4 NOVEMBRE FESTA DELL UNITA NAZIONALE E DELLE FORZE ARMATE La Grande Guerra 1915-1918 1918 I soldati italiani nella Grande Guerra 1915-1918 4.200.000 soldati che andarono al fronte (10% della popolazione) 500.000 soldati morirono di ferite o malattie prima della fine della guerra 600.000 soldati caddero prigionieri (10.000 di costoro non tornarono a casa) 500.000 soldati riportarono invalidità permanenti più o meno gravi 50.000 soldati morirono nel dopoguerra per ferite e malattie 4.000 le condanne a morte per diserzione (750 eseguite) 650.00 perdite complessive *Fonte: Isnenghi-Rochat, La Grande Guerra 1915-1918, La Nuova Italia E non perdete tempo a dire chi io sia: lo capiranno tutti ch ero di fanteria Canto della Grande Guerra
L ARMISTIZIO DI VILLA GIUSTI 3 NOVEMBRE 1918 Finisce la guerra per Italia e Austria-Ungheria All'alba del 29 ottobre 1918 il capitano austriaco Kamillo von Ruggera si presentò davanti alle linee italiane a Serravalle in Val d'adige recando una lettera del generale Victor Weber von Webenau. Accolto da alcune raffiche di mitragliatrice, fu subito chiara la sua posizione e il documento fatto pervenire al Comando Supremo di Abano. Dopo i necessari accordi e spostamenti, l'incontro fu fissato per il giorno 1 novembre a Villa Giusti tra Padova e Abano. Villa Giusti è una costruzione di fine ottocento di proprietà del conte Vettore Giusti del Giardino, priva di qualsiasi valore architettonico, anzi come commentò in quei giorni Ugo Ojetti "...Più brutta non si poteva trovare, ma gli austriaci se la meritano...". Come interprete da parte italiana viene scelto il capitano Giovanni Battista Trenner, cognato di Cesare Battisti, alla sua presentazione fatta ai plenopotenziari austriaci, essi rispondono : " E' un nome che conosciamo...".
La popolazione italiana apprese il mattino del sabato 2 novembre 1918 l esaltante notizia: TRAVOLTO DALL ESERCITO ITALIANO, IL NEMICO CHIEDE A DIAZ L ARMISTIZIO Il giorno 3 il generale Badoglio, il generale Scipioni, il colonnello Gazzano, il capitano Maravigli, il comandante Accissi per la Marina Italiana furono nuovamente a contatto con i parlamentari. Si trattava di discutere la firma vera: la stipulazione dell armistizio. Alle ore 15 cominciò la riunione finale nella sala centrale della villa, alle 17 il trattato fu sottoscritto. Prima di uscire avvenne uno scambio di strette di mano, l armistizio era firmato. Sotto il titolone L AUSTRIA HA CAPITOLATO, il Corriere della Sera del 5 novembre pubblicava il famoso Bollettino della Vittoria.Le ostilità avrebbero avuto termine alle ore 15 del 4 novembre. Questo ulteriore lasso di tempo fu previsto per comunicare alle armate la fine del conflitto e permettere all'esercito italiano di poter avanzare ancora più in profondità in territorio austriaco, decisione che fu causa di ulteriori morti e feriti a guerra ormai conclusa. La Grande Guerra tra Italia e l'impero, ormai in disfacimento, Austro - Ungarico era finita, non per questo finirono i decessi per cause di guerra, ferite, malattie e altro o per i problemi che essa si trascinò per ancora molti anni.. In quanto alla Germania, il 4 novembre il generale Diaz telegrafò a Parigi: Se la Germania non sottostarà condizioni armistizio che le saranno imposte da alleati, l Italia interverrà per costringerla alla resa Di fronte alla minaccia italiana alla sua frontiera meridionale, la Germania ormai boccheggiante cedette. L 8 novembre fu annunciata l abdicazione del Kaiser. Lo stesso giorno, nella foresta di Compiègne, il generale Foch dettò ai delegati tedeschi le condizioni dell armistizio. Esso venne firmato il giorno 11. La Prima Guerra Mondiale era finita.
