II DOMENICA DI AVVENTO DOMENICA " DELLA PREDICAZIONE DI GIOVANNI BATTISTA"

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II DOMENICA DI AVVENTO DOMENICA " DELLA PREDICAZIONE DI GIOVANNI BATTISTA" Mc 1,1-8; Is 40,1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3,8-14 II Colletta O Dio, Padre di ogni consolazione, che agli uomini pellegrini nel tempo hai promesso terra e cieli nuovi, parla oggi al cuore del tuo popolo, perché in purezza di fede e santità di vita possa camminare verso il giorno in cui manifesterai pienamente la gloria del tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo... L inizio del Vangelo di Marco, che oggi viene proclamato, è esplicito: Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Cioè: vi annuncio la buona notizia che Gesù è il Messia, è il Figlio di Dio. Vi annuncio che viene, che c è, che è in mezzo a noi, con la sua grazia, la sua forza, la sua potenza, il Salvatore che è Cristo Signore. Nel deserto della nostra insignificanza risuona una voce vera; nel deserto del mondo si fa strada un uomo vero: Gesù Cristo con il suo Vangelo. Come Giovanni il Battista, siamo chiamati a preparare una strada al Signore che viene. Preparare la strada: oggi possono essere molteplici le strade per andare incontro al Signore, per far arrivare il Signore e il suo Vangelo nel mondo, tra gli uomini, nel loro cuore. Una voce risuona nel deserto e invita a preparare nel deserto la via, la strada del Signore. Giù le colline, via le valli: deve essere una bella strada pianeggiante, comoda. Ma può essere anche una strada in salita, per andare sul monte e da lassù gridare con più forza la verità del Vangelo del Signore. Un Signore, Dio, che sulla strada cammina con noi come buon pastore. Una strada che ha una meta: i cieli nuovi e la terra nuova (II lettura). Dal giorno del nostro Battesimo, nello Spirito Santo, Cristo è con noi. Egli è la meta del nostro cammino, della nostra strada. Lui è il trionfatore: lasciamogli strada, facciamogli strada. La voce non grida più solo nel deserto, grida nella città. La strada non attraversa solo il deserto, attraversa la città, attraversa la Chiesa: quella strada è Cristo stesso, che ha dichiarato: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6). Quella strada è l uomo, come amava ripetere san Giovanni Paolo II, che diceva: «L uomo è la via della Chiesa!». Il Signore è sulla nostra strada, il giorno del Signore è vicino, ci ricorda l apostolo Pietro (II lettura): va accolto, va riconosciuto; lui viene, colmo di Spirito Santo, per renderci profeti sulle vie del mondo, testimoni dell amore, della misericordia, della consolazione di Dio Padre.

PRIMA LETTURA Dal libro del profeta Isaìa (40,1-5.9-11) «Consolate, consolate il mio popolo - dice il vostro Dio -. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri». Parola di Dio. 2

Il lieto annunzio del ritorno Is 40,1-5.9-11 Il testo proposto è l introduzione al libro della Consolazione di Israele, detto anche Deuteroisaia perché costituisce la seconda parte del libro che porta il nome del grande profeta (cc. 40-55). L ambiente non è più quello dell antico regno di Giuda, in cui è vissuto Isaia (sec. VIII), ma quello degli esuli giudei che si trovano in esilio a Babilonia, quando questo regno sta ormai cadendo sotto i colpi dei persiani guidati da Ciro (538). Questo brano si presenta non come una composizione unitaria, ma piuttosto come una piccola antologia di diversi oracoli riguardanti la fine dell'esilio e il ritorno degli esuli a Gerusalemme: la consolazione di Israele (vv. 1-2); il nuovo esodo (vv. 3-5); l efficacia della parola di Dio (vv. 6-8), omesso dalla liturgia; il lieto annunzio (vv. 9-11). La consolazione di Israele (vv. 1-2) Il testo si apre con un oracolo nel quale Dio stesso esorta a «consolare» il suo popolo. Questo invito viene rivolto non tanto al profeta, il quale si limita a registrare le parole di JHWH, quanto piuttosto ad anonimi araldi inviati a tutto il popolo (v. 1). Nel versetto successivo appare che il messaggio è indirizzato direttamente a Gerusalemme, la città santa, personificazione del popolo giudaico. I messaggeri devono parlare al «cuore» di Gerusalemme (v. 2a). Il cuore indica il centro della persona, dove hanno luogo le scelte determinanti per la vita: perciò «parlare al cuore» di Gerusalemme significa annunciarle che la sua esistenza è profondamente trasformata perché JHWH ha deciso di ripristinare quel legame d amore che lo univa al suo popolo. Il motivo della consolazione di Gerusalemme consiste nel fatto che è terminato il servizio coatto a cui erano sottoposti i suoi abitanti condotti in esilio dai babilonesi. Il popolo che si era allontanato da Dio ha ormai scontato ampiamente la pena dovuta alla sua iniquità, ha ricevuto un doppio castigo per i suoi peccati, cioè in termini di sofferenza ha pagato un prezzo persino superiore alle sue colpe. In sintonia con tutta la predicazione profetica il castigo viene attribuito a Dio stesso, anche se la causa immediata sono state le vicende politiche di un travagliato periodo storico (v. 2b). Tra breve il popolo sarà dunque liberato, con un gesto gratuito di misericordia, dallo stesso Dio che aveva dovuto intervenire con una dura punizione. Per gli esuli è giunto il momento del ritorno nella città santa, rappresentata come la sposa infedele che JHWH riprende con sé dopo una punizione esemplare. Il nuovo esodo (vv. 3-5) Il profeta comunica ora quanto dice «una voce», cioè un anonimo messaggero di Dio, il quale ordina di preparare nel deserto una strada perché in essa possa passare JHWH. Egli aveva guidato un giorno il suo popolo fuori dell'egitto, poi aveva posto la sua dimora nel tempio di Gerusalemme, ma lo aveva abbandonato a causa dei peccati del popolo. Ora egli sta per ritornare nella città santa e nel tempio alla testa del suo popolo dopo averlo liberato dall'oppressione babilonese (v. 3). La preparazione consiste nel colmare ogni valle, nell abbassare monti e colli e nel trasformare il terreno accidentato e scosceso in pianura (v. 4). Fuori metafora ciò significa che l evento del ritorno richiederà un profondo cambiamento nella mentalità di tutti i giudei, guidato e illuminato dalla predicazione profetica che non era mai venuta meno durante tutto il tempo dell esilio. La religione di Israele in questo periodo è cambiata e dovrà ancora cambiare in profondità, coinvolgendo in questa trasformazione anche coloro che erano rimasti nella madre patria. Proprio l incapacità da parte di costoro di accettare il nuovo di cui i rimpatriati erano portatori provocherà tutta una serie di tensioni che renderanno difficile la restaurazione del popolo di Dio. 3

Il ritorno degli esuli comporterà una meravigliosa rivelazione della gloria di Dio (v. 5). Il termine «gloria» indica il fulgore che nell immaginazione popolare accompagna la manifestazione di Dio. La gloria è la forma visibile e luminosa sotto cui Dio si era manifestato più volte nell esodo e aveva preso dimora prima nella tenda e poi nel tempio di Gerusalemme. Vedere la gloria del Signore significa sperimentare in prima persona gli effetti dell intervento divino. Ora la rivelazione della gloria di Dio sarà disponibile non solo agli israeliti, ma a tutti gli uomini. Secondo il Deuteroisaia l evento del ritorno avrà una forte connotazione universalistica: tutti i popoli saranno coinvolti in esso, se non altro come spettatori che partecipano intimamente a quanto si svolge sotto i loro occhi. Il lieto annuncio (vv. 9-11) Nuovamente viene chiamato in scena un araldo che viene inviato con un compito specifico (v. 9): annunciare a Gerusalemme e alle città di Giuda il ritorno di JHWH alla testa degli esiliati. Egli è designato come «colui che annuncia liete notizie»: da questa espressione, tradotta in greco «colui che evangelizza» deriverà il termine «vangelo», con cui i primi cristiani designeranno la predicazione di Gesù. Il Signore che ritorna alla testa del suo popolo è poi presentato con due immagini. La prima è quella del re potente e vittorioso, che ritorna dalla guerra portando con sé il bottino tolto ai nemici (v. 10): questo rappresenta il popolo stesso che JHWH ha sottratto alla dominazione straniera. La seconda immagine è quella del pastore che guida il suo gregge, lo raduna, lo fa pascolare, porta sulle spalle gli