Direzione Nazionale Antimafia

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1 TESTO UNIFICATO PROPOSTE DI LEGGE C.1138 D INIZIATIVA POPOLARE, C1039 GADDA E C.1189 GARAVINI MISURE PER FAVORIRE L EMERSIONE ALLA LEGALITA E LA TUTELA DEI LAVORATORI DELLE AZIENDE SEQUESTRATE E CONFISCATE ALLA CRIMINALITA ORGANIZZATA PROPOSTA DI LEGGE C.2737 BINDI MODIFICHE AL CODICE DELLE LEGGI ANTIMAFIA E DELLE MISURE DI PREVENZIONE DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 6 SETTEMBRE 2011 N.159, ALLE NORME DI ATTUAZIONE, COORDINAMENTO E TRANSITORIE DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 28 LUGLIO 1989 N.271 E ALL ORDINAMENTO GIUDIZIARIO DI CUI AL R.D. 30 GENNAIO 1941 N.12 PREMESSA Il decreto legislativo 6 settembre 2011 n.159, più noto come codice antimafia, nonostante l enfatizzazione politico-mediatica che ha caratterizzato le fasi di elaborazione e approvazione dello stesso, si è rivelato ben lontano dall ambizioso progetto contenuto nella legge delega n.136 del Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia. I limiti e l inadeguatezza dell intervento legislativo rispetto al fine dichiarato di potenziamento dell azione di contrasto alla criminalità organizzata, emersi con assoluta evidenza sin dalle prime fasi di applicazione della normativa, danno ragione alle diffuse critiche mosse dagli operatori del settore e sono alla base delle numerose proposte di modifica del testo originario. Il codice antimafia è stato giustamente definito un occasione perduta nella prospettiva di un rafforzamento dell azione di contrasto ai fenomeni criminali attraverso l armonizzazione dell intera disciplina in materia di criminalità organizzata, essenziale per superare le incertezze interpretative e applicative che nel passato avevano determinato ricadute negative sull efficacia della normativa antimafia. Nonostante i limiti evidenziati, il decreto legislativo del 2011 sembrava fosse indicativo di una inversione di tendenza rispetto al passato, il primo passo per l abbandono definitivo della logica emergenziale che aveva contraddistinto la normativa antimafia dell ultimo trentennio, in realtà, i successivi interventi legislativi e le più recenti ulteriori proposte di modifica, sembrano espressione di un ritorno alla stratificazione normativa che si voleva superare. La rilevanza degli interventi integrativi e modificativi proposti nella proposta di legge d iniziativa popolare C.1138, negli elaborati conclusivi delle due Commissioni istituite dal precedente Governo, dalla Presidenza del Consiglio in carica e dalla Commissione parlamentare antimafia, pur nella loro essenzialità e urgenza, impongono una meditata riflessione, previa interlocuzione di tutti i soggetti

2 istituzionali coinvolti, al fine di non incorrere, come avvenuto con il decreto legislativo 159/2011 e con i successivi provvedimenti integrativi, in un risultato non definitivamente risolutivo delle molteplici questioni connesse al sistema della prevenzione. E noto che il legislatore è intervenuto tre volte sul testo normativo in esame, con il decreto legislativo correttivo del 15 novembre 2012 n , con la legge 24 dicembre 2012 n.228 (legge di stabilità 2013) 2 e con il decreto legislativo 13 ottobre 2014 n.153 3, affrontando, solo parzialmente e non esaustivamente, alcune delle criticità di maggior impatto sui procedimenti di prevenzione in corso (il termine di efficacia del sequestro, il potenziamento dell Agenzia nazionale, la disciplina dei diritti dei terzi creditori in procedure antecedenti all entrata in vigore del codice antimafia, l accertamento dei diritti dei creditori muniti di ipoteca iscritta sui beni confiscati prima della trascrizione del sequestro). Interventi caratterizzati dall emergenza, adottati senza l approfondimento necessario volto ad una rivisitazione complessiva e definitiva della materia attraverso norme che si inseriscano organicamente nel quadro normativo vigente affrontando i nodi cruciali del sistema, più volte evidenziati dalla magistratura e dagli altri operatori del settore. 1 Il decreto legislativo correttivo del 15 novembre 2012 n. 218 contiene essenzialmente una rivisitazione della disciplina in materia di documentazione antimafia e dedica alla materia delle misure di prevenzione solo due norme che modificano l art. 39 e l art. 114 del codice antimafia: a) l art. 1 d.lgs. 218/2012 modifica l art. 39 del c.d. codice antimafia, nonostante il parere contrario espresso dagli operatori del settore, e introduce una valutazione di opportunità da parte dell Avvocato generale dello Stato in ordine all assistenza all amministratore giudiziario nelle controversie, anche in corso, concernenti rapporti relativi a beni sequestrati; b) l art. 7 integra l art. 114 del medesimo decreto legislativo ed estende all Agenzia nazionale la disciplina prevista dall art.1 testo unico delle leggi e delle norme giuridiche della rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e dell ordinamento dell Avvocatura dello Stato di cui al regio decreto 30 ottobre 1933 n La legge 24 dicembre 2012 n.228 Legge di stabilità 2013, introducendo norme attinenti ad una materia del tutto estranea alla funzione tipica della legge finanziaria, ha sensibilmente inciso sul sistema delle misure di prevenzione per il quale, al contrario, sarebbe stato opportuno un più attento approfondimento ed una maggiore organicità con il tessuto normativo esistente. Il ricorso ad una normativa omnibus in un settore strategico per il contrasto alla criminalità organizzata come le misure di prevenzione patrimoniali non è, ovviamente, condivisibile, tuttavia, alcune delle modifiche al d.lgs 159/2011 introdotte dalla Legge di stabilità sono in linea con le proposte ampiamente sollecitate da tutti gli operatori del settore. 3 Il decreto legislativo n.153 Ulteriori disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 2011 n.159 recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli artt. 1 e 2 della legge 13 agosto n.2010 n.138. contiene modifiche attinenti la documentazione antimafia e la banca dati unica nazionale, interviene sulle misure di prevenzione solo introducendo all art. 34 comma 7 il rinvio alle disposizioni dell art. 27 per le impugnazioni dei provvedimenti di revoca con controllo giudiziario e di confisca. Come noto la modifica si è resa necessaria alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale che con la sentenza 20 novembre 1995 n.487 è intervenuta sulla impugnabilità dei provvedimenti di confisca. Il comma 7 dell art. 34, come originariamente formulato nel codice antimafia, ricalcava essenzialmente la disciplina dettata dall art. 3 quinquies comma 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575 senza tener conto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della stessa. In altri termini, nel riproporre la disciplina all art. 34 del codice antimafia, nessun riferimento era stato fatto all impugnazione del provvedimento, nonostante la citata sentenza della Corte costituzionale avesse già dispiegato effetti nel precedente assetto normativo. Di qui l esigenza dell intervento integrativo, il richiamo all art. 27, che disciplina comunicazioni e impugnazioni, garantisce l omogeneità di disciplina tra i soggetti che subiscono la confisca. 2

