GESU CRISTO IERI E OGGI

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1 GESU CRISTO IERI E OGGI OPERA DEL SACRO CUORE Viale Michelangiolo, FIRENZE Telef C.C.P Nel pubblicare queste pagine non è nostra intenzione affermare alcuna cosa circa il valore e la natura delle comunicazioni di cui trattano: dichiariamo inoltre la nostra piena sottomissione al giudizio della S. Chiesa Cattolica. MESSAGGIO DEL CUORE DI GESU' Primissima edizione: Imprimatur Mediolani 29 Decembri 1939 Paulus Castiglioni Vic. Gen. Edizione ampliata: Imprimatur Torino 23 giugno 1948 Avvertenza Il 1 venerdì di Aprile del 1938 il cardinal Pacelli allora protettore della Società del S. Cuore presentò al mondo il Messaggio che il Signore nel 1923 aveva affidato a Josefa Menendez, religiosa coadiutrice nella medesima Società. Nel 1948 il primitivo volumetto fu ampliato e, con il titolo di: «Invito all'amore» se ne stamparono otto edizioni. Oggi, questo libro aggiornato secondo i tempi, e alquanto ridotto, per facilitarne la diffusione, è ripubblicato con il titolo: GESU' CRISTO, IERI E OGGI Per ben intendere questa lettura, si deve notare: 1) Tutti gli scritti di Sorella Josefa erano minutamente controllati dalle Superiore e dal Padre Bover, domenicano, suo direttore. Josefa poco esperta nello scrivere, lo faceva con grande sforzo e unicamente per obbedienza: non ebbe mai a cercare le parole per manifestare le sue visioni: Gesù le parlò sempre in forma di linguaggio umano. Appena scritte, queste note erano subito consegnate alla Superiora, quindi esenti da qualsiasi alterazione. 2) Le grazie segnalatissime ottenute, specialmente conversioni, confermano la promessa del Signore: «Le tnie parole saranno Luce e Vita per tipi numero incalcolabile di anime, darò loro una grazia speciale perché possano illuminare e trasformare i cuori» (13 Nov. 1923). M. L. LETTERA DEL CARD. PACELLI alla Superiora Generale della Società del Sacro Cuore Aprile 1938 Reverenda Madre, Non dubito affatto che il Sacro Cuore di Gesù non debba gradire la pubblicazione di queste pagine tutte piene del grande amore ispirato dalla sua grazia all'umilissima sua serva sorella Maria losefa Menendez; possano esse contribuire efficacemente a suscitare in molte anime una confidenza sempre più piena e più amorosa nell'infinita misericordia di quel Cuore divino verso i poveri peccatori, quali tutti noi siamo. Questo il voto che formo benedicendo Lei e tutta la Società del Sacro Cuore. E. Card. Pacelli Introduzione Nel popolo di Dio, attraverso i secoli, lungo il suo difficile cammino, non sono mai mancate anime arricchite di carismi, a cui lo Spirito Santo affidava, per la comunità cristiana, una speciale missione. Accanto alla gerarchia, investita del supremo ufficio di magistero, in virtù delle parole «Chi ascolta voi ascolta me», vi sono stati talora umili fedeli che hanno levato la loro voce per adempiere un compito che era anch'esso di magistero, anche se non ufficiale, anche se condizionato dall'approvazione dell'autorità gerarchica.

2 2 Il Vaticano II accenna a questa attività apostolica del semplice cristiano nel Decreto sull'apostolato dei Laici e sottolinea la partecipazione del cristiano all'ufficio sacerdotale che è testimonianza resa a Cristo «evangelizzando e santificando gli uomini», e insiste sul dovere di esercitare i propri «carismi», cioè quei doni particolari che Dio distribuisce a chi vuole. Appare evidente a un osservatore attento che attraverso i secoli il compito di ricordare agli uomini che Dio è amore è toccato in modo particolare a deboli donne, forse perché la sensibilità femminile è più disposta ad aprirsi a tale dolcissima rivelazione di grazia. Se sfogliamo gli annuali della Mistica ci imbattiamo neì nomi di Gertrude, di Angela da Foligno, di Caterina da Siena, che furono chiamate a comunicare con Dio in una immediatezza misteriosa di contemplazione che escludeva qualsiasi processo razionale e superava le naturali capacità di conoscenza. Nel 1600 la figura di Margherita Maria campeggia come quella della grande messaggera del Cuore Divino in un secolo dove l'agnosticismo e l'apatia rendevano il cuore dell'uomo quasi insensibile al tocco della grazia. Attraverso i suoi inviti brucianti era la voce di Cristo che si faceva udire al mondo con le parole dolorose «Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini e che gli uomini hanno amato così poco». Affermazione che sa di tremenda attualità nel nostro ventesimo secolo ateo e meccanizzato, e che in questo libro ritorna, riportata da un'altra umile Suora. Josefa Menendez è sorella spirituale di santa Margherita Maria e fra l'una e l'altra non esiste soluzione di continuità. Entrambe appaiono dotate degli stessi carismi e sono, nel popolo di Dio, invitate a compiere una medesima missione: quella di richiamare il mondo all'amore e di ricordargli che Dio è soprattutto Carità. Francese la prima, spagnola la seconda, l'una di agiata famiglia borghese, l'altra di ambiente operaio, entrambe Religiose consacrate a Dio, Margherita alla Visitazione, Josefa al Sacro Cuore, ricevono tutte e due dall'alto il Divino Messaggio e l'una e l'altra obbedendo all'impulso segreto lo diffondono nel mondo tra innumerevoli ostacoli e difficoltà di ogni sorta. Sono passati quattro secoli dalla morte di Margherita Maria e appena quarantasei anni da quella di Josefa. Ma i suoi scritti sono già stati tradotti in tutte le lingue, compreso l'arabo e il cinese, il coreano e il russo, e le anime ricondotte a Dio, dal Messaggio, ormai non si contano più. Troppo spesso l'ipercritica afferma che è passata l'era dei Mistici, che il vocabolo amore nel linguaggio religioso dovrebbe andare in disuso, che parlare del Cuore di Cristo è retorica ottocentesca. I fatti mostrano il contrario. Mai come oggi il mondo lacerato dall'odio e dalle guerre ha avuto sete di amore. Simile a un deserto arido che, nella notte, anela alle sorgenti di acqua viva, nelle sue notti esso aspira alla «Fonte saliente per la vita eterna che toglie ogni sete». Si è aperta sul Calvario per il colpo di lancia che ha disegnato una ferita sul petto di Cristo e ha mostrato un Cuore esausto nel dono di sé «perché aveva amato fino alla fine». Non si dica, con tono di chi fa una scoperta, che all'umanità deve rivolgersi l'amore dell'uomo, e non a un Dio staccato dall'umanità. Non si dica che l'amore deve orientarsi in linea orizzontale e non verticale, verso una remota trascendenza. Non si dica tutto ciò come qualche cosa di inedito. Da venti secoli Cristo ha insegnato la stessa dottrina ed il nostro tempo nulla può aggiungervi di nuovo. «Ecco il mio comandamento: - amatevi gli uni gli altri come vi ho amato io -.