agnellini e ha cura delle pecore madri (v. 11). Nell'introduzione del Deuteroisaia sono indicati in modo significativo i grandi temi del libro: la fine dell'esilio, visto come un duro castigo per i peccati del popolo, il nuovo esodo, l'esigenza di una preparazione da parte del popolo, l'efficacia della parola di Dio, l universalismo della salvezza. Dio viene presentato con immagini diverse: condottiero, marito, pastore. Tutto il brano esprime meraviglia, gioia ed esaltazione per la svolta improvvisa che sta prendendo la storia della salvezza. Il messaggio fondamentale di questo poema è la fiducia nel Dio che dirige gli eventi della storia umana piegandoli a quelli che sono i suoi piani di salvezza. Anche quando sembra che le vicende umane sfuggano al suo controllo, Dio non rinuncia al suo potere e non viene meno alle sue promesse. L importante per l uomo è di saper vedere la sua gloria quando si manifesta. Il profeta è convinto che il momento del ritorno segni l attuazione delle grandi profezie che alla vigilia dell esilio preannunziavano la trasformazione escatologica del popolo di Dio. Il tema del castigo è ancora presente, ma passa ormai in secondo piano: il popolo aveva un debito che doveva essere pagato, e di fatto ha scontato amaramente per le sue colpe, ma in realtà la salvezza è frutto di un intervento gratuito di Dio. 4

SALMO RESPONSORIALE (Sal 84,9-14) (85) Mostraci, Signore, la tua misericordia, e donaci la tua salvezza. Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli. Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme, perché la sua gloria abiti la nostra terra. R. Amore e verità s incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo. R. Certo, il Signore donerà il suo bene e la nostra terra darà il suo frutto; giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino. R. SALMO 84 (85) La nostra salvezza è vicina Il Salmo 84 è un canto gioioso e pieno di speranza nel futuro della salvezza. Esso riflette il momento esaltante del ritorno di Israele dall esilio babilonese nella terra dei padri. Il tema del Salmo è il «ritorno». Si celebra il ritorno fisico di Israele, che concretamente unifica i dispersi, ma anche un altro «ritorno» più interiore e spirituale, cioè la «conversione», che vale non solo per l antico Israele ma per i fedeli di tutti i tempi. In questo «ritorno» agisce efficacemente il Signore, rivelando il suo amore nel perdonare l iniquità del suo popolo, nel cancellare tutti i suoi peccati. Proprio la liberazione dal male, il perdono delle colpe, la purificazione dei peccati creano il nuovo popolo di Dio. Ciò è espresso attraverso l invocazione: «Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza» (v. 8). Ma a questo «ritorno» di Dio che perdona deve corrispondere il «ritorno», cioè la conversione, dell uomo che si pente. La conversione è appunto un «ritorno» sulla via lineare che conduce alla casa del Padre, il quale ci attende per abbracciarci, perdonarci e renderci felici. Nel Salmo si descrive un mondo nuovo, in cui l amore di Dio e la sua fedeltà, come se fossero persone, si abbracciano; similmente anche la giustizia e la pace si baciano incontrandosi. La verità germoglia come in una rinnovata primavera e la giustizia, che per la Bibbia è anche salvezza e santità, si affaccia dal cielo per iniziare il suo cammino in mezzo all umanità. Tutte le virtù, prima espulse dalla terra a causa del peccato, ora rientrano nella storia e, incrociandosi, disegnano la mappa di un mondo di pace. Le parole del Salmista, già nel secondo secolo con sant Ireneo di Lione, sono state lette come annuncio della «generazione di Cristo dalla Vergine». La venuta di Cristo è, infatti, la sorgente della misericordia, lo sbocciare della verità, la fioritura della giustizia, lo splendore della pace. Per questo il Salmo, soprattutto nella sua parte finale, è riletto in chiave natalizia dalla tradizione cristiana. 5

SECONDA LETTURA Dalla seconda lettera di san Pietro apostolo (3,8-14) Una cosa non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta. Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. Parola di Dio. CANTO AL VANGELO (Lc 3, 4.6) Alleluia, alleluia. Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! Alleluia. 6