3 In tale contesto, si inserisce la proposta di legge di iniziativa popolare C.1138 Misure per favorire l emersione alla legalità e tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata presentata il 3 giugno 2013 diretta a introdurre una serie di misure a tutela dell occupazione e del proseguimento dell attività economica legale nelle aziende sequestrate e confiscate alla mafia, alla quale sono state abbinate le altre due proposte di legge. Peraltro, pochi mesi dopo l inizio della XVII legislatura, il Governo tornava sul tema della criminalità organizzata annunciando tempestivi interventi legislativi volti al rafforzamento della normativa antimafia. A tal fine, a distanza di soli tre giorni, sono state istituite due Commissioni, la prima presso la Presidenza del Consiglio con DPC 7 giugno 2013, la seconda con DM 10 giugno 2013 presso il Ministero della giustizia, entrambe finalizzate all elaborazione di proposte per la lotta alla criminalità organizzata. Vale la pena sottolineare che le due Commissioni hanno approfondito i medesimi temi di diritto penale e processuale penale, di misure di prevenzione e prevenzione amministrativa offrendo soluzioni e proposte di intervento parzialmente diverse. Per quel che attiene specificamente le misure di prevenzione, la Commissione istituita dalla Presidenza del Consiglio ha prevalentemente focalizzato la riflessione sui profili attinenti le fasi di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati con il dichiarato obiettivo di superare le criticità connesse alle difficoltà di destinazione degli stessi; la Commissione istituita dal Ministro della giustizia, invece, ha affrontato le problematiche attinenti la fase procedimentale di applicazione delle misure di prevenzione, in specie patrimoniali, muovendo dalla esigenza di contemperare l efficienza del procedimento con le garanzie sotto il duplice profilo dei presupposti sostanziali di applicabilità e delle regole procedimentali Il tema della gestione e destinazione dei patrimoni sequestrati e confiscati è stato individuato come priorità anche nei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, istituita con legge n.87. All esito di un approfondita istruttoria, è stata presentata al Parlamento una corposa relazione sulle prospettive di riforma dell intero sistema di gestione dei beni che ha come obiettivo una revisione organica delle decreto legislativo n.159 nelle parti attinenti le misure di prevenzione personali e patrimoniali. La relazione, approvata all unanimità dalla Commissione nella seduta del , ha ricevuto l avallo delle due Camere del Parlamento che nel giugno 2014 hanno approvato due risoluzione di identico contenuto con le quali fanno proprio il contenuto della relazione ed impegnano il Governo, per quanto di propria competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni e i problemi evidenziati. Nella seduta del 22 ottobre 2014 la Commissione parlamentare antimafia ha definitivamente approvato la Relazione accompagnata da un articolato normativo che illustra concretamente le modifiche da apportare, in applicazione dei principi generali sulle linee di intervento delineate nella relazione. L elaborazione tiene conto degli esiti dei lavori svolti dalle due Commissioni ministeriali sopra menzionate e delle esigenze che sono state poste a fondamento delle modifiche proposte nelle rispettive relazioni conclusive. 3

4 Il pregio del lavoro svolto dalla Commissione parlamentare antimafia è quello di aver affrontato l assetto complessivo del codice antimafia in un ottica di potenziamento dell efficacia delle procedure di prevenzione patrimoniale e d incisività economica e sociale del sequestro e della confisca dei patrimoni illecitamente acquisiti. Ed invero, all esito dell approfondita istruttoria svolta dalla Commissione sono stati focalizzati i punti di maggiore criticità della disciplina attualmente in vigore, con particolare riferimento ai profili relativi al ruolo dell amministratore giudiziario e alla gestione e amministrazione dei beni, introducendo significative modifiche tutte pienamente condivisibili nella prospettiva di potenziamento dell Agenzia nazionale e di un amministrazione improntata alla conservazione del valore economico dei beni. L elaborazione tiene conto degli esiti dei lavori svolti dalle due Commissioni (Fiandaca e Garofoli) e delle esigenze che sono state poste a fondamento delle modifiche proposte nelle rispettive relazioni conclusive. Il lavoro della Commissione rappresenta, da un lato, un punto di sintesi delle reiterate istanze degli operatori del settore e, dall altro, apre ad una prospettiva più ampia con interventi organici sull intero quadro normativo proponendo soluzioni innovative. La Direzione nazionale antimafia, prima dell approvazione definitiva del decreto legislativo 159/2001, in un ottica di leale e costruttiva collaborazione istituzionale, sin dalla primissima fase conoscitiva per la formulazione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, aveva evidenziato alcuni profili di criticità del codice antimafia, segnalando altresì le possibili alternative, alcune pienamente compatibili con la legge delega, altre, al contrario, suscettibili di un autonomo e specifico intervento legislativo. Le medesime osservazioni sono state ribadite prima dell approvazione del primo decreto correttivo n. 218/2012 sollecitando, con un elaborato scritto trasmesso al Ministro della giustizia in data 13 settembre 2012, alcuni interventi di modifica della normativa in vigore dal 13 ottobre 2011, ritenuti indifferibili ed urgenti per la soluzione dei problemi pratico-applicativi del procedimento di prevenzione emersi dall attività di coordinamento ed impulso svolta sul territorio in materia di prevenzione. Inoltre, la Direzione nazionale antimafia ha più volte posto in evidenza l esigenza di un immediata attuazione della disciplina regolamentare in materia di amministratori giudiziari, come previsto dall art.10 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n.14 che ha istituito l Albo Nazionale degli amministratori giudiziari. Va precisato che dall 8 febbraio 2014 è in vigore il DM 19 settembre 2013 Regolamento recante disposizioni in materia di iscrizione nell'albo degli amministratori giudiziari di cui al decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14, e modalità di sospensione e cancellazione dall'albo degli amministratori giudiziari e di esercizio del potere di vigilanza da parte del Ministero della giustizia che disciplina: a) le modalità di iscrizione nell Albo degli amministratori giudiziari; b) le modalità di sospensione e cancellazione dall Albo degli amministratori giudiziari; c) le modalità di esercizio del potere di vigilanza da parte del Ministero. 4

5 Tuttavia, non si può non rilevare, ancora una volta in questa sede, il ritardo nell effettiva messa in esercizio dell Albo e nella emanazione della disciplina regolamentare cui rinvia l art. 8 comma 1 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n.14 per la disciplina delle modalità di calcolo e liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari, normativa essenziale per assicurare omogeneità di liquidazione dei compensi agli amministratori giudiziari in tutti i procedimenti di prevenzione e penali. Tanto premesso, nella piena condivisione dell esigenza di un intervento risolutivo delle molteplici criticità dell attuale disciplina del procedimento di prevenzione e in materia di gestione, amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e nella prospettiva di valorizzazione degli stessi come valore economico e occasione di sviluppo per le realtà territoriali ove insistono, limitatamente ai temi di maggior interesse, si sottopongono all attenzione della Commissione le seguenti osservazioni. L ESTENSIONE DELLE CATEGORIE DEI SOGGETTI DESTINATARI DELLE MISURE DI PREVENZIONE PERSONALI E PATRIMONIALI Premesso che il testo definitivo dovrà tener conto delle modifiche apportate dal d.l. 18 febbraio 2015 n.7 in materia di terrorismo che ha modificato la lett. d) dell art. 4 d.lgs n e dalla legge 23 febbraio 2015 n. 19, che ha inserito nel comma 3 bis dell art. 51 cod. proc. pen. il delitto previsto dall art. 416 ter c.p. Scambio elettorale politico-mafioso così, di fatto, inserendo gli indiziati di tale delitto tra i destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, la proposta di una ulteriore estensione (con l inserimento della lett. l), ad avviso di questo Ufficio, potrebbe determinare, in concreto, una limitazione dell applicazione delle misure di prevenzione alla più ampia categoria di soggetti previsti dall art. 1 lett. a) e b). Invero, l intervento integrativo dell art. 4 (comma 1) con l introduzione della lett. l) riferita ai soggetti indiziati di uno dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal Titolo II, Capo I del codice penale che rientrino nelle categorie di cui all art. 1 lett. a) e b) si pone in contrasto con l attuale evoluzione interpretativa che individua, come destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, coloro che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi o che, per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, indipendentemente dalla tipologia di delitti posti in essere. L esplicita previsione dei delitti contro la pubblica amministrazione, unitamente al richiamo alle categorie previste dall art. 1 lett. a) e lett. b), che già con l attuale normativa sono destinatari delle misure di prevenzione (corruttore abituale socialmente pericoloso), potrebbe determinare l esclusione dall applicazione della prevenzione a tutte le altre tipologie di delitto, pur se 4 Art. 4 d.l. 18 febbraio 2015 n.7 (Modifiche in materia di misure di prevenzione personali e di espulsione dello straniero per motivi di prevenzione del terrorismo) Al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all articolo 4, comma 1, lettera d), dopo le parole: nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale sono aggiunte le seguenti: ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all articolo 270-sexies del codice penale ; 5