3 3 «Ciò che avrete fatto all'ultimo dei miei fratelli lo avrete fatto a Me». «Venite eletti del Padre mio, ani avete dato da mangiare quand'ero affamato, vestito quando ero spoglio...». Josefa Menendez non ci stacca dalla società in cui siamo chiamati a vivere. Non ci estrania dal mondo d'oggi, dagli uomini d'oggi, dai loro problemi. Chi legge il suo libro, ecco fedele della voce che risuonò ieri in Palestina, difficilmente chiude il suo cuore all'impulso che ci porta a ritrovare il volto di Cristo in quello di ogni uomo che incontriamo nella nostra strada, soprattutto se segnato dalla povertà e dal dolore. A. D. Josefa 1890: 4 febbraio - Madrid 1901: 19 marzo - Prima Comunione 1920: 4 febbraio - Poitiers - Ingresso nella Società del S. C. 1920: 16 luglio - Vestizione 1922: 16 luglio - Voti religiosi 1923: 12 dicembre - Professione 1923: + 29 dicembre - Poitiers Inginocchiata dinanzi al Crocifisso piange angosciosamente: la sua richiesta di ammissione alla Società del S. C. è stata respinta! Sotto il peso del dolore tutta la sua vita le si riaffaccia:...l'infanzia felice trascorsa in modesta agiatezza fra ottimi genitori e tre care sorelline... il giorno radioso della Prima Comunione, quando, rispondendo ai suoi desideri e alla sua offerta, la voce soave e misteriosa ha sussurrato al suo cuore: «Sì, figlia cara, ti voglio tutta mia!». La morte di una sorellina dodicenne e la serie di sventure che seguirono... la malattia dei genitori... la mamma miracolosamente guarita da S. Maddalena Sofia... poi la lunga infermità del padre e la sua morte... Ore angosciose nelle quali Josefa giovinetta dovette provvedere alla famiglia con il suo lavoro di sarta... Ha sempre desiderato ardentemente darsi tutta a Gesù, finalmente nel 1917 il suo posto al Noviziato è pronto; ma il dolore della mamma la trattiene, e il posto resta vuoto! Quante lacrime poi per quella debolezza che ora procura un rifiuto alla sua seconda richiesta. Josefa?... Una personcina modesta bruna, né bella né brutta, di aspetto quasi insignificante finché ha gli occhi bassi, quando apre i suoi grandi occhi neri dallo sguardo limpido e profondo, il suo aspetto cambia. Un senso di misteriosa dignità, di sofferenza, di pace, l'avvolge a sua insaputa e colpisce chi l'osserva. Intelligente, abilissima nel lavoro, di animo retto, che mira unicamente al dovere; carattere altero e vivace, ha imparato fino dai primi anni a dominarsi, a dimenticarsi per aiutare, per rendere servizio. Accorta, attiva, diligente e silenziosa, garbata nel tratto, sa intuire e prevenire i bisogni altrui senza mai considerare la sua pena. Allegra e gentile si fa amare e ricercare dalle sorelline, dalle amiche, e poi dalle Consorelle. Temperamento equilibratissimo saprà nascondere a tutti, tranne alle superiore, le grazie

4 4 straordinarie di cui sarà favorita: dopo rapimenti meravigliosi o terribili lotte infernali, si riprenderà immediatamente per tornare al lavoro; malgrado forti sofferenze, con la solita calma e perizia. Affranta dal dolore per il rifiuto ricevuto, non si dà vinta: «Mi gettai, scrive, ai piedi del Crocifisso, e Lo supplicai di ricevermi nel Suo Cuore Divino, cioè nella Società, o di farmi morire...»....e la risposta venne! Nella Casa di Poitiers in Francia, là dove S. Maddalena Sofia ha formato alla vita religiosa le prime novizie della Società del S. Cuore, si era riaperto, dopo le espulsioni, un Noviziato, e si cercavano solide vocazioni. - Si sentiva Josefa di sollecitare là la sua ammissione?... «Mi sono gettata di nuovo ai piedi di Gesù, e con gli occhi pieni di lagrime e con il cuore ancor più pieno di amore, mi sono offerta a tutto accettare, mentre provavo in me, malgrado la mia debolezza un coraggio insolito». La mamma sebbene desolata non fa opposizione... Dio toglie gli ostacoli. «Gesù mi prese, e non so come mi trovai nella nostra Casa di S. Sebastiano. Non avevo né denaro nè forze, nient'altro che il mio amore... ma ero al Sacro Cuore!... io sempre tanto debole, ma Lui sempre lì a sorreggermi!...». - Come farai in un paese di cui non conosci la lingua? - Dio mi conduce, rispose semplicemente. Ed era proprio così! Il 4 febbraio 1920 lasciava per sempre la patria, per seguire al di là della frontiera Colui, il cui amore sovrano tutto può chiedere. Gesù e Josefa «Maria sedutasi ai piedi del Signore ascoltava la sua parola» (Luc. 10, 39). Il Noviziato I due anni di noviziato sono per Josefa un alternarsi di rapimenti, di lotte, di sofferenze. «Chi vuole seguirmi rinneghi se stesso e prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Luca 9, 23). Per Josefa Gesù non si contenta della simbolica croce di abnegazione e rinuncia imposta a tutti i cristiani; è la Sua Croce Redentrice che fa gravare sulle spalle della vittima scelta, e le cinge la fronte con la Sua Corona di spine. Sofferenze penosissime, ma conosciute solo dalla Superiora di Josefa: essa teme che le sue sorelle se n'avvedano e teme altresì di lasciare incompiuto il suo lavoro, quindi l'anima sua è in continua lotta per accettare quella via così straordinaria impostale da Dio; la tentazione di lasciare la vita religiosa risorge sempre più assillante. «Figlia mia, non abbandonerai mai mio Figlio nevvero!» le dice la Madonna. «No, Madre mia, mai». «Non temere di soffrire, perché non ti mancherà 1'aiuto necessario. Pensa così: solo oggi per soffrire e amare... un'eternità per godere». Il peso della lotta è accasciante e Gesù la conforta: «Quando ti lascio così fredda è perché prendo il tuo ardore per riscaldare altre anime, quando ti sembra di non amarmi, eppure mi ripeti il tuo amore, allora tu consoli maggiormente il mio cuore». «Vuoi portare il peso di altre anime?». «Sì, Signore, purché Ti amino». «Tu soffrirai, ma nell'amore, nella pace... unirò alla tua fedeltà quella di molte anime». Josefa confida a Gesù la sua maggior ansietà, il tormento più doloroso:

