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Domenica 28 a del Tempo Ordinario 13 ottobre 2013 Ho bisogno, mi fido, ringrazio, mi affido 2Re 5,14-17 Naaman Siro scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Eliseo 2Tm 2,8-13 Se noi manchiamo dì fede, egli però rimane fedele Lc 17,11 19 La tua fede ti ha salvato! 1. INTRODUZIONE ALLA CELEBRAZIONE E ALLE LETTURE (da un commento di Paolo Farinella, prete Genova - http://paolofarinella.wordpress.com/category/liturgie) Gesù è in viaggio e opera in due regioni «eretiche»: in Samarìa (parte centrale della Palestina, abitata dai Samaritani ostili) e in Galilea (regione a Nord della Palestina), considerata terra pagana, tanto da essere chiamata dagli stessi Ebrei «Galilea delle Genti» (Mt 4,15). Gesù non si limita ad attraversare la Samarìa, ma «entra in un villaggio» (Mt 17,12), che probabilmente è al confine tra le due regioni. È una sfida: egli va controcorrente, contravviene alle norme e diventa impuro con gli impuri, non teme la scomunica, ma ha il solo obiettivo di suscitare sentimenti di gratitudine e di gratuità. Spesso nella Chiesa gli addetti al servizio cultuale si preoccupano dell integrità della dottrina, dell ortodossia della forma, dell esattezza delle verità da proclamare e non si accorgono di perdere per strada la realtà più importante, che è la persona e la sua fatica di vivere con l insostituibile bisogno di felicità. Gesù si preoccupa di indurre le persone ad accorgersi di ciò che di straordinario accade nella loro vita, di capirne il senso e di coglierne la portata di «dono». La fede è abituarsi a ricevere, non sforzarsi di raggiungere la perfezione che nell umano non esiste. Come sono goffi quei modelli di santità, proposti come perfezione, che poi si riduce alla negazione di tutto ciò che è umano come se fosse l opposto del divino, negando così il principio fondamentale della fede cristiana che è l incarnazione. Nulla di ciò che è umano ci può essere estraneo5. Gesù cerca l umanità più disumana per fare esplodere lo splendore nascosto che i superficiali non sanno né vedere né apprezzare. Gesù è un esperto di umanità: «Egli, infatti, conosceva quello che c è nell uomo» (Gv 2,25). Non si è santi nell imparare a essere disumani, ma vivendo fino in fondo la pienezza della propria umanità, il luogo privilegiato della Shekinàh Presenza di Dio che svela in noi la misura del perdono come dimensione della gratuità. È proprio ben poco quello che possiamo acquisire con i nostri sforzi, perché sia che moriamo sia che viviamo noi siamo sempre immersi nella gratuità del Signore (cf Rm 14,8). Nell ultima pagina de il «Diario di un curato di campagna» di Georges Bernanos, il giovane curato morente, accettando la sfida della morte, pronuncia le sue ultime parole, prese in prestito da Teresa di Lisieux: «Cosa importa? Tutto è grazia». Esse sono anche la sintesi del la liturgia di oggi fatta propria dall antifona d ingresso (cf Sal 130/129,3 4): Se consideri le nostre colpe, Signore, chi potrà resistere? Ma con te è il perdono, o Dio di Israele. Prima lettura Il racconto della 1 a lettura appartiene alle gesta di Eliseo, successore del profeta Elia. A differenza del suo maestro, egli è meno fanatico e più attento alle relazioni esterne, fino al punto da organizzare il suo ministero costituendo una specie di ufficio di pubbliche relazioni, come dimostra la 1 a parte del racconto (non riportata dalla liturgia di oggi). La guarigione di un siriano da parte di un profeta si situa nel contesto della guerra endemica tra Siria e Israele: ogni pretesto è un occasione per dichiarare guerra all altro. Qui si tratta di una provocazione del re di Siria il quale invia un suo luogotenente malato di lebbra affinché il re di Israele possa guarirlo. Se il re d Israele dicesse di no, sarebbe considerato un affronto dal re di Siria. In questo frangente diplomatico internazionale s inserisce il profeta Eliseo, che si assume la responsabilità della risposta e della guarigione,