6 riconducibili a soggetti che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi o che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose (come ad esempio evasore fiscale abituale truffatore abituale ricettatore abituale). In proposito, merita di essere segnalato il recente notevole incremento del ricorso alle misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti dei soggetti di cui all art. 1 del decreto legislativo n.159. L efficacia del sistema della prevenzione patrimoniale ha determinato una progressiva e crescente estensione della confisca a diverse tipologie di reati, se ed in quanto espressione di una abitualità a traffici illeciti ovvero produttivi di proventi tali da ritenere che i proposti vivano abitualmente con gli stessi. I provvedimenti ablativi collegati ai casi indicati, rappresentano il risultato di un processo evolutivo del sistema della prevenzione, oggi sempre più incentrato sui patrimoni illecitamente accumulati e volto al contrasto di nuove manifestazioni di pericolosità, ben lontane dalle caratteristiche che hanno connotato il sistema negli anni passati. Si è passati dalla pericolosità della persona alla pericolosità dei beni e del patrimonio, il sistema della prevenzione punta oggi a colpire, non direttamente il soggetto ritenuto pericoloso, ma le ricchezze utilizzate o ottenute mediante l attività delittuosa. In conseguenza le misure di prevenzione devono tendere a neutralizzare la pericolosità insita nei patrimoni e ricchezze illecitamente acquisiti, indipendentemente dal tipo di attività delittuosa dalla quale provengono. L elaborazione riferita ha portato all individuazione di categorie generali di pericolosità svincolata dal tipo di delittuosità che consente di applicare la misura di prevenzione patrimoniale a qualunque soggetto con riferimento alla pericolosità che esprime per essere dedito a traffici delittuosi o per vivere dei proventi di attività delittuose indipendentemente alla tipologia di reati posta in essere. Di qui l inopportunità della proposta integrazione legislativa che potrebbe avere come conseguenza una implicita esclusione per le altre categorie non esplicitamente menzionate. L ESTENSIONE DEL POTERE DI PROPOSTA PATRIMONIALE AL PROCURATORE NAZIONALE ANTIMAFIA E L INDIVIDUAZIONE DEI CONFINI DI INTERVENTO. L esigenza di superare l incongruenza della disciplina attuale che attribuisce al Procuratore nazionale antimafia il potere di proposta per l applicazione delle misure di prevenzione personali e non delle misure di prevenzione patrimoniali era stata avvertita anche dalle Commissioni Fiandaca e Garofoli, inizialmente concordi nell attribuire al Procuratore nazionale antimafia un ruolo centrale, conforme alle sue competenze, nell aggressione ai patrimoni della criminalità. E noto che nelle stesure definitive, le norme sulla titolarità della proposta non sono state modificate in tal senso. Più volte, la Direzione nazionale antimafia ha segnalato - anche al Ministro della giustizia 5 - l esigenza di apportare una modifica dell art. 17 d.lgs 159/2011 con l attribuzione al PNA della titolarità del potere di proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale. 5 Nota in data , in occasione del primo decreto correttivo (d.lgs. 15 novembre 2012 n.218). 6

7 In tal senso va la proposta di modifica dell art. 17 della Commissione parlamentare antimafia che rappresenta finalmente il superamento dell irragionevole limitazione del potere di proposta del PNA alle sole misure di prevenzione di tipo personale. A tale proposito, va ricordato che il potere d azione preventiva è condiviso tra soggetti giurisdizionali (il procuratore della Repubblica, distrettuale o circondariale, a seconda dei casi), soggetti infra-ordinamentali (il procuratore nazionale antimafia solo per le misure personali) e protagonisti della prevenzione di polizia (il questore e il direttore della DIA) con l ulteriore anomalia della partecipazione alla fase procedimentale di un soggetto diverso dal titolare dell attivazione del procedimento, è il caso delle proposte presentate dal questore e dal direttore della DIA. Il legislatore antimafia nel d.lgs. 159/2011 ha organizzato la c.d. parte pubblica del processo di prevenzione in via meramente compilativa e ricognitiva, riproponendo le medesime incongruenze, particolarmente evidenti nel ruolo assegnato al pubblico ministero come mero patrocinatore delle istanze punitive di un soggetto extragiurisdizionale, titolare autonomo del potere d azione preventiva e lasciando immutata la limitata titolarità del potere di proposta del PNA. Tale assetto normativo è anche in evidente contrasto con precedenti interventi legislativi fondati sulla esigenza di valorizzare il patrimonio informativo delle Procure distrettuali in materia di criminalità organizzata. Il riferimento è all intervento legislativo del 2008 (d.l. 23 maggio 2008 n.92 conv. con mod. nella L. 24 luglio 2008 n.125) che ha attribuito al Procuratore distrettuale la titolarità del potere di proposta di prevenzione, superando le criticità derivanti dalla frammentazione della legittimazione tra diversi Uffici di Procura. Analoga valorizzazione non è stata fatta con riferimento alla Direzione Nazionale antimafia che dispone del più ampio patrimonio informativo in materia di criminalità organizzata in ambito nazionale ed ha l ulteriore valore aggiunto degli esiti delle attività di elaborazione ed analisi dei dati giudiziari e conoscenze che investono anche le proiezioni internazionali dei fenomeni criminali. L esigenza di attribuire al PNA il potere di proposta, anche patrimoniale, in materia di misure di prevenzione è stata avvertita anche con riferimento alla materia del terrorismo. Come noto il d.l. 18 febbraio 2015 n.7 recante Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione ha esteso le funzioni di coordinamento e impulso attribuite al PNA dall art. 371 bis cod. proc. pen. anche ai delitti indicati nell art. 51 comma 3 quater c.p.p. ed in relazione ai procedimenti di prevenzione antiterrorismo. Il 1 aprile 2015 è stato approvato dalla Camera dei deputati il ddl 2893 di conversione del citato decreto legge che ha introdotto significative modifiche all originario testo, tra queste, la modifica dell art. 17 del d. lgs n.159 nel senso che segue: ddl Articolo 4 - Modifiche in materia di misure di prevenzione personali e patrimoniali e di espulsione dello straniero per motivi di prevenzione del terrorismo. all articolo 17, comma 1, Titolarità della proposta dopo le parole: «dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona,» sono inserite le 7