Cieli nuovi e terra nuova 2 Pt 3,8-14 La seconda lettera che porta il nome dell'apostolo Pietro è un omelia a carattere prevalentemente morale che, sotto forma di testamento, esorta i credenti ad essere costanti nella pratica degli impegni connessi con la loro fede, allo scopo di accedere al regno eterno. Si ritiene oggi che lo scritto non sia opera di Pietro (e neppure di colui che ha composto la 1Pietro), ma di un autore che scrive a nome dell apostolo verso la fine del I secolo. Dopo un prescritto di carattere epistolare (1,1-2), l'autore sviluppa il suo tema in tre sezioni: 1) Chiamata alla fedeltà (1,3-20); 2) Contro i falsi dottori (2,1-22); 3) Il giorno del Signore (3,1-18); lo scritto termina con una breve dossologia (3,18b). Il testo liturgico è ricavato dalla terza di queste parti, nella quale si tratta il tema della fine del mondo, e si divide in tre parti: ritardo della parusia (vv. 8-9); la venuta del giorno del Signore (v. 10); comportamento dei credenti (vv. 11-14). Ritardo della parusia (vv. 8-9) L autore preannuncia la venuta di falsi profeti che metteranno in dubbio la fine del mondo e la seconda venuta del Signore. In polemica con costoro, egli riafferma la fede tradizionale: i cieli e la terra sono stati creati da Dio, sono conservati dalla sua parola e sono riservati al fuoco nel giorno del giudizio (v. 7). Dopo questa premessa l'autore affronta con precisione l'obiezione riguardante il ritardo della parusia (vv. 8-9). Il tempo ha davanti a Dio un valore completamente diverso da quello che ha davanti a noi, quindi davanti a lui non ha senso il nostro computo cronologico: c'è, infatti, un'equivalenza, per noi impensabile, tra un giorno e mille anni. Non si vuol dire che il tempo scorra diversamente davanti a Dio, ma, più radicalmente, che esso non ha davanti a Dio il significato che assume per noi. Quindi, ogni discorso di scadenza cronologica, riferito alla promessa della parusia da parte di Dio, è destituito di fondamento. Nel v. 9 un argomento supplementare è ricavato dal modo di agire di Dio nella storia. Si fa allusione al tema della «pazienza di Dio» a cui fanno riferimento sia i giudei che i cristiani per spiegare il ritardo con cui adempie le promesse. Questo comportamento inaspettato di Dio viene visto come espressione della sua pazienza nei confronti dei peccatori, ai quali vuole dare una possibilità di convertirsi prima del giudizio finale. Venuta del giorno del Signore (v. 10) L autore passa poi a descrivere le modalità con cui si attuerà la fine del mondo (v. 10): Con un'immagine già familiare sia ai sinottici che a Paolo, la venuta del giorno del Signore, cioè dell evento finale e conclusivo della storia viene paragonata all irruzione di un ladro: ciò significa che si tratta di un evento del tutto imprevedibile. Ciò che accadrà nel giorno del Signore viene descritto in termini di filosofia stoica e di fantasia popolare. Anzitutto «i cieli spariranno in un grande boato»: questa frase esprime il carattere agghiacciante della fine con il senso di orrore che essa ispira. Gli «elementi» consumati dal calore si dissolveranno: l autore si riferisce qui ai quattro elementi cosmici della filosofia stoica (acqua, fuoco, aria, terra) oppure agli elementi celesti (costellazioni, sole, luna). Allora la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta. È tipico della visione apocalittica pensare alla fine non come un compimento della storia, ma come distruzione di un mondo caduto in preda di poteri satanici. Comportamento dei credenti (vv. 11-14) L attesa della fine deve incidere profondamente sul comportamento dei credenti (vv. 11-12). Il ritardo con cui Dio attua le sue promesse non deve dar adito a una smobilitazione, ma al contrario provocare una condotta improntata a santità e pietà. 7

