Bernhard Aichner. Totenfrau. La signora dei morti. Traduzione di Roberta Zuppet



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Bernhard Aichner Totenfrau La signora dei morti Traduzione di Roberta Zuppet

Proprietà letteraria riservata 2014 by btb Verlag, a division of Verlagsgruppe Random House GmbH, München, Germany 2015 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 978-88-17-08128-3 Titolo originale dell opera: TOTENFRAU Prima edizione: maggio 2015 p. 7 Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, trad. di Ferruccio Masini, Adelphi, Milano 1977 Realizzazione editoriale: NetPhilo, Milano

Totenfrau La signora dei morti

E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l abisso scruterà dentro di te. Friedrich Nietzsche

Otto anni prima Si vede ogni cosa, dall alto. Il mare, la barca a vela, la sua pelle. Una donna nuda sul ponte, il sole splende, va tutto bene. È sdraiata lì con gli occhi aperti, solo lei, il cielo, le nuvole. È il posto più bello del mondo, la barca che i suoi genitori hanno comprato vent anni fa: un modello magnifico, una perla che tengono ormeggiata nel porto di Trieste. Veleggiare, vivere in mare, sotto il blu, dove non c è nessuno. Solo acqua, musica nelle orecchie e il sudore che si raccoglie nell ombelico. Nient altro. Da Trieste alle isole Incoronate. Sono in viaggio da tre giorni, non hanno fretta. Come ogni estate, in vacanza con i suoi genitori. Loro hanno quasi settant anni, i volti segnati dal sale e dal vento, la grande passione per la vela. Sono sempre andati in barca, sin da quando era piccola. In calzoncini da bagno e bikini, mai nudi. Due ore fa si è spogliata e si è stesa senza spalmarsi la crema. Vuole che il sole la bruci, che la sua pelle urli quando la troveranno. Vuole essere nuda, finalmente. Senza più nessuno che glielo proibisca. Non suo padre. Non sua 9

madre. Sola sulla barca, i suoi seni, i suoi fianchi, le gambe, le braccia. Il sorriso sulle labbra e i movimenti leggeri, scanditi dalla musica. In questo momento non vorrebbe essere da nessun altra parte. Resterà distesa ancora per tre ore, ad assorbire l estate. Tre ore, forse quattro. Finché finalmente affogheranno. Finché rinunceranno a gridare e smetteranno di sollevare schizzi. Finché rimarranno immobili. Per sempre. È mezzogiorno, al largo dell isola Lunga. Lei non si muove. Si è addormentata, dirà. Non ha sentito, la musica era troppo alta, il sole l ha spossata. Risponderà precisamente alle domande, darà spiegazioni plausibili e piangerà. Farà tutto ciò che è necessario. Dopo, non ora. In questo istante c è soltanto il cielo sopra di lei; allunga il braccio e disegna dei cerchi, scrive nell azzurro. Fantastica sul futuro, immagina una nuova vita da sola. L attività, ormai, è sua. La rivoluzionerà da cima a fondo, la modernizzerà, la rimetterà in sesto. Sarà lei a comandare. Lei, non Hagen. Riporterà la barca a Trieste e ricomincerà da capo. È sudata. Le piace essere nuda. Una donna adulta che non si fa più comandare a bacchetta. Non azzardarti a togliere i vestiti, Brünhilde. Non sulla nostra barca. Finché ci siamo noi valgono le nostre regole, Brünhilde. Ora non più. Non ci sono più regole, ora è solo lei a decidere. Niente più ordini, né divieti. Si è spogliata e si è stesa sul ponte. Si lascia accarezzare dal vento, rinasce sotto il sole, è felice. Ogni minuto che passa, di più. 10