8 seguenti: «dal Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo nell esercizio delle funzioni previste dall articolo 371-bis del codice di procedura penale». L estensione delle funzioni di coordinamento e impulso del PNA alle misure di prevenzione antiterrorismo ha imposto l estensione del potere di proposta patrimoniale al PNA anche per queste ultime considerata la tipologia di soggetti inseriti negli artt. 4 lett. d), e), f), g) e h) e 16 lett. b) del d.lgs. 159/2011, quali destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali. La modifica legislativa, analogamente alla proposta di legge 2737 della Commissione parlamentare antimafia, ancora il potere di proposta patrimoniale del Procuratore nazionale antimafia alle funzioni di coordinamento ed impulso richiamate dall art. 371 bis del codice di procedura penale. In proposito, si rileva che la proposta modifica degli artt. 5 e 17 del d.lgs. 159/2011 con l inciso nell'ambito delle attività di cui all'art. 371 bis comma 2 e comma 3 c.p.p. tende a confondere un autonomo potere di proposta (anche se solo personale) già attribuito al PNA (art. 2 legge 575/65) e le funzioni di coordinamento e impulso di cui all art. 371 bis c.p.p. svolte nell ambito delle indagini per i delitti previsti dall art. 51 comma 3 bis c.p.p. e dei procedimenti di prevenzione antimafia. L esigenza di delineare i confini del potere di proposta del PNA che, correttamente, deve avere ad oggetto solo alcune categorie di soggetti destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, ed in particolare, quelle previste dall art. 4 lett. a), b), d), e), f), g) e h) e 16 lett. b), in sintonia con il dettato dell art. 371 bis c.p.p., non può portare a confondere un autonomo potere di proposta di prevenzione, già riconosciuto dall abrogato art. 2 legge 575/65 limitatamente alle misure di prevenzione personali antimafia, con le modalità di esercizio delle funzioni di coordinamento ed impulso previste dall art. 371 bis c.p.p. integrato, quanto ai procedimenti di prevenzione antimafia, dall art. 2 comma 1 lett. b) del d.l n.92 conv. con mod. nella legge 125/2008 e dal d.l. 18 febbraio 2015 n.7. La legittimazione del Procuratore nazionale antimafia per le proposte di prevenzione personali attribuisce a quest ultimo un autonomo potere di proposta che non si inserisce ed è distinto dall esercizio delle funzioni di coordinamento e impulso i cui contenuti, in parte, sono descritti nell art. 371 bis c.p.p. in parte, sono frutto dell elaborazione che negli anni ne hanno delineato i contorni. Alla luce dell attuale quadro normativo di riferimento, appare evidente che la legittimazione del Procuratore nazionale in materia di misure di prevenzione patrimoniale, così come quella personale già prevista, non rientra tra le funzioni di coordinamento ed impulso come sopra descritte ma è il riconoscimento di un autonomo potere di proposta, sia pure limitato alle materie di competenza della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, cioè ai procedimenti di prevenzione antimafia e antiterrorismo. 8

9 LE PROPOSTE DI MODIFICA DELL ART. 5 E L INTRODUZIONE DELL ART. 5 BIS La proposta di modifica dell art. 5 d.lgs n.159 e l introduzione dell art. 5 bis, limitano l autonomo potere di proposta, già residuale, dei Procuratori ordinari alla cui legittimazione si affianca a quella del procuratore distrettuale, in altri termini, nei casi di pericolosità generica - art. 4 lett. c) e i) si introduce una legittimazione concorrente dei Procuratori ordinari il cui potere di proposta non è più esclusivo e, se esercitato, richiede il previo coordinamento con il procuratore distrettuale che esprime un parere sulle proposte presentate e può integrare gli atti già depositati. Pur condividendo le esigenze di coordinamento che sono alla base della modifica proposta, va tenuto presente che essa è solo parzialmente risolutiva del problema se solo si riflette sul fatto che l introduzione di un inedito parere del procuratore distrettuale sulle proposte depositate dal procuratore ordinario sposta ad un momento successivo rispetto alla fase investigativa, il coordinamento, assolutamente necessario per evitare le inevitabili ricadute negative nei casi di sovrapposizione e convergenza di indagini. Invero, così come disciplinato dagli artt. 5 e 5 bis, non assicura il coordinamento nella fase investigativa che rappresenta la fase più delicata che può dar luogo a gravi conseguenze in punto di efficacia dell attività penale o di prevenzione in corso. Sulla stessa persona fisica o giuridica possono essere svolte indagini di natura patrimoniale nell ambito di procedimenti penali e di prevenzione, e ad opera di più soggetti legittimati (Procuratore distrettuale, Procuratore ordinario, Questori e DIA), anche in più sedi giudiziarie, appare evidente come un coordinamento tardivo (spostato al momento del deposito della proposta) e limitato all ambito distrettuale appare inidoneo ad impedire negative interferenze tra i diversi ambiti investigativi. Peraltro, non va dimenticato che l intervento dei procuratori ordinari è diretta, prevalentemente, nei confronti di soggetti la cui pericolosità si è manifestata nel territorio ove dimorano e si basa proprio sullo stretto rapporto e l approfondita conoscenza dello stesso; tale azione svolta in sinergia con le forze dell ordine locali, unitamente all azione di prevenzione autonomamente svolta dai questori, ha assicurato un costante ed efficace controllo del territorio. Nella maggior parte dei casi, l ambito operativo dell azione di prevenzione dei procuratori ordinari riguarda soggetti che non presentano alcun profilo di collegamento con l ambito di competenza distrettuale, pertanto, per non appesantire il procedimento e i carichi di lavoro delle procure distrettuale e, probabilmente, disincentivare l azione di prevenzione dei procuratori ordinari, la legittimazione concorrente e il previsto parere introdotto con l art. 5 bis, potrebbe essere limitato ai casi di possibile interferenza con indagini penali o di prevenzione di competenza distrettuale, come ad esempio, quando riguarda soggetti in qualche modo collegati o collegabili alla criminalità organizzata. In ogni caso, l intervento modificativo non copre i problemi di coordinamento nella fase investigativa che pur richiederebbero una specifica disposizione normativa, soprattutto con riferimento alla fase delle indagini patrimoniali, che attribuisca il coordinamento investigativo al 9

10 Procuratore distrettuale, limitatamente ai casi di sua competenza nel proprio distretto, analogamente alle funzioni di coordinamento attribuite al Procuratore nazionale antimafia ai sensi dell art. 317 bis cod. proc. pen. in ambito nazionale. LA MODIFICA DELL ART. 27 IN MATERIA DI IMPUGNAZIONI Sono pienamente condivisibili le modifiche proposte relative alla disciplina delle impugnazioni, in particolare l estensione della disciplina della sospensione dell esecutività del provvedimento di revoca del sequestro, dettata per il primo grado dall art. 27, ai casi di revoca della confisca disposta dalla corte di appello qualora il procuratore generale ne chieda la sospensione. 6 La modifica dell art. 27, nella parte relativa all elenco dei provvedimenti impugnabili, con l esplicito riferimento al rigetto della richiesta di confisca anche qualora non sia stato precedentemente disposto il sequestro è essenziale per evitare, nel futuro, interpretazioni abnormi della norma a causa di una evidente discrasia della legge vigente, come segnalato a questa Direzione nazionale dalla Procura distrettuale di Firenze. L art. 27 del codice antimafia, infatti, al primo comma elenca i provvedimenti del tribunale in materia di prevenzione che sono appellabili. Questi sono la confisca dei beni sequestrati, la revoca del sequestro e la restituzione della cauzione o di altre garanzie. In questo elenco non è menzionata la confisca non preceduta dal sequestro, e sulla base di ciò, richiamandosi al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, la corte d appello di Firenze ha dichiarato inappellabile un ricorso contro un diniego di confisca di un bene che non era stato previamente sequestrato. Benché il sequestro sia la regola, per risolvere il segnalato problema interpretativo, è opportuno modificare il primo comma dell art. 27 nel senso proposto dal testo unificato all esame della Commissione. 6 La modifica era stata da tempo sollecitata anche dalla DNA nelle Osservazioni scritte trasmesse al Ministro della Giustizia nel 2012 e, successivamente, al Prof. Fiandaca - Presidente della Commissione istituita presso il Ministero della Giustizia - nel giugno Sul punto si osservava Non sono da sottovalutare gli effetti dell esecutività della revoca della confisca disposta dalla corte di appello e la possibilità di disporre dei beni sottraendoli o occultandoli nelle more della decisione del ricorso in cassazione che potrebbe essere favorevole al procuratore generale. La modifica dell art. 27 comma 6 trova altra valida giustificazione negli effetti negativi che tale norma determina sulle attività dell Agenzia in tema di destinazione dei beni poiché rappresenta un ulteriore elemento di incertezza in ordine all utilizzo dei beni confiscati. Sul punto l art. 38 d.lgs. prevede che dopo la confisca di primo grado l Agenzia amministra i beni ed entro sei mesi pubblica sul sito internet i beni immobili in linea con una progettazione in ordine alla destinazione che precede la definitività della confisca. L introduzione di una possibilità di sospensione della revoca nelle more del giudizio di Cassazione, analogamente a quanto previsto nel giudizio di appello, consente di non vanificare gli effetti di un eventuale fondato ricorso per cassazione da parte del procuratore generale; infatti, i beni oggetto di tale confisca, potrebbero essere stati nel frattempo oggetto di libera disposizione. 10

