Il falso in bilancio alla luce delle recenti novità legislative

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Contabilità & Bilancio Artt. 2621 e 2622, Codice civile Cesare D'Attilio FALSO IN BILANCIO Il falso in bilancio alla luce delle recenti novità legislative Cronistoria del reato di falso in bilancio e gestazione della nuova normativa A seguito dell introduzione nel 2003 delle soglie di non punibilità entro determinati parametri quantitativi in materia di falso in bilancio, l attuale Governo è tornato negli ultimi mesi a discutere sul punto in direzione di un ripotenziamento del reato, in conformità all orientamento dei principali partners europei Germania, Francia e Regno Unito e degli Stati Uniti. Come ormai noto, il reato di false comunicazioni sociali, fulcro del diritto penale dell economia e meglio noto come «falso in bilancio» è stato sino alle ultime modifiche introdotte dal D.Lgs approvato il 21 maggio scorso regolato dagli artt. 2621 e 2622, Codice civile così come modificati dalla riforma del 2003. In particolare, l attuale art. 2621, c.c. 1 ha ad oggetto un illecito di tipo meramente contravvenzionale, Il Ddl anticorruzione approvato alla Camera il 21 maggio scorso ritorna sul falso in bilancio emendando gli artt. 2621 e 2622, Codice civile, nella direzione di un ripotenziamento del reato rispetto alla riforma del 2003 e del conseguente inasprimento delle pene (reclusione 3 8 anni per le quotate, 1 5 per le non quotate). Eliminate le soglie, pertanto, per cui il reato è ora sempre punibile per tutte le imprese, non solo quelle quotate in borsa, con attenuazione della pena per i «fatti di lieve entità» a discrezione giudiziale ovvero per le società non fallibili ex art. 1, Legge fallimentare. Le ultime determinazioni del Governo aprono così la strada ad un'annunciata riforma dei reati penali commerciali anche nell'ambito del falso in bilancio consumato nelle imprese in crisi. finalizzato alla tutela della trasparenza societaria, indipendentemente dall eventuale concretizzarsi del danno in capo ai creditori e/o soci, ovvero agli stakeholders nel loro insieme. Ciò che contraddistingue il reato in parola è il prescindere della condotta illecita dal verificarsi di un danno alla società, ai soci o ai creditori. L attuale art. 2622, c.c., 2 invece, prevede un illecito di tipo delittuoso, ove la tutela della trasparenza 1. L art. 2621, c.c. dispone che: «Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l'arresto fino a due anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento. In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta. Nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa» 2. L art. 2622, c.c. dispone che: «Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla contabili societari, i sindaci e i 6 Numero 6 / giugno 2015 Guida alla Contabilità & Bilancio / Il Sole 24 Ore

societaria viene intesa in funzione della protezione del patrimonio dei soci e dei creditori. Il reato in esame, in questo caso, si distingue dalle false comunicazioni sociali ex art. 2621, c.c. per la necessaria presenza di un danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori e la sussistenza, nell ipotesi generale, di condizioni di procedibilità. Nella disciplina oggi oggetto della proposta di legge approvata alla Camera si era previsto nel 2003 un articolato meccanismo di soglie, espresse in termini percentuali, atte ad escludere la punibilità laddove la falsificazione avesse determinato una variazione del risultato economico di esercizio al lordo delle imposte non superiore al 5% o, in alternativa, una variazione del patrimonio netto non superiore all 1% ovvero, qualora la falsità ricadesse su poste valutative, quando lo scarto dal vero non fosse superiore al 10%. In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura superiore al 10% da quella corretta. In questo caso, scattano una sanzione amministrativa (da uno a cento quote), l interdizione dagli uffici direttivi da sei mesi a tre anni e da una serie di cariche societarie (come amministratori, sindaci, liquidatori, dirigenti con funzioni anche contabili). Tale meccanismo delle soglie quantitative percentuali non è stato tuttavia privo di aspre critiche, in quanto l area del «penalmente rilevante» risulterebbe significativamente ridimensionata, dal momento che la fattispecie incriminatrice non avrebbe trovato applicazione per tutte quelle ipotesi di falso diverse dal falso quantitativo e, più in generale, per quelle condotte comunque fraudolente che non avessero inciso sul