5 5 «Temo che simili lotte finiscano per mettere in pericolo la mia vocazione». «Chi potrà mettere in dubbio la tua vocazione se hai potuto superare queste lotte?» e leggendo nell'anima sua aggiunge: «Le permetto per convincerti che da sola non sei capace di nulla e che le mie grazie hanno origine solo nella mia Bontà e nel mio grande amore per te e perché voglio servirmi delle tue sofferenze per la salvezza di molte anime». Josefa da pochi giorni era entrata nel noviziato e subito il maligno cercò di confonderla e stordirla, ma Gesù vegliava e il 5 giugno la fece misteriosamente entrare nel Suo Cuore. Il 29 giugno Josefa scrive: «Non posso dire ciò che ho scorto: era come una voragine di fiamma immensa e piena di luce... poco prima dell'elevazione i miei poveri occhi hanno visto Gesù, l'unico bene dell'anima mia, il mio Signore e Dio, in mezzo ad una grandissima fiamma... non so ridire, non posso!... Vorrei però che il mondo conoscesse il segreto della felicità: amare e abbandonarsi, il resto lo fa Gesù». Il 16 luglio, giorno della vestizione, Josefa commossa può solo dire: «Mio Dio, sono tua per sempre». «Per quello che mi dai, dice Gesù, Io ti do il mio Cuore!». Grande tormento è per Josefa dover scrivere, secondo l'ordine ricevuto, quanto le dice il Maestro. Per provare lo spirito che la guida si proibisce a Josefa di comunicare con l'apparizione... Gesù l'incoraggia: «Sappi che se Io ti chiedo una cosa e la Madre un'altra preferisco che tu obbedisca a Lei piuttosto che a Me». Per meglio far risplendere la verità, il Signore permette che le sue visite siano circondate di continue precauzioni: Josefa deve chiedere ogni volta il permesso per parlare con la visione che si presenta. Josefa se ne scusa con Gesù: «Non ne sono offeso, anzi!,voglio che tu obbedisca sempre, io pure obbedirò!». «Hai il permesso della Madre?» chiede Gesù presentandosi; «tu devi sottometterti alla volontà della tua Superiora, prima di fare ciò che ti chiedo... le tue Madri mi consolano volendo accertarsi con tanta premura che sono Io». «Il dubbio che non sia Lui mi tortura», scrive Josefa... assillata da questi dubbi e da quest'angoscia, supplica il Signore di voler concedere un segno alle sue Superiore affinché sappiano se tutte queste cose vengono o no da Lui. Gesù appare e dice: «Il segno lo darò in te. Quello che voglio è che ti abbandoni a Me...». E ripete la confortante parola che troviamo nel Vangelo: «Non temere! sono Io». «Mio Dio, se sei Tu veramente mi metto nelle tue mani, perché tu faccia di me ciò che vorrai. Quel che ti chiedo è di non essere ingannata e che nulla metta ostacolo alla mia vita religiosa» «Se sei nelle mie mani che puoi temere? Non dubitare né della bontà del mio Cuore, né del mio amore per te». Una fiamma si sprigiona dal Cuore di Gesù e avvolge Josefa.

6 6 Nel Vangelo troviamo il commovente racconto del Buon Pastore, Gesù Cristo ce lo narrò ieri, e oggi Egli va alla ricerca delle anime perdute, lo vediamo da quel che ci trasmette Josefa. «Voglio che ti adoperi a riavvicinare al mio Cuore un'anima carissima...». E ancora: «Presenta questo peccatore al Padre mio, ricordandogli che per quell'anima ho sofferto l'agonia nell'orto... offri le tue sofferenze unite alle Mie... queste sofferenze sono un nulla paragonate alla gioia che quest'anima mi darà con il suo ritorno». Josefa scrive: «Gesù è venuto bellissimo durante l'adorazione e mi ha detto: «Quell'anima è sul punto di perdersi... l'orgoglio provoca lo sdegno del Padre mio. Dammi il tuo cuore, affinché lo ricolmi dell'amarezza del Mio, e offriti continuamente per riparare l'orgoglio di quell'anima... non rifiutarmi nulla: Io sono la tua forza». «Gesù aveva un aspetto triste, sembrava chiedermi l'elemosina, gli ho detto mille cose, gli ho offerto soprattutto i miei desideri, chiedendogli la grazia di non resistergli mai. Che si degni di non guardare a ciò che sono... tutta miseria!». «Poco importa, la tua miseria mi consolerà, ciò che ti chiedo è la libertà di poter disporre di te. Non ho bisogno di altro da parte delle anime che mi appartengono se non di abbandono e di amore». Dopo alcuni giorni Gesù appare raggiante e dice: «Josefa, quel peccatore che mi ha fatto tanto soffrire ora sta nel mio Cuore... d'ora innanzi mi consolerà e corrisponderà al mio amore». Le richieste di Gesù a favore delle anime si moltiplicano: «Ho sete di un'anima che questa notte terminerà la sua vita mortale». Josefa chiede se è un peccatore da salvare. «No, dice Gesù, è un'anima che il mio Cuore ama con predilezione, voglio che la tua sofferenza supplisca alle grazie di cui, per fragilità, non ha saputo profittare, e raggiunga in pochi istanti un più alto grado di gloria». Chi non sarà commosso nel vedere la delicata bontà del Signore per le anime che ama? La preghiera che circonda le anime sante in procinto di lasciare la terra è un'importante cooperazione all'azione Divina poiché in quei supremi istanti la Grazia mette l'ultimo tocco alla sua Opera in quell'anima. Anche la Madonna viene ad affidare un'anima in pericolo: «Vorrei che tu mettessi tutto il tuo fervore a salvare una figliola che amo... Gesù la voleva per sé e le ha dato il tesoro della vocazione, ma l'ha perduto con la sua infedeltà... domani morirà, ed ha respinto la mia medaglia... quale consolazione sarebbe per il mio Cuore se questa figlia si salvasse!...». Il giorno dopo la Madre Celeste avverte Josefa che quell'anima è salva. La notte Josefa la vede immersa nelle pene del purgatorio e supplicante aiuto perché le sue pene siano abbreviate. Il Signore permette che la prova si appesantisca su Josefa. «Recitai le Litanie della SS. Vergine, scrive Josefa, poi con tutto il cuore ripetei la domanda che da parecchi giorni non cessavo di rivolgere alla Madre Celeste: «Madre mia!

7 7 «ti supplico per amore di Dio, non permettere che sia ingannata, e fa conoscere se queste cose sono vere, o no!». «In quel momento, sentii come un passo leggero, come se qualcuno si avvicinasse e vidi vicino al mio letto una figura vestita di bianco, avvolta in un lungo velo, con una dolce e gentile fisionomia. Teneva le mani incrociate, mi guardò soavemente e disse: «Figlia mia, non sei nell'inganno, e la tua Madre, presto, lo saprà; però tu devi soffrire per conquistare anime a mio figlio». «Poi disparve lasciandomi in una pace inesprimibile». Fu il passaggio della Regina del Cielo, e la figlia amorosa non ne dubitò. Maria, però, aveva detto: «Devi soffrire!» e a quest'invito alla sofferenza redentrice, Josefa doveva acconsentire liberamente. Il giorno dopo, 4 ottobre, Nostro Signore, mostrandole il Cuore ferito, le disse: «Guarda in che stato le anime infedeli mettono il mio Cuore. Non conoscono l'amore con cui le amo, perciò mi abbandonano. Non vuoi tu... almeno tu... fare la mia volontà?». L'ansietà assalì Josefa. «Tacqui, ella scrive lealmente, ma in me tutto si ribellava. Egli disparve come un lampo e compresi di avergli fatto dispiacere. Il giorno dopo, martedì 5 ottobre, mentre dicevo le Litanie della Madonna, vidi davanti a me la Madre Celeste, come la prima volta. Dopo qualche istante di silenzio mi disse: «Se rifiuti di fare la volontà di mio Figlio sarai tu a ferirlo nel Cuore. Accetta tutto quello che ti chiede e non attribuir nulla a te stessa. Sì, figlia mia, sii molto umile!». La Madre di Amore e di Misericordia prende così accanto a Gesù quel posto discreto e soave che le spetta. L'intervento della Madonna conferma la luce che gradatamente va facendosi attorno a Josefa; la sua obbedienza semplice e coraggiosa, l'umile diffidenza di sé e il timore delle vie straordinarie, soprattutto poi l'amore alla sua vocazione; non è forse questo il segno di Dio? E' possibile opporsi ancora ai suoi disegni? Alle guide di Josefa pare giunto il tempo di lasciar libero campo all'azione divina, pur circondando sempre l'umile novizia di vigile controllo. Le si dà il permesso di «offrirsi» malgrado le sue ripugnanze. Il venerdì 8 ottobre 1920 fa l'atto di abbandono alla volontà di Dio. La via pare aprirsi luminosa, ma ben misteriosi sono i disegni di Dio sulle anime predilette. Le chiama, poi si nasconde; per mezzo di svariate alternative scava in esse profondità di distacco e di abbandono. Questi alti e bassi Josefa ce li rivela nei suoi scritti. Quando l'obbedienza le impose di scrivere tutto quel che vedeva e sentiva essa vi trovò dapprima un sollievo alla piena dei suoi sentimenti, ma quando s'avvide che doveva far leggere quanto scriveva si confuse molto, ma fece generosamente il sacrificio delle sue ripugnanze. Questo sacrificio non fu senza lotte e tentennamenti ma, segno caratteristico, non tace mai le sue debolezze, né la resistenza a seguire l'ardua via che le è imposta. Indubbiamente il Signore volle dare attraverso questo leale resoconto di sé la più viva ed autentica testimonianza della sua compassione e dei suoi instancabili perdoni. Attraverso le note di Josefa, preziosamente conservate, Gesù vuol far comprendere alle anime che Egli fattosi «ieri» amico dei suoi discepoli con i quali condivise fraternamente la vita, vuole «oggi» vivere con noi la vita quotidiana per divinizzarla e vuole associarci alla sua Opera d'amore e di Redenzione.

