Lectio divina. IV domenica di quaresima / C

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1 Lectio divina IV domenica di quaresima / C O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la nostra redenzione : è con questa preghiera che apriamo la liturgia di questa domenica. Il Vangelo ci annuncia una misericordia che è già avvenuta e ci invita a riceverla in fretta: Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio, dice san Paolo (2Cor 5,20). Il padre non impedisce al suo secondogenito di allontanarsi da lui. Egli rispetta la sua libertà, che il figlio impiegherà per vivere una vita grigia e degradata. Ma mai si stanca di aspettare, fino al momento in cui potrà riabbracciarlo di nuovo, a casa. Di fronte all amore del padre, il peccato del figlio risalta maggiormente. La sofferenza e le privazioni sopportate dal figlio minore sono la conseguenza del suo desiderio di indipendenza e di autonomia, e di abbandono del padre. La nostalgia di una comunione perduta risveglia in lui un altro desiderio: riprendere il cammino del focolare familiare. Questo desiderio del cuore, suscitato dalla grazia, è l inizio della conversione che noi chiediamo di continuo a Dio. Siamo sempre sicuri dell accoglienza del padre. La figura del fratello maggiore ci ricorda che non ci comportiamo veramente da figli e figlie se non proviamo gli stessi sentimenti del padre. Il perdono passa per il riconoscimento del bisogno di essere costantemente accolti dal Padre. Solo così la Pasqua diventa per il cristiano una festa del perdono ricevuto e di vera fratellanza. La Parola PRIMA LETTURA Gs 5, Dal libro di Giosuè. In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l infamia dell Egitto». Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e fru-

2 mento abbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell anno mangiarono i frutti della terra di Canaan. SALMO RESPONSORIALE Sal 33 Rit.: Gustate e vedete com è buono il Signore. Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. Rit. Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. Rit. Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce. Rit. SECONDA LETTURA 2 Cor 5, Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. 2

3 CANTO AL VANGELO Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te. VANGELO Lc 15, Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si in- 3

4 dignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». Lectio I. L entrata del popolo eletto nella terra di Canaan dopo la sua lunga peregrinazione nel deserto segna la realizzazione della sua definitiva redenzione dalla servitù dell Egitto ed il compimento della promessa di Jahvè di farlo entrare nel paese di Canaan. Il testo della la lettura caratterizza questo avvenimento con espressioni assai concrete. L autore sacro riferisce che il popolo ebraico entrato nella terra promessa era ancora incirconciso, perché, essendo nato durante le peregrinazioni nel deserto, non aveva potuto praticare la circoncisione; di conseguenza la prima preoccupazione di Giosuè fu quella di circoncidere i neoarrivati nella terra promessa, ottemperando così alla legge divina della circoncisione, che rappresentava il segno di appartenenza al popolo eletto (Gs 5,2-9). Per tale motivo il testo riporta queste parole di Dio a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l infamia d Egitto». L arrivo nella terra promessa è caratterizzato dalla celebrazione della Pasqua e dal godere dei prodotti di questa terra. Dio, quindi, ha mantenuto il suo patto di alleanza facendo entrare il suo popolo nella terra promessa e dandogli come cibo i frutti di questa terra; di conseguenza il popolo, ormai insediato nella terra di Canaan, non aveva più bisogno della manna che lo aveva nutrito durante i quarant anni del suo peregrinare nel deserto. Il popolo d Israele sperimentò in quella circostanza come Dio avesse mirabilmente operato la sua redenzione dalla servitù dell Egitto. II. Il testo della seconda lettura può essere considerato come il manifesto della riconciliazione dell uomo con Dio. 4