Brünhilde Blum. Ventiquattro anni. Figlia di Hagen e Herta Blum. Adottata. Sono andati a prenderla in orfanotrofio quando aveva tre anni, dopodiché l hanno allevata come un animale domestico, crescendola affinché fosse in grado di prendere il loro posto. Era l ultima speranza di Hagen, l azienda di famiglia doveva sopravvivere. A qualsiasi costo. Anche se erano riusciti ad adottare solo una bambina. Una femminuccia o niente, si erano sentiti dire. Le liste d attesa erano interminabili e Hagen alla fine aveva ceduto, rassegnandosi all idea di lasciare l azienda, un giorno, nelle mani di una donna. Lei avrebbe dovuto portare avanti ciò che per lui era sacro, avrebbe ricevuto ciò che lui aveva creato, si sarebbe fatta uomo per lui. L impresa di onoranze funebri Blum è sempre stata la cosa più importante, per Hagen. Un azienda nel segno della tradizione, la prigione e la cameretta di Blum. Fondata poco dopo la guerra, in un periodo in cui la morte era diventata un affare redditizio. Nel 1949 i Blum si erano fatti carico dei compiti di cui prima si occupavano i vicini, che quando moriva qualcuno davano una mano a lavare la salma, a vestirla e a comporla nella bara. Ciò che per molto tempo era stato naturale, toccare i morti prima che scomparissero nelle casse, ormai si era trasformato in un tabù. Erano contenti che ci fosse qualcuno a sbrigare la faccenda in quattro e quattr otto, che prendesse in carico il cadavere e lo sotterrasse. I Blum erano stati i primi, a Innsbruck. Si erano arricchiti grazie ai morti. Prima il padre di Hagen, poi Hagen e ora Blum. Solo Blum, perché lei detesta il suo 11

nome di battesimo, non l ha mai sopportato. Brünhilde, lascia in pace i morti. Brünhilde, smettila di giocare con loro. Brünhilde, non infilargli le dita nel naso. Brünhilde, un nome che non c entra nulla con lei, che le hanno affibbiato perché Hagen era più tedesco del dovuto, perché amava Wagner e i Nibelunghi, e voleva che la figlia facesse parte del suo mondo. Brünhilde, un nome che lei ha cancellato dalla propria vita da quando aveva sedici anni, da quando ha smesso di essere il soldatino di Hagen, da quando ha rifiutato di fare incondizionatamente tutto ciò che lui le ordinava, da quando ha smesso di obbedire. Solo Blum. Ora guarda il cielo. Alza il volume, la barca dondola, non si vede anima viva. Nessuno a soccorrerli, nessuno che sente le urla. Nessuno tranne lei. È stesa lì, nuda. Come i cadaveri nella stanza dei trattamenti post mortem che ha nei ricordi da sempre. Immobili sul tavolo, freddi, senza vita. Lei aiutava suo padre e non aveva amici perché il lavoro di Hagen spaventava gli altri bambini. Desiderava un amico, un amica, qualcuno con cui condividere le cose e ridere, ma non c era nessuno ed è rimasta sola, non ha avuto niente a parte due genitori indifferenti, una madre muta, senza abbracci. Hagen l ha obbligata a comporre le salme da quando aveva sette anni. Non perdere tempo, Brünhilde. Chi dorme non piglia pesci. Poche storie, Brünhilde, non mordono mica. Non fare la ragazzina, piantala di frignare. Se non stai zitta e non obbedisci, ti chiudo nella bara. Capito, Brünhilde? Ha 12

dovuto rimboccarsi le maniche e stringere i denti. Hagen pretendeva l impossibile. Blum ha imparato a lavare i capelli ai morti, a raderli, a ripulire il sangue dai corpi, a vestirli. A dieci anni, per la prima volta, ha cucito una bocca. Non voglio. Non ci riesco. Per favore, no, ha detto poco prima di infilare l ago sotto il mento. Il filo attraverso la carne morta. Ha fatto di tutto, ma era sempre troppo poco. Per quanto desiderasse il contatto fisico, o uno sguardo orgoglioso da parte dei genitori, è sempre stata sola. Il suo bisogno è rimasto inappagato. Per quanto facesse, non era mai abbastanza. Tutto era un castigo, un tormento. Ciò che sarebbe diventata un abitudine all inizio è stato un inferno. Ogni gesto di Hagen, ogni occhiata, e la pelle fredda e morta che era costretta a toccare. Mille volte ha pulito occhi e bocche, lavato ferite, e c era sangue, c erano vermi, cadaveri e nessuna infanzia, nessuna torta con le candeline, nessuna bambola da vestire e svestire, soltanto morti. Bambole lunghe, bambole pesanti, braccia e gambe pelose, teste così grosse da non riuscire a sollevarle, bocche immobili. Una bambina di dieci anni con i guanti di plastica. Suo padre che gli stava addosso, sua madre che la chiamava a tavola come se lei stesse giocando in cortile con le amiche. Il pranzo è pronto. Lavatevi le mani, c è il piatto preferito di papà. Come se fosse tutto normale, tutto in regola. Un bell arrosto per papà, la vittima di un incidente per Blum. Hagen che si metteva in bocca la forchetta, Blum che pensava alla carne decomposta, alla pelle incartapecorita dei vecchi, trasparente come carta, al sangue e ai liquidi che bisognava pulire dopo aver 13