8 8 E' sera e Josefa sale al terzo piano per chiudere le finestre, e camminando ridice a Gesù il suo amore. «Improvvisamente, scrive Josefa, ho visto in fondo al corridoio, Gesù circonfuso di splendida luce che si affrettava verso di me». «Di dove vieni?». «Ho chiuso giù le finestre...». «E dove vai?». «A finire di chiudere, Signore». «Non sai rispondere, Josefa, devi dire: vengo dall'amore e vado all'amore... che tu salga o che tu scenda sei sempre nel mio Cuore che è l'abisso dell'amore! Io sono con te». Disparve e mi lasciò tale gioia che non so ridire. «Dimmi che mi ami: è ciò che più mi consola... amami Josefa e non stancarti di ripetermelo... ripetilo spesso per supplire alla dimenticanza di tante anime». Vi sono giorni in cui Gesù segue Josefa in tutte le sue incombenze e vuol così rianimare in molte anime la fede nella realtà invisibile della sua presenza di grazia, molto più sicura ed autentica di una visione. «Mi trovo in una tale tentazione di freddezza e di turbamento, scrive a fine ottobre, che mi sembra non aver più né vocazione, né fede, tanto mi sento insensibile e immersa nell'oscurità. Offro le mie sofferenze per consolare il suo Cuore e guadagnargli anime, ma vedermi come sono e ardire di pregare per altri mi sgomenta». Reagiva e non cessava di ripetere il suo amore: «Mio Dio, non ti vedo, non ti sento, ma credo in te e ti amo!». Dopo la Comunione Josefa chiede aiuto a Gesù. «Sono qui, risponde Gesù, dimmi i tuoi timori, se hai paura accostati ancor più a me!». «Gli ho detto quanto queste grazie mi spaventano, poiché non le merito». «So che non le meriti, ma ciò che voglio è che tu le riceva... desidero che mi lasci piena libertà per stabilire tra il mio Cuore e il tuo una corrente tale che tu viva in Me, senza più affatto vivere per te... lasciami lavorarti e consumarti in modo che non sia più la tua volontà che agisce ma la Mia». Non è forse questa la parola di S. Paolo: «Non io vivo, ma il Cristo vive in me?». L'avveramento della promessa Divina: «Rimanete in Me, ed Io rimarrò in voi»? (Giov. l, 4). «Guarda il fuoco del Mio Cuore! Eppure ci sono anime così gelide che questa fiamma stessa non riesce a scaldare... perché?... perché non se ne avvicinano». Dubbi, tentazioni, sofferenze si moltiplicano per Josefa; il maligno cerca in ogni modo di indurla a lasciare la Comunione e poi la vita religiosa. Malgrado l'evidenza dell'azione di Dio, Josefa teme sempre di essere ingannata e di ingannare gli altri. Le sue superiore non hanno figlia più docile e sottomessa di lei, e più desiderosa di controllo, più pronta a sacrificarsi. Fra le novizie, in gran parte polacche, Josefa è quella che all'aspetto appare la meno mistica: nella sua pietà, nel suo modo di fare nulla di esagerato: semplice e spontanea in tutto. Il suo temperamento morale perfettamente sano ha il senso della misura e dell'ordine.

9 9 Il Divino che agisce in lei e che le fa provare inesprimibili tormenti non altera il suo equilibrio. Tutto ciò unito all'eroica pazienza con cui sopporta patimenti che oltrepassano il limite delle sue forze è per quelli che la guidano la miglior garanzia dell'azione di Dio, il segno predetto dal Signore. Il venerdì 4 febbraio, anniversario dell'ingresso in religione, Gesù mostra il suo Cuore infiammato e dice: «Tutti i venerdì e principalmente il primo del mese, ti farò partecipe dell'amarezza del mio Cuore e soffrirai in maniera speciale i tormenti della mia Passione». Nei giorni di carnevale vede Gesù coperto di polvere e di contusioni, col capo grondante di sangue, mentre invece il Cuore è risplendente: «Sono ridotto così dal disprezzo degli uomini che corrono come pazzi incontro alla perdizione». «Perché, dunque, Signore, malgrado i peccati del mondo il tuo Cuore è oggi così risplendente?». «Il mio Cuore non viene ferito se non dalle anime consacrate». Infatti Gesù, a più riprese, si mostra a Josefa con il Cuore trafitto da acutissime spine e chiede preghiere per le anime scelte che lo feriscono. Dopo giorni di prova, il lunedì di Passione, Gesù viene a rassicurare Josefa «Il suo sguardo penetrante e compassionevole, mi fece molta impressione», scrive Josefa. «Non posso più resistere alla tua miseria... non dimenticare che la tua piccolezza e il tuo nulla sono la calamita che attira il mio sguardo su di te... Ti amo con predilezione... ho fissato su di te il mio sguardo...». «Non mi aveva mai guardata così... credo che i suoi occhi in un istante, mi hanno fatto vedere tutto quello ch'egli ha operato in me...». Dopo le sue mancanze Josefa non cessa d'implorare il perdono di Gesù. Il 25 marzo, festa delle cinque Piaghe, Gesù passa come un lampo: L'amore tutto cancella, dice... se si conoscesse il mio Cuore!... gli uomini ignorano la sua Misericordia e la sua Bontà... ecco il mio maggior dolore!». Il 23 marzo, durante la meditazione Josefa chiede a Gesù che cosa intende quando parla di «salvare» le anime. «Ascolta, Josefa: «Ci sono delle anime cristiane e anche pie che per un semplice attacco di cuore si rallentano nel cammino della perfezione. Però un'altra anima che offra per loro le proprie azioni, unite ai miei meriti infiniti, può ottenere che escano da quello stato e riprendano la loro corsa nella via del bene. Molte anime ancora, vivono nell'indifferenza, ed anche nel peccato. Aiutate anch'esse nella stessa maniera potranno rientrare in grazia e salvarsi un giorno. Ve ne sono poi altre, e molto numerose, ostinate nel male e accecate dall'errore. Andrebbero dannate se le suppliche di qualche anima fedele non ottenesse che la grazia tocchi alfine il loro cuore. Ma essendo estremamente deboli, correrebbero il rischio di nuove cadute: quelle le prendo senza ritardi nell'eternità, e così le salvo!». «Gli chiesi come potrei fare per salvarne molte». «Unisci tutte le tue azioni alle Mie, sia nel lavoro che nel riposo. Unisci al mio Cuore i palpiti del tuo e i tuoi respiri stessi. Quante anime potrai così guadagnare!».