11 LA MODIFICA DELL ART.34 D.LGS.159/2011 AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA DEI BENI CONNESSI AD ATTIVITÀ ECONOMICHE E DELLE AZIENDE. L INTRODUZIONE DELL ART. 34 BIS CONTROLLO GIUDIZIARIO DELLE AZIENDE. L amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche è un istituto che ha avuto, nel tempo, una limitatissima applicazione nonostante le potenzialità che offre, soprattutto in un ottica di salvaguardia delle attività economiche che, per una serie di ragioni di seguito analizzate, si trovano in una condizione di assoggettamento e/o intimidazione ad opera di organizzazioni criminali, ovvero, quando l esercizio dell attività economica agevola soggetti proposti o sottoposti ad una misura di prevenzione o a procedimento penale per alcune tipologie di reato particolarmente pregnanti quali la partecipazione ad associazione mafiosa, l estorsione, l usura, il riciclaggio, il reimpiego di danaro, beni o altre utilità di provenienza illecita. La modifica dell art. 34 interviene: a) sui presupposti per l adozione del provvedimento di amministrazione giudiziaria ancorandoli ai casi di agevolazione mafiosa, intesa come agevolazione nei confronti di persone proposte o sottoposte a misura di prevenzione, ovvero, di persona sottoposta a procedimento penale per uno dei delitti previsti dall art. 4 lett. a) e b); b) sui provvedimenti conclusivi che il Tribunale può adottare al termine del periodo di amministrazione giudiziaria; c) sul controllo giudiziario già previsto nella attuale formulazione dell art. 34 al comma 8, modificandone totalmente i contenuti e i presupposti per l applicazione, introducendo altresì la figura del commissario giudiziario; d) sui doveri e poteri spettanti all amministratore giudiziario estendendo la disciplina prevista dall art. 36 d.lgs. 159/2011 e, in quanto compatibile, la disciplina dettata ai Capi I e II del Titolo III (L amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati); e) sull oggetto della confisca al termine della fase di amministrazione giudiziaria, limitata ad una non meglio precisata categoria di beni che risultino essere il frutto dell attività illecita di agevolazione di cui al comma 1 o ne costituiscano il reimpiego, restringendo l originario campo di applicazione della confisca dei beni che si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. f) sulla procedura di applicazione della confisca e della impugnazione estendendo la disciplina prevista dal Titolo I, Capo II, Sez. I e dall art. 27 ai casi di confisca disposta al termine del periodo di amministrazione giudiziaria; g) sulla introduzione di una nuova causa di sospensione degli effetti della informazione interdittiva antimafia estendendo, a richiesta, alle imprese destinatarie la disciplina del controllo giudiziario. Le linee generali dell intervento innovativo La proposta di modifica dell art. 34 presenta profili di grande interesse poiché individua un metodo innovativo per affrontare le diverse forme di infiltrazione mafiosa nelle attività economiche, in un 11

12 ottica di recupero e ripristino della legalità, per quelle che si trovino in condizioni di assoggettamento o intimidazione ovvero agevolino associazioni di tipo mafioso ma non sussistano i presupposti per l applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale. L obiettivo che si intende perseguire è che intervento dello Stato venga recepito, da parte del ceto imprenditoriale, da parte dei lavoratori e da parte della collettività, non come un evento negativo per l economia ma come intervento a garanzia della libertà imprenditoriale, del libero mercato, della crescita della legalità e, ove possibile, una opportunità di rilancio dell azienda sequestrata. Particolarmente interessante il coordinamento tra la disciplina del controllo giudiziario, come ridisegnato nell art. 34 bis, e la disciplina del controllo amministrativo sui pericoli di infiltrazione mafiosa e delle interdittive prefettizie. L istituto del controllo giudiziario, in presenza di alcuni presupposti e previa verifica di ammissibilità, può rappresentare uno strumento adeguato per assicurare la continuità dell attività di impresa quando sia raggiunta da informazione antimafia interdittiva a tutela dell interesse pubblico della continuità dell esecuzione dei lavori volti alla realizzazione di opera di particolare rilevanza. In tal senso l istituto va visto come vincolo necessario per il recupero dell esclusivo esercizio dell attività d impresa bonificato dal condizionamento mafioso. Tanto premesso è indispensabile, ai fini di una corretta formulazione della norma che tenga conto dell esperienza giudiziaria e che sia aderente alle concrete fattispecie sulle quali andrebbe ad incidere la nuova disciplina, una riflessione su alcuni aspetti della modifica proposta. I presupposti di operatività dell amministrazione giudiziaria L attuale ambito operativo dell art. 34, così come previsto dall originaria formulazione dell art. 3 quater della legge n. 575, poi trasfusa nell art. 34 del codice antimafia, comprende i casi di infiltrazione mafiosa nell esercizio di attività economiche determinata da: Ø condizioni di intimidazione e/o assoggettamento come previste dall art. 416 bis c.p. Ø agevolazione nei confronti di soggetti proposti o sottoposti a misura di prevenzione o di soggetti sottoposti a procedimento penale per taluno dei reati previsti dall art. 4 comma 1, lett. a) e b) 7 ; Ø agevolazione nei confronti di soggetti proposti o sottoposti a misura di prevenzione o di soggetti sottoposti a procedimento penale per taluno dei reati previsti dagli artt. 416 bis, 629, 630, 644, 648 bis e 648 ter cod. pen. Nei primi due casi sono consentite ulteriori indagini e verifiche ed è previsto l obbligo, nei confronti di chi ha la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, di beni o altre utilità di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica, di giustificarne la legittima provenienza. 7 art. 4 comma 1 lett. a) indiziati di appartenenza ad associazioni di cui all art. 416 bis c.p.; lett. b) indiziati di uno dei reati previsti dall art. 51 comma 3 bis c.p.p. ovvero del delitto di cui all art. 12 quinquies comma 1 del d.l n.306 conv. in l n.356. L art. 51 comma 3 bis c.p.p. comprende i seguenti delitti: art e 7 comma; artt e 474; artt. 600,601 e 602; 416 bis; art.630; delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all art. 416 bis c.p.; art.74 D.P.R. 309/90; art. 291 quater D.P.R. 43/73; art. 260 d.lgs. 152/

