BUON NATALE dagli insegnanti delle classi seconda G e H



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Transcript:

BUON NATALE dagli insegnanti delle classi seconda G e H 1

Natale 1997 LE NOSTRE STORIE Una storia é per sempre. Le storie, le favole vengono raccontate da secoli, e una volta sentite restano nella vita di una persona per sempre. Nella nostra classe raccontiamo spesso delle storie e facciamo anche dei lavori di scrittura, recita, disegno su quelle che piacciono di più ai ragazzi. Spesso i ragazzi chiedono di raccontare una storia soprattutto se le conoscono già. Questo libretto serve per aiutare a ricordare le storie che sono piaciute di più e che i ragazzi chiedono sempre di sentire: con qualche frase e dei disegni fatti dai ragazzi stessi ognuno avrà un punto d appoggio per ricordare. La serie comincia con Il brutto anatroccolo perché vorremmo aiutare ogni ragazzo a riconoscersi, a scoprire in sé stesso quanto di bello e di buono possiede. Questo é il nostro lavoro di insegnanti ed anche il nostro augurio per il Natale e per l anno nuovo, ai ragazzi e alle loro famiglie. Gli insegnanti di classe Classi seconda G e seconda H - Scuola elementare Salvemini di Napoli-Barra 2

IL BRUTTO ANATROCCOLO Un uovo di cigno é finito tra quelli dell anitra: quando nasce il pulcino tutti lo prendono in giro perché é diverso e dicono che é brutto. Solo la madre adottiva lo protegge, ma alla fine il piccolo cigno solo e disperato se ne va per il mondo finché non si ferma sulle rive di un lago, dove lo accoglie uno stormo di cigni. Ma il piccolo cigno non sa di essere un cigno, e quando lo stormo parte rimane sul lago, finché, durante l inverno, debole per la fame sta per morire intrappolato dal ghiaccio. Viene curato e nutrito da una famiglia di contadini, finché a primavera torna sul lago pieno di nostalgia per i suoi amici cigni. A lago non trova nessuno, ma mentre beve vede riflessa l immagine di un cigno bellissimo: incomincia a parlare con lui, finché arriva lo stormo, e il re dei cigni, ridendo gli dice: Che fai parli da solo. Ormai era diventato un giovane cigno e sposò la principessa dei cigni 3

I TRE LINGUAGGI Il figlio di un ricco mercante andava a scuola e non imparava niente. il padre allora lo mandava da grandi professori in città lontane, ma ogni volta lui tornava e diceva di aver imparato il linguaggio degli animali: prima il linguaggio dei cani, poi quello delle rane, infine quello degli uccelli. La terza volta il padre lo cacciò di casa e lui si avviò per le strade del mondo. Per prima cosa conoscendo il linguaggio dei cani liberò una principessa prigioniera di un branco di cani; poi sentì dalle rane che sarebbe diventato Papa di Roma, infine, quando giunse a Roma e icardinali lo nominarono Papa, lui che non sapeva la lingua della chiesa, seppe dire la messa perché una colomba si posò sulla sua spalla e gli suggeriva tutto quello che doveva dire. 4

FRATELLINO E SORELLINA Fratello e sorella se ne vanno per il bosco cacciati dalla matrigna cattiva. Il viaggio é lungo ed il bambino ha sete, ma ogni volta che si avvicina ad una sorgente, la sorella sente una voce magica che avvisa di non bere, se no si trasforma in un animale feroce. La terza volta il fratello non resiste: beve e viene trasformato in un capriolo. I due fratelli vivono per anni nel bosco, finché un giorno durante la caccia, il capriolo, per la voglia di divertirsi a farsi inseguire dai cacciatori, non rimane ferito ed il re scopre il loro rifugio. Il re chiede alla ragazza di sposarlo e così il capriolo si trasferisce nelle stalle del re. Dopo un anno nasce un bambino; ma la strega trova il modo di far morire la mamma, e di mettersi al suo posto. Senonché il fantasma della ragazza riesce a far capire al re come stanno le cose e questo butta la strega nel fuoco: nello stesso momento il capriolo diventa uomo e la principessa ritorna in vita. 5

HANSEL E GRETEL Hansel e Gretel vengono abbandonati nel bosco e perdono la strada di casa. Cammina cammina finché trovano una casa con le pareti di marzapane ed i vetri di zucchero filato. Dopo essersi mangiati un pezzo di casa, vengono ospitati da una vecchina che é la padrona. Ma il giorno dopo Hansel viene chiuso in gabbia e Gretel é incaricata di farlo ingrassare per darlo da mangiare alla strega. 6

Passa molto tempo perché con un trucco Gretel fa credere che il bambino non ingrassa mai, finché un giorno questa decide di mangiarlo comunque. Mentre si scalda il forno, Gretel con un trucco fa avvicinare la strega al fuoco: con una pinta la getta dentro e la fa bruciare. Così i due ragazzi si liberano, prendono le ricchezze che stanno nella casa e ritornano dal padre che li piangeva ancora per morti. 7

GIANNI DELL ORSO Una povera ragazza viveva raccogliendo i frutti del bosco, finché l orso non la rapì e la chiuse con un masso nella sua tana. L orso in fondo era bravo e non le faceva mancare niente così alla fine nacque anche un bambino che aveva il corpo peloso come il padre e la faccia rosa come la madre. A sette anni era già diventato così forte da spostare la pietra che chiudeva la tana, così lui e la madre tornarono al paese. La gente, anche se il ragazzo era un po strano, gli dava da lavorare e stavano bene madre e figlio, finché Gianni dell Orso, a quattordici anni, disse alla madre che era il tempo di vedere un po il mondo. Gianni parte, fa amicizia con un altro giovane forte come lui, e se ne vanno in un castello disabitato. Qui all ora di pranzo arriva una vecchietta che picchia tanto forte che il suo amico Torciscassa resta svenuto. 8

Gianni Dell Orso affronta la vecchia e la fa svenire, ma poi questa, alla prima distrazione, se ne scappa in fondo al pozzo. Gianni la insegue fin laggiù, e si fa calare con una fune per ben tre giorni. Giunto al fondo libera una bellissima principessa e la fa salire per prima. Ma Torciescassa prende con sé la principessa e non cala più la fune. Un aquila, ricordando che Gianni aveva salvato i suoi figli, scende nel pozzo ad aiutarlo, ma ha bisogno di carene per poter volare. Per sei giorni durante il volo Gianni le passa pezzi di carne cruda, ma quando stanno per arrivare in cima la carne finisce e Gianni non può fare altro che tagliarsi un pezzo di coscia per nutrirla. Così Gianni ritorna al castello, libera la principessa ed accetta di sposarla. Ripulito dal barbiere era un bellissimo giovane, ma la gente commentava: L anello l ha messo al dito o al naso? 9

MASTRO ACCONCIA E GUASTA Mastro Acconcia e Guasta dalle cose vecchie faceva mobili nuovi. Ma non era questa la sua sola stranezza: per lavorare chiedeva solo chiodi e colla, e la colla che avanzava la teneva per sé. Sembrava che viveva solo, ma invece di notte si sentiva dalla sua bottega un chiasso come se ci fosse un gran pranzo. Quando gli chiedevano cos era, rispondeva che mangiava coi suoi sei figli: seghina, tenaglina,... e succhiello. 10 Quest uomo suscitò l invidia del Re che seppe dalle sue spie come il Mastro ripetesse sempre: ho la bocca come il re. Il re e le sue guardie lo perseguitano finché mastro Acconcia e Guasta é costretto a mangiare la colla che aveva conservato. Quando finisce la colla i figli cominciano a morire di fame, ma contemporaneamente muoiono uno dietro l altro cinque figli del re. Uno dei ministri del re capisce che i figli del re muoiono perché muoiono i figli del falegname. Così per salvare sua figlia il re promette al Mastro che sua figlia avrebbe sposato il suo ultimo figlio Succhiello.

