Gestione digitale del colore nell industria della stampa MAURO BOSCAROL Consulente per l informatica e l editoria Via Berengario 28 41012 Carpi mauro@boscarol.com 1. Introduzione Le principali odierne tecnologie di stampa industriale comprendono il procedimento offset, la rotocalcografia (gravure printing), la serigrafia (screen printing), la flessografia (flexographic printing) e la cosiddetta stampa digitale. Nel seguito mi riferisco alla stampa offset, 1 ma la maggior parte delle considerazioni possono essere trasferite alle altre tecnologie di stampa industriale. La stampa offset è preceduta da una fase di prestampa consistente nell allestimento della lastra a partire da un file digitale che contiene i vari grafismi in qualche formato grafico (p.e. PostScript, PDF, EPS). La lastra è prodotta da una unità (platesetter) collegata al computer (CtP, computer to plate). Fino a qualche tempo fa la lastra si otteneva per incisione mediante pellicola fotografica a sua volta prodotta da una unità ottica (imagesetter) collegata al computer (CtF, computer to film). 1.1 Riproduzione del colore in stampa offset Nel procedimento di stampa offset il colore si ottiene sovrastampando inchiostri semitrasparenti solitamente di quattro colori (stampa in quadricromia): ciano (un particolare azzurro), magenta (un viola rossastro), giallo e nero, abbreviati in CMYK. Le coordinate colorimetriche dei colori degli inchiostri dipendono dal produttore: produttori diversi vendono inchiostri i cui colori hanno diverse coordinate colorimetriche. Per modulare il colore viene usato il procedimento di retinatura che consiste nella stampa di punti di diametro variabile e numero fisso (retino a modulazione d ampiezza) o di diametro fisso e numero variabile (retino a modulazione di frequenza) di un determinato inchiostro. 1 Nel procedimento di stampa offset si utilizza una lastra (tecnicamente detta forma di stampa ) di alluminio e altro materiale sensibile a radiazioni elettromagnetiche (dall ultravioletto all'infrarosso), sulla quale le aree da stampare (dette grafismi ) vengono distinte dalle altre ( contrografismi ) marcandole in modo che siano ricettive all inchiostro (che è una sostanza grassa) e dunque non all acqua (cioè i grafismi sono lipofili, i contrografismi sono idrofili). La lastra viene posta su un cilindro e dopo l umidificazione, a causa della naturale repulsione tra l acqua e l'inchiostro, la successiva inchiostrazione viene impedita nelle parti umide (contrografismi) e riguarda solo gli elementi da stampare (grafismi). A questo punto l inchiostro viene trasferito su un secondo cilindro intermedio rivestito di tessuto gommato (caucciù) e da qui giunge sulla carta che può essere disposta in fogli piani (offset piano) o a bobina (offset rotativo o rotooffset). Il termine offset deriva dall'inglese to set off e allude all uso di un mezzo intermedio tra l inchiostro e la carta, cioè il cilindro di trasferimento. 255
2. Normativa internazionale relativa alla stampa offset A causa delle fluttuazioni riguardanti l ambiente, le condizioni meccaniche, le impostazioni della macchina stessa, una macchina da stampa offset, se non adeguatamente controllata, non dà risultati costanti nel tempo né nella tiratura. Mantenere costanti tali condizioni (cioè calibrare la macchina da stampa) è un procedimento complesso, al quale si dà il nome di process control. Esistono normative che riguardano il process control di una macchina da stampa industriale, cioè che specificano le condizioni alle quali la macchina deve conformarsi, in altre parole, che indicano come una macchina deve stampare. La normativa internazionale è stata elaborata da ISO (International Organization for Standardization) a partire dal 1996 e regolarmente rivista. La norma è la ISO 12647 [1] relativa alle diverse tecnologie di stampa industriale (offset a caldo, offset a freddo, tipografia, rotocalco, serigrafia, flessografia, stampa digitale). La parte specifica per la stampa offset (a caldo, in piano e in bobina) è stata aggiornata nel 2004. Questa norma specifica il tipo e il colore della carta, la densità degli inchiostri di stampa, l ingrossamento del punto di retino e altri parametri di stampa misurabili. Per esempio, la norma prevede l utilizzo di cinque tipi di carta (a) gloss-coated, wood-free; (b) matte-coated, wood-free; (c) gloss coated, web; (d) uncoated, white; (e) uncoated, slightly yellowish, di cui sono stabilite le coordinate colorimetriche, la lucidezza (gloss) e la brillanza. Per quanto riguarda invece il colore e la trasparenza degli inchiostri si fa riferimento ad un altra norma ISO [2]. 