13 E richiesta, altresì, la condizione negativa che non sussistano i presupposti per l applicazione di una misura di prevenzione personale e/o patrimoniale. In altri termini, per disporre l amministrazione giudiziaria, è necessario che l attività economica non sia direttamente o indirettamente riconducibile a un soggetto che rientri tra le categorie di destinatari di misure di prevenzione elencati agli artt. 4 e 16 del d.lgs. 159/2011. Invero, secondo dati acquisiti dall esperienza giudiziaria, quando vi è una volontaria e consapevole agevolazione del soggetto mafioso da parte dell imprenditore non mafioso, quasi sempre ad essa corrisponde un vantaggio da parte di quest ultimo (aumento degli standard di mercato e, in alcuni casi, acquisizione di posizioni di monopolio, aumentata capacità di riscossione dei crediti e/o di accesso al credito se non immissione di liquidità di provenienza illecita, altro). Nei casi descritti si realizza una commistione di interessi tra attività di impresa e attività mafiosa, dunque, non può parlarsi di attività economica condizionata o meramente agevolatrice nei confronti di organizzazioni mafiose, ma di impresa che diviene essa stessa mafiosa e come tale destinataria della misura ablativa, i cui effetti si riflettono sui beni di un soggetto certamente non estraneo nel quadro della complessiva gestione del patrimonio mafioso Ben diversi sono i casi di attività d impresa sottoposta alle condizioni di intimidazione e/o assoggettamento previste dall art. 416 bis cod. pen., ovvero i casi di oggettiva agevolazione esclusa la stabile collusione a fini di profitto per i quali si esige un intervento dello Stato volto ad incidere sulla infiltrazione mafiosa e al ripristino della condizioni di legalità a supporto della stessa impresa liberata dal condizionamento mafioso. In tal caso, l amministrazione giudiziaria è destinata a svolgere una funzione cautelare volta ad impedire che una determinata attività economica, che presenti connotazioni agevolative del fenomeno mafioso e, dunque, operi in posizione di contiguità rispetto a soggetti indiziati di appartenere ad organizzazioni mafiose, realizzi o possa comunque contribuire a realizzare un utile strumento di appoggio per l'attività di quei sodalizi, sia sul piano strettamente economico, sia su quello di un più agevole controllo del territorio e del mercato, con inevitabili riflessi espansivi della infiltrazione mafiosa in settori ed attività in sè leciti. La funzione cautelare dell amministrazione giudiziaria si radica sullo specifico presupposto del carattere ausiliario che una certa attività economica si ritiene presenti rispetto alla realizzazione degli interessi mafiosi. La qual cosa, pur lasciando normalmente presupporre che sia da escludere una situazione soggettiva di "sostanziale incolpevolezza" del soggetto colpito dal provvedimento impeditivo - sulla presunzione che lo svolgimento di un attività che presenta connotazioni agevolative della criminalità organizzata sia comunque frutto di una scelta - non è da sola sufficiente ad integrare i presupposti legali per l applicazione di una misura di prevenzione. Questa è la ratio dell art. 34, ed è a tali casi che va applicata, in tal senso si sollecita una più approfondita riflessione sulla formulazione proposta che esclude dall ambito operativo dell art. 34 alcuni casi di infiltrazioni mafiose determinate da condizioni di assoggettamento e intimidazione che l esperienza giudiziaria ha dimostrato essere le più frequenti. Di contro, estende l istituto ai casi di agevolazione, invero non è ben chiaro il grado di collusione, ma l aver previsto un agevolazione occasionale per il controllo giudiziario lascia intendere che 13

14 l ambito dell amministrazione giudiziaria sia esteso ai casi di sistematica agevolazione dei soggetti rientranti in una delle categorie sopra indicate. Peraltro, la rinnovata formulazione della norma, che modifica l attuale comma 2 dell art. 34, esclude dall ambito di operatività dell istituto, i casi di agevolazione in favore di soggetti sottoposti a procedimento penale per uno dei delitti previsti dagli articoli 416 bis, 629, 630, 644, 648 bis e 648 ter del codice penale (non tutti compresi nell art. 4 comma 1 lett. a) e b) richiamato al comma 1 del medesimo art. 34) che, a ben vedere, rappresentano le modalità di condizionamento più frequenti trattandosi dei reati di usura, estorsione, riciclaggio, reimpiego di danaro beni e altre utilità di provenienza illecita. Tale esclusione presenta profili di incoerenza anche con il collegamento ai casi di informazione interdittiva prefettizia, la cui efficacia sarebbe sospesa dalla richiesta di controllo giudiziario secondo la proposta del nuovo art. 34 bis che al comma 6 la subordina alla richiesta di applicazione del controllo giudiziario. Infatti, l art. 84 d. lgs. 159/2011 elenca le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all adozione della informativa antimafia interdittiva e sono desunte: a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero una condanna, anche non definitiva, per taluni dei delitti previsti dagli articoli 353 e 353 bis, 629, 640 bis, 644, 648 bis, 648 ter del codice penale e di cui all art. 51 comma 3 bis del codice di procedura penale e 12 quinquies l. 356/92; b) dalla proposta o dal decreto di applicazione di una misura di prevenzione; c) dalla omessa denuncia dei delitti 317 e 629 aggravati dall art. 7 legge 203/1991 (agevolazione mafiosa) ( altro...) La relazione che si attua, con la modifica proposta, tra l istituto del controllo giudiziario e dell amministrazione giudiziaria e la procedura amministrativa di verifica di tentativi di infiltrazione antimafia, impone una simmetria dei presupposti per l accesso ai predetti istituti. In altri termini, la soppressione del periodo sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall'articolo 416-bis c.p. al primo comma dell art. 34 limita significativamente la portata della norma ai casi di agevolazione sottraendo alla tutela attuata con gli istituti dell amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario, le attività economiche sottoposte al condizionamento di organizzazioni mafiose, determinato da assoggettamento e/o intimidazione, che non si manifesti in conclamata agevolazione dei soggetti indicati al comma 1 del medesimo art. 34. Altra limitazione è nel riferimento ai delitti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a) e b) che non comprende i delitti previsti dagli articoli 629, 644, 648 bis e 648 ter che viceversa assumono notevole rilevanza ai fini dell agevolazione. Resta fuori dalla previsione normativa l ipotesi di agevolazione nei confronti dei soggetti sottoposti a procedimento penale per delitti di particolare pregnanza nell ipotesi disciplinata dalla norma, resta fuori l attività imprenditoriale sottoposta ad estorsione o ad usura (se non aggravate dall art. 7 l.203/1991), l agevolazione al riciclaggio e al reimpiego con grave danno per la stessa impresa esposta al condizionamento mafioso ed incapace di recuperare il libero esercizio dell attività economica senza il sostegno dello Stato. 14

15 L ambito di estensione della confisca La proposta di modifica dell art. 34 restringe l ambito della confisca adottata al termine dell amministrazione giudiziaria, ai beni che risultino essere il frutto dell attività illecita di agevolazione di cui al comma 1 o ne costituiscano il reimpiego. L attuale formulazione del comma 7 dell art. 34 prevede che il Tribunale possa disporre la confisca dei beni che si ha motivo di ritenere siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Oltre alle evidenti difficoltà applicative di un provvedimento ablativo che selezioni, nell ambito di un attività imprenditoriale, il frutto di attività illecite agevolative la modifica va in senso contrario all orientamento della giurisprudenza di legittimità sul punto che è nel senso di individuare l oggetto della confisca, qualora il Tribunale non ritenga di revocare il provvedimento di amministrazione giudiziaria, nei beni che sono il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego e quando si fa riferimento alle attività illecite è evidente il rinvio ad attività contrarie alla legge mentre l attività agevolatrice in sé non è necessariamente illecita. Nel caso disciplinato dall art. 34, il provvedimento ablatorio si giustifica in funzione preventiva, proprio perché risulta illecita la provenienza dei beni o questi ultimi costituiscono reimpiego di proventi illeciti, come conseguenza della riscontrata infiltrazione mafiosa. La confisca, dunque, deve investire tutti i beni di provenienza illecita che presentano quel carattere di "pericolosità" che prescinde dalla personalità dei titolari dell attività economica e si fonda sulla penetrazione mafiosa nella gestione aziendale. La previsione della confisca dei beni frutto di attività illecite o che ne costituiscano reimpiego, al termine dell amministrazione giudiziaria è volta ad assicurare un intervento su quella particolare categoria di beni che più di altri si prestino, per il loro carattere dinamico, a costituire, al tempo stesso, strumento di riciclaggio e fattore d'inquinamento dell'economia, in considerazione dell'obiettiva pericolosità che li caratterizza. La sospensione degli effetti della informazione antimafia interdittiva La proposta della Commissione parlamentare antimafia, in totale adesione alla proposta formulata dalla Commissione presieduta dal prof. Fiandaca, prevede un innovativo strumento di intervento sulle attività economiche destinatarie della informazione interdittiva antimafia. Invero, il collegamento tra le due procedure (preventiva giudiziaria e preventiva amministrativa), viene introdotto già al primo comma dell art. 34 nella parte in cui si rinvia agli accertamenti disposti ai sensi dell art. 92 d.lgs. 159/2011, dai quali può emergere un condizionamento mafioso idoneo all adozione di un provvedimento di amministrazione giudiziaria. Ai commi 6 e 7 del nuovo art. 34 bis, tale collegamento è reso ancor più diretto con la previsione di una specifica causa di sospensione degli effetti del provvedimento amministrativo interdittivo, qualora l impresa destinataria chieda al Tribunale competente per l applicazione delle misure di 15