10 10 La giornata trascorre in questa unione d'amore e Josefa vi aggiunge l'offerta di tutto ciò che è fatto in casa: il lavoro, le preghiere di ciascuna delle sue sorelle. «Sai con quale intento ti do le mie grazie in sì gran copia?», le domanda N. Signore, apparendole nella meditazione con le piaghe risplendenti di luce. E ripete quello che un tempo aveva detto, quasi con le stesse parole, a Santa Margherita Maria: «Voglio fare del tuo cuore un altare, sul quale arda continuamente il fuoco dell'amor mio. Però voglio che esso sia puro e che niente lo tocchi di ciò che potrebbe macchiarlo». «Egli mi lasciò, scrive Josefa, e discesi in Cappella per assistere alla Messa: dopo la Comunione gustai le gioie del Paradiso!... Vidi dentro di me, sopra un trono risplendente, Tre Persone biancovestite. Tutt'e tre simili e bellissime! Con le mani sostenevano una grande croce intrecciata di spine, sulle quali spargevano rose! L'anima mia ardeva in un fuoco che, senza bruciare, mi consumava di felicità. Poi tutto scomparve. Questa grazia, del tutto interiore, si ripeterà il 5 aprile seguente. Davanti alle Tre Persone Josefa è pervasa di una pace indicibile. Tenta di spiegare qualche cosa di ciò che è avvenuto in lei, con una semplicità ignara dell'importanza di un così insigne favore. «Di solito, scrive, la divina Presenza mi avvolge tutta, ed anche quando entro nel Cuore di Gesù, mi trovo inabissata in Lui. Ma queste due ultime volte, nel momento della Comunione è avvenuto come una gran festa che si è celebrata nell'anima mia. Gesù entrò in me come nel proprio palazzo. Non so come spiegarmi... e siccome ero fermamente decisa ad abbandonarmi interamente a Lui perché facesse di me secondo il Suo volere, fu davvero una festa di Cielo!». Dopo tali contatti con l'ospite divino, si capisce quale violenza Josefa doveva farsi per ritornare al lavoro abituale. Questo sforzo incalcolabile fu spesso l'occasione propizia al nemico per tenderle i suoi agguati. Il 25 maggio per la prima volta, Josefa vede intervenire nella sua vita la Madre Fondatrice ch'ella ama con cuore filiale. Con la consueta semplicità narra questo nuovo favore che rapisce e fortifica l'anima sua: «Oggi, festa della nostra Madre Fondatrice, mi sono recata più volte nella sua cella per dirle una parolina, e una di queste volte entrando e rimanendo lì in piedi, col mio grembiule di lavoro, le ho detto alla sfuggita: O Madre mia, te lo chiedo di nuovo, rendimi tanto, tanto umile, affinché sia davvero tua figlia! Nella cella non c'era nessuno e questa preghiera sfuggì ad alta voce dal mio cuore, quando ad un tratto vidi davanti a me una Madre sconosciuta. Mi prese il capo tra le mani e stringendolo con ardore, mi disse: «Figlia mia, deponi tutte le tue miserie nel Cuor di Gesù, ama il Cuor di Gesù, riposa nel Cuor di Gesù, sii fedele al Cuor di Gesù!». «Presi la sua mano per baciargliela, poi essa con due dita tracciò sulla mia fronte il segno di croce e disparve». Questo primo incontro doveva essere seguito da molti altri. Lungo i chiostri dei Feuillants, così spesso percorsi dalla Fondatrice, nella sua cella, davanti al Tabernacolo ove ella tanto pregò, Santa Maddalena Sofia apparirà alla figlia con l'aspetto vivace ed espressivo come quando era in vita e sul quale il riflesso del cielo ha segnata l'impronta soprannaturale. Josefa le parlerà come parla alle sue Madri della terra, semplicemente e fiduciosamente: ascolterà le sue raccomandazioni, raccoglierà i suoi consigli e a lei confiderà le sue difficoltà. Sotto questa egida materna si sentirà al sicuro nella grazia della sua vocazione.

11 11 Il venerdì 3 giugno festa del S. Cuore, Gesù si presenta bellissimo e risplendente di gioia: «Oggi è il giorno del mio Amore. Le anime, queste anime che amo tanto, mi riempiono di gioia venendo a cercare forza e rimedio nel mio Cuore che desidera tanto arricchirle. Ecco quello che mi glorifica e mi consola di più!». «E' rimasto fino alla fine della Meditazione e mi ha seguita alla Messa». In quel giorno nella Società del Sacro Cuore tutte le religiose rinnovavano solennemente i Voti, davanti alla Sacra Ostia, al momento della Comunione. Josefa non sa come contenere la sua emozione assistendo a questa rinnovazione, ripetuta con ardore da ciascuna delle sue Madre e Sorelle. «Oh! Come sono felice nella mia cara Società!» scrive e aggiunge «ad un tratto ho visto il Suo Cuore!... dapprima solo, immerso in una fornace ardente, poi, come se una nube leggera si dissipasse, mi è apparso tutto Gesù. Così affascinante! Non so ciò che gli ho detto... Come ringraziarlo di tutto quello ché fa per me?». «Ora te lo dirò, Josefa! Prendi questo Cuore e offrilo al tuo Dio. Per mezzo suo puoi pagare tutti i tuoi debiti. Tu sai adesso, ciò che ho voluto fare attirandoti qui. Desidero che tu corrisponda ai miei disegni con docilità, lasciandoti maneggiare, abbandonandoti al mio Amore, che altro non cerca se non possederti e consumarti. L'Amore ti spoglierà del tuo io e non ti lascerà pensare che alla mia Gloria e alle anime». Il venerdì 5 agosto, Gesù splendente di bellezza dice: «Voglio che tu ti consumi nel mio Amore... tu non troverai felicità che nel mio Cuore! Voglio che tu mi ami, ma che tu bruci altresì dal desiderio di vedermi amato, e che il tuo cuore non abbia più altro alimento che questo desiderio». «Tutti i giorni dopo la Comunione, ripeti col massimo ardore possibile: «Cuore di Gesù, che il mondo intero si accenda del tuo amore!». In settembre Josefa scrive: «Nella mia immaginazione si agitano visioni così spaventose che ne sono sconvolta... poiché non ho mai desiderato altro, che di essere tutta di Gesù... Ho passato così alcune settimane ed ho perduto la pace a tal punto che non osavo più ricevere Nostro Signore... l'obbedienza mi ha aiutata, e veramente in fondo all'anima non saprei rassegnarmi a stare senza la Comunione». I giorni e le notti trascorrono in angoscia inesprimibile per quell'anima così pura e che si trova ad un tratto con la visione del peccato. Il suo maggior tormento è il timore di offendere Dio. «Durante l'adorazione, scrive il 2 ottobre, non ho osato parlare a Gesù, ma mi sono rivolta alla Madonna, Ella è apparsa tanto buona e mi ha detto: «Figlia mia, confida chiaramente alle tue Madri tutte le insidie del demonio... dovrai ancora molto combattere». Josefa non cessa di ripetere nella sua volontà: «Essere fedele, o morire». Ma tuttavia presto si crede abbandonata e respinta da Dio! Due o tre volte la pace ritorna improvvisa al ricordo di qualche parola del Maestro. In quei rari minuti tutta l'anima sua rientra in pieno possesso di sé con amore così ardente che non trova espressioni sufficienti. Allora si può vedere fino a qual punto questa figliuola è sincera e quale martirio sostiene!... quanto è attaccata a una vocazione che le costa sì caro, e che ama al di sopra di tutto!