Dopo questa promessa il re cercava di non mantenerla dicendo che il matrimonio si poteva fare solo dopo che Succhiello era diventato uomo, e prendeva in giro il mastro. Un giorno il mastro si mise a raccontare una storia: una volta un principe cattivo pensava di aver ucciso il fratello buono, ma questo non era morto... Il re capì finalmente che quello era suo fratello e voleva dargli la corona. Ma mastro Acconcia e guasta disse: Né io né tu, ma i nostri figli Succhiellino ritornò uomo, sposò la figlia del re e vissero molti anni felici e con molti figli. 11

LA PRIMA SPADA E L ULTIMA SCOPA Un commerciante ricco tutti i giorni canzonava un suo concorrente perché questo aveva sette figlie femmine e diceva: Come stanno le tue scope? Un giorno la più piccola delle ragazze stufa di questa storia decise di lanciare una sfida al più grande dei maschi, la prima spada: Chi porta Napoli lo scettro e la corona del re di Francia prenderà le ricchezze di tutti e due i commercianti Così la prima Spada col suo grande cavallo pensava di vincere sulla ragazzina e la sua cavallina. Invece per essere troppo precipitoso, si impigliò nei rami della foresta, precipitò dalla montagna 12

ed infine fu portato via dal fiume. La Ragazza invece arrivò a Parigi e li, travestita da uomo, riuscì ad introdursi alla corte del re. Il re, nonostante il travestimento, si innamorò della ragazza e voleva vedere se non fosse una donna, e per questo chiedeva consiglio alla madre. Ma ogni prova falliva perché la cavallina suggeriva alla ragazza le risposte giuste. Finché la madre disse al re suo figlio, di portare il paggio a fare il bagno, così non avrebbe potuto più nascondere la verità. Al momento del bagno, la ragazza finse di inseguire il cavallo fuggito, poi andò dalla regina e disse: Hanno rubato i vestiti di tuo figlio e ora le guardie lo vogliono arrestare. Datemi lo scettro e la corona, così le guardie capiranno chi é veramente. Prese lo scettro e la corona, ritornò a Napoli cantando Fanciulla son partita, fanciulla sono tornata, lo scettro e la corona ho conquistato. 13

GIUSEPPE VENDUTO DAI FRATELLI Giuseppe, figlio di Giacobbe era preferito dal padre e riceveva da lui lodi e bei vestiti. Era anche amato da Dio che gli inviava sogni profetici; ma ogni volta che raccontava i suoi sogni i fratelli erano ancora più gelosi perché sembrava che lui volesse diventare 14

il loro capo. Così un giorno pensarono di ucciderlo e solo all ultimo momento decisero di metterlo in un pozzo per poi venderlo ai mercanti di schiavi. Giuseppe dopo molte avventure fu chiamato alla corte del Faraone per interpretare un sogno che nessuno sapeva spiegare: sette vacche grasse che pascolavano in un ricco prato erano divorate da sette vacche magre. Giuseppe capì che quel sogno significava che dopo sette anni di raccolti abbondanti sarebbero venuti sette anni di carestia. Il Faraone incaricò proprio lui di conservare il grano da usare negli anni di carestia. Quando giunsero gli anni di carestia tutti andavano da Giuseppe per rifornirsi e fra i tanti arrivarono anche i fratelli. Giuseppe con un trucco arrestò Beniamino, l ultimo dei figli di Giacobbe e quello preferito. Quando vide che i fratelli erano disposti a morire per salvare Beniamino capì che erano cambiati, si fece riconoscere, fece arrivare il padre nella sua reggia e vissero tutti insieme in pace. 15

16 DAVIDE, GOLIA E SAUL Golia era un guerriero Filisteo che con la sua sola presenza spaventava i guerrieri ebrei che così continuavano a perdere una battaglia dietro l altra. Davide era un pastorello che girava per il campo a rifornire i fratelli e vedendo che tutti si ritiravano decise di offrirsi per sfidare il gigante. Il re Saul accettò e così Davide avanzò sul campo avendo solo una fionda e tre sassi. Golia vedendolo piccolo e senz armi cominciò a ridere e a canzonarlo, ma proprio mentre faceva questo Davide lo colpì con precisione nel centro della fronte. Il Gigante cadde e Davide lo decapitò con la sua stessa spada. I nemici vedendo Davide con la testa del gigante, fuggirono impauriti e furono sconfitti. La sera ci furono grandi feste e le donne cantavano

Cento ne uccise Saul, ma mille Davide. Il re Saul cominciò ad esser roso dalla gelosia e anche se aveva promesso di dargli sua figlia in sposa, nella realtà cercava di far morire Davide. Quando vide che Davide, anche in mezzo combattere e vincere, organizzò addirittura di uccider- a molti nemici sapeva lo durante una festa. Ma il figlio stesso di Saul che era molto affezionato a Davide, lo avvisò. Davide si mise in salvo rifugiandosi in una grotta nel territorio dei Filistei e fingendosi pazzo. Intanto gli Ebrei, senza Davide, cominciarono ad essere di nuovo sconfitti, finché il figlio di Saul suggerì di richiamare Davide. Il ritorno di Davide dette agli Ebrei la forza di attaccare e vincere, ma il re Saul, ancora roso dalla invidia,durante la battaglia si spinse molto avanti per fare bella figura, finché non rimase circondato dai nemici che uccisero tutti i guerrieri che lo difendevano e il suo stesso figlio. Vedendo le disgrazie che aveva provocato a sé e alla propria famiglia, Saul si uccise, e Davide diventò un grande re del popolo ebraico. 17