16 prevenzione, l applicazione del controllo giudiziario al quale può seguire l amministrazione giudiziaria, qualora ne ricorrano i presupposti o in caso di violazioni alle prescrizioni imposte. Si è detto, nella parte che precede, quali sono gli elementi dai quali si desumono i tentativi di infiltrazione mafiosa (cfr art. 84 d.lgs. 159/2011). L esigenza di intervenire su un sistema - come quello attuale - che blocca l operatività delle imprese, spesso mentre sono in corso di esecuzione opere di grande rilievo, con effetti devastanti sulla prosecuzione dell opera, sull occupazione e sull amministrazione pubblica, anche a fronte di un oscillante giurisprudenza amministrativa che di frequente annulla gli effetti dell interdittiva antimafia con grande ritardo rispetto all adozione del provvedimento amministrativo, impone un intervento urgente che, in presenza di alcune condizioni, consenta all impresa destinataria di proseguire l attività. Tuttavia, è opportuna una riflessione sul comma 6 del nuovo articolo 34 bis, che non prevede alcun filtro per l adozione del provvedimento di controllo giudiziario, sicchè qualsiasi impresa destinataria di informazione interdittiva ne può bloccare gli effetti presentando al Tribunale della prevenzione una richiesta di applicazione del controllo giudiziario. Secondo la formulazione della norma, il Tribunale non ha la possibilità di valutare la richiesta né le ragioni poste a fondamento dell informazione interdittiva e tuttavia deve sospenderne gli effetti sulla base di una mera richiesta dell interessato. Tale sistema potrebbe consentire all imprenditore condannato in primo grado per alcuno dei reati indicati nell art. 84 d.lgs. 159/2011, a continuare nell attività d impresa, vanificando del tutto l intera disciplina in materia di documentazione antimafia. In altri termini, la norma così come formulata, e senza gli opportuni filtri, potrebbe, di fatto, estendere una disciplina che ha come fine il recupero e il sostegno alle attività economiche il cui esercizio è condizionato da organizzazioni mafiose, a causa di assoggettamento, intimidazione e/o agevolazione non collusiva, con ben altre infiltrazioni se non addirittura con imprese totalmente mafiose. Il rischio è che possano verificarsi situazioni incontrollabili e che la procedura di controllo giudiziario non sia sufficiente a far emergere situazioni di contiguità mafiose né a riportare alla legalità una impresa con marcate connotazioni mafiose. In altri termini, il rischio è che una tale procedura possa, senza i dovuti filtri, consentire la prosecuzione dell attività di una impresa infiltrata dalla mafia con il sostegno dello Stato. Ed è per tale motivo che appare necessario introdurre correttivi: subordinare l ammissione ad una valutazione da parte del Tribunale sì da rendere più flessibile la decisione (va detto a tale proposito che tale soluzione lascia alla discrezionalità del giudice la decisione in ordine all ammissione invero sarebbe meglio individuare dei parametri cui ancorare la discrezionalità per rendere uniformi le decisioni, o prevedere legislativamente specifiche cause di inammissibilità che tengano conto della fase di esecuzione dell opera, dei profili occupazionali, soprattutto delle condizioni soggettive che hanno determinato l informazione interdittiva. Il controllo giudiziario dovrebbe poi essere subordinato all impugnazione della informazione interdittiva antimafia, essenziale per evitare che vi sia un ricorso generalizzato alla procedura di 16

17 richiesta di controllo giudiziario con conseguente vanificazione dell intera disciplina in materia di documentazione amministrativa antimafia. Infine, per evitare provvedimenti contrastanti in sede giudiziaria e in sede amministrativa, dovrebbe essere prevista la cessazione del controllo giudiziario nel momento della definitività del provvedimento amministrativo a seguito di impugnazione, naturalmente questo presuppone la previsione di un filtro alla richiesta di controllo giudiziario che consente all impresa di proseguire l attività nonostante l interdittiva. Il contenuto del controllo giudiziario Sembrano in linea, con le finalità che si intendono perseguire, le modifiche riguardanti il contenuto del controllo giudiziario che appare dotato di incisivi strumenti per una verifica in ordine all effettivo condizionamento mafioso dell attività d impresa. Quanto alla figura del commissario giudiziario appare necessaria una precisa indicazione dei requisiti per tale incarico e l applicazione di criteri volti a garantire la trasparenza delle nomine e la rotazione. IL RUOLO DELL AGENZIA NAZIONALE Premessa Gli interventi legislativi proposti in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, toccano punti cruciali del sistema della prevenzione sui quali si gioca la tenuta del sistema della prevenzione. L incremento delle procedure penali e di prevenzione relative al sequestro e alla confisca di beni sottratti alle associazioni mafiose, ha determinato una duplice urgenza: da un lato, quella di approntare uno strumento idoneo ad assicurare una migliore amministrazione dei beni sottoposti a sequestro, notevolmente aumentati per effetto delle più incisive politiche di aggressione ai patrimoni mafiosi e, dall altro, quello di consentire la più rapida ed efficace allocazione e destinazione dei beni confiscati, devoluti al patrimonio dello Stato. Nonostante l istituzione dell Agenzia nazionale e la disciplina dettata dal decreto legislativo 159/2011, non possono dirsi realizzate appieno quelle finalità di ricollocazione nel circuito economico legale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, attraverso il riutilizzo a fini sociali e istituzionali a beneficio delle collettività afflitte dalla radicata presenza della mafia e delle altre organizzazioni similari, a causa della inadeguatezza delle procedure amministrative di destinazione e/o assegnazione dei beni. È, dunque, evidente, che l affermazione dello Stato sui contesti mafiosi colpiti dalle misure patrimoniali si misura oggi sulla efficienza del sistema introdotto con l Agenzia nazionale. La concentrazione in un solo soggetto con competenza nazionale è teoricamente l unica risposta alle problematiche emerse nel corso della quasi ventennale esperienza che ha mostrato tutta l inadeguatezza del sistema precedente (sul punto si rinvia all ultima Relazione annuale della DNA nella parte dedicata alle misure di prevenzione). 17