Alle prese col mondo che passa i credenti non devono farsi abbagliare da esso dimenticando l impegno che hanno preso nei confronti di Dio. Anzi con la loro attesa fiduciosa e operosa potranno contribuire addirittura ad abbreviare i tempi che li separano dall evento finale. I credenti però devono aspettare non tanto la fine, quanto piuttosto quello che verrà dopo (v. 13). L'espressione «nuovi cieli e una terra nuova» è desunta da Isaia. Essa indica una nuova creazione, che ha luogo dopo la distruzione del vecchio mondo peccatore: è questa la meta a cui tende la storia della salvezza nel suo ultimo sviluppo. In questi cieli e terra nuovi sarà ormai prevalente la giustizia, che consiste in un'armonia perfetta degli uomini tra loro, con Dio e con le cose. Tutte le ingiustizie di questa terra saranno allora definitivamente rimosse. L autore conclude con una breve esortazione: «Perciò, carissimi, nell'attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia» (v. 14) Collegandosi con quanto ha detto prima, egli riassume le sue esortazioni incitando i lettori a vivere in conformità all'attesa della parusia, con la piena comprensione del significato salvifico che ha il periodo di attesa, e con una coerenza di vita pratica più perfetta possibile. L espressione «senza macchia» è di origine cultuale e tende a presentare la vita cristiana come un unico atto di culto a Dio. L autore di questo brano adotta senza riserva le antiche idee apocalittiche circa la fine del mondo, immaginando che questo un giorno dovrà dissolversi in una specie di conflagrazione universale. Egli pensa però che a questa drammatica conclusione della storia faccia seguito una nuova creazione, in cui uomini e cose saranno conformi al volere di Dio. Dietro tutto questo, è abbastanza chiaro quello che l'autore vuole comunicare: con la sua parola Dio domina tutta la creazione, ne dirige l'evoluzione, ne prepara un rinnovamento radicale. Nonostante tutto ciò che di negativo si riscontri in questo mondo, esso non sfugge al controllo di Dio, che lo guida verso un fine di bene. Nei primi decenni del cristianesimo era molto forte l idea che la fine del mondo sarebbe stata imminente. Di fronte alla delusione provocata dal «ritardo della parusia», l autore intende tener viva nel cuore dei credenti la tensione escatologica. La parusia ci sarà e comporterà da una parte la distruzione di tutto quanto c'è adesso di difettoso e di malvagio, dall'altra un potenziamento all'infinito di tutto quello che è bene. Per spiegare il significato dell attesa, l autore fa appello al concetto della pazienza di Dio: la lentezza con cui Dio manda avanti la storia della salvezza è solo apparente ed è dovuta alla complessità della sua opera salvifica e soprattutto alla sua intenzione di salvare tutti. Davanti a questa prospettiva, il cristiano, se vorrà essere coerente, dovrà tenere una condotta santa, in un atteggiamento di attesa intensa e continua. Così contribuirà anche allo sviluppo di tutto il piano di salvezza. 8

VANGELO Dal vangelo secondo Marco (1,1-8) Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Parola del Signore. 9

La predicazione di Giovanni il Battista Mc 1,1-8 Questo testo contiene la prima parte della breve sezione con cui si apre il vangelo di Marco (1,1-13). In questi primi versetti del suo vangelo Marco intende trasmettere alcune informazioni circa l identità di Gesù e alcuni fatti che hanno caratterizzato l'inizio del suo ministero. Il brano liturgico riporta il titolo di tutta l'opera (v. 1) e le informazioni riguardanti Giovanni: la sua identità (vv. 2-3), il suo battesimo (vv. 4-6) e la sua predicazione (vv. 7-8). Essa deve essere letta sullo sfondo delle attese giudaiche riguardanti il nuovo esodo e gli intermediari escatologici della salvezza: il Profeta escatologico e il Messia/Figlio di Dio. Inizio del vangelo di Gesù Cristo (v. 1) Marco introduce il suo scritto con una breve frase che funge chiaramente da titolo di tutta l opera: «Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio». Il termine «vangelo» è usato raramente nel greco classico, dove indica la lieta notizia della nascita o dell intronizzazione di un nuovo imperatore. Qui invece è ricavato dal verbo «evangelizzare», di cui i traduttori greci si sono serviti per indicare il lieto annuncio della liberazione fatto ai giudei esuli in Babilonia e ai rimpatriati che si erano ristabiliti a Gerusalemme. I primi cristiani hanno adottato questo termine per designare la