PAPPAFICO Pappafico era capitato al paese non si sa come e viveva con una vecchina che lo trattava come un figlio. Il suo nome veniva dall unico lavoro che sapeva fare e faceva: lanciava in aria fichi di tutte le specie: rossi, bianchi, grandi, piccoli e li prendeva a volo con la bocca: scommetteva: sempre lo stesso soldo, e la gente si divertiva a scommettere e lui vinceva sempre e portava qualche soldo alla donna. Un giorno mentre girava in cerca di fichi trovò un vecchio borsellino e ci mise dentro il suo unico soldo, ma la sera quando lo aprì scoprì che era pieno di monete d oro. Così, anche se continuava a scommettere, in segreto prendeva i soldi d oro dal borsellino e li dava alla vecchia. Questa però ebbe paura che lui rubasse e lo cacciò. Pappafico si mise in viaggio e dopo poco trovò un uomo che piangeva: aveva perso il suo borsellino magico, l unico che lo poteva aiutare a trovare suo figlio: infatti solo in mano del figlio si riempiva di monete d oro. Così Pappafico scoprì di essere figlio di un Re ed andò nel palazzo reale. Era vestito bene e c erano sempre grandi feste, ma lui non dimenticava la vecchina e le sue scommesse, così di nascosto entrava nella sua stanza e continuava a fare il gioco dei fichi. Regnò molti anni e fu un buon re. 18

Il brutto anatroccolo di Hans Christian Andersen Fuori era delizioso; era estate. Nei campi il grano era d'oro e l'avena era verde; nei prati il fieno era raccolto in grandi mucchi, e la cicogna con le sue lunghe ampe rosse vi passeggiava in mezzo parlando egiziano perche quella era la lingua che aveva imparato da sua madre. Intorno ai campi verdi c'erano dei grandi boschi, e in mezzo ai boschi c'erano stagni e laghi profondi. Si, si stava bene l fuori. Un vecchio maniero I si ergeva da solo nella pianura, circondato da canali profondi, e dalle crepe delle sue mura giu fino all'acqua crescevano farfaracci2 cosi grandi che sotto le loro foglie potevano stare in piedi i bambini piccoli. Sotto quel grande bosco selvatico di farfaracci, un'anitra stava accovacciata sul nido. Covava i suoi anatroccoli, ma ormai era veramente stufa perche la cosa si era protratta troppo per le lunghe ed essa non aveva quasi mai ricevuto visite. Le altre anatre infatti preferivano nuotare nei canali invece di sedersi con lei a chiacchierare sotto le foglie di farfaraccio. Finalmente le uova si ruppero, una dopo l'altra:--pip, pip!--si senti. E tutti i tuorli erano diventati vivi pulcini e tiravano fuori la testina. --Qua, qua!--disse l'anatra. Gli anatroccoli si sparpagliarono da tutte le parti sotto le foglie verdi, e la mamma li lasciava fare finche volevano perche il verde fa bene agli occhi. --Com'e grande il mondo,--dissero i piccoli, i quali adesso avevano molto piu spazio che dentro 1 uovo. --Credete forse che questo sia il mondo?--disse la madre.--il mondo si estende molto oltre il giardino, fino al campo della casa parrocchiale, ma io non ci sono mai stata. Voi ci siete tutti, vero?--chiese. E si alzo. --No, non ci siete tutti! L'uovo piu grande e ancora qui. Ma quanto tempo gli ci vorra per aprirsi? Ne ho proprio abbastanza adesso. E si sedette di nuovo. --Come va?--chiese una vecchia anatra venuta in visita. --Ci vorra tempo con quest'uovo,--disse l'anatra che stava covando.--non 375 Si vede neanche un buchino. Ma vai a vedere un po' gli anatroccoli: sono dei tesori. Assomigliano tutti al loro padre, e quel briccone non e venuto a trovarmi nemmeno una volta. --Fa' un po' vedere l'uovo che non vuole aprirsi,--disse la vecchia anatra.-- Credi a me, quello e un uovo di tacchino. E capitato una volta anche a me, e non ti dico la fatica che ho fatto con quel piccolo. Pensa, aveva paura dell'acqua, e per quanto continuassi a chiamare, non riuscivo a farlo entrare in acqua. Mostrami quell'uovo! Ma si che e un uovo di tacchino! Lascialo perdere, e preoccupati di insegnare ai tuoi piccoli a nuotare. --No, preferisco covare ancora un poco,--disse l'anatra.--ora che sono in ballo, giorno piu giorno meno non ha molta importanza. --Come ti pare,--disse la vecchia. E se ne ando. Finalmente l'uovo si ruppe. --Pip, pip!--disse il piccolo; e salto fuori. Era grande e brutto. L'anatra lo guardo. --E un figlio molto robusto,--disse,--ma non somiglia a nessuno degli altri. Che sia un pulcino di tacchino? Vedremo subito, entrera in acqua anche a costo di buttarcelo. Il giorno dopo era una giornata magnifica, e il sole splendeva tra i farfaracci illuminandoli tutti. Mamma anatra scese al canale con tutta la sua famiglia e pluf! si butto nell'acqua. --Qua, qua! -- chiamo. L'uno dopo l'altro gli anatroccoli si buttarono: andavano sotto, ma subito ricomparivano e le loro zampe si muovevano automaticamente nell acqua. Si sentivano proprio a loro agio, e perfino il brutto anatroccolo grigio nuotava. --No, non e un tacchino,--disse l'anatra. --Guarda come muove bene le zampine e come nuota ben diritto. E proprio un mio piccolo, e in fondo e anche bello se lo guardi bene. --Qua, qua!, venite con me. Vi faro vedere il mondo e vi presentero al pollaio. Badate di starmi sempre vicino per non venire calpestati, e state attenti al gatto Entrarono tutti nel pollaio, proprio mentre c'era un rumore infernale perche due famiglie litigavano per la testa di un'anguilla che alla fine fu presa dal gatto. --Vedete cosa succede nel mondo?--disse mamma anatra. E si lecco il becco perche anche lei avrebbe voluto prendere la testa dell'anguilla. --Sbrigatevi adesso, su le zampe! E inchinatevi davanti a quella vecchia anatra li, la piu importante di tutti. Ha sangue spagnolo nelle vene, e per questo e cosi grossa. Come vedete, ha una pezza rossa attorno alla zampa, e questa e la cosa piu bella che possa capitare ad un'anatra perche significa che non