12 12 Altre volte è una desolazione tale che non lascia alcun mezzo umano per aiutarla. Ella rimane muta, inabissata nel dolore. Le sue Comunioni sono frutto di uno sforzo di fede e di coraggio, che talvolta non ottiene vittoria se non all'ultimo minuto, poiché il nemico, pur senza riuscirvi, si accanisce a privarla di quella Eucaristia il cui desiderio la consuma! Trascorre così un mese, senza che nulla esteriormente tradisca la violenza della lotta. Malgrado la continuità di una tale sofferenza Josefa attende invariabilmente al suo lavoro e ai doveri della vita religiosa e la si trova sempre silenziosa e coraggiosa al suo posto. «Ero come disperata, scrive il lunedì 17 ottobre festa di S. Margherita Maria, dopo la Comunione la supplicai di ottenermi dal Cuore di Gesù la grazia di essere fedele e di morire senza mai separarmi da Lui. La notte, nell'insonnia pregai la Madonna di darmi luce e forza, ma una specie di furore si impadronì improvvisamente di me e presi la decisione di lasciar tutto e di partire». «All'ora della Messa mi allontanai dalla chiesa, quando, come un lampo, fui pervasa di pace... tutto disparve come se non avessi mai sofferto... e scesa in cappella potei fare la Comunione». Quante volte fra gli assalti del nemico, Josefa conosce questa liberazione improvvisa e piena che Dio solo può dare. Dopo una debolezza di Josefa e il suo pentimento, Gesù ricompare con un'espressione triste negli occhi: «Ti riporto la mia Croce e la mia Corona... Josefa, riposami, tante anime mi offendono, tante si perdono... queste anime che amo tanto! Non rifiutarmi mai la consolazione che aspetto da te,... ho molte anime che mi amano e mi consolano, ma nessuna può occupare il posto che ti ho riservato, poiché su di te ho fissato in maniera speciale il mio sguardo. Santa Maddalena Sofia incoraggia Josefa: «Non dimenticare, figlia mia, che tutto quello che accade rientra sempre nei disegni di Dio». Il 16 aprile, giorno di Pasqua, Gesù appare splendente di bellezza e di luce: «Non hai il permesso di parlarmi Josefa?... Dice con bontà,... ma puoi guardarmi!». Josefa confusa non sa che dire. «Guardami e lascia che ti guardi... questo ci basta!». «Lo guardai ed Egli fissò i suoi occhi su di me con tale amore che non so ciò che avvenne nel mio cuore... Allora gli ho raccontato tutte le mie miserie, ed Egli con un amore inesprimibile mi ha risposto: «Colui che non ha mai avuto bisogno di perdono non è il più felice, ma piuttosto chi molte volte ha dovuto umiliarsi». Josefa espone tutte le sue pene. «Dov'è la tua fede? Se permetto che tu sia lo zimbello del demonio, sappi che lo faccio per dare una prova irrefutabile dei disegni del mio Cuore su di te». Il giorno dopo Pasqua le dice: «Sì, resterò con te... sarò la luce dell'anima tua... si fa tardi... che faresti senza di Me?». 8 luglio - Inizio del ritiro precedente ai Voti, Josefa scrive: «Questo momento tanto desiderato è giunto finalmente, ma quale gelo provo in cuore! Mi sento senza forze e senza amore... che diverrei senza il mio Gesù?... poiché l'amo

13 13 sinceramente e immensamente quantunque non senta di amarlo... Sono sicura che anche in mezzo alla più grande oscurità Egli prepara l'anima mia all'unione con Lui!».. 16 luglio 1922 Giorno di Cielo nella vecchia abbazia! L'unione che sta per compiersi consacrerà Josefa sposa di Cristo, non per godere di Lui ma per aiutarlo nell'opera d'amore destinata ad essere tra lei e il Cuore Divino consumazione di unità. Nulla nell'atteggiamento, nel volto calmo e raggiante di Josefa rivela la misteriosa presenza del Cielo. Risponde con voce ferma alle domande che le sono rivolte e al momento solenne della Comunione, sola alla Sacra Mensa, mentre il sacerdote tiene elevata davanti a lei la Santa Ostia, Josefa pronuncia lentamente, in tutta la pienezza della sua volontà e del suo amore, i voti che l'uniscono per sempre al Sacro Cuore di Gesù! Josefa scrive il giorno stesso ciò che il Signore si è compiaciuto di compiere per lei. «Quando mi sono avanzata per ricevere il Crocifisso e il velo nero, ho visto la Madonna bellissima e splendente di luce, attorniata da molte anime beate». «Figlia carissima tu hai sofferto per queste anime... tutte quelle che desideravi hanno lasciato il Purgatorio e sono in Cielo! Là esse ti proteggono». «Al momento della Comunione ho visto Gesù: «Ora sono contento, disse, perché ti tengo prigioniera nel mio Cuore! Da tutta l'eternità sono tuo ora tu sei mia per sempre! Tu lavorerai per Me, io lavorerò per te, i tuoi interessi sono i miei, i miei sono tuoi! Vedi come ti sono stato fedele! Ed ora sto per cominciare l'opera Mia!». Come Gesù si manifesta a Josefa Natale 1921 «...l'ho visto piccolo avvolto in un velo bianco, i suoi occhi erano incantevoli, e sfavillanti, con voce dolcissima mi ha detto: «Josefa sono il tuo Re». «Sì, mio Gesù, se i miei nemici e le mie cattive tendenze cercheranno di farmi cadere, combatterò per rimanere sempre tua». «Appunto perché combatti lo sono il tuo Re... non aver paura, ti difenderò lo!...». Natale 1922 «Josefa mi riconosci?». Gesù aveva l'aspetto di un bimbo di un anno con una corta tunichetta bianca, i piedini nudi, i capelli di un biondo acceso: era incantevole... «Certo che ti riconosco, sei il mio Gesù, ma come sei piccolo Signore mio!». «Sono piccolo ma il mio Cuore è grande!». Sorrise e appoggiò la manina sul petto... allora vidi il suo Cuore e non posso dire quel che provai: «Oh! Signore se tu non avessi il Cuore che hai, non potrei amarti come ti amo, ma il tuo Cuore mi rapisce!». L'ho visto così bello che non so ridire... in piedi vestito di bianco, con le mani sosteneva il Suo Cuore immerso in una fornace di fuoco, tutta la persona irraggiava luce vivissima... i capélii sembravano d'oro, gli occhi due diamanti... il volto splendente di quella bellezza che nessuna parola umana può esprimere... non posso dire... perché non so a che cosa paragonarlo!...