trasportandola dal piano politico a quello religioso. L intervento del profeta con il suo rituale liturgico e l intermediazione del suo servo, infatti, obbligano il pagano a vedere il volto universale del Dio d Israele, la cui caratteristica è la «gratuità». Nessuno può comprare o vendere Dio perché Dio si dona a quanti lo riconoscono e a quanti non lo conoscono, poiché egli è Agàpe straripante. Credere nel Dio della Bibbia è semplice: basta abituarsi a saper ricevere. Salmo responsoriale Il salmo è un inno escatologico che invita tutti i popoli convocati al raduno finale a lodare e inneggiare al Signore; s ispira al 3 Isaia ed è molto vicino al salmo precedente (97/96), che celebra la regalità di Dio, giudice dei popoli. Secondo la tradizione ebraica, il popolo d Israele canterà questo salmo quando giungerà il Messia. Noi lo celebriamo oggi perché siamo convocati dallo Spirito Santo attorno al Messia, che imbandisce per noi il banchetto escatologico, prefigurato e anticipato dal banchetto eucaristico. Seconda lettura La vita dell apostolo è lotta permanente, fatta di contrasti, fatiche e persecuzioni. In questa circostanza di sofferenza, Paolo offre a Timòteo un criterio che è valido per ogni credente: quando soffri, illumina la sofferenza sostando all ombra della croce, che svela non più il Dio crocifisso, ma il Cristo risorto. Egli è la chiave della vita e della morte e anche il fondamento della certezza cristiana, le cui radici affondano nella fedeltà di Dio: gli uomini possono anche tradire, venire meno e stancarsi, ma Dio «è condannato» ad essere Dio. Egli non ha alternative: può solo essere fedele a sé perché non può rinnegare la sua promessa di salvezza (vv.12 13). Il sacramento della fedeltà è qui davanti a noi: è l Eucaristia, il mistero del «Dio spezzato e versato» per amore. Vangelo Il contesto del vangelo di oggi è totalmente giudaico. La Legge (Lv 13,45 46; 14,2 7) definisce «lebbra» ogni malattia della pelle: chiunque ne è affetto è impuro perpetuo fino a guarigione accertata. L accertamento deve es sere rituale: il sacerdote del Tempio deve constatare la guarigione e dichiarare il guarito immune da impurità. Gesù si sottomette a questa legislazione per dare credibilità giuridica alla sua azione. Il numero dieci è il numero minimo previsto dalla Legge per formare un gruppo ufficiale: i lebbrosi sono dieci, formano un gruppo, una comunità valida ritualmente, nello stesso momento in cui sono esclusi dalla liturgia. C è nella religione ufficiale una contraddizione palese: espelle coloro che hanno più bisogno di essere comunità. Su dieci lebbrosi guariti, nove sono Giudei e non si preoccupano nemmeno di essere riconoscenti. Uno solo, un «samaritano», cioè un nemico e considerato pagano, ritorna a «ringraziare». Il testo greco usa il participio presente attivo «eucharistôn», lo stesso verbo che esprime il sacramento dell «Eucaristia». I Giudei qui rappresentano la ritualità cieca della religione ufficiale che spesso impedisce di esprimere i sentimenti; invece il pagano, più «laico» nel cuore, sa esprimerli con umanità e per questo è «sacramento» della gratuità di Dio. 2. COMMENTO AL VANGELO (di Alberto Maggi, osm trascrizione da conversazione www.studibiblici.it) Il vangelo di questa domenica, il vangelo di Luca, capitolo 17, versetti 11 19, sembra apparentemente semplice, una lettura molto facile. In realtà è forse uno dei brani del vangelo di Luca tra i più complessi e i più complicati. Vediamo un po di comprendere le contraddizioni e i significati che l evangelista ci vuol dare in questo brano. Scrive Luca: Lungo il cammino verso Gerusalemme. L evangelista adopera il termine greco Ierusalem che indica la città santa. Gesù va per lo scontro finale con quella che era la Santa Sede dell epoca, l istituzione più sacra che esistesse al mondo, dove c era il tempio del Signore. E Gesù va per scontrarsi con questa istituzione. L itinerario che l evangelista presenta però è alquanto strano. Luca scrive che Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Avrebbe dovuto scrivere che attraversava la Galilea e poi la Samaria. Infatti se abbiamo più o meno un idea di com era la Palestina al tempo di Gesù, al nord c è la Galilea, al centro c è la Samaria, la regione abitata dagli eretici, dalle persone considerate le più

