Prefazione L arte, che parla da sola Samuele Arcangioli è un pittore convinto che la figura, nell arte, ha ancora molto da dire. Nell insieme e nei particolari. In anni di studio e di passione ha tracciato un percorso pieno di significati, di grande rispetto, innovativo. Volti di donne e di felini, volti di Maddalene, bocche, urli, lineamenti. E occhi. Occhi di bestie che sembrano umani, e occhi d uomo che a volte esprimono animalità. In questa ricerca gli sguardi sono stati il riferimento più importante. Intuitivo sostenitore della più grandiosa idea espressa dall uomo, quella dell unità delle cose, di quello spirito cioè che è specchio di ogni essere vivente, uomo, animale, pianta, Samuele Arcangioli ha concentrato il suo lavoro sul ritratto. Ma in questa raccolta non vogliamo entrare in spiegazioni, critiche, ragionamenti. Le opere, siamo convinti, parlano da sole. La scrittura, che rende omaggio Samuele Arcangioli a Varese, artisticamente, ha casa al Cavedio di via Cavallotti, un centro che promuove e fa cultura a tutto campo. Il Cavedio ha una scuola di scrittura che ha approfondito il racconto breve e ne ha proposto un uso particolare. Se dovete scrivere di un pittore, dice Fiorenzo Croci, fondatore della scuola, guardate le sue opere, sentite le sue parole, e poi scrivete un racconto. Parlate dell artista, ma anche di voi stessi, di quello che vi è passato per la testa vedendo e leggendo quei quadri. Evitate il linguaggio dei critici, è monocorde e astruso, e all arte del pittore aggiungete la vostra, che è quella di raccontare una storia. E così in questo catalogo non troverete le parole convenzionali di altri cataloghi, né studi e interpretazioni sull artista. Solo racconti. Un semplice omaggio al pittore. E all uomo. L editore Oriente 114x84 - tecnica mista su mdf
Il lungo riposo 57x78 cm; tecnica mista su multistrato
Gatto con stivali 39x39 cm; tecnica mista su mdf
Il giusto 45x37cm - tecnica mista su multistrato
Grazie alla Serebriakova 110x86 - tecnica mista su multistrato
SAMUELE ARCANGIOLI E IL QUADRO Oggi tutti mi guardano. Sono fiero, e Samuele Arcangioli, mio papà, mi mostra a un sacco di persone. Ascoltano in silenzio, si avvicinano e osservano quei piccoli segreti che solo io e lui conosciamo. Fanno domande, alcune semplici e curiose, altre sfiorano argomenti così astratti e astrusi che io non ne capisco il senso. Solo fino a poco tempo fa ero un inutile pezzo di legno, dimenticato dietro un mucchio di scatoloni bagnati dalla pioggia. Lui, il mio papà, mi ha trovato e mi ha portato nel suo studio che sa di olio, di carbone e acquaragia. Mi ha rimesso in sesto, mi ha studiato, ha letto nelle mie venature una traccia di ispirazione e io ho sentito le sue mani su di me. Trasparenza, diceva mentre mi velava con olio di lino prima di abbozzare la figura con un carbone grosso e fragile tra le dita. Chi adesso mi osserva vede il lavoro finito e pensa beh, facile, e non immagina nemmeno quello che c è dietro. Quanti passaggi e quante ore. Perché non c è più niente di sbagliato che dare fretta al tempo. A volte ho bisogno di giorni e giorni per avere quell aspetto che Samuele chiede ai colori che stende, in veli sottili e fragili. È un incanto vederlo all opera. Mi colpisce con le mani sporche, con pennellesse, con stracci, mi ferisce con lame o punteruoli, ma non sanguino mai. Vedo nel suo sguardo, come in uno specchio, quello che crea. Per primo l occhio. L occhio maledetto, come dice lui, la partenza e l estasi. Tutto intorno sfuma e diventa nebbia impalpabile. È un punto nero e un pozzo scuro dove l anima ristagna, dove ci si ritrova senza sapere d essersi persi. Occhio di ragazza o di leone sono la stessa cosa. Ti guardano entrambi e ti senti graffiare dentro. Pare che ti conoscano da sempre. A volte si allontana e mi fissa per cercare le proporzioni, poi prende uno straccio e cancella qualche segno, ed è un continuare a disegnare. È felice. Crea, e sputa fuori la rabbia e l ansia di una settimana, e io sono contento perché so che è anche merito mio. Gli chiedono come fa a stabilire quando un opera è finita. È il tempo che segna la fine di tutto, è il quadro stesso che lo ferma. Lui continuerebbe, sempre avanti, anche al buio, con la penombra amica che aiuta. La luce colora più del colore, dice, e sa che prima o poi arriverà l ultima pennellata. Tutti se ne sono andati e già mi mancano le attenzioni del pubblico. Ma non sono solo. Mi hanno lasciato con i miei fratelli, fortunati figli di un padre un po bohémien che ha la magia tra le dita e la fantasia negli occhi. Sergio Cova Urlo 151x121 - tecnica mista su multistrato