risultato d esercizio ovvero sul patrimonio. Tanto più che, da ultimo, taluni nostri partners internazionali, in primis gli Stati Uniti, ritengono che, trattandosi di reato collegato alla creazione di fondi neri utilizzati per pagare le cd. «mazzette», un tale sistema di punibilità così depotenziato sia un disincentivo agli investimenti esteri, dovendosi pertanto reintrodurre un sistema maggiormente garantista e punitivo. Sulla scorta di tale orientamento si è mosso il Governo negli ultimi mesi, prevedendo, come meglio chiosato nel prosieguo, la cancellazione dell attuale area di esenzione penale prevista dal Codice civile, per dare spazio a sanzioni diverse sulla base, più che sull entità della violazione, della fisionomia della società, anche se la soluzione definitiva dell ultima ora è stata conseguita non senza difficoltà, per via dell oggettivo e rilevante disaccordo delle forze politiche. In sostanza, l orientamento prevalente ha infine optato per l eliminazione delle soglie tale per cui il reato è sempre punibile. liquidatori, i quali, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato, a danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee. Nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, la pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a quattro anni e il delitto è procedibile d'ufficio. La pena è da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori. Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall'ultimo censimento Istat ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo. La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento. In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta. Nei casi previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa». Guida alla Contabilità & Bilancio / Il Sole 24 Ore Numero 6 / giugno 2015 7

A riguardo, prima che si fosse raggiunta la determinazione definitiva alla Camera, in un primo momento si era ravvisata la possibilità dell introduzione di un «doppio binario» di punibilità, tale per cui al di sopra ovvero al di sotto di un determinato volume d affari della società fossero previste pene differenti. In particolare, al di sopra di un determinato limite parametrato sul volume d affari il falso in bilancio avrebbe dovuto essere punito con una sanzione dai due ai sei anni di carcere, mentre al di sotto di tale parametro la sanzione sarebbe diminuita oscillando tra un minimo di un anno e un massimo di tre. Quest ultimo range di pene inferiori pensato per le società di dimensioni ridotte faceva presupporre la possibilità di applicazione della tenuità del fatto, tale per cui se si fossero ravvisate condizioni di non serialità e non eccessiva gravità della condotta, il giudice avrebbe potuto procedere con l archiviazione. Tale sistema con tutta evidenza posta la punibilità del reato in qualunque caso, avrebbe sortito il ridimensionamento del sistema sanzionatorio nei confronti delle società di dimensioni più ridotte. Restava tuttavia da individuare la soglia di fatturato utilizzata in funzione parametrica quale «spartiacque» del doppio binario sanzionatorio, che, a fine marzo, pareva attestarsi ad 600.000. Tuttavia, su tale e altri aspetti, già a metà febbraio scorso i lavori si trovavano in stato di empasse, ovvero erano rallentati, proprio per il disaccordo delle forze politiche e per l intento del ministro di giustizia di presentare il testo solo in Aula, in quanto, se, da un lato, pareva che il nodo delle soglie fosse stato sciolto, restando solo qualche margine di incertezza sul parametro cui ancorare le sanzioni minori, dall altro, si metteva in dubbio la certezza del sistema fondato sulla fissazione di una soglia quantitativa precostituita, ravvedendosi, di contro, la possibilità di una definizione delle tipologie di condotte di limitata offensività in luogo della previsione di parametri numerici, lasciando così maggior spazio alla discrezionalità dell autorità giudiziaria. A sciogliere la situazione di empasse degli ultimi mesi, è finalmente arrivata l approvazione della proposta di Legge da parte della Camera che introduce notevoli novità nella direzione dell inasprimento delle pene (anche delle sanzioni amministrative) per il falso in bilancio, che ha sì optato per l eliminazione delle soglie, tale per cui il reato è sempre punibile per tutte le imprese e quindi non solo quelle quo- tate in borsa, non rilevando tuttavia il fatturato utilizzato in funzione parametrica ai fini dell attenuazione della pena, ma il giudizio di «fatto di lieve entità» a discrezione