ripugnanti e più lontane da Dio, e infine al sud c era la Giudea con Gerusalemme. Quindi l evangelista avrebbe dovuto scrivere che Gesù attraversava la Galilea e la Samaria. Perché invece l evangelista dice che attraversava la Samaria e la Galilea? Perché vuole incentrare l attenzione del lettore su quello che avviene in terra di Israele, in Galilea. Entrando in un villaggio... Ecco l evangelista ci dà delle indicazioni preziose che aiutano l interprete, il commentatore. Quando nei vangeli appare il termine villaggio, si intende sempre ostilità, incomprensione o rifiuto del messaggio di Gesù. Come mai questo? Perché il villaggio è il luogo ancorato alla tradizione, il luogo sottomesso alla città. Ma mentre nella città le mode vanno, vengono, cambiano, nel villaggio attecchisce la tradizione. Quindi il villaggio è là dove vige l imperativo perché cambiare si è sempre fatto così. Quindi tutte le volte che nel vangelo troviamo l indicazione villaggio, indica il luogo della tradizione ad oltranza e l incomprensione o il rifiuto del messaggio di Gesù. E qui c è una sorpresa, Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi. Non è possibile. I lebbrosi non potevano stare in un villaggio. I lebbrosi, in quanto infetti, causa di infezione, dovevano stare fuori dal villaggio. Come mai qui l evangelista ci dice che questi lebbrosi stanno dentro al villaggio? L evangelista, al di là del racconto storico, ci vuole dare indicazioni preziose: quanti vivono all interno della tradizione, quanti vivono sottomessi alla religione tradizionale, sono come i lebbrosi, cioè sono impuri. Non hanno nessuna possibilità di contatto con Dio. Questi sono lebbrosi proprio perché stanno dentro al villaggio. E qui l atteggiamento di questi lebbrosi è abbastanza strano. Si fermarono a distanza. Da una parte l evangelista ha detto che gli vennero incontro, e dall altra si fermano a distanza. Da una parte trasgrediscono alla legge che impediva ad un lebbroso di avvicinarsi alle persone, ma dall altra la osservano. Attraverso l immagine di questi lebbrosi l evangelista vuol far vedere il difficile cammino dei discepoli, che sono affascinati dalla parola di Gesù, dalla libertà che il suo messaggio comporta, ma sono ancora schiavi della tradizione religiosa che hanno nel sangue. E dissero ad alta voce: Gesù e la traduzione dice maestro, ma in realtà è capo, ebbene così in questo vangelo si sono rivolti a Gesù soltanto i discepoli e in particolare Pietro. E un artifizio letterario con il quale l evangelista vuole indicare che nella figura di questi lebbrosi lui vuole rappresentare i discepoli. E proseguono: Abbi pietà di noi! Quindi da una parte sono sottomessi a una religione che impedisce loro la piena comunione con Dio, e dall altra vorrebbero esserne liberati, ma non ne hanno le forze, chiedono aiuto a Gesù. Appena li vide, Gesù disse loro Gesù non li guarisce, Gesù non li cura, ma dà loro un comando: Andate a presentarvi ai sacerdoti. Gesù li invita ad uscire dal villaggio, i sacerdoti stavano a Gerusalemme, quindi Gesù li invita ad abbandonare il luogo della tradizione, della tradizione religiosa, dove vige l imperativo, questa sì che è l autentica lebbra che impedisce agli uomini il rapporto con Dio. Si è sempre fatto così, perché cambiare? Infatti, mentre essi andavano, furono purificati. Gesù non compie nessuna azione sui lebbrosi, Gesù li invita ad uscire dal villaggio. Quando escono dal villaggio, prima ancora di arrivare dai sacerdoti per accertare l avvenuta guarigione, ecco che si trovano purificati. Ma c è una sorpresa. Uno di loro, vedendosi guarito, quindi Gesù guarisce, purifica tutti e dieci, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi mettersi ai piedi di qualcuno era segno di discepolato per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ecco la sorpresa dell evangelista. Sono guariti tutti e dieci, sono purificati, ma uno soltanto torna per ringraziare. E chi lo fa? La persona più lontana da Dio, la persona esclusa da Dio, la persona per la quale non c era salvezza. La persona il cui solo nome, Samaritano, era qualcosa di ripugnante. Dare del