vogliono perderla e serve per farla riconoscere alle persone ed agli animali. Su, veloci, le zampine bene in fuori come fa ogni anatroccolo educato e come fanno anche mamma e papa, guardate, cosi! E adesso inchinate le testine e dite qua! Gli anatroccoli ubbidirono. Le altre anatre li guardarono e dissero: --Caspita, adesso si aggiunge a noi tutta quella truppa, come se gia non fossimo in troppi. Bah! Ma che brutto aspetto ha quel piccolo li, non lo vogliamo vicino a noi. E subito un'anatra si precipito su di lui e lo colpi nel collo - -Lascialo in pace,--disse la madre,--non fa male a nessuno! Questo no, ma ha un aspetto cosi strano ed e cosi grande che vien voglia di dargliele. --Sono belli i tuoi piccoli,--disse alla madre l'anatra con la pezza rossa attorno alle zampe;--salvo quello la che e venuto proprio male. Dovresti correggerlo. -- Non e possibile, illustrissima,--disse la madre.--certamente non e bello, ma e buono di carattere e sa nuotare come gli altri; anche meglio direi. Credo che diventera bellissimo e alle lunghe prendera proporzioni normali. E stato troppo tempo nel suo uovo, e per questo non ha un bell'aspetto. [...] -- Gli altri tuoi piccoli sono molto carini; cio considerato, fai come se fossi a casa tua. E se trovi una testa di anguilla, portala pure a me. Fecero come se fossero a casa loro. Ma il povero anatroccolo, che era uscito dall'uovo per ultimo e che aveva un cosi brutto aspetto, venne preso in giro, calpestato e morsicato sia dalle anatre che dalle galline. -- E troppo grande,--dissero tutti. E il gallo dei tacchini che era nato con gli speroni e percio pensava di essere l'imperatore, si gonfio come una nave con tutte le vele, corse verso di lui, fece chicchirichi e divento rosso come un peperone. Il povero anatroccolo non sapeva dove andare, e si sentiva morire di tristezza per essere cosi brutto e preso in giro da tutto il pollaio. Questo accadde il primo giorno, ma poi ando sempre peggio. Il povero anatroccolo era scacciato da tutti, e perfino i suoi fratelli e le sue sorelle gli ripetevano continuamente: -- Vorremmo che il gatto ti portasse via, brutto mostriciattolo. Un giorno anche sua madre gli disse: -- Vorrei che tu fossi lontano da qui. Le anatre lo mordevano, le galline lo beccavano, e la ragazza che doveva portare da mangiare agli animali lo scansava con il piede. Allora scappo e volo oltre lo steccato. Gli uccellini negli arbusti si spaventarono e scapparono. --Solo perche sono cosi brutto,-- penso l'anatroccolo. Si asciugo gli occhi e continuo a camminare. Arrivo ad una grande palude dove abitavano le anatre selvatiche e rimase li tutta la notte, stanco e triste. Alla mattina le anatre selvatiche si levarono e scorsero il loro nuovo compagno. -- Chi sei mai?--dissero. L'anatroccolo si giro di qua e di la e saluto come meglio pote. --Sei veramente brutto! ma non interessa finche non pretenderai di sposare qualcuno dei nostri. Il poveraccio non pensava dawero a sposarsi! L'unica cosa che desiderava era quella di riposarsi un po' tra le canne e di bere un sorso di acqua dalla palude. Rimase nello stagno due giorni, finche una mattina passarono di li due oche selvatiche, due giovani paperi usciti da poco dal guscio ed ancora piuttosto imprudenti --Senti un po', piccolo!--dissero,--sei tanto brutto che quasi ci piaci. Vuoi venire con noi? Non lontano da qui c'e un'altra palude piena di ochette tutte femmine che sanno dire << qua >>. Chi puo

saperlo, forse avrai successo con loro nonostante la tua bruttezza. Pim, pum, pam!, si senti. I due paperi caddero morti in mezzo alle canne e l'acqua divenne rossa di sangue. Pum, pam!, si udi ancora. E tutto il gruppo di anatre selvatiche volo via. Di nuovo si sentirono colpi: era una grande battuta di caccia, i cacciatori erano sparsi per tutta la palude ed alcuni si erano perfino arrampicati sugli alberi, alla posta. Il fumo della polvere si alzava in piccole nuvolette tra gli alberi scuri e rimaneva sospeso sull'acqua. I cani da caccia arrancavano nel fango, splasch splasch!; le canne ed i giunchi vacillavano. Per il povero anatroccolo furono momenti terribili: giro la testina per nasconderla sotto l'ala, ma all'improwiso si vide davanti un cane enorme con la lingua penzoloni e con gli occhi infuocati. Spalanco la bocca a un millimetro dall'anatroccolo, e mostro i suoi denti, poi... splasch!, si allontano senza piu curarsi di lui. Per fortuna! -- sospiro l'anatroccolo; -- sono talmente brutto che nemmeno i cani si degnano di mordermi. Rimase immobile mentre le rose degli spari volavano tra le canne e le pallottole fischiavano. Soltanto nel pomeriggio inoltrato torno la calma, ma egli attese ancora perche non osava guardare. Alla fine si decise, corse disperatamente fuori dalla palude e con grande fatica attraverso campi e prati avanzando contro vento. A sera giunse ad una vecchia bicocca di contadini, cosi miserella che si puo dire stesse in piedi per non sapere da quale parte cadere. Il vento intanto infuriava cosi forte che l'anatroccolo dovette appoggiarsi sulla coda per resistere; e piu se ne stava li, piu la situazione peggiorava. Ad un tratto si accorse che la porta della catapecchia era semiaperta perche uno dei gangheri3 aveva ceduto, e senza por tempo in mezzo si infilo neua stanza attraverso la fessura. Li abitava una vecchia con un gatto ed una gallina: il gatto, che lei chiamava Figliolo, sapeva inarcare la schiena e fare le fusa, e sprizzava scintille quando lo si accarezzava contro pelo. La gallina Gambacorta, perche aveva le zampe molto corte, deponeva puntualmente le sue uova e per questo era amata dalla vecchia che la teneva come una figlia. Al mattino gli animali notarono subito l'anatroccolo, e il gatto comincio a fare le fusa e la gallina a chiocciare. Cosa c'e?--disse la vecchia guardandosi attorno. E siccome non ci vedeva bene, scambio l'anatroccolo per una grossa anatra smarrita e disse: --Questa si che e mandata in sorte! Adesso avremo uova di anatra, purche non sia un maschio. Staremo a vedere. Cosi l'anatroccolo venne messo alla prova per tre settimane, ma non fece nessun uovo. Il gatto che era il padrone di casa e la gallina che era la padrona, parlottavano tra loro come se fossero i padroni della meta del mondo, e di quella migliore per giunta! L'anatroccolo provo a sostenere che si poteva avere anche un'opinione diversa, ma questo la gallina non lo sopporta: -Sai fare l'uovo?--gli chiese. --No. --E allora tieni il becco chiuso! E il gatto disse: - -Puoi fare la gobba? Puoi fare le fusa? --No. --E allora le tue opinioni tienile per te, taci e ascolta quando le persone intelligenti parlano. L'anatroccolo si sedette in un angolo triste ed amareggiato. Penso all'aria aperta e al sole, ed ebbe tanta voglia di galleggiare sull'acqua che non pote trattenersi e lo disse alla gallina. --Cosa ti viene in mente?--disse la gallina.--non hai niente da fare, e per questo ti vengono le fantasie. Fai le uova oppure fai le fusa, e vedrai che ti passa. Ma per me niente e piu bello che galleggiare sull'acqua, -- rispose l'anatroccolo;--mettere la testa sotto, tuffarsi fino al fondo --Oh si, dev'essere proprio un bel divertimento,--disse la gallina,-- chiedilo al gatto che e la persona piu intelligente che io conosca. Sentiremo se a lui piace stare a galla sull'acqua e tuffarsi. Quanto a me, non parliamone neppure! Domanda alla nostra padrona, una vecchia che saggia come lei non c'e nessuno al mondo. Credi che a lei piaccia galleggiare sull'acqua