2.1 Accettazione della normativa Le norme ISO sono norme internazionali, sottoscritte e accettate dai paesi industrializzati e in particolare dagli Stati Uniti. Tuttavia mentre l industria grafica europea e in particolare italiana si adegua volentieri agli standard stabiliti dalla norma, quella nordamericana non sembra molto interessata a farlo. Come è successo in altri campi (nelle unità di misura [3], per esempio, gli Stati Uniti hanno formalmente adottato nel 1960 il Sistema Internazionale di Unità, ma, nonostante i ripetuti inviti di uniformazione, gran parte dell industria americana utilizza ancora il pollice, inch, invece del centimetro, il gallone, gallon, invece del litro e il footlambert invece della candela al metro quadrato) l industria grafica nordamericana preferisce seguire altre indicazioni (chiamate specifiche ). Le principali specifiche sono SNAP (Specifications for Non-Heatset Advertising Printing) [4], per la stampa offset a freddo su carta di giornale, SWOP (Specifications for Web Offset Publications) [5], basata in parte su ISO 12647 e GRACol (General Requirements for Applications in Commercial Offset Lithography) [6]. 2.2 Standardizzazione e ottimizzazione Lo stampatore che si adegua alla norma ISO 12647-2 può scambiare i dati CMYK, può accedere ai dati di caratterizzazione della macchina offset senza doverli effettivamente misurare, può utilizzare profili di colore senza doverli creare. 256
Tuttavia esiste un alternativa positiva alla standardizzazione della macchina da stampa. Infatti mettere a norma una macchina significa spesso rinunciare a prestazioni superiori che questa sarebbe in grado di fornire. Per esempio, utilizzando inchiostri a norma si ottiene un gamut di colore meno ampio di quello che si potrebbe ottenere utilizzando inchiostri ad alta densità ed essiccazione veloce, che sono fuori norma (in quanto le loro coordinate colorimetriche non sono conformi a quelle previste da ISO). 3. Caratterizzazione di una macchina da stampa offset La caratterizzazione di una macchina da stampa offset definisce la relazione tra lo spazio colore CMYK della macchina e uno spazio colorimetrico come XYZ o Lab. L effetto combinato (a) della mescolanza additiva del colore della carta e del colore dei punti di retino dei quattro inchiostri nelle zone nelle quali non si sovrappongono e (b) della mescolanza sottrattiva di tali colori nelle zone in cui si sovrappongono determina il colore risultante. La complessità della mescolanza è tale che per la stampa in quadricromia retinata non è disponibile un modello consolidato che ne caratterizzi colorimetricamente i risultati. In letteratura esistono diversi approcci per la caratterizzazione: modelli empirici [7] basati sulla misura di un certo numero di campioni di colore, misure successivamente utilizzate da algoritmi di regressione o per costruire tabelle da interpolare, oppure modelli fisici [8] ricavati dalla conoscenza del comportamento fisico della macchina. Il più importante esempio di modello fisico per la stampa retinata è quello di Neugebauer [9, 10] basato sul principio combinatorio cosiddetto di inclusione-esclusione [11, 12], che tratta il colore stampato come mescolanza additiva del colore della carta, degli inchiostri e della loro sovrapposizione. Il modello di Neugebauer è stato successivamente modificato e migliorato, tra gli altri, da Yule e Nielsen [13] e Viggiano [14]. La comune pratica attuale per caratterizzare la colorimetria di una macchina da stampa offset che lavora in quadricromia con determinata tecnica di retinatura, determinati inchiostri e determinata carta (la combinazione processo di stampa e carta è detta medium) consiste nel misurare colorimetricamente un certo numero (fino a qualche migliaio) di combinazioni di inchiostri e ricavare tutte le altre combinazioni utilizzando il modello di Neugebauer o qualche sua variante. FOGRA (Forschungsgesellschaft Druck e.v., http://www.fogra.org) con sede a Monaco di Baviera in Germania, pubblica online i dati di caratterizzazione per la stampa offset basati sulla norma ISO 12647-2. 