisito il permesso di soggiorno di durata superiore all anno risulta contrastare con la direttiva europea 2011/98/UE volta a garantire parità di trattamento ai cittadini di paesi terzi ammessi in uno Stato membro a fini diversi dall attività lavorativa ai quali è consentito lavorare nonché ai cittadini dei paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi, con i lavoratori cittadini dello Stato membro in cui soggiornano, in diversi settori tra i quali quello della sicurezza sociale definito dal regolamento CE 883/2004; - il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 25/12/13 e deve ritenersi che il suo art. 12, non trasposto nel D.l.vo n. 40/14, di portata chiara e incondizionata, debba trovare direttamente applicazione nell ordinamento con conseguente disapplicazione delle norme nazionali eventualmente contrastanti, visto che nel sistema gerarchico delle fonti la direttiva si pone al di sopra della legislazione nazionale che se contrastata deve essere disapplicata, senza la necessità di rinvio alla Corte di Giustizia, attesa la chiarezza della disposizione; - nel caso di specie, sul piano soggettivo, poiché il permesso di soggiorno della ricorrente le consente lo svolgimento di attività lavorativa in Italia, deve ritenersi applicabile l articolo 12 citato; - sul piano oggettivo la prestazione richiesta, sebbene assistenziale secondo una distinzione propria dell ordinamento italiano, fa parte del settore della sicurezza sociale oggetto del regolamento comunitario richiamato dalla direttiva poiché è diretta a compensare i carichi familiari, in modo continuativo, fino al compimento dei tre anni di età del figlio ed è erogata senza discrezionalità alla sussistenza dei requisiti di reddito prescritti. - a tale proposito non può rilevare che il riferimento al rapporto di lavoro presupponga il riconoscimento di una prestazione previdenziale, fondata su un rapporto contributivo, e dunque non di quelle assistenziali, fra cui l assegno di natalità richiesto dalla ricorrente; - secondo un recente orientamento giurisprudenziale che questo giudice condivide non vi è sovrapposizione tra il concetto comunitario di sicurezza sociale e quello nazionale di previdenza sociale; il concetto comunitario di sicurezza sociale deve essere valutato alla luce della normativa e della giurisprudenza comunitaria per cui deve essere considerata previdenziale una prestazione attribuita ai beneficiari prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione legalmente definita e riferita ad uno dei rischi elencati nell art. 4, n. 1, del Regolamento n. 1408/71, dove sono incluse le prestazioni di invalidità ; (così espressamente Cass. civ., sez. lav., n. 17966/11); nella nozione di sicurezza sociale formatasi in ambito comunitario - alla luce della quale deve essere interpretato il citato art. 12 devono quindi essere comprese anche le prestazioni che per il diritto italiano sono assistenziali (il caso affrontato dalla Corte era relativo a una pensione di inabilità, prestazione assistenziale); - sotto altro profilo deve ancora rilevarsi che la ricorrente è cittadina marocchina; dall esame dell art. 65 dell Accordo euromediterraneo stipulato dalla CE ora UE con il Regno del Marocco il 26/2/96, recepito con L. n. 302/99, risulta che i lavoratori di cittadinanza marocchina e i loro familiari conviventi godono in materia di previdenza sociale di un regime caratterizzato dall assenza di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza rispetto ai cittadini degli Stati membri in cui essi sono occupati; l espressione previdenza sociale intende le prestazioni in materia di malattia e maternità, di invalidità, di Pagina 4

vecchiaia, di reversibilità, le prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali, le indennità in caso di decesso, i sussidi di disoccupazione e le prestazioni familiari; - dunque la norma estende ai lavoratori con cittadinanza marocchina le prestazioni in materia di previdenza sociale previste per i cittadini dello Stato europeo in cui sono occupati, senza che possano in alcun modo essere discriminati per qualsiasi ragione; - e circa il fatto che la disciplina debba essere applicata anche alle prestazioni assistenziali, fra cui l assegno di natalità, devono ripetersi le osservazioni già svolte; - se così è, deve ritenersi che l art. 1/125 L. n. 190/14 contrasti anche con tale Accordo, e dunque con il diritto comunitario, nella parte in cui richiede che lo straniero che richiede l assegno di natalità sia in possesso della carta di soggiorno, ora permesso di soggiorno, di cui all art. 9 L. n. 286/98; - d altra parte la dizione ampia del citato art. 65 in cui sono comprese genericamente anche le prestazioni familiari induce a ritenere che la norma non abbia inteso distinguere fra prestazioni, limitando il riconoscimento solo ad alcune di esse, quelle che nel diritto interno sono legate al requisito contributivo; - se dunque la norma nazionale pone lo straniero in una situazione di svantaggio rispetto al cittadino italiano si realizza una discriminazione oggettiva, sussistente a prescindere dalla volontà diretta a porla in essere, con conseguente ammissibilità della domanda con rito speciale, gravando su tutti gli organi dello Stato, comprese le Pubbliche amministrazioni l obbligo di applicazione diretta della norma comunitaria (Corte di Giustizia n. 103/88); - se così è, accertata la natura discriminatoria della condotta in relazione all art. 1/125 L. 190/14, deve essere ordinato all INPS resistente di cessare la condotta discriminatoria nei confronti della ricorrente e, quindi, di riconoscere e di pagare alla ricorrente l assegno di natalità ex art. 1/125 L. n. 190/14, pari a. 1.760,00 fino al 31/5/16, oltre alla maggior somma fra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo; - nessuna contestazione è stata infatti compiuta circa il possesso in capo alla ricorrente degli altri requisiti per ottenere l assegno richiesto né circa il suo ammontare; - la particolarità delle questioni affrontate e la loro novità consentono di compensare per metà le spese processuali; la restante metà segue la soccombenza ed è liquidata come in dispositivo, con distrazione a favore dei procuratori costituiti che ne hanno fatto rituale richiesta; Pagina 5 P.Q.M. 1) ordina all INPS di cessare la condotta discriminatoria nei confronti della ricorrente e, per l effetto, condanna l INPS a pagare alla ricorrente l assegno di natalità ex art. 1/125 L. n. 190/14 - pari a. 1.760,00 fino al 31/5/16 - oltre alla maggior somma fra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo; 2) compensa per metà le spese processuali; condanna l INPS al pagamento a favore della ricorrente della restante metà, liquidata in complessivi. 650,00 per compenso, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge, da distrarsi a favore dei procuratori costituiti. Si comunichi. Modena, 30/9/16 Il giudice del lavoro dott. Luigi Bettini