del giudice ovvero i parametri di fallibilità della società dettati dall art. 1, co. 2, L.f. Novità normative in tema di falso in bilancio: il Ddl anticorruzione La Legge, che più in generale è volta a contrastare i fenomeni corruttivi attraverso una serie di misure che vanno dall incremento generalizzato delle sanzioni per i reati contro la pubblica amministrazione a quelle volte al recupero delle somme indebitamente percepite dal pubblico ufficiale (ciò in particolare nella prima parte del provvedimento dall art. 1 all art. 8), si occupa tra l altro alla revisione del reato di falso in bilancio (nella seconda parte dall art. 9 all art. 12), introducendo una serie di novità. Il nuovo art. 2621, c.c. prevede alcune modifiche della fattispecie (in relazione al dolo, alla rilevanza dei fatti esposti e della loro concretezza ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni) e stabilisce che il reato è sempre punito come delitto con pene detentive che possono andare da uno a cinque anni (il limite di pena, però, non consente l uso delle intercettazioni). La nuova legge prevede anche casi in cui si applicano pene ridotte: se i fatti sono di lieve entità la pena va da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni (nuovo art. 2621 bis), ove la «lieve entità» viene valutata dal giudice in base alla natura ed alle dimensioni della società e alle modalità o agli effetti della condotta dolosa; la stessa pena ridotta (da sei mesi a tre anni) si applica nel caso in cui il falso in bilancio riguardi le società che non possono fallire (quelle che non superano i limiti indicati dal comma 2 dell art. 1 della Legge fallimentare). In questo caso il reato è perseguibile a querela di parte (della società, dei soci, dei creditori o di altri destinatari della comunicazione sociale) e non d ufficio; con l introduzione dell art. 2621 ter si prevede una ipotesi di non punibilità per particolare tenuità del falso in bilancio; vengono inasprite le sanzioni pecuniarie previste dal D.Lgs 8 giugno 2001, n. 231 (art. 25 ter) a carico delle società per il falso in bilancio di cui all art. 2621, c.c. (da 200 a 400 quote in luogo delle 100-8 Numero 6 / giugno 2015 Guida alla Contabilità & Bilancio / Il Sole 24 Ore

150 attuali), mentre per il falso in bilancio di lieve entità le sanzioni pecuniarie sono, invece, stabilite in 100 e 200 quote. Parimenti, il nuovo art. 2622, c.c. attinente la disciplina del falso in bilancio specificamente nelle società quotate, prevede anch esso alcune modifiche della fattispecie, in direzione di un inasprimento della pena, attualmente prevista nella detenzione da sei mesi a tre anni per il falso in bilancio in danno della società, dei soci o dei creditori. La nuova legge in particolare: riferisce l illecito alle società quotate aumentando la pena (reclusione da tre ad otto anni); trasforma il falso in bilancio in reato di pericolo anziché (come è invece previsto attualmente) di danno, in quanto la procedibilità è d ufficio (anziché a querela); come nel falso in bilancio delle società non quotate, elimina le soglie di non punibilità; equipara alle società quotate le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell Unione Europea, le emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano, le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell Unione Europea, le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono; vengono anche in tale caso aumentate le sanzioni pecuniarie previste dal citato D.Lgs 231/2001 che per il falso in bilancio nelle società quotate vanno da 400 a 600 quote (in luogo della attuali 150-330). Pertanto, i soggetti destinatari dei nuovi delitti di falso in bilancio restano quelli del passato (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori), ma per l individuazione della condotta penale modificata rispetto alla previgente occorre distinguere ora fra tre ipotesi: società non quotate, società quotate, società non fallibili. NUOVE PENE SOCIETÀ PREVIGENTE NORMATIVA NUOVA NORMATIVA Quotate Reclusione da tre mesi a sei anni Reclusione da tre ad otto anni Non Quotate Arresto fino a due anni, con casi di esclusione della punibilità Reclusione da uno a cinque anni, nessuna causa di esclusione della punibilità, ma applicazione di pene ridotte per fatti di lieve entità Non fallibili Nessuna previsione Reclusione da tre mesi a sei anni, delitto procedibile soltanto a querela di parte Società non quotate La fattispecie, sanzionata con la reclusione da uno a cinque anni, riguarderà l esposizione di fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero l omissione di fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore. Rispetto alla previgente normativa: non si fa più riferimento alle valutazioni; i fatti materiali esposti od omessi devono risultare «rilevanti», le omissioni in particolare devono riguardare proprio tali fatti rilevanti e non più generiche informazioni; le falsità devono essere «concretamente idonee» e non più solamente «idonee» ad indurre altri in errore. A tal proposito, si fa presente come i termini aggiunti (rilevanti e concretamente) conferiscano alla fattispecie minori tassatività e determinatezza, che abitualmente caratterizzano le condotte penali, introducendo un ampia discrezionalità nel giudizio. Si tratterà, infatti, di comprendere, essendo state eliminate le soglie quantitative previste dalla previgente normativa, in base a quali parametri oggettivi possano ritenersi «rilevanti» i fatti materiali non rispondenti al vero o la loro omissione, attesa la maggiore rispetto al passato offensività conferita alla condotta punibile per fatti che debbano essere «concretamente idonei» e non più solo «concretamente» ad indurre altri in errore. Sul punto, è bene specificare che vengono chiamati in causa solo i fatti materiali intesi come i dati oggettivi che attengono alla realtà economica, patrimoniale e finanziaria della società e non le valuta- Guida alla Contabilità & Bilancio / Il Sole 24 Ore Numero 6 / giugno 2015 9

zioni ovvero le scelte oggettive riconducibili entro certi parametri che parrebbero non essere più perseguite. Per questa tipologia di società le non quotate è stata introdotta una riduzione della pena (da sei mesi a tre anni) allorché i fatti siano di «lieve entità», dove la «lieve entità» è ad ora una fattispecie difficile da circoscrivere, che sarà oggetto di precipua valutazione del giudice per espressa previsione normativa, tenendo in debita considerazione la natura e le dimensioni della società e le modalità o gli effetti della condotta. Società quotate L art. 11 della nuova normativa ha dato maggior rigore alla disciplina in materia di falso in bilancio delle società quotate, eliminando anche in tale caso le soglie di non punibilità in precedenza ammesse, in primis prevedendo una pena di reclusione dai tre agli otto anni a fronte dei sei mesi tre anni ad oggi previsti. Anche in questa ipotesi, il delitto di falso in bilancio si consuma attraverso le due condotte di esposizione dei fatti materiali non rispondenti al vero ovvero di omissione dei medesimi. Tuttavia, a differenza di quanto previsto per le società non quotate, in questo caso i fatti materiali non rispondenti al vero e quindi punibili non devono essere «rilevanti», previsione che fa pensare ad un estensione della rilevanza penale senza esclusione di sorta per le società quotate, punibili pertanto per fatti non veritieri ritenuti di scarsa rilevanza. Alle società quotate sono altresì equiparate le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell Unione Europea, le emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano, le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell Unione Europea, le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono. Società non fallibili La nuova disciplina, all art. 10, propone una riduzione della pena per una particolare fattispecie costituita dalle società non soggette alle disposizioni sul fallimento in quanto non superano i limiti di fallibilità previsti dall art. 1, L.f., rappresentati dal mancato superamento, nei tre esercizi antecedenti o a partire dall inizio dell attività se di durata inferiore, delle seguenti soglie: attivo patrimoniale complessivo annuo 300.000; ricavi lordi annui 200.000; debiti annui anche non scaduti 500.000. Per tale tipologia di società il delitto è procedibile soltanto a querela di parte ed è sanzionato con la pena ridotta già prevista per i fatti di falso in bilancio di «lieve entità» commessi dalle società non quotate (reclusione da sei mesi a tre anni). Chiaramente, per tali società viene esclusa la rilevanza penale in caso di «lieve entità» prevista quale attenuante per le società non quotate fallibili. Il falso in bilancio nelle società in crisi e concorso con i delitti tributari Si tratta di particolari fattispecie di false comunicazioni sociali (nella cui area semantica la Giurisprudenza ha compreso qualsivoglia comunicazione, scritta od orale, anche esterna, rivolta ai soci, ai creditori presenti e futuri e a qualunque terzo interessato, purché proveniente