proclamazione pubblica della salvezza portata da Gesù. Marco lo usa con lo stesso senso qui e in altri sei passi della sua opera. Si può dunque supporre che non si indichi con esso direttamente il libro che sta iniziando, ma piuttosto l annuncio della salvezza, di cui si vuole dare il resoconto scritto. L espressione «vangelo di Gesù» non significa tanto che la buona novella ha Gesù come oggetto, ma piuttosto che essa, come apparirà da tutto il seguito dell opera, è stata proclamata da lui. A Gesù l evangelista attribuisce l appellativo di «Cristo» (Messia) senza una particolare enfasi, quasi fosse il suo nome proprio: ciò significa che da tempo la sua comunità era abituata a chiamarlo con questo nome. Gesù è presentato non solo come Cristo, ma anche come «Figlio di Dio». Nel secondo vangelo Gesù è proclamato «Figlio di Dio» tre volte, due dal Padre, e la terza, dopo la sua morte, da un centurione romano. Altre due volte questo titolo gli è attribuito dai demòni, e una dal sommo sacerdote. Secondo Marco quindi Gesù non si è arrogato questi due titoli, ma ha accettato che gli fossero attribuiti nel contesto della passione: ciò corrisponde al progetto letterario di Marco, per il quale la piena rivelazione di Gesù ha avuto luogo solo nella passione. L identità di Giovanni (vv. 2-3) Dopo il titolo dell opera, Marco entra subito nel vivo del racconto presentando la predicazione di Giovanni il Battista. Egli introduce la sua figura in un modo piuttosto brusco mediante una citazione biblica preceduta dall indicazione del libro da cui essa è stata ricavata. Nella formula introduttiva (v. 2a) si dice che il testo citato è una profezia di Isaia. In realtà l evangelista ha accostato due brani diversi. Il primo è ricavato dal profeta Malachia (Ml 3); il secondo brano è ricavato dall inizio del Deuteroisaia (Is 40,3). I testi sono riletti da Marco in funzione della situazione che sta descrivendo: il deserto non è più il luogo in cui la via deve essere preparata, ma quello in cui si fa sentire la «voce», che dal contesto è quella di Giovanni (v. 3a); egli dice al popolo, come l anonimo messaggero di Isaia, di preparare la via del Signore (v. 3b); ma subito dopo (v. 3c) questo Signore non è più identificato con «il nostro Dio», come nel testo di Isaia, ma è designato con il pronome possessivo: «i suoi sentieri». In questo modo ancora una volta l evangelista dimostra di avere in mente Gesù, di cui Giovanni annunzia la venuta. 10

Le due profezie citate dopo il titolo del vangelo hanno per Marco un significato programmatico: con esse egli vuole mettere in luce come in Giovanni, di cui sta per parlare, si adempiano le attese di Israele riguardanti il profeta escatologico. Questi però non è inviato a preparare direttamente la venuta di JHWH, ma quella di Gesù, di cui è il «precursore». Il battesimo di conversione (vv. 4-6) Sullo sfondo delle attese messianiche, l evangelista delinea ora l attività di Giovanni (v. 4). Il deserto in cui si muove Giovanni non è indicato, ma dal contesto risulta che si tratta del deserto di Giuda, che si estende ad est di Gerusalemme fino al Giordano; ma il «deserto» assume qui una forte connotazione teologica, in quanto secondo le attese giudaiche era questo il luogo in cui il popolo eletto degli ultimi tempi avrebbe dovuto rifare il cammino dell esodo sotto la guida di Dio. Nel deserto Giovanni «battezza» e «proclama». La sua predicazione ha come oggetto un «battesimo di conversione»: propriamente egli richiedeva la «conversione», cioè un cambiamento di mentalità, che nel linguaggio biblico implica un ritorno interiore al Dio dell alleanza mediante l obbedienza alla sua volontà. La conversione era significata nel battesimo, che consisteva in un bagno lustrale, simile a quelli compiuti frequentemente dai farisei e dagli esseni, o a quello che veniva amministrato ai gentili che si convertivano al giudaismo (proseliti); da queste abluzioni però il battesimo di Giovanni si distingueva in quanto era amministrato dall inviato di Dio e doveva essere ricevuto una volta per tutte come segno di una conversione radicale e definitiva. Si può dunque supporre che Giovanni considerasse