Samaritano a una persona era il peggiore degli insulti possibili, quando vogliono offendere Gesù gli danno del Samaritano. Quindi la persona più lontana da Dio, la persona che si ritiene esclusa da Dio, è colui che invece percepisce l azione di Dio nella sua vita. Ed infatti Gesù osservò: Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio Rendere gloria a Dio era un privilegio esclusivo del popolo di Israele, dal quale i Samaritani erano esclusi all infuori di questo straniero? cioè della persona più lontana da Dio. E gli disse: Alzati e va ; la tua fede ti ha salvato! L evangelista con questo brano ci indica e ci insegna che cos è la fede. Che cos è la fede? Molti ritengono la fede un dono di Dio. Non è così. Se la fede fosse un dono di Dio avrebbero ragione molti che si sentono esentati dall averla, dicendo: A me Dio non l ha data. Beato te che hai tanta fede. Oppure altri hanno fede, ma poi quando capita un rovescio nella vita, che può sempre succedere, dicono Avevo tanta fede, ma poi l ho persa. No! La fede non viene da Dio, e la fede o c è o non c è. Non è che si ha per un po di tempo e poi si perde. La fede non è un dono di Dio agli uomini, ma è la risposta degli uomini al dono d amore che Dio fa a tutta l umanità. Ma, stranamente, in questo vangelo, quelli che vengono elogiati per la loro fede sono le persone ritenute più lontane da Dio. Sembra quasi che le persone che vivono all interno di un sistema religioso abbiano come un filtro che impedisca loro di vedere l azione di Dio e di avere fede. Infatti Gesù in questo vangelo elogia la fede di un centurione pagano, elogia la fede di una prostituta, il ricettacolo di ogni impurità, la persona più lontana da Dio. Lo stesso Gesù elogia la fede di una emorroissa, una persona che era considerata impura come un lebbroso; Gesù elogia la fede del cieco, che era considerato un maledetto da Dio. Mentre, al contrario, Gesù rimprovera i suoi discepoli, gente di poca fede. La religione, tutto quell insieme di pratiche, di credenze che sono state insegnate agli uomini, è il filtro che impedisce all umanità di scorgere l amore che Dio desidera comunicare ad ogni persona, nessuno escluso. Non c è nessuno al mondo che possa ritenersi escluso dall azione di Dio. E la religione ecco la vera lebbra che divide tra puri e impuri, tra degni e no, tra meritevoli e no, ma non Dio. L amore di Dio si rivolge a ogni creatura. Accoglierlo e rispondere: questo si chiama fede. 3. RISONANZE Nessun uomo in questa massa che viene da Adamo, nessun uomo affatto è esente da malattia, nessuno è guarito senza la grazia di Cristo. (...) Non disperate. Se siete malati, accostatevi a lui, e fatevi guarire; se siete ciechi, accostatevi a lui e fatevi illuminare. Se siete sani, ringraziatelo; se siete malati correte a lui per la guarigione. Dite tutti: Venite, prostrati adoriamo, in ginocchio davanti al signore che ci ha fatti (Sl 94.6), e uomini, e salvi. (...) Uno solo ringraziò. Gli altri erano tutti Giudei. Quello era uno straniero, simboleggiava i Gentili, e lui, il decimo dei lebbrosi, con quel numero pagò le decime a Cristo. A lui infatti dobbiamo che esistiamo, che viviamo, che abbiamo intelligenza; se siamo uomini, se siamo buoni, se l intelligenza è retta, lo dobbiamo a lui. Di nostro, abbiamo solo i nostri peccati. Che hai che tu non abbia ricevuto? (cf. 1Cor 4.7). Voi dunque, soprattutto voi che capite ciò che udite, sollevate il cuore guarito dalla