14 14 - I1 cuore sormontato dalla croce... dalla ferita tutta aperta uscivano fiamme, sembrava un sole... le piaghe delle mani e dei piedi sprigionavano anche esse vive fiamme... apriva le braccia e le stendeva, il Cuore sembrava accendersi sempre di più... - Gesù è venuto bellissimo... con una tunica di candore sfavillante. - Bellissimo come sempre ma con una espressione di tristezza negli occhi. -...con aspetto bello e triste, il Cuore largamente ferito. -...così dolce, così buono, talmente Padre che mi è impossibile esprimerlo. -...con le braccia aperte. Domenica di Passione «Voglio che consacri questi giorni ad adorare la mia divina persona, ti terrò continuamente alla mia presenza: mi paleserò a volte con la maestà di un Dio, a volte con la severità di un giudice e più spesso coperto dalle ferite e dalle ignominie della mia Passione». - L'ho visto con una tale maestà che la mla anima ne è rimasta annientata per il rispetto e la confusione. - La sua bellezza era improntata di grande maestà e la sua sovrana potenza si manifestava nel tono della voce. -...era nello stato in cui lo ha ridotto la flagellazione... i suoi occhi abitualmente così belli ed espressivi erano chiusi, molto gonfi, insanguinati, i capelli pieni di sangue ricadevano sul volto... Stava in piedi, ma curvo, legato ad un sostegno... le mani legate... la persona solcata da ferite e macchie scure, le vene delle braccia molto gonfie e nerastre con brandelli di carne pendenti... le sue vesti gli stavano ai piedi rosse di sangue. Una corda assai stretta sosteneva alla cintura un pezzo di tela tutta insanguinata. Via Crucis (28 marzo 1923) Sulla tunica bianca aveva un manto rosso chiazzato di sangue e strappato, la corona di spine era molto calcata sulla fronte... il volto era improntato a tristezza e vi erano impresse le tracce di colpi e coaguli di sangue... era carico della croce. Gesù è venuto coronato di spine... congiunse le mani e pregò a lungo... come era bello... teneva gli occhi volti in alto e l'aspetto era improntato ad una tristezza piena d'incanto... sul suo volto splendeva una gran luce, come un riflesso del Cielo... L'opera d'amore «Ti voglio apostola della mia bontà e della mia misericordia...» Per due anni Gesù ha preparato Josefa come strumento della Sua Opera, il 6 agosto le dice: - Comincia l'opera mia aggrappata alla mano di mia Madre! Non basta ciò per darti coraggio?». Gesù Verbo incarnato trasmise agli uomini il Messaggio ricevuto dal Padre.

15 15 «...Vi ho fatto conoscere tutto quello che ho udito dal Padre mio» (Giov. XV, 15). E oggi come ieri ci ripete il Suo Amore e la sua Misericordia. «Te lo ripeto ancora una volta, quello che ti dico adesso non è nulla di nuovo; ma come la fiamma ha bisogno di alimento per divampare, così le anime hanno bisogno di una nuova spinta per progredire e di nuovo calore per rianimarsi» (15 dicembre 1923). Il pregio del Messaggio trasmesso da Josefa è appunto questo: contiene gli insegnamenti del Vangelo e Gesù li commenta e vi aggiorna la rivelazione fatta a Santa Margherita Maria, e tutto si può riassumere nell'infinita Misericordia di Gesù Cristo. La devozione al Sacro Cuore è la devozione a Gesù amante, ferito per amore e che unisce a Lui e tra loro tutte le membra del suo Corpo Mistico. Gesù fa oggi come ha fatto ieri, comincia con l'azione prima di dare l'insegnamento: dal luglio al settembre impegna Josefa in grandi imprese di riparazione e di aiuto alle anime infedeli... Josefa scrive: «Ho visto cadere le anime a gruppi serrati... in certi momenti è impossibile calcolarne il numero...». Ne rimane sconvolta e sfinita. Dopo una notte di terribile espiazione parla di quelle anime a Gesù, che l'ascolta con il viso molto triste, poi le dice: «Tu hai visto quelle che cadono, ma non hai ancora visto quelle che salgono!». «Allora scorsi una fila interminabile di anime che entravano in un luogo spazioso, sconfinato, pieno di luce e si perdevano in quella immensità». Il Cuore di Gesù si infiammò ed Egli disse: «Queste aniine sono quelle che hanno accettato con sottomissione la croce del mio amore e della mia volontà». «Signore non capisco che cosa sia quest'opera di cui mi parli sempre». Gesù si è raccolto un istante poi ha risposto gravemente: «E' Opera d'amore, voglio servirmi del tuo nulla per manifestare sempre più la Misericordia e l'amore del mio Cuore. Perciò sono glorificato quando mi si dà la libertà di fare di te e in te ciò che voglio! La tua piccolezza e le tue sofferenze salvano molte anime... più tardi le parole e i desideri che trasmetto per tuo mezzo ecciteranno lo zelo di molte altre e impediranno la perdita di un gran numero di esse; si conoscerà sempre meglio che la Misericordia e l'amore del Mio Cuore sono inesauribili». «Chiedi alle tue Madri di concederti ogni giorno un momento in cui tu possa scrivere ciò che ti dirò». Scrive Josefa: «L'ho ringraziato e l'ho supplicato di non permettere che io metta ostacolo all'opera sua». «Non temere, risponde Gesù, io lavoro nell'oscurità, ma l'opera mia verrà alla luce a tal segno che un giorno se ne potranno ammirare tutti i particolari». E ogni giorno Josefa nella sua celletta attende la visita divina all'ora convenuta. Gesù a dimostrare la sua sovrana libertà, viene o non viene, anticipa o ritarda la sua venuta. Josefa inginocchiata vicino al tavolino scrive le infocate espansioni del Cuore di Gesù man mano che cadono dalle labbra divine. Il giorno 20 ottobre 1922 Gesù dà inizio al suo Messaggio di Amore che si concluderà il 6 dicembre «Da 5 giorni Gesù non è venuto... mi inquieta il non sapere se gli ho spiaciuto...».