da uno dei soggetti qualificati e indicati nelle norme codicistiche di cui sopra) ascrivibili a società in crisi ovvero a rischio insolvenza, finalizzate a fornire una immagine artefatta, in senso profittevole delle stesse, pur avendo perso, o sostanzialmente azzerato, il capitale sociale. Ricorrono in particolare taluni specifici artifizi (quali e.g. sopravvalutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali, capitalizzazione di oneri pluriennali, mancata svalutazione o sopravvalutazione dei crediti, sopravvalutazione delle rimanenze di magazzino, falsa rappresentazione dei valori di cassa ovvero di depositi bancari operati sul bilancio e propedeutici a politiche di bilancio) che sortiscono l effetto di una sopravvalutazione dell attivo ovvero dell indebito mantenimento di un patrimonio netto diverso da quello effettivo, il più delle volte ormai eroso. Tutte quante tali operazioni, concorrendo tra l altro ad una rappresentazione fallace dello stato di salute reale della società attraverso un alterazione delle risultanze dei documenti sociali previsti ex lege, strumento informativo fondamentale e determinante per gli stakeholders esterni principalmente i creditori e gli istituti di credito ai fini, tra l altro, della valutazione circa il merito creditizio della società, potrebbero costituire anche presupposto per il reato penali 10 Numero 6 / giugno 2015 Guida alla Contabilità & Bilancio / Il Sole 24 Ore

previsti dalla normativa fallimentare, in particolare di bancarotta semplice ex art. 217, L.f. e di ricorso abusivo al credito ex art. 118, L.f. In via generale, sul punto, occorre precisare che in riferimento alla disciplina della crisi di impresa, attualmente vi è il manifesto impegno del Governo di revisionare la disciplina penale, regolata dalla Legge fallimentare, limitatamente alle varie fattispecie di bancarotta, onde fornire maggiore armonia e sistematicità ad una disciplina che nel corso degli anni ha subito numerose e continue modifiche. Altresì, molti fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero riportati od omessi in bilancio possono integrare anche fattispecie penali tributarie. Infatti, in taluni ma non rari casi, le due tipologie di violazione il reato tributario ed il falso in bilancio possono concorrere in una sola azione, non potendosi individuare tra loro un rapporto di specialità che comporterebbe l applicazione della fattispecie speciale rispetto a quella generale. È chiaro che l eventuale concorso dipenda sia dal tipo di violazione penale tributaria commessa (si ricorda infatti che la rilevanza penale è esplicitamente prevista per talune violazioni tributarie previste e disciplinate dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 sulla base sia della tipologia sia, limitatamente a tipologie quali ad esempio i mancati versamenti Iva e contributivi, di soglie predefinite 3 ), sia dalla idoneità concreta della violazione ad indurre altri in errore, 4 oltre che evidentemente all esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero a seconda del tipo di società rilevanti o meno (per le sole quotate). 3. Attualmente è in corso di approvazione la normativa in attuazione della delega fiscale, che pare triplicherà il limite minimo ad oggi fissato in 50.000 e previsto dall art.10, D.Lgs.74/2000 per far scattare il procedimento penale nel caso in cui l imprenditore non versi all erario l Iva o le ritenute d acconto. 4. Fondatezza della condotta dolosa richiesta per la rilevanza penale della violazione tributaria. VOLUNTARY DISCLOSURE Leo De Rosa Alberto Russo Andrea Lo Presti Fabrizio Cavallaro La collaborazione volontaria per l emersione di capitali e redditi non dichiarati, introdotta dalla Legge 186/2014 e resa operativa con l approvazione del modello di istanza, inquadrata nel contesto internazionale di riferimento e analizzata con riferimento a costi, benefici, svantaggi. La procedura della voluntary disclosure domestica e internazionale, il rilevante ruolo svolto dagli intermediari, i profili penali e il nuovo reato di autoriciclaggio, i rapporti con l istituto del ravvedimento operoso: questi i principali temi della Guida, che recepisce i chiarimenti dell Agenzia delle Entrate e le proposte di revisione dei reati tributari. Pagg. 368 e 38,00 ON LINE www.shopping24.it ACQUISTA SUBITO IL VOLUME: NELLE LIBRERIE PROFESSIONALI www.librerie.ilsole24ore.com SERVIZIO CLIENTI LIBRI tel. 02/30.300.600 servizioclienti.libri@ilsole24ore.com Guida alla Contabilità & Bilancio / Il Sole 24 Ore Numero 6 / giugno 2015 11