4. Gestione del colore mediante profili ICC e conversione di colore Il gamut di una periferica (monitor, stampante, macchina offset) è l insieme dei colori che la periferica può produrre, dunque un volume in uno spazio colorimetrico. Per far corrispondere i colori di un monitor a quelli di una macchina 257
offset (soprattutto i colori non stampabili) è necessario un algoritmo di gamut mapping [15, 16]. Questi algoritmi possono essere classificati nelle due famiglie dei metodi (a) continui applicati a tutti i colori di una immagine (compressione, adattamento cromatico) e (b) di clipping applicati solo ai colori fuori gamut. International Color Consortium (ICC, http://www.color.org) è una organizzazione indipendente creata nel 1993 da alcune società interessate al trattamento digitale del colore (digital color management). ICC ha lo scopo di sviluppare e mantenere uno standard aperto, a livello di sistema operativo e multipiattaforma per la gestione digitale del colore e, a questo scopo, pubblica proprie specifiche di creazione dei cosiddetti profili di colore (specifiche che implicano un determinato utilizzo di tali profili). ICC ha definito quattro intenti di rendering, cioè tecniche di gamut mapping da uno spazio di colore ad un altro e i profili ICC sono una combinazione delle tabelle di caratterizzazione e di questi intenti di rendering. La corrispondenza tra colori su periferiche diverse (per esempio un monitor e una macchina da stampa) viene ottenuta con una conversione di colore, definita da quattro elementi: (a) il profilo di origine, (b) il profilo di destinazione, (c) l intento di rendering, (d) il motore di colore. In gergo gestire il colore significa fare una tale conversione di colore. L utilizzo dei profili ICC è un modo comunemente accettato di trasportare i dati di immagini e lavori digitali tra creatore, stampatore e utilizzatore assicurando che l apparenza del colore venga mantenuta senza ricorrere a sistemi chiusi. La specifica dei profili ICC è in fase di approvazione come norma ISO [17]. Non esiste invece alcuna normativa per la creazione dei profili ICC per la stampa offset. ECI (European Color Initiative, http://www.eci.org) è un gruppo di esperti che ha iniziato la propria attività nel 1996 ad Amburgo, in Germania, che si è dato il compito di creare profili ICC standard per la stampa industriale, basati sulle caratterizzazioni FOGRA. 5. Utilizzo del profilo ICC in stampa offset Il profilo ICC di una macchina offset ha tre principali utilizzi: la conversione in quadricromia (da RGB a CMYK); il repurposing (da CMYK a CMYK); la prova colore (da RGB a CMYK alla periferica di prova). 5.1 Conversione in quadricromia e generazione del nro La conversione in quadricromia è la conversione da un profilo RGB a un profilo CMYK, con un gamut mapping di compressione o di clipping. 5.2 Repurposing Il repurposing è la conversione da uno spazio CMYK a un altro spazio CMYK. Il problema principale in questo caso è la conservazione del nero (K). Una conversione di colore da uno spazio CMYK ad un altro, porta le percentuali di colori primari, particolarmente il nero, in colori che hanno altri contributi oltre a 258