5 «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove». Non è facile misurare la profondità di queste affermazioni, perché noi immaginiamo il rinnovamento come la trasformazione di un vecchio edificio, di cui si conservano le strutture portanti; invece il rinnovamento operato da Cristo è «una nuova creatura» o, come altri preferiscono tradurre, è «una nuova creazione» cioè «un nuovo atto di creazione». Il testo pone in rilievo il messaggio della riconciliazione che è affidato all Apostolo ed è rivolto indistintamente a tutti: «Lasciatevi riconciliare con Dio» oppure, in termini più incisivi: «Riconciliatevi con Dio». Per comprendere come Dio attui questo piano di riconciliazione, Paolo deve esprimersi con un paradosso: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio». Il senso di questa espressione, teologicamente forte e ardita, è che Dio, per così dire, ha considerato Gesù come un peccatore e lo ha come rigettato riversando su di lui la propria ira. Un linguaggio così realistico, oltre che a riflettere una mentalità concreta come è quella semitica, risponde anche al pensiero che l Apostolo esprime in Gal 3,13, dove è detto: «Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi». Dio ha reso Cristo solidale con l umanità peccatrice affinché gli uomini beneficiassero della sua obbedienza e della sua giustizia che lo hanno reso gradito al Padre. La giustizia di Dio che Cristo comunica agli uomini instaura tra essi e Dio un rapporto di figliolanza e di amore analogo a quello che intercorre tra il Padre e Gesù. III. La lettura evangelica presenta una parabola incomparabile, che illustra il tema della redenzione del peccatore operata dall amore paterno di Dio. Il testo di Luca 15 è tradizionalmente intitolato parabola del figlio prodigo. Titolo evidentemente non appropriato poiché ricopre non l intera area dei fatti narrati, ma soltanto una parte di essi, quelli cioè della vita dissipata del figlio che si è allontanato dalla casa paterna. In realtà la figura centrale è quella del padre che attende il figlio mai rigettato e sempre amato. Gli antecedenti della parabola. La parabola con espressioni commoventi illustra l amore paterno di Dio per i figli che si sono allontanati da lui e che si sono sviati conducendo una vita di vizio e di colpa. La parabola evange- 5

6 lica rappresenta la vetta più alta di una serie di affermazioni sull amore che Dio nutre per il suo popolo ribelle ed ingrato contenute nell intero arco della rivelazione veterotestamentaria. Geremia ha dei testi molto indicativi al riguardo, come il seguente: «Ho udito Efraim rammaricarsi: Tu mi hai castigato ed io ho subito il castigo come un giovenco non domato. Fammi ritornare ed io ritornerò, perché tu sei il Signore mio Dio. Dopo il mio smarrimento mi sono pentito Mi sono vergognato e ne provo confusione, perché porto l infamia della mia giovinezza. Non è forse Efraim un figlio caro per me, un mio fanciullo prediletto? Infatti, dopo averlo minacciato, me ne ricordo sempre più vivamente. Per questo le mie viscere si commuovono per lui, Provo per lui profonda tenerezza» (Ger 31, 18-20) Anche Osea parla dell amore di Dio in termini teneramente antropomorfici: «Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione» (Os 11,8). Infine Isaia fa così parlare Jahvè agli esuli di Babilonia: «Sion ha detto: Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,14-15). I testi citati fanno meglio comprendere il passo più vibrante della parabola, dove è detto: «Quando [il figlio prodigo] era ancora lontano il padre lo vide, ebbe compassione [letteralmente: ne fu commosso nelle sue viscere], gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». La parabola è lineare ed è una delle più trasparenti tra quelle narrate dai Vangeli; ricorda semplicemente ciò che è avvenuto senza indicare i motivi per cui le cose sono avvenute. Per cui non ci si deve domandare se il padre ha fatto bene ad accondiscendere alla richiesta del figlio ancora giovane ed inesperto. Il giovane figlio lascia la casa paterna, va in un paese lontano e qui sperpera tutto il patrimonio conducendo una vita libertina. Nel paese si abbatte una grave carestia che obbliga il giovane a dover cercare un qualsiasi lavoro pur di sfamarsi; è costretto, quindi, ad accettare di pascolare i maiali, sottraendo ad essi le carrube per procurarsi un po di cibo. Pascolare i 6

7 maiali è quanto di più avvilente possa capitare ad un ebreo, al quale era proibito di mangiare la carne di questi maiali e, di conseguenza, anche di allevarli. Il racconto ha il suo accento più vibrante nella figura del padre. Egli sa che il figlio in nessun luogo avrà la gioia e la serenità della casa paterna, perché fuori di essa non troverà nessun cuore di padre; egli, quindi, attende fiducioso il ritorno del figlio, poiché questi, nell amara esperienza della lontananza, saprà meglio valutare ciò che ha perduto nell abbandonare la casa del padre. Il padre, che si stringe al figlio nell abbraccio, non gli lascia terminare la confessione del suo errore e della sua colpa, ma comanda ai servi di andare a prendere il vestito migliore, di mettergli l anello al dito, segno dei diritti filiali riacquisiti, di porgergli i calzari ai piedi, ed in pari tempo ordina ai garzoni che lavorano nei campi di ammazzare il vitello più grasso per festeggiare questo gioioso ritorno. Ciò che sorprende in questi particolari è il fatto che il padre non fa nessun accenno al suo dolore e non rivolge al figlio nemmeno il più sommesso rimprovero: la parabola intende presentare un padre che sa e vuole soltanto amare. Il figlio maggiore non condivide, anzi critica, la condotta del padre nei confronti del fratello come anche riguardo alla sua persona. Per comprendere il comportamento del figlio maggiore dobbiamo fare riferimento all inquadratura narrativa che Luca premette al c. 15, dove è detto che queste parabole sono dirette ai farisei ed agli scribi che mormoravano contro Gesù perché riceveva i peccatori e perfino mangiava con loro. Anche con il figlio maggiore, il padre, pur disapprovato da lui, manifesta il suo amore, indicandogli un aspetto di questo amore che il figlio maggiore non aveva conosciuto né apprezzato. Infatti il padre gli dice molto benevolmente: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». II padre racchiude nel suo intimo un amore che i figli non possono misurare né valutare. Al figlio che resta in famiglia ed in ogni cosa è obbediente al padre, questi mette a disposizione tutto quello che ha; al figlio che ritorna, dopo essersi allontanato da lui, il padre mostra tutto il suo amore gioioso per questo suo atteso rientro. Il padre ama immensamente tutti i suoi figli, prescindendo dal loro comportamento, per il semplice fatto che 7