e tuffarsi fino al fondo? Voi non mi capite,--disse l'anatroccolo. --E se noi non ti capiamo, allora chi ti capisce? Non pretenderai di essere piu intelligente del gatto o della padrona, per non parlare di me! Non darti tante arie,bamboccio, e ringrazia il tuo creatore per tutto il bene che ti e stato dato. Non hai forse trovato una bella stanza calda ed una compagnia di gente che puo insegnarti qualcosa? E che tu sei difficile e non e gradevole trattare con te. Credimi pure, se ti dico cose spiacevoli lo faccio per il tuo bene, e proprio da cio si riconoscono gli amici! Dai retta, mettiti a fare le uova, oppure impara a fare le fusa. -- Preferisco girare il mondo,--disse l'anatroccolo. --E fallo allora!--disse la gallina. Cosi l'anatroccolo parti. Galleggio sull'acqua, si tuffo al fondo, ma tutti gli animali lo trascuravano per quella sua orrenda bruttezza. Venne l'autunno. Le foglie del bosco si colorarono di giallo e oro, e il vento le afferro e le fece turbinare nell'aria sempre piu gelida. Le nuvole si fecero basse, pesanti di acqua e di neve, e sulla siepe la cornacchia gracidava dal gran freddo:crrah. crrah! Vengono i brividi soltanto a pensarci, povero anatroccolo com'era conciato! Una sera che il tramonto era splendido come non mai, passo uno stormo di grandi uccelli stupendi. L'anatroccolo non aveva mai visto uccelli cosi belli in vita sua: erano di un bianco abbagliante con lunghi colli flessuosi, erano cigni. Essi mandarono un grido strano, aprirono le grandi ali superbe, e partirono dai luoghi freddi diretti in volo verso paesi piu caldi dove le acque non gelano mai. Si alzarono in volo, e salivano sempre piu in alto lasciando una strana impressione nel piccolo anatroccolo, una specie di nostalgia nel fondo del cuore. Egli si giro nell'acqua come una trottola, tese il collo in aria verso di loro e mando un grido cosi acuto e strano che se ne spavento lui stesso. Oh, non pote dimenticare i bellissimi uccelli, quegli uccelli felici! E quando non pote piu vederli, si tuffo al fondo dell'acqua e poi riemerse alla superficie quasi fuori di se. Non sapeva che uccelli fossero, ne dove andassero, eppure li amava come non aveva ancora amato nessuno. Non li invidiava; e come poteva sperare per se stesso una bellezza simile? Si sarebbe accontentato che le anatre lo avessero tenuto con loro, povera brutta bestiola! L'inverno fu freddo, tanto freddo. L'anatroccolo doveva nuotare continuamente perche l'acqua non si gelasse attorno a lui, ma ogni notte lo spazio gli si restringeva attorno. Gelava cosi forte che la crosta del ghiaccio scricchiolava; e l'anatroccolo nuotava nuotava per mantenere un buco libero. Ma alla fine esausto si fermo e rimase preso nel ghiaccio. Al mattino di buonora venne un contadino, lo scorse, spezzo il ghiaccio con lo zoccolo di legno e lo porto a casa da sua moglie. L'anatroccolo si riebbe e torno in se. I bambini volevano giocare con lui, ma egli temette che volessero fargli del male e dalla paura ando a cadere dentro il secchio del latte rovesciandolo per terra. La donna si mise a gridare e ad agitare le braccia, l'insegui con l'attizzatoio mentre i bambini lo rincorrevano per prenderlo ridendo e urlando. Per fortuna la porta era aperta, e l'anatroccolo volo fuori tra i cespugli in mezzo alla neve caduta di fresco. E li resto come morto.

Sarebbe troppo triste raccontare tutte le sventure che egli dovette sopportare nel durissimo inverno. Si trovava tra i giunchi nella palude quando il sole comincio a risplendere e le allodole tornarono a cantare. Era venuta la primavera Allora l'anatroccolo aperse le sue ali che frusciarono in modo insolito e lo sollevarono con forza nel cielo. Senza nemmeno accorgersene, egli si trovo in un grande giardino dove i meli erano in fiore e dove le serenelle odorose piegavano i lunghi rami verdi fino alle acque correnti dei canali. Com'era bella qui la dolce primavera! Dal folto dei cespugli, proprio davanti a lui, spuntarono tre bellissimi cigni bianchi i quali galleggiavano sull'acqua leggeri ed eleganti. L'anatroccolo riconobbe in loro i magnifici uccelli e si senti invadere da un sentimento strano di tristezza. --Voglio andare da quegli uccelli regali, e non mi importa se mi morderanno tutto perche brutto come sono ho osato awicinarmi a loro. Meglio essere uccisi da loro che morsicati dalle anatre, beccati dalle galline, pestati dalla serva che bada al pollaio... che morire gelati d'inverno! E volo nell'acqua verso i magnifici cigni. Essi lo videro, e gli si awicinarono con le ali levate. --Uccidetemi pure!--disse il povero animale. E piego la testa aspettando la morte. Ma cosa vide mai nell'acqua chiara? Vide riflettere la propria immagine, e non era piu l'uccello di una volta goffo, grigio e brutto: era anche lui un cigno. Che importa nascere in un pollaio se siamo usciti da un uovo di cigno? Era felicissimo. Avendo vissuto tutte quelle disgrazie e sventure, poteva apprezzare adesso maggiormente la sua felicita e la sua bellezza. I grandi cigni gli nuotarono intorno e lo accarezzarono col becco. Un gruppo di bambini entro nel giardino, e getto pane e granelli nell'acqua. Il piu piccolo del gruppo esclamo: --Ce n'e uno nuovo! E tutti i bambini gridarono: --Si, ce n'e uno nuovo! E batterono le mani e saltarono e poi andarono a chiamare il padre e la madre perche venissero a vedere. E tutti gettavano pane e dolci e dicevano: --Com'e giovane e bello il nuovo venuto! E i vecchi cigni si inchinarono davanti a lui. Egli si senti intimidito e mise la testa tra le piume senza sapere bene cosa provasse. Era troppo felice, ma non superbo, perche un cuore provato 4 non puo mai essere superbo. Penso a come era stato schernito e perseguitato, mentre ora si sentiva dire che era il piu bello di tutti! Le serenelle piegavano i loro rami fino all'acqua ed il sole splendeva caldo. Allora mosse le ali, eresse il collo flessuoso e giubilo 5 dal profondo del suo cuore: --Tanta felicita non l'ho mai sognata quando ero un brutto anatroccolo! (Il brutto anatroccolo, trad di H. van den Berg, Dentro le fiabe, Nicola Milano Editore, Cuneo).

