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N 32/2013 16 Settembre 2013 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa nuova iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, ma pur sempre collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. COEFFICIENTE ISTAT PER T.F.R. MESE DI AGOSTO 2013 E stato reso noto l indice Istat ed il coefficiente per la rivalutazione del T.F.R. relativo al mese di Agosto 2013. Il coefficiente di rivalutazione T.F.R. Agosto 2013 è pari a 1,774648 e l indice Istat è 107,60. PRESCRIZIONE INTERROTTA CON LA NOTIFICA DEL TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE, EX ART. 410 C.P.C. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 16452 DEL 1 LUGLIO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 16452 del 1 luglio 2013, ha statuito che la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione vigente ante L. 183/2010 (id: Collegato Lavoro) è titolo idoneo ad interrompere la prescrizione del diritto del lavoratore al risarcimento del danno per infortunio sul lavoro imputabile alla carenza delle misure di sicurezza adottate dal datore di lavoro. 1

Nel caso de quo, una lavoratrice restava infortunata a seguito dell investimento da parte di un muletto a motore. I Giudici di merito accoglievano le doglianze della lavoratrice, in entrambi i gradi di giudizio, in quanto il datore di lavoro non aveva correttamente segnalato i percorsi pedonali disattendendo le previsioni normative in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro - ex D. Lgs. n 626/1994. Inoltre, nel corso del procedimento istruttorio era emerso che la lavoratrice aveva provveduto a notificare la richiesta per l esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c. sia alla Direzione Provinciale del Lavoro, che al datore stesso interrompendo, de facto, i termini prescrizionali. Il datore di lavoro ricorreva in Cassazione. Orbene, gli Ermellini, nell avallare in toto il decisum di prime cure, hanno sottolineato come il secondo comma dell'art. 410 c.p.c. disponga che, la comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza. Pertanto, atteso che nella controversia in commento la lavoratrice aveva provveduto a notificare la richiesta del tentativo di conciliazione anche al datore di lavoro, i Giudici di Piazza Cavour hanno confermato l avvenuta interruzione dei termini prescrizionali quinquennali, confermando la condanna dell azienda al risarcimento del danno. L ASSOGGETTAMENTO DEL LAVORATORE AL POTERE DIRETTIVO DEL DATORE DI LAVORO DETERMINA LA NATURA DI RAPPORTO DI LAVORO DIPENDENTE ANCORCHE OCCASIONALE E NON CONTINUATIVO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 16340 DEL 28 GIUGNO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 16340 del 28 giugno 2013, ha stabilito che il rapporto di lavoro, ancorché occasionale e non continuativo, può avere natura di rapporto di lavoro dipendente, allorquando sia caratterizzato dall'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro. Nel caso in specie, a seguito di un controllo effettuato da funzionari dell Inps presso un cantiere edile, veniva individuato un lavoratore irregolare; dal che, l Agenzia delle Entrate procedeva ad irrogare sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 3, comma 3, Legge n 73/2002. 2

La CTP di Pesaro accoglieva il ricorso proposto dal contribuente in quanto, riteneva trattarsi di attività occasionale e non continuativa, senza elementi di lavoro subordinato. Parimenti, la CTR rigettava l'appello dell A.d.E., affermando che, accertata l occasionalità e la non continuità del lavoro, non vi erano sicuri elementi per ritenere il lavoratore dipendente in nero. Orbene, l A.d.E. ha adito la Suprema Corte evidenziando che, la fattispecie, rappresentata nei primi gradi del giudizio, era stata avvalorata dalla presenza di tutti gli elementi tipici del rapporto di lavoro dipendente (soggezione del lavoratore alle direttive dell impresa, compenso in relazione al tempo impiegato, proprietà delle attrezzature in capo al datore di lavoro). Al riguardo, i giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso dell Amministrazione Finanziaria e rilevato che, a fronte delle specifiche contestazioni dell'agenzia, non era stato spiegato in alcun modo né perché il rapporto di lavoro in questione era stato ritenuto occasionale e non continuativo, né perché un rapporto di lavoro, sia pur occasionale e non continuativo, non potesse avere natura di rapporto di lavoro dipendente, e cioè di rapporto di lavoro caratterizzato dall'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro. Gli Ermellini non hanno omesso di considerare altresì, che nessuna rilevanza decisiva può di per sé avere, invece, al riguardo ed in senso contrario, l'iscrizione del lavoratore nell'albo delle imprese artigiane e la breve durata del rapporto. LA MINACCIA DELLA PERDITA DEL POSTO DI LAVORO PROSPETTATA AI DIPENDENTI AL FINE DI ACCETTARE UNA RETRIBUZIONE INFERIORE INTEGRA IL REATO DI ESTORSIONE. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N. 28695 DEL 4 LUGLIO 2013 La Corte di Cassazione - Sezione Penale -, sentenza n 28695 del 4 luglio 2013, ha stabilito che la prospettazione da parte del datore di lavoro ai dipendenti, in un contesto di grave crisi occupazionale, della perdita del posto di lavoro per il caso in cui non accettino un trattamento economico inferiore a quello risultante dalle buste paga, integra la minaccia costitutiva del delitto di estorsione. Nel caso in esame, la Corte di Appello di Potenza aveva confermato la decisione di primo grado e ritenuto responsabili del reato di estorsione continuata le due amministratrici di 3