16 16 «Da cinque giorni mi chiami Josefa! ed Io da quanti giorni, mesi, anni chiamo le anime ed esse non mi rispondono. E tu Josefa hai compreso l'amore che ho per le anime?». «Certo Signore, Tu sei sempre occupato di loro». «Per questo amo la Mia Società e il Mio Cuore si riposa in Essa... ha compreso il valore delle anime e la gloria del Mio Cuore». Voglio salvare il mondo e servirmi di voi povere e misere creature, affinché per vostro mezzo molte anime conoscano la Mia Misericordia e il Mio Amore». 10 giugno 1923 Il Signore vuole appoggiare la Sua Opera all'autorità del Vescovo di Poitiers, affida dunque a Josefa un messaggio per Monsignor de Durefort e vedendo la sua ansietà le dice: «Non temere tutto è disposto e governato dal mio Amore, amami, affidati al mio Cuore. Io non ti abbandonerò mai. Non temete, vi dirò tutto e vi aiuterò in tutto, non temete... lasciatemi agire». Quindi con divina condiscendenza Gesù spiega a Josefa perché lo trasmetta al Vescovo il motivo che gli ha fatto abbassare lo sguardo sulla Società del Sacro Cuore, scegliendola come intermediaria dei suoi desideri: «Fondata sull'amore, ha per fine l'amore. La sua vita è amore... e l'amore è il mio Cuore!». Dopo vari contrattempi il 2 settembre avviene l'incontro con il Vescovo: ora di benedizione che ebbe poi tanta ripercussione sull'opera d'amore. Il 20 agosto 1923 la Madonna annuncia a Josefa che in ottobré dovrà accompagnare a Roma la sua superiora e là dovrà parlare alla Madre Generale. Josefa è sgomenta e Gesù subito la conforta: «Sono Io che conduco tutto e so ciò che conviene alla Mia Opera! Tu parlerai senza timore; questo è il mezzo con cui cominceranno ad attuarsi i miei disegni!». A Roma Josefa è accolta con grande bontà dalla Madre Generale e ne gioisce, ma presto è ripresa dalle sue apprensioni. «Perché sei triste? dimmelo...», chiede Gesù come ai discepoli di Emmaus. Il demonio furioso cerca in ogni modo di far deviare Josefa da quella via in cui gli strappa tante anime. Cerca di ingannarla con tutti i mezzi per impedirle di fare la Comunione e giunge al punto di presentarsi con l'aspetto di Gesù Cristo stesso per convincere Josefa che s'inganna se crede di vedere li Signore e inganna gli altri. L'impostura del maligno è smascherata e la bontà della Madre Generale conforta Josefa in quei giorni di terribile ansietà. La domenica 7 ottobre Gesù appare durante la Messa delle nove: «Presto ti condurrò nello splendore che non ha fine! Allora le mie parole verranno lette e il mio Amore conosciuto». Il 15 ottobre S. Maddalena Sofia invita Josefa nel Suo Oratorio. «Non temere! Se il demonio cerca di nuocere lalla Società è perché essa è l'oggetto delle predilezioni del Cuore di Gesù, ma Egli non permetterà che cada nei tranelli del nemico. Gesù sia amato e glorificato in maniera speciale dalle anime che compongono la piccola società del Suo Cuore». Il giorno 11 dicembre Gesù detta per l'ultima volta a Josefa un messaggio per la Madre Generale e termina: «...Amo la Società, guiderò Io l'opera mia».

17 17 Dal momento in cui Gesù ha cominciato a trasmetterle il Suo Messaggio, Josefa si chiede continuamente con ansietà, se le anime, tutte le anime sapranno riceverlo, intenderlo, corrispondervi come Egli desidera... Il pensiero che un tale invito possa rimanere inascoltato la sconvolge e il suo amore non può accettare tale delusione per il suo Signore. Da molti giorni Josefa è angosciata da questo pensiero e non osa manifestarlo a Gesù, ma Gesù la previene e con un tono di voce solenne e dolce ad un tempo le dice: «Non temere! non sai ciò che accade quando un vulcano erompe? La potenza di quel fuoco è così grande che è capace di smuovere le montagne e distruggerle in modo da far conoscere che una forza irresistibile è passata di lì. Le mie parole avranno tale forza e la mia Grazia le accompagnerà in tale maniera che le anime più ostinate rimarranno vinte dall'amore. La mia Grazia accompagnerà le mie parole e quelli che le faranno conoscere. Le mie parole saranno Luce e Vita per un numero incalcolabile di anime: saranno stampate, lette e predicate. Darò loro una grazia speciale perché illuminino e trasformino le anime. Per diffondere il mio Amore voglio formare una Catena di Anime che infiammate di quest'amore lo comunichino al mondo intero. Per regnare comincerò col fare Misericordia poiché il mio Regno è di Pace e di Amore: ecco lo scopo che voglio raggiungere: ecco la mia Opera d'amore!». - La Passione - Il mondo ascolti e legga - Invito alle anime - Tre richieste del Cuore di Gesù IL MESSAGGIO La Passione «Josefa sposa e vittima del mio Cuore ti parlerò della mia Passione, perché sia oggetto costante del tuo pensiero e perché essa apporti alle anime le confidenze del mio Cuore». Nella quaresima del 1923, Nostro Signore rivelò a Sorella Josefa Menèndez i sentimenti provati dal Suo Cuore divino durante la Sua Passione. Josefa riceveva in ginocchio le confidenze del Maestro, e mentre Egli parlava, scriveva. Lavanda dei piedi 22 febbraio 1923 «Comincerò a scoprirti i sentimenti che inondavano il mio Cuore, mentre lavavo i piedi ai miei Apostoli. Li convocai tutti e dodici. Non volli escludere nessuno. Vi si trovava Giovanni il discepolo prediletto e Giuda che di lì a poco m'avrebbe consegnato ai miei nemici. Ti dirò perché volli riunirli tutti e perché incominciai a lavar loro i piedi: «Li riunii tutti, perché era quello il momento in cui la mia Chiesa doveva presentarsi al mondo; e presto non vi sarebbe stato che un solo Pastore per tutte le greggi. Volevo anche insegnare alle anime che quantunque cariche di peccati atroci, non le escludo dalle mie grazie, né le separo dalle anime più amate; vale a dire che riunisco le une alle altre nel mio Cuore, e che dò loro le grazie di cui abbisognano.

18 18 Ma qual dolore provai in quell'ora, sapendo che l'infelice Giuda rappresentava tutte le anime che pur tante volte raccolte ai miei piedi, tante volte lavate nel mio Sangue, si sarebbero egualmente perdute per sempre. Sì, in quel momento volli insegnare ai peccatori che non devono allontanarsi da me, neppure quando sono in peccato, pensando che non vi è più un rimedio e che mai più saranno amati come prima di aver peccato. No, povere anime! Non sono questi i sentimenti di un Dio, che ha sparso tutto il suo Sangue per voi!... Venite tutti a Me e col mio Sangue tornerete candidi come la neve. Immérgete i vostri peccati nell'acqua della mia Misericordia; nessuno sarà capace di strappare dal mio Cuore l'amore che vi porto!... Il cenacolo 25 febbraio «Continuerò a dirti i miei segreti d'amore... Volli lavare i piedi dei miei apostoli per mostrare alle anime quanto desidero che siano candide e pure quando mi ricevono nel Sacramento dell'amore. Fu anche per rappresentare il Sacramento della Penitenza nel quale le anime, che hanno avuto la disgrazia di cadere in peccato, possono lavarsi e ricuperare il primitivo candore. In quell'ora tanto prossima alla Redenzione del genere umano, il mio Cuore non poteva contenere l'ardore che lo divorava; e perché era infinito l'amor mio per gli uomini, non volli lasciarli orfani. Per vivere quindi con essi fino alla consumazione dei secoli e dimostrare tutta la mia tenerezza volli diventare loro alimento, loro sostegno, loro vita, loro tutto... Ah! Quanto vorrei far conoscere a tutte le anime i sentimenti del mio Cuore! Quanto bramo che tutte siano penetrate dell'amore che m'infiammava quando nel Cenacolo istituii il Sacramento dell