I tre linguaggi Fiaba dei fratelli Grimm - KHM 033 C'era una volta in Svizzera un vecchio conte che aveva un unico figlio, ma così stupido che non riusciva a imparare nulla. Allora il padre disse: -Ascolta, figlio mio, per quanto io faccia non riesco a cacciarti niente in testa. Devi andare via di qui; maestri insigni proveranno a fare ciò che io non ho potuto-. Il giovane fu così mandato in un'altra città e rimase presso un maestro per un intero anno. Trascorso questo periodo, tornò a casa e il padre gli chiese: -Ebbene, che cosa hai imparato?- Il figlio rispose: -Babbo, ho imparato quello che dicono i cani-. -Dio guardi!- esclamò il padre - è tutto qui? Devi andare in un'altra città, presso un altro maestro.- Il giovane andò e, anche questa volta, vi si fermò un anno. Quando ritornò, il padre disse: -Ebbene, che cosa hai imparato?-. Il figlio rispose: -Babbo, ho imparato quello che dicono gli uccelli-. Allora il padre andò in collera e disse: -Sciagurato. Hai perduto tutto quel tempo prezioso senza imparare nulla, e non ti vergogni di comparirmi davanti? Ti manderò da un terzo maestro, ma se anche questa volta non impari nulla, non voglio più essere tuo padre-. Così il giovane fu portato da un terzo maestro presso il quale rimase un altro anno. Quando finalmente ritornò a casa, il padre gli chiese: -Ebbene, che cosa hai imparato?-: -Caro babbo- rispose -quest'anno ho imparato quello che gracidano le rane.- Allora il padre andò su tutte le furie, balzò in piedi, chiamò la servitù e disse: - Quest'essere non è più mio figlio, io lo scaccio e vi ordino di condurlo nel bosco e di ucciderlo-. Essi lo presero e lo condussero fuori, ma al momento di ucciderlo ne ebbero pietà e lo lasciarono andare. Poi strapparono a un capriolo gli occhi e la lingua e li portarono al vecchio come prova della sua morte. Il giovane si mise in cammino e dopo qualche tempo giunse a un castello dove chiese asilo per la notte. -Sì- disse il castellano. -Se vuoi pernottare laggiù nella seconda torre, va' pure, ma ti avverto che rischi la vita: è piena di cani feroci che abbaiano e latrano senza tregua e, a ore fisse, bisogna consegnare loro un essere umano che essi divorano subito.- Per questo, nella zona, ognuno era in lutto e in grande tristezza, senza sapere tuttavia che cosa fare. Il giovane disse: -Lasciatemi andare da quei cani feroci e datemi qualcosa da gettare loro in pasto; a me non faranno nulla-. Poiché questa era la sua volontà, gli diedero un po' di cibo per gli animali e lo condussero giù alla torre. Quando entrò, i cani gli scodinzolarono amichevolmente intorno senza torcergli un capello e mangiarono ciò che egli mise loro davanti. Il mattino seguente, con grande stupore di tutti, uscì sano e salvo dalla torre e disse al castellano: -I cani mi hanno rivelato nel loro linguaggio perché se ne stanno qua ad arrecar danno al paese: sono stregati, devono custodire un gran tesoro nella torre e non si cheteranno fino a quando non sarà dissotterrato. I loro discorsi mi hanno inoltre rivelato come fare-. A queste parole tutti si rallegrarono, e il castellano disse: -Se riesci a recuperare il tesoro, ti darò in sposa mia figlia-. Il giovane accettò l'impresa, disseppellì il tesoro e i cani sparirono. Così sposò la bella fanciulla e vissero insieme felici. Dopo un certo periodo di tempo i due si misero in viaggio per recarsi a Roma. Per via passarono davanti a uno stagno

in cui gracidavano delle rane. Il giovane conte capì quello che esse si stavano dicendo, ed era triste e pensieroso, tuttavia non disse nulla alla moglie. Infine giunsero a Roma: era appena morto il papa e, fra i cardinali, c'era grande incertezza su chi dovesse essere designato come successore. Finalmente convennero che fosse eletto papa colui che manifestasse un segno miracoloso della volontà divina. Avevano appena preso questa decisione quando entrò in chiesa il giovane conte, e subito due colombe bianche come la neve gli si posarono sulle spalle e là rimasero a sedere. Il clero riconobbe in questo fatto il segno divino e, senza attendere oltre, gli domandò se volesse diventare papa. Egli era esitante e non sapeva se ne fosse degno, ma le colombe lo convinsero ad accettare e rispose di sì. Allora fu unto e consacrato, e così si compì quello che, con tanta costernazione, egli aveva udito dalle rane per strada: che sarebbe diventato il Santo Padre. Poi dovette cantar messa, e non ne sapeva neanche una parola, ma le due colombe gli stettero sempre sulle spalle e suggerirono ogni parola che doveva dire. FINE

Fratellino e sorellina Fiaba dei fratelli Grimm - KHM 011

Il fratellino prese la sorellina per mano e disse: -Da quando è morta la mamma, non abbiamo più avuto un'ora di bene: la matrigna ci picchia ogni giorno e quando andiamo da lei ci caccia a pedate. I tozzi di pane raffermo sono il nostro cibo, e il cagnolino sotto la tavola sta meglio di noi: a lui getta ogni tanto qualcosa di buono. Dio mio, se lo sapesse la nostra mamma! Vieni, ce ne andremo insieme per il mondo-. Camminarono tutto il giorno attraverso prati, campi, sentieri sassosi, e, mentre pioveva, la sorellina disse: -Dio e i nostri cuori piangono insieme-. La sera giunsero in un gran bosco, ed erano così stanchi per il pianto, la fame e il lungo cammino, che si sedettero dentro a un albero cavo e si addormentarono. La mattina dopo, quando si svegliarono, il sole era già alto nel cielo e i suoi raggi penetravano ardenti all'interno dell'albero. Allora il fratellino disse: -Sorellina ho sete; se sapessi dov'è una fonte andrei a bere; credo di averne sentito il mormorio-. Il fratellino si alzò, prese la sorellina per mano e volevano cercare la sorgente. Ma la cattiva matrigna era una strega e aveva visto benissimo che i due bambini se ne erano andati; li aveva seguiti quatta quatta, di nascosto, come fanno le streghe, e aveva stregato tutte le sorgenti del bosco. Quand'essi trovarono un rivolo che saltellava scintillando sulle pietre, il fratellino volle bere; ma la sorellina udì la fonte mormorare: -Chi beve della mia acqua diventa una tigre! Chi beve della mia acqua diventa una tigre!-. Allora la sorellina gridò: -Ah, fratellino, ti prego, non bere, altrimenti diventi una belva feroce e mi sbrani-. Il fratellino non bevve, anche se aveva una gran sete, e disse: -Aspetterò fino alla prossima sorgente-. Quando arrivarono alla seconda fonte, la sorellina udì che anche questa diceva: -Chi beve della mia acqua diventa un lupo! Chi beve della mia acqua diventa un lupo!-. Allora gridò: -Ah, fratellino, ti prego, non bere, altrimenti diventi un lupo e mi divori-. Il fratellino non bevve e disse: -Aspetterò fino alla prossima sorgente, ma allora dovrò bere; puoi dire quello che vuoi, ho troppa sete-. E quando giunsero alla terza fonte, la sorellina udì mormorare: -Chi beve della mia acqua diventa un capriolo! Chi beve della mia acqua diventa un capriolo!-. La sorellina disse: -Ah, fratellino, ti prego, non bere, altrimenti diventi un capriolo e scappi via-. Ma il fratellino si era subito inginocchiato presso la sorgente, si era chinato e aveva bevuto l'acqua; non appena le prime gocce gli toccarono le labbra, giacque a terra, trasformato in un piccolo capriolo. La sorellina pianse sul povero fratellino stregato, e anche il piccolo capriolo piangeva, standosene tutto triste accanto a lei. Infine la fanciulla disse: -Chetati, caro caprioletto, io non ti abbandonerò mai-. Sciolse la sua giarrettiera d'oro e la mise intorno al collo del capriolo, poi divelse dei giunchi e ne intrecciò una corda flessibile. Legò l'animaletto, lo condusse con s e si addentrò sempre di più nel bosco. Cammina, cammina, giunsero finalmente a una casetta; la fanciulla guardò dentro e siccome era vuota pensò: "Qui possiamo fermarci ad abitare". Cercò allora foglie e muschio per fare un morbido