malattia, purificato dalle tentazioni di novità, e ringraziate Iddio (Agostino, Disc. 176.2.5). Chi sa perché è un samaritano il solo dei dieci lebbrosi che, accortosi di essere mondato, torna indietro a ringraziare il Signore?... Chi sa perché è una samaritana che presso il pozzo di Giacobbe, riceve le più alte rivelazioni del cuore di Cristo? Donna credimi, l ora viene che né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre... Dio è spirito e verità, e quelli che l adorano, bisogna che l adorino in spirito e verità (Gv 4.22 24). Può forse venire qualcosa di buono da Nazareth?, dice Natanaele, un vero israelita in cui non c è frode. Che cosa può venire di buono

diciamo noi da un samaritano?. Ma da quando il Figliolo di Dio ha preso in mano gli uomini per ricrearli, i termini si sono capovolti. Gli ultimi saranno i primi. Il monopolio del bene è finito. Non vi sono più popoli eletti, nazioni regali, razze privilegiate, caste e classi e uomini superiori. (...) Dio gioca tutte le nostre categorie: incastona il bene nel metallo più vile. La carità in uno sfondo di miserabilità è più somigliante a quella di Dio. In un corpo crocifisso l amore diventa il sole (P. Mazzolari, Il Samaritano pp. 89 90). Dieci lebbrosi all'ingresso di un villaggio, nove giudei e un samaritano insieme. La sofferenza li ha uniti, la guarigione li separerà. Insieme pregano Gesù ed egli: appena li vede... Notiamo il dettaglio: subito, senza aspettare un secondo di più, appena li vede, con un'ansia di guarirli. La sua fretta mi ricorda un verso bellissimo di Twardowski: affrettiamoci ad amare, le persone se ne vanno così presto! Affrettiamoci ad amare... Gesù disse loro: Andate a presentarvi ai sacerdoti. E mentre andavano, furono purificati. Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano, sui passi della fede. Nove dei guariti non tornano: scompaiono nel vortice della loro felicità, dentro gli abbracci ritrovati, ritornati persone piene, libere. Unico, un eretico straniero torna indietro e lo fa perché ascolta il suo cuore, perché intuisce che la salute non viene dai sacerdoti, ma da Gesù; non dall'osservanza di leggi e riti, ma dal rapporto vivo con lui. Per Gesù conta il cuore e il cuore non ha frontiere politiche o religiose. Il centro del brano è l'ultima parola: la tua fede ti ha salvato. Nove sono guariti, ma uno solo è salvato. Per fede. Nel racconto possiamo distinguere i tre passi fondamentali del cammino del credere: ho bisogno / mi fido / ringrazio e mi affido. La fede nasce dal bisogno, dal grido universale della carne che soffre, dalla nostra fame di vita, di senso, di amore, di salute, quando non ce la fai e tendi le mani. Poi «mi fido». Il grido del bisogno è ricco di fiducia: qualcuno ascolterà, qualcuno verrà, già viene in aiuto. I dieci si fidano di Gesù e sono guariti. Ma a questa fede manca qualcosa, una dimensione fondamentale: la gioia di un abbraccio, una relazione, una reciprocità, una risposta. Il terzo passo: ti ringrazio è compiuto dallo straniero. Il filosofo Hegel dice: denken ist danken, pensare è ringraziare, perché siamo debitori, di tutto. E il poeta Turoldo: io vorrei dare una cosa al mio Signore, ma non so che cosa... ecco, la vita che mi hai ridato, te la rendo nel canto. Allora corro da lui, mi stringo a lui, come un bambino alla madre, come l'amato all'amata, quando ciascuno mette la propria vita, e i sogni e il futuro, nella mani dell'altro. Tutti hanno ricevuto il dono, uno solo ha risposto. La fede è la libera risposta dell'uomo al corteggiamento di Dio. Ed entrare in contatto con la madre di tutte le parole religiose: «grazie». Voglio fare come quello straniero: domani inizierò la mia giornata tornando a Dio con il cuore, non recitando preghiere, ma donandogli una cosa, una parola: «grazie». E lo stesso farò poi con quelli di casa. Lo farò in silenzio e con un sorriso. (da un commento di p. Ermes Ronchi, osm)

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