quello del primario. Si tratta di un effetto indesiderato, in quanto quasi sempre lo stampatore preferisce sacrificare l apparenza del colore di certi elementi grafici realizzati con colori primari (il testo, i filetti, le ombre, i fondini) piuttosto che convertire in colori non primari. Per il repurposing dunque non vengono utilizzati, di solito, i profili ICC, ma altre tecnologie, soprattutto la tecnologia dei profili device link, in realtà possibile anche con profili ICC, ma meglio utilizzata da tecnologie proprietarie. 5.3 Prova colore La prova colore è la simulazione della uscita su macchina da stampa offset. La simulazione su monitor è detta soft proof, quella su stampante è detta hard proof. Esistono oggi, nella pratica della stampa offset, due filosofie di prova colore: la prima prevede che la prova simuli uno standard (di qualunque tipo) al quale anche la macchina da stampa deve adeguarsi; la seconda prevede che la prova simuli la macchina da stampa. Lo stampatore che sceglie la prima filosofia deve intervenire indipendentemente sul sistema di prova e sulla macchina da stampa, e deve fare in modo che stampino nelle stesse condizioni. Lo stampatore che segue la seconda filosofia interviene solo sul sistema di prova, che dipende dalla macchina da stampa e la simula. In quest ultimo caso una prova colore consiste di due conversioni: la prima è la conversione in quadricromia: da origine a offset, la seconda è la conversione di simulazione: da offset a monitor (soft proof) o a stampante di prova (hard proof). 6. Il flusso di lavoro: strategie possibili per lo stampatore offset Lo stampatore può scegliere tra due diversi flussi di lavoro (workflow) indicati rispettivamente con i termini early binding e late binding che si riferiscono al fatto che la conversione in quadricromia viene fatta rispettivamente prima che il lavoro arrivi allo stampatore, oppure dallo stampatore stesso. In entrambi i flussi di lavoro lo stampatore crea il profilo ICC della propria macchina offset (con una determinata carta), che può essere standardizzata oppure ottimizzata. 6.1 Early binding Se sceglie il flusso early binding (che potrebbe tradursi con conversione anticipata ) lo stampatore decide che accetta solo lavori CMYK in cui tutti gli oggetti grafici sono (stati convertiti) nello spazio CMYK della propria macchina da stampa (standardizzata o ottimizzata). Dunque crea e distribuisce ai suoi clienti grafici, fotografi, impaginatori il profilo della macchina/carta/inchiostri, oppure segnala che si tratta di un profilo standard, reperibile da qualche parte. Il cliente utilizza il profilo per fare una prova colore e la conversione in quadricromia del lavoro, che consegna con dati CMYK finali per la macchina dello stampatore. Lo stampatore fa una prova colore e stampa senza alcuna conversione. 259
6.2 Late binding Nel flusso late binding ( conversione posticipata ) lo stampatore decide che accetta lavori con oggetti grafici sia RGB che CMYK ognuno con il proprio profilo incorporato (o tutti normalizzati allo stesso profilo). Anche in questo caso deve creare il profilo della propria macchina, e non necessariamente deve fornirlo al cliente. Il cliente fornisce il lavoro con oggetti grafici RGB e/o CMYK e relativi profili incorporati, eventualmente normalizzando tutto ad un singolo profilo RGB e un singolo profilo CMYK. Lo stampatore riceve il lavoro, fa una prova colore, quindi esegue la conversione in quadricromia e stampa. In ogni caso va da sé che lo stampatore deve informare il cliente del workflow preferito, e deve invitarlo a fornire il materiale adeguato. 7. Accettazione della gestione del colore in stampa offset La maggior degli stampatori italiani non utilizza un flusso di lavoro basato sui profili ICC. Ciò è dovuto, da una parte, alla resistenza degli stampatori a modificare la pratica consolidata di lavoro (modifica che implica investimenti, apprendimento di nuove tecnologie, possibile disturbo di equilibri consolidati) e, d altra parte, ad alcune limitazioni e complicazioni che l uso dei profili pone. 7.1 La pratica di lavoro attuale Oggi, solitamente, lo stampatore offset non accetta dati RGB per la stampa, ma solo dati CMYK, dei quali tuttavia non prende in considerazione il riferimento (cioè la caratterizzazione o il profilo) che anzi considera dannoso e scarta se presente. In realtà alcuni stampatori fanno uso del profilo ma impropriamente, come strumento di editing, assegnando al lavoro profili diversi per ottenere diverse rese cromatiche. Per adeguare i dati CMYK alle proprie condizioni di stampa, è diffusa la pratica consistente nell agire sulla macchina da stampa modificandone le condizioni, fino a far