giaciglio al capriolo e ogni mattina usciva e raccoglieva radici, bacche e noci, e al capriolo portava erba tenera; ed esso la mangiava dalla sua mano, era felice e giocherellava davanti a lei. La sera quando la sorellina era stanca e aveva detto le sue preghiere, posava il capo sul dorso del piccolo capriolo: quello era il suo cuscino e su di esso si addormentava dolcemente. E se il fratellino avesse avuto la sua figura umana, sarebbe stata una vita meravigliosa. Per un certo periodo di tempo vissero così, soli, in quel luogo selvaggio. Ma avvenne che il re di quella zona tenesse una gran caccia nel bosco. Echeggiò fra gli alberi il suono dei corni, il latrato dei cani e le grida allegre, e il piccolo capriolo ascoltava e gli sarebbe tanto piaciuto essere della partita. -Ah- disse alla sorellina -lasciami andare alla caccia, non posso più resistere!- E la pregò così a lungo che ella infine acconsentì. -Però- gli disse -ritorna questa sera. Davanti ai feroci cacciatori io chiuderò la porticina: per farti riconoscere, bussa e di': "Sorellina mia, lasciami entrare!". Ma se non dici così, non aprirò.- Allora il capriolo saltò fuori, e stava tanto bene, ed era così allegro all'aria aperta! Il re e i suoi cacciatori videro il bell'animaletto e lo inseguirono; ma non riuscivano a raggiungerlo, e quando credevano di prenderlo, il capriolo saltava nella boscaglia e spariva. Quando fu buio corse alla casetta, bussò e disse: -Sorellina mia, lasciami entrare!-. Allora la porticina gli fu aperta, egli saltò dentro e dormì tutta la notte sul suo morbido giaciglio. Il mattino dopo la caccia ricominciò, e quando il capriolo udì nuovamente il corno e il grido dei cacciatori, non ebbe più pace e disse: -Sorellina aprimi, devo uscire-. La sorellina gli aprì la porta e disse: -Ma questa sera devi essere di nuovo qui con la tua parola d'ordine-. Quando il re e i suoi cacciatori rividero il capriolo con il collare d'oro, lo inseguirono tutti, ma egli era troppo rapido e svelto. La caccia durò tutto il giorno, ma finalmente a sera i cacciatori lo accerchiarono e uno lo ferì leggermente a una zampa, cosicché egli si mise a zoppicare e corse via più adagio. Allora un cacciatore gli andò dietro pian piano fino alla casetta e l'udì esclamare: -Sorellina mia, lasciami entrare!- e vide che la porta gli veniva aperta e subito richiusa. Il cacciatore tenne tutto bene a mente, andò dal re e gli raccontò ciò che aveva visto e udito. Allora il re disse: - Domani andremo a caccia ancora una volta-. Ma la sorellina si spaventò terribilmente quando il piccolo capriolo rientrò ferito. Lavò la ferita, ci mise sopra delle erbe e disse: -Va' al tuo giaciglio, caprioletto mio, così guarisci-. Ma la ferita era così piccola che al mattino il capriolo non sentiva più nulla e quando udì nuovamente il tripudio della caccia disse: -Non posso resistere, devo andarci; non sarà così facile acchiapparmi-. La sorellina pianse e disse: -Adesso ti uccideranno; non ti lascio uscire-. -E io ti morirò qui di tristezza, se mi trattieni- rispose il capriolo. -Quando sento il corno da caccia mi sembra di non stare più nella pelle!- Allora la sorellina dovette cedere, gli aprì la porta con il cuore grosso e il capriolo corse nel bosco vispo e felice. Quando il re lo scorse, disse ai suoi cacciatori: -Inseguitelo per tutto il giorno fino a sera, ma che nessuno gli faccia del male!-. Come il sole fu tramontato, il re disse al cacciatore: -Vieni e mostrami la casetta nel bosco-. E quando fu davanti alla porticina bussò e gridò: - Sorellina cara, lasciami entrare!-. Allora la porta si aprì e il re entrò e trovò una fanciulla così bella come non ne aveva mai viste. Ma la fanciulla si spaventò quando vide entrare un re con una corona d'oro al posto del suo piccolo capriolo. Il re la guardò amorevolmente, le diede la mano e disse: -Vuoi venire con me al mio castello