8 sono suoi figli. Perciò i figli devono comprendere l amore del padre ed evitare tutto ciò che ferisce questo amore. È significativo anche il modo con il quale il padre si esprime; egli non dice: «Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato», ma: «Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita». In tal modo il padre risveglia nel figlio maggiore i sentimenti che deve avere un figlio nei confronti dell altro che gli è fratello: la gioia e la festa di un fratello deve essere anche la gioia e la festa dell altro. La parabola ha un aperta istanza cristologica: infatti è Gesù che con il suo comportamento verso i peccatori e «i perduti» attualizza l amore di Dio Padre nei confronti di essi. Alla luce della rivelazione biblica, il peccato dell uomo appare soprattutto come un rifiuto dell amore di Dio; è questo disprezzo dell amore che fa dell uomo un peccatore. L amore di Dio per l uomo è la grande e gioiosa certezza che, agli occhi della fede, condiziona la storia e la qualifica come un costante cammino di tutti gli uomini verso Dio, loro Padre. La parabola, infine, insegna che l amore paterno di Dio, non conoscendo barriere, può giungere a scandalizzare l uomo, come il comportamento del padre verso il figlio prodigo ha scandalizzato il figlio maggiore. Ma l uomo non può imporre a Dio i propri parametri di giustizia perché l amore di Dio li oltrepassa e suggerisce a lui iniziative di misericordia e di bontà impensabili per chi non spinge lo sguardo oltre gli orizzonti umani. Meditatio La celebrazione della Pasqua a Galgala (prima lettura) si presenta certamente come commemorazione del grande intervento salvifico operato da Dio con la liberazione dalla schiavitù d Egitto. Ma a questa dimensione della memoria si aggiunge qualcosa di nuovo. La Pasqua di Giosuè viene celebrata in un momento di transizione, caratterizzato da ciò che è stato ma non è ancora finito, e da ciò che inizia ma non si realizza ancora pienamente. E questa pienezza e definitività è affidata anche all impegno della comunità del Signore che ricava i frutti dalla terra promessa. Il dono della terra non viene concesso da Dio senza la collaborazione, l impegno e il lavoro dell uomo. 8

9 Nella seconda lettura s. Paolo presenta l opera di salvezza realizzata da Dio per mezzo di Gesù Cristo nel mondo come nuova creazione. Se l'uomo è unito a Cristo, si sente nuova creatura, entra nell ambito di un mondo nuovo. La vita cristiana è quindi rottura con il passato, esistenza nuova in Cristo e per Cristo, distacco da Adamo e adesione intima al Cristo-uomo-nuovo. Questa realtà nuova è dono del tutto gratuito di Dio, che prende l iniziativa di richiamare a sé l uomo da lui distaccatosi. Essa è grazia, benevolenza di un Dio misericordioso che in un certo senso insegue la sua creatura da lui alienata. Facendosi voce di Dio, Paolo scrive: Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Questa nuova creazione è una realtà oggettiva che Dio ha realizzato nel mondo inviando nella storia degli uomini il suo Figlio e chiedendo a lui, centro e fine della creazione, di farsi solidale con i peccatori suoi fratelli. Per l obbedienza di amore di Gesù, il Padre accoglie di nuovo gli uomini come suoi figli non imputando più loro i peccati e rinnovandoli con il suo Spirito. Quest opera ri-creatrice realizzata da Dio in Cristo, però, diventa realtà nella vita dell uomo solo se questi accoglie con fede l iniziativa di riconciliazione che il Padre gli offre attraverso il ministero della chiesa, comunità del suo Figlio animata dallo Spirito Santo. La succinta cornice storica che precede la parabola ci presenta il comportamento di Gesù verso il peccato e i peccatori. È a partire da questo inciso redazionale che possiamo comprendere la parabola. Gesù non nega la realtà dirompente del peccato, ma consente agli adulteri, alle prostitute ai ladri e ai pubblicani di andare da lui, di avvicinarlo. Egli non chiede prima se essi siano già convertiti e stiano cercando di riconciliarsi con Dio. Piuttosto egli crea queste premesse accettandoli, addirittura mangiando con loro (con grande scandalo dei maestri d Israele!) per preparare il desiderio e la nostalgia della riconciliazione. Al rimprovero dei farisei di essere amico dei peccatori (Lc 7,34) Gesù genera ulteriore scandalo narrando le parabole della misericordia, di cui la liturgia odierna ci offre l irraggiungibile capolavoro. Gesù dice che Dio stesso cerca coloro che si sono perduti, superando o- gni logica umana. Dio è sempre il primo a cercare l uomo, l uomo viene sempre in un secondo momento quasi recalcitrando. Dio è presentato con commovente chiarezza come un padre amoroso, guidato da un amore im- 9