il suo battesimo come il segno del raduno finale del popolo eletto, il quale si disponeva così al nuovo esodo e al dono escatologico dello Spirito. Da Giovanni si recavano gli abitanti della Giudea e di Gerusalemme: l annuncio di Giovanni è dunque confinato, diversamente da quello di Gesù, al popolo dell alleanza. I battezzandi confessavano non solo i peccati che tutto il popolo aveva commesso nel corso della sua storia, ma anche i loro peccati personali (v. 5). Marco osserva che Giovanni «era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle intorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico» (v. 6): questo strano abbigliamento, simile a quello dei profeti, sottolinea il ruolo profetico di Giovanni. Le cavallette e il miele selvatico, di cui egli si nutre, sono il cibo di cui potevano disporre gli abitanti del deserto: esso è quindi un simbolo di austerità e di penitenza. Il messaggio di Giovanni (vv. 7-8) Marco passa ora a dare una sintesi della predicazione di Giovanni, mettendo l accento esclusivamente sull annuncio di un personaggio che deve venire (v. 7). Giovanni parla di uno che viene «dopo» di lui (v. 7a): ciò significa che questi apparirà dopo che egli aveva già iniziato la sua predicazione; ma siccome questa preposizione indica anche la sequela, non è escluso che in questa espressione si nasconda il ricordo di un periodo in cui il personaggio annunciato è stato suo discepolo (cfr. Gv 3,22). Pur essendo venuto dopo, egli è «più forte» di lui, perché dotato di un ruolo più importante e decisivo del suo. Giovanni non si ritiene degno di «slegare i lacci dei suoi sandali» (v. 7b), un compito ritenuto tanto umile da non poter essere imposto neppure a uno schiavo ebreo: ciò dà la misura dell enorme distanza che separa il precursore da colui che fra poco Dio stesso proclamerà come suo Figlio. Sia Giovanni che il più forte di lui sono inviati ad amministrare un battesimo, ma mentre il primo battezza con l acqua, il secondo battezzerà con lo Spirito (v. 8). In questa espressione appare chiaramente la fede cristiana, che considera il battesimo del 11

precursore come una pratica che appartiene ormai al passato, mentre ora è in uso il battesimo amministrato nello Spirito. Giovanni Battista viene presentato come il profeta che annuncia l irrompere degli ultimi tempi e al tempo stesso raduna, mediante la sua predicazione penitenziale e l amministrazione del battesimo, la moltitudine di coloro che si dispongono all azione salvifica di Dio. Il riferimento al nuovo esodo mette chiaramente in luce che non si tratta semplicemente di una salvezza spirituale, ma di una liberazione che coinvolge tutto l uomo e tutto il popolo. Con questo racconto l evangelista, in contrasto con la mentalità corrente, sottolinea come il vero ostacolo alla liberazione finale di Israele non fosse la dominazione romana, ma il peccato che lo separava dal suo Dio. L opera del Battista ha valore unicamente in quanto annunziava la venuta di Gesù: la possibilità stessa che egli abbia predicato anche su altri argomenti viene ignorata. Storicamente parlando è probabile che Giovanni si sia presentato con connotati profetici e abbia annunziato il giudizio finale, di cui artefice sarebbe stato Dio stesso o forse il Messia atteso. Ciò ha spinto i suoi contemporanei a considerarlo come l atteso profeta degli ultimi tempi; ma sono stati i cristiani a vedere in lui il profeta precursore del Messia, cristianizzando così la sua persona e la sua opera. Gesù è designato subito all inizio con i due titoli di «Cristo» e di «Figlio di Dio», che Marco ritiene importanti per comprendere la sua persona e la sua missione; egli però, diversamente da Matteo, il quale si prefigge espressamente lo scopo di dimostrare che Gesù è il Messia atteso dai giudei, è piuttosto preoccupato dei malintesi a cui essi possono dare adito. Egli perciò, dopo aver menzionato il secondo di essi nel battesimo di Gesù, li coprirà con il velo del silenzio («segreto messianico»), mostrando anzi che Gesù, durante il suo ministero pubblico, li ha rifiutati, accettandoli solo nel contesto della sua passione, quando ormai il loro significato era chiaro. 12