corrispondere, più o meno, i campioni forniti con i colori ottenuti. Oggi questa è ritenuta una pratica di lavoro deprecabile, perché è costosa, perché è spesso impossibile ottenere i risultati di corrispondenza voluti e perché non consente di caratterizzare la macchina, che dunque è un bersaglio mobile, né tantomeno di creare il profilo. Viene invece indicato (in letteratura e dagli organismi di normazione) di mantenere stabili le condizioni della macchina da stampa e richiedere che i file digitali vengano forniti con dati CMYK adatti a tale condizione di stampa. In altre parole, è considerato preferibile agire sulla prestampa piuttosto che sulla stampa, cioè sui valori CMYK piuttosto che sulla macchina da stampa, trattata come strumento di editing. D altra parte è diffusa tra gli stampatori l erronea credenza che i valori di quadricromia siano assoluti, non relativi alla macchina, e che le differenze di colore siano dovute ad una non corretta impostazione della macchina, o ad una non corretta conversione in quadricromia (che viene chiamata separazione ). 260
Ancora, nella pratica della stampa industriale offset, le misurazioni vengono fatte mediante un densitometro, uno strumento che misura la riflettanza di un area colorata attraverso filtri di separazione. Nelle arti grafiche vengono usati diverse definizioni di densità [18]. La densità visiva è definita come l opposto del logaritmo in base 10 di Y, il valore di tristimolo, ma in pratica si utilizzano set di curve spettrali (filtri) che sono diversi in tempi ed aree geografiche diverse (per la densità visiva il filtro è la funzione di efficacia luminosa fotopica V): la densità in status T è usata nei paesi nordamericani, la densità in status E è usata nei paesi europei. L uso di differenti sistemi di illuminazione e di differenti curve spettrali e la non standardizzazione rendono le misure densitometriche ambigue. L uso delle misure densitometriche nelle arti grafiche, ancorché molto diffuso, è oggi deprecato da diversi organismi (ECI, ICC, ISO) per la sua ambiguità e difformità, a vantaggio delle misure colorimetriche. Ma il densitometro è spesso l unico strumento di misura presente in una stamperia. 7.2 La conservazione del nero Tra i problemi intrinseci ai profili ICC il principale è quello relativo alla conservazione del nero. La conversione di colore da uno spazio CMYK di origine ad uno spazio CMYK di destinazione (detta in gergo repurposing) utilizza come spazio colorimetrico intermedio, secondo le specifiche ICC, lo spazio Lab, cioè viene realizzata con una prima conversione dal CMYK di origine a Lab e con una seconda conversione da questo Lab al CMYK di destinazione. In questo passaggio, poiché CMYK ha quattro canali mentre Lab ne ha tre, le proprietà della generazione del nero (la cosiddetta lunghezza del nero) vengono perse. Si tratta di un effetto quasi sempre non gradito agli stampatori. Il testo nero, per esempio, dovrebbe rimanere nero, senza contributi di altri inchiostri (in inglese è detto rich black il colore nero composto con altri inchiostri oltre all inchiostro nero). In generale i colori composti di un solo inchiostro devono spesso rimanere di un solo inchiostro: testo giallo, fondino ciano, filetto magenta, ombra nera. Questo effetto della perdita delle informazioni di generazione del nero si presenta non solo nel repurposing tra due spazi di due macchine da stampa, ma anche tra lo spazio della macchina e quello della stampante di prova. La soluzione potrebbe essere quella di lavorare con quattro canali, evitando il passaggio intermedio attraverso Lab, in modo da non perdere le caratteristiche del nero. Tutto ciò è realizzabile anche con profili ICC, perché le specifiche definiscono, oltre ai profili di periferica, i cosiddetti profili device link, che (a) possono collegare direttamente due spazi CMYK senza passare attraverso Lab, e (b) non richiedono l intervento del motore di colore e dunque danno gli stessi risultati con motori diversi. Ma in pratica, per motivi diversi, le soluzioni utilizzate sono quasi sempre proprietarie e non standard. 261
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