18 La previsione di una immediata e diretta interlocuzione tra l Agenzia e l autorità giudiziaria, preposta ai procedimenti penali e di prevenzione, è finalizzata a ridurre drasticamente i tempi intercorrenti tra l iniziale sequestro e la definitiva destinazione dei beni, periodo questo che, se non compresso, a fronte dello straordinario sforzo investigativo per l individuazione dei patrimoni della criminalità, rischia di provocare una crisi irreversibile nel sistema del contrasto alle mafie, con patrimoni di rilevante valore economico destinati all abbandono e al degrado. L efficacia del sistema è subordinata all individuazione di strumenti atti ad incidere sul tempo intercorrente tra il provvedimento di sequestro dei beni e la destinazione degli stessi, secondo le regole dettate dall art.48 del codice antimafia, tempo che rappresenta una delle principali ragioni del fallimento delle procedure amministrative sin qui adottate. Come segnalato nelle Relazioni annuali della DNA, il tema della gestione e riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati assume una particolare rilevanza in un momento di gravissima crisi economica che ha portato il Paese, ed in particolare, le regioni del Sud, ad una totale carenza di risorse e a livelli di disoccupazione elevatissima. Il riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata rappresenta un occasione di sviluppo sociale ed economico del territorio, una risorsa per la collettività. A fronte dell imponente impiego di risorse investigative e giudiziarie per l individuazione e la sottrazione delle ricchezze alle organizzazioni criminali, nonostante i provvedimenti patrimoniali assicurino allo Stato beni di valore pari a diversi miliardi di euro, il ritorno, in termini di efficienza dei meccanismi di riutilizzo e restituzione degli stessi alla collettività, da un lato come valore simbolico e dall altro come effettivo sviluppo economico e sociale del territorio, è decisamente deludente. L individuazione di strumenti improntati a rapidità ed efficienza per la fase dell assegnazione e destinazione dei beni confiscati e, ancor più, per l effettivo riutilizzo degli stessi, rappresenta, ancora oggi, la principale criticità dell intero sistema. A tale proposito è stato segnalato che oltre ad una politica volta a creare le condizioni per una sinergica partecipazione dello Stato, degli enti territoriali e della società civile - condizione imprescindibile per il raggiungimento del risultato auspicato - è indispensabile, da un lato, una drastica riduzione dei tempi tra il sequestro del bene e la destinazione dello stesso, dall altro, una politica di gestione che assicuri una amministrazione improntata a criteri di conservazione del valore economico dei beni in sequestro (opere di manutenzione per i patrimoni immobiliari e valorizzazione delle attività produttive per le aziende). Quanto ai tempi dovrebbero essere garantite le seguenti condizioni: 1. Immediata interlocuzione tra l Agenzia e l Autorità giudiziaria; 2. Attuazione sin dalla fase del sequestro delle linee programmatiche predisposte dall Agenzia in vista della migliore utilizzazione del bene; 3. Anticipazione delle procedure volte alla verifica dei crediti e alla soluzione delle problematiche relative (ipoteche, occupazioni ed altro); 4. Adozione di tutte le procedure volte all affidamento dei beni mobili registrati o alla vendita degli stessi. Quanto alla conservazione del valore economico dei beni in sequestro un amministrazione 18

19 improntata a tale criterio passa attraverso : 1. Specifiche direttive impartite all amministratore giudiziario per il rispetto di tali criteri attingendo alle liquidità della procedura per le spese da sostenere; 2. L impiego di ogni risorsa a disposizione per assicurare che le imprese proseguano l attività individuando concreti strumenti di sostegno per fare fronte all inevitabile costo della legalità (accesso al credito, emersione delle posizioni lavorative irregolari, abbandono dei circuiti mafiosi di approvvigionamento e distribuzione dei prodotti, tutela della posizione di mercato ecc.); 3. Interventi volti ad anticipare e favorire progetti di riconversione e ristrutturazione aziendale avvalendosi delle professionalità messe a disposizione dell Agenzia attraverso protocolli di intesa già sottoscritti o da sottoscrivere. Gli interventi legislativi proposti con la modifica delle norme in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati vanno nella direzione indicata e sono del tutto condivisibili. Il momento d intervento dell Agenzia nazionale Nelle proposte conclusive dei lavori svolti dalle diverse Commissioni che hanno formulato proposte integrative e modificative della disciplina in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, si scontrano due orientamenti contrapposti che attengono alla preliminare questione dell individuazione del momento di intervento dell Agenzia nazionale nella fase di amministrazione dei beni. In altri termini, da un lato, il mantenimento dell attuale normativa, che attribuisce all Agenzia l amministrazione diretta dei beni sin dal momento del decreto di confisca di primo grado, nel procedimento di prevenzione e della conclusione dell udienza preliminare nel procedimento penale, dall altro, lo slittamento dell intervento dell Agenzia al momento della definitività del provvedimenti di confisca all esito del procedimento penale o di prevenzione. In proposito, al fine di individuare la soluzione che risponda maggiormente alle esigenze di celerità ed efficacia delle procedure di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, è opportuno fare alcune osservazioni. La scelta che Governo e Parlamento hanno realizzato con l istituzione dell Agenzia Nazionale segna un momento di svolta strategica frutto della consapevolezza della necessità di una regia unica basata sulla concentrazione, nell Agenzia Nazionale, delle attività di amministrazione e, quindi, di valorizzazione e di destinazione dei beni. Il sistema introdotto con il decreto legge n. 4/2010 è sembrato il rimedio alle pregresse inefficienze e ai ritardi cagionati da una doppia amministrazione (giudiziaria e demaniale) e strumento di supporto e sostegno all attività dell Autorità giudiziaria durante la fase del sequestro in vista della destinazione finale dei beni. E evidente che la finalità della disciplina che anticipa l intervento dell Agenzia alla fase del sequestro risponde all esigenza di unitarietà dell intervento e di anticipata programmazione, già 19

20 durante la fase dell'amministrazione giudiziaria, per la destinazione finale dei beni sequestrati, con immediatezza rispetto al provvedimento definitivo di confisca. In altri termini, l esigenza di una gestione unica e coordinata dei beni sequestrati è alla base dell istituzione dell Agenzia, l estrema lunghezza dei tempi intercorrenti tra il provvedimento di sequestro, la confisca definitiva e il provvedimento di destinazione ha spesso determinato il degrado dei patrimoni e il fallimento delle imprese sottoposte a sequestro. Pur condividendo pienamente le finalità che sono alla base della legge istitutiva dell Agenzia e dell assetto normativo che attribuisce a quest ultima, compiti di programmazione e destinazione, anche antecedenti la confisca definitiva, non si può negare che, a distanza di cinque anni dal decreto istitutivo, si assiste ancora a un approccio emergenziale ai molteplici problemi connessi alle competenze assegnate all Agenzia in luogo di una sistematicità inserita in un piano d azione programmato e definito. Ed è questo il punto di partenza per affrontare il tema degli ulteriori interventi modificativi della disciplina. Non vi è dubbio che spostare il momento di intervento dell Agenzia alla definitività della confisca significa vanificare la parte più qualificante della legge istitutiva dell Agenzia Nazionale che assegna a quest ultima un ruolo fondamentale sin dalla prima fase del sequestro essenziale per la realizzazione di una efficiente amministrazione ed una rapida destinazione dei beni confiscati. E tuttavia, l insufficiente dotazione organica e l inadeguatezza delle risorse dell Agenzia nazionale, l incapacità di assolvere alle molteplici e fondamentali funzioni ad essa attribuite 8, giustifica ampiamente la soluzione proposta del parziale rispristino del precedente sistema. Nell individuazione dell opzione da adottare il legislatore dovrà anche considerare che i sequestri disposti in sede penale sono di gran lunga più numerosi rispetto ai sequestri di prevenzione e solo rispetto a questi ultimi, il tribunale è in grado, per le specifiche competenze e per il ruolo esclusivo svolto, di assolvere ai compiti che l attuale normativa attribuisce all Agenzia nazionale. Al contrario, nel sequestro disposto in sede penale, l amministrazione dei beni in sequestro da parte del giudice, non sempre specializzato, è comunque subordinata alle molteplici priorità della gestione dei detenuti, dei termini delle indagini e della gestione delle diverse fasi procedimentali. L unitarietà di gestione e la necessità di assicurare l effettiva operatività delle modifiche legislative proposte, con riferimento alla fase di amministrazione dei beni, anche nei sequestri disposti in sede penale, portano a ritenere indispensabile il mantenimento dell attuale assetto normativo che individua nel decreto di confisca di prevenzione di primo grado e nella conclusione dell udienza preliminare il momento di intervento dell Agenzia nell amministrazione dei beni. In ogni caso la scelta del legislatore in ordine alla soluzione da adottare passa attraverso concreti e immediati interventi volti al potenziamento dell Agenzia, idonei ad assicurare 8 Dall analisi delle risorse assegnate all Agenzia Nazionale e della normativa a sostegno dell operatività della stessa, emerge un quadro complesso di plurimi interventi e meccanismi non sempre valorizzati appieno. 20

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