una società di persone che avevano costretto cinque dipendenti ad accettare e sottoscrivere le buste paga, senza corresponsione dei relativi emolumenti, dietro la minaccia di non rinnovare il contratto di lavoro. Investiti della questione, i Giudici della Suprema Corte hanno confermato la sentenza impugnata, non potendosi dubitare sulla responsabilità di entrambe le imputate, laddove era emerso che, i lavoratori furono indotti a firmare le quietanze dietro la minaccia di licenziamento nel senso che, qualora non avessero accettato di sottoscrivere le buste paga, non avrebbero ottenuto il rinnovo del contratto, perdendo il lavoro. LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PUR IN MANCANZA DELL'INDICAZIONE ANALITICA DEL GIORNO E DELL'ORA DEI FATTI CONTESTATI. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 16831 DEL 5 LUGLIO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 16831 del 5 luglio 2013, ha ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare irrogato anche se la contestazione disciplinare, notificata al lavoratore, non conteneva l indicazione della data e dell ora in cui erano stati posti in essere i comportamenti negligenti contestati. Nel caso de quo, un lavoratore veniva licenziato a seguito di svariati e ripetuti comportamenti negligenti, prontamente contestati dal datore di lavoro ma, senza l indicazione, a causa della loro molteplicità, delle singole date in cui gli stessi erano stati posti in essere. I Giudici di I grado respingevano le doglianze del subordinato. La Corte territoriale le accoglieva deliberando l illegittimità dell atto di recesso datoriale per la genericità delle contestazioni. Il datore ricorreva in Cassazione. Orbene, i Giudici del Palazzaccio, nel ribaltare nuovamente il deliberato di appello, hanno sottolineato come, laddove non venga pregiudicato il diritto di difesa del lavoratore, non è necessario indicare giorno ed ora degli episodi contestati, a maggior ragione nel caso in cui gli stessi siano molteplici e perpetuati nel tempo. Pertanto, atteso che, nel caso di specie il lavoratore aveva avuto piena contezza dei fatti a lui imputati, i Giudici dell organo di nomofilachia hanno confermato la legittimità del licenziamento disciplinare comminato. 4

L EFFETTIVO E CONCRETO ESERCIZIO DI UN ATTIVITA IMPRENDITORIALE E INDISPENSABILE PER LEGITTIMARE LA DETRAIBILITA DELL IVA ASSOLTA SULLE OPERAZIONI PASSIVE. CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N. 16697 DEL 3 LUGLIO 2013 La Corte di Cassazione - Sezione Tributaria -, sentenza n 16697 del 3 luglio 2013, ha confermato che la qualifica di impresa, che compete ex lege alle società commerciali, non è sufficiente per dare vita al diritto alla detrazione dell'iva sull acquisto di beni e servizi, essendo per contro necessario che l'acquisto di beni risulti indispensabile per l'esercizio vero e proprio dell'impresa. Nella vicenda de qua, l'agenzia delle Entrate di Viterbo emetteva un avviso di rettifica Iva, sulla base delle risultanze di un p.v.c. dal quale era emersa l'inesistenza giuridica della società destinataria. In particolare l A.d.E. sosteneva che la situazione giuridica della Srl - in relazione alle perdite subite che avevano azzerato il capitale sociale - impediva alla stessa di effettuare attività commerciale e, pertanto, doveva ritenersi esistente il principio dell'indetraibilità dell'iva assolta in corrispondenza di comportamenti abusivi, volti a conseguire il solo risultato del beneficio fiscale, senza una reale autonoma ragione economica giustificatrice delle operazioni svolte. Soccombente nei primi due gradi di giudizio, l Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza emessa dalla CTR del Lazio, lamentando la superficialità del Giudice di appello che aveva constatato solo l'iscrizione del soggetto nel registro delle imprese e la titolarità della partita IVA, senza verificare il concreto svolgimento di un'attività di impresa. I Giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso ed affermato con fermezza che, con riguardo alle operazioni passive, la qualifica di impresa, che compete ex lege alle società commerciali con riguardo alle operazioni attive, essendo le cessioni di beni, da parte di dette società, dalla legge considerate "in ogni caso", cioè senza eccezioni, effettuate nell'esercizio d'impresa, non é sufficiente per dare vita al diritto alla detrazione dell'iva, essendo per contro necessario che l'acquisto di beni risulti necessario per l'esercizio vero e proprio dell'impresa e sia effettivamente destinato dall'imprenditore ed alla realizzazione degli scopi produttivi programmati. 5

Inoltre, in tema di Iva il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 19, comma 1, consente al compratore di portare in detrazione l'imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore quando si tratti di acquisto effettuato nell'esercizio dell'impresa, richiedendo, oltre alla qualità d'imprenditore dell'acquirente, l'inerenza del bene acquistato all'attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene stesso rispetto a detta specifica attività. Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! HA REDATTO QUESTO NUMERO LA COMMISSIONE COMUNICAZIONE SCIENTIFICA ED ISTITUZIONALE DEL CPO DI NAPOLI COMPOSTA DA FRANCESCO CAPACCIO, PASQUALE ASSISI, GIUSEPPE CAPPIELLO E PIETRO DI NONO. 6