10 menso, capace di aspettare con pazienza, di farsi incontro a chi si è perduto senza temere di mettere in pericolo il proprio onore. Un amore che non calcola, ma dona e vuole rendere tutti partecipi della sua gioia; un amore i- nerme di fronte ai duri ragionamenti solo razionali del chiuso egoismo del fratello maggiore. Fa intendere al nostro moralismo che emarginare le persone malfamate non è più rispettoso della santità di Dio rispetto ad un amore che perdona, pur senza essere compiacente verso il peccato. Se Dio stesso non respinge i peccatori, anzi va in cerca di loro e gli offre riconciliazione e perdono quale potrà essere il nostro atteggiamento? La parabola comincia e finisce col padre che, in entrambi i casi, interviene nei discorsi dei figli disturbandoli. Ma, mentre rispetto al figlio più giovane, l atteggiamento caratteristico del padre è la gioia, non altrettanto si può dire in rapporto al figlio maggiore. È un figlio chiuso nella sua alterigia, incollerito, non ancora conquistato alla fiducia, che si rivolge a suo padre senza chiamarlo padre. E il padre, in un modo assolutamente inaspettato contrario al duro modello educativo di allora gli lascia la libertà di dire sì o no. Non difende né se stesso né il figlio minore, semplicemente lo invita ad entrare nella gioia. Questo padre, che rappresenta Dio onnipotente, si presenta del tutto impotente perché ha scelto l amore e non il potere, che pure potrebbe esercitare. Perciò può solo lasciare che il minore vada via, quando avrebbe potuto rifiutargli l eredità e proporre al maggiore di entrare a far festa, quando avrebbe potuto imporglielo. Non vuole possedere nulla né dominare nessuno. Oratio Ti ringrazio, Signore; tu eri in collera con me, ma la tua collera si è calmata e tu mi hai consolato. Ecco, Dio è la mia salvezza; io confiderò, non temerò mai, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza. Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza. (Is 12,1-3) 10

11 Cuore nuovo Crea in me, Dio, un cuore mondo, umile, mansueto, pacifico, benigno, pio, che a nessuno faccia male, che non renda male per male, ma piuttosto bene per male, che ami te sopra tutte le cose, che pensi sempre a te, che parli di te, che a te renda grazie, che si diletti degl inni e dei cantici spirituali, che conversi coi cieli. Dammi uno spirito retto che cerchi non le cose sue, ma le tue; rinnova lo spirito retto, rinnovalo, perché quello che già mi desti, l hanno estinto i miei peccati; dammene uno nuovo, che rinnovelli quanto in me è invecchiato. (Gerolamo Savonarola, ) Mi pento Credo in te, Signore, ma concedimi fede più salda. Spero in te, Signore, ma concedimi speranza più fiduciosa. Io amo te, Signore, ma concedimi più ardente volontà d amore. Mi dolgo dei miei peccati, ma concedimi un pentimento con perfetto dolore. Guidami con la tua sapienza, consolami con la tua bontà, proteggimi con la tua potenza. Da te siano ispirati i miei pensieri e le mie parole, dalla tua legge le mie azioni. Illumina la mia mente, accendi la mia volontà, purifica il mio corpo, santifica la mia anima. Concedimi di capire quanto sia misero ciò che è terreno 11

12 e quanto sia grande ciò che è divino, quanto sia breve ciò che esiste nel tempo, quanto sia certo ciò che esiste per l eternità. Concedi che io mi prepari alla morte, abbia timore del giudizio, eviti l inferno e, fiducioso nella tua promessa, ottenga il paradiso. (Dalla liturgia cattolica) 12

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