e diventare la mia cara sposa?-. -Ah sì- rispose la fanciulla -ma deve venire anche il capriolo, non lo abbandono.- Disse il re: -Rimarrà con te finché vivi e non gli mancherà nulla-. In quel momento entrò a salti il capriolo; la sorellina lo legò di nuovo alla fune di giunco che prese in mano lei stessa, e insieme a lui lasciò la casetta nel bosco. Il re condusse la bella fanciulla nel suo castello, dove le nozze furono celebrate con gran pompa; ora ella era Sua Maestà la regina, e vissero insieme felici per lungo tempo; il capriolo era ben nutrito e ben curato e ruzzava nel giardino del castello. Ma la cattiva matrigna, per via della quale i bambini se ne erano andati per il mondo, credeva che la sorellina fosse stata sbranata dalle bestie feroci nel bosco e che il fratellino, trasformato in un capriolo, fosse stato ucciso dai cacciatori. Quando sentì che erano felici e che stavano così bene, l'invidia e la gelosia le si destarono in cuore e non le davano pace, e non pensava che al modo di procurar loro un'altra sciagura. La sua figlia vera, che era brutta come la notte e aveva un solo occhio, protestava e diceva: -Diventare una regina! Questa fortuna spettava a me!-. -Sta' tranquilla- disse la vecchia e aggiunse allegramente: -Al momento buono, saprò cosa fare-. E quando venne il momento e la regina diede alla luce un bel maschietto, mentre il re era a caccia, la vecchia strega prese le sembianze della cameriera, entrò nella stanza dove giaceva la regina e disse alla puerpera: -Venite, il bagno è pronto, vi farà bene e vi rinforzerà; presto, prima che diventi freddo-. C'era anche sua figlia; insieme trasportarono la regina, debole com'era, nella stanza da bagno, la misero nella vasca e se ne andarono in fretta chiudendo la porta. Ma nella stanza da bagno avevano acceso un fuoco d'inferno, cosicché la bella giovane regina soffocò ben presto. Ciò fatto, la vecchia prese sua figlia, le mise una cuffia in testa e la pose nel letto al posto della regina. Le diede anche la sua figura e il suo aspetto, ma non pot restituirle l'occhio perduto. Ma perché il re non si accorgesse di nulla, si dovette coricare dalla parte dove le mancava l'occhio. La sera, quando il re ritornò e udì che gli era nato un bambino, fu pieno di gioia e volle recarsi al letto della sua cara moglie per vedere come stava. Subito la vecchia esclamò: -Per carità, lasciate chiuse le cortine: la regina non sopporta ancora la luce e deve riposare!-. Il re si ritirò e non sapeva che nel letto c'era una falsa regina. Ma quando fu mezzanotte e tutto taceva, la bambinaia, che sedeva nella camera del bambino accanto alla culla ed era l'unica a vegliare ancora, vide aprirsi la porta ed entrare la vera regina. Ella tolse il bambino dalla culla, lo prese fra le braccia e lo allattò; poi sprimacciò il suo piccolo cuscino, lo rimise a letto e lo coprì con la piccola coltre. Ma non dimenticò neanche il capriolo, andò nell'angolo dove si trovava e lo accarezzò sul dorso. Poi uscì silenziosamente dalla porta e la bambinaia, la mattina dopo, domandò alle guardie se durante la notte avessero visto qualcuno entrare nel castello; ma esse risposero: -No, non abbiamo visto nessuno-. La regina venne per molte notti, senza dire mai una parola; la bambinaia la vedeva sempre, ma non osava dire nulla a nessuno. Quando fu trascorso un certo periodo di tempo, una notte la regina incominciò a dire:-che cosa fanno nel loro lettino il capriolo e il mio bambino? Ancor due volte fin qui verrò, ma una terza non tornerò.-la bambinaia non le rispose, ma quando fu scomparsa andò dal re e gli raccontò tutto. Disse il re: -Mio Dio, che cosa è mai questa! Voglio vegliare accanto a mio figlio la prossima notte-. La sera andò nella camera del bambino; a mezzanotte apparve

ancora la regina e disse: -Che cosa fanno nel loro lettino il capriolo e il mio bambino? Ancora una volta fin qui verrò, ma una seconda non tornerò.- E si prese cura del piccino come sempre, prima di sparire. Il re non osò rivolgerle la parola, ma la notte seguente vegliò di nuovo. Ella disse:-che cosa fanno nel loro lettino il capriolo e il mio bambino? Per l'ultima volta son giunta quaggiù un'altra volta non torno più.-allora il re non pot più trattenersi, corse a lei e disse: -Tu non puoi essere che la mia cara sposa-. Ella rispose: -Sì, sono la tua cara sposa-. E in quel momento, per grazia divina, tornò a vivere, fresca, rosea e sana. Poi raccontò al re il crimine commesso dalla strega cattiva e da sua figlia. Il re le fece giudicare entrambe, ed esse furono condannate: la figlia fu condotta nel bosco, dove le bestie feroci la sbranarono non appena la videro; la strega fu invece gettata nel fuoco e dovette bruciare miseramente. E quando fu ridotta in cenere, il piccolo capriolo si trasformò e riacquistò il suo aspetto umano; e sorellina e fratellino vissero felici insieme fino alla morte.

Hansel e Grethel Fiaba dei fratelli Grimm - KHM 015 Davanti a un gran bosco abitava un povero taglialegna che non aveva di che sfamarsi; riusciva a stento a procurare il pane per sua moglie e i suoi due bambini: Hansel e Grethel. Infine giunse un tempo in cui non pot più provvedere neanche a questo e non sapeva più a che santo votarsi. Una sera, mentre si voltava inquieto nel letto, la moglie gli disse: -Ascolta marito mio, domattina all'alba prendi i due bambini, dai a ciascuno un pezzetto di pane e conducili fuori in mezzo al bosco, nel punto dov'è più fitto; accendi loro un fuoco, poi vai via e li lasci soli laggiù. Non possiamo nutrirli più a lungo-. -No moglie mia- disse l'uomo -non ho cuore di abbandonare i miei cari bambini nel bosco, le bestie feroci li sbranerebbero subito.- -Se non lo fai- disse la donna -moriremo tutti quanti di fame.- E non lo lasciò in pace finché egli non acconsentì. Anche i due bambini non potevano dormire per la fame, e avevano sentito quello che la madre aveva detto al padre. Grethel pensò che per loro fosse finita e incominciò a piangere amaramente, ma Hansel disse: -Stai zitta Grethel, non ti crucciare, ci penserò io-. Si alzò, si mise la giacchettina, aprì l'uscio da basso e sgattaiolò fuori. La luna splendeva chiara e i ciottoli bianchi rilucevano come monete nuove di zecca. Hansel si chinò, ne ficcò nella taschina della giacca quanti pot farne entrare e se ne tornò a casa. -Consolati Grethel e riposa tranquilla- disse; si rimise di nuovo a letto e si addormentò. Allo spuntar del giorno, ancor prima che sorgesse il sole, la madre venne e li svegliò entrambi: -Alzatevi bambini, vogliamo andare nel bosco; qui c'è un pezzetto di pane per ciascuno di voi, ma siate saggi e conservatelo per mezzogiorno-. Grethel mise il pane sotto il grembiule perché Hansel aveva le pietre in tasca, poi si incamminarono verso il bosco. Quando ebbero fatto un pezzetto di strada: Hansel si fermò e si volse a guardare la casa; così fece per più volte. Il padre disse: -Hansel, che cos'è che ti volti a guardare e perché ti fermi? Su, muoviti!-. -Ah, babbo, guardo il mio gattino bianco che è sul tetto e vuole dirmi addio.- Disse la madre: -Ehi, sciocco, non è il tuo gattino, è il primo sole che brilla sul comignolo-. Hansel però non aveva guardato il gattino, ma aveva buttato ogni volta sulla strada uno dei sassolini lucidi che aveva in tasca. Quando giunsero in mezzo al bosco, il padre disse: -Ora raccogliete legna, bambini, voglio accendere un fuoco per non gelare-. Hansel e Grethel raccolsero rami secchi e ne fecero un mucchietto. Poi accesero il fuoco e quando la fiamma si levò alta, la madre disse: -Adesso stendetevi accanto al fuoco e dormite, noi andiamo a spaccare legna nel bosco; aspettate fino a quando non torniamo a prendervi-. Hansel e Grethel rimasero accanto al fuoco fino a mezzogiorno, poi ciascuno mangiò il proprio pezzetto di pane. Credevano che il padre fosse ancora nel bosco perché udivano i colpi d'accetta; invece era un ramo che egli aveva legato a un albero e che il vento sbattéva di qua e di là. Così attesero fino a sera, ma il padre e la madre non tornavano e nessuno veniva a prenderli. Quando fu notte fonda Grethel incominciò a piangere, ma Hansel disse: -Aspetta soltanto un poco, finché sorga la luna-. E quando la luna sorse, prese Grethel per mano; i ciottoli