Il Milite Ignoto nessuno muore del tutto finché ne sia conservato il ricordo Jorge Luis Borges Solo a guerra terminata ci si rese conto di quello che era stato l'altissimo contributo di vite umane, di impoverimento economico generale (vinti e vincitori compresi) e di quanto l'odio si potesse trascinare nelle successive condizioni di pace. La guerra che aveva fatto saltare quattro teste coronate primarie, doveva, secondo la coscienza dei più essere posta a monito delle future generazioni con monumenti che ne ricordassero il prezzo in vite. Intanto ci si doveva attrezzare per riordinare tutte quelle sepolture affrettate e temporanee sparse un po ovunque sull'arco alpino. Una commissione (COSCG) si prese cura di bonificare gli ex campi di battaglia e dare sepoltura visibile a quanti più soldati era possibile. Quando solo le ossa restavano a testimoniare la presenza umana si cercava di distinguere se italiano o austrungarico dalle piastrine di riconoscimento che si erano rivelate insufficienti. I resti venivano poi avviati ai grandi sacrari ossari. Ogni più piccolo paese si attrezzò per il suo monumento in cui ricordare quelli che non tornarono. Per il monumento nazionale si pensò di scegliere una sepoltura fra le tante ignote. L'idea del Generale Giulio Douhet (sotto a destra) passò anche agli altri paesi. Tutte le madri che non potevano piangere sulla tomba del
proprio figlio avrebbero visto in essa la propria. Una commissione di decorati venne incaricata di scegliere in undici luoghi diversi, salme di soldati non riconoscibili. - la prima fu recuperata in un cimitero in località Lizzana, nei pressi di Rovereto; - la seconda recuperata da un cimitero non molto distante da Porte del Pasubio; - la terza dal Monte Ortigara; - la quarta dal Monte Grappa; - la quinta era la salma di uno dei 3200 ignoti sepolti nel cimitero di Collesel delle Zorle; - la sesta esumata dal cimitero militare di Ca Gamba, nei pressi di Jesolo; - la settima proveniva da un piccolo cimitero, allestito dagli alpini, sul monte Crepa; - lottava dalle pendici del Monte Rombon, nell alto Isonzo, nei pressi di Caporetto; - la nona esumata sull altura del San Marco che sovrasta Gorizia; - la decima scelta dalla Commissione tra due salme rinvenute nei pressi di Castagnevizza del Carso; - l undicesima fu recuperata a San Giovanni in Tuba, dopo Monfalcone, alle foci del Timavo
Una volta raccolti, i resti vennero composti in undici bare e avviati alla Basilica di Aquileia. Il compito di scegliere il milite ignoto venne affidato a Maria Bergamas nativa di Gradisca d'isonzo (23/1/1867) il cui figlio Antonio, di leva nell'esercito austriaco, era fuggito per arruolarsi in Italia. Le sue spoglie non erano state ritrovate all'epoca e non lo saranno dopo. La chiesa si era riempita di ceri e fiori. Il 27 ottobre, mentre l'organo risuonava nel tempio pavesato di bandiere, il Vescovo di Trieste con l'acqua del Timavo benediceva gli 11 caduti. Alla presenza del comandante della III Armata, la folla piangente seguì con lo sguardo la madre che passava davanti alle bare. Ella si fermò davanti alla seconda e su questa stese il suo velo nero. Ora non rimaneva che traslare la salma a Roma. Venne organizzato un treno speciale di 17 vagoni che si era riempito di corone. Il percorso ferroviario subì deviazioni e fermate in ogni più piccolo paese, dove la gente lasciata ogni attività si assiepava ai lati dei binari. Alcune migliaia di squadristi radunati in città danno vita a gazzare e violenze; chi porta la cravatta rossa, o non si toglie il cappello al passare dei gagliardetti, viene insultato e se risponde picchiato. Il bilancio di sangue sarà di sei morti e 170 di feriti. Alla stazione di Roma Termini, il Re il governo e le più alte cariche dello stato fecero ala al feretro trainato su un affusto di cannone. La salma portata a spalle dalle medaglie d'oro salì la gradinata del Vittoriano e venne rinchiusa, dove ora si trova, alla presenza delle bandiere di tutti i reggimenti. 4 Novembre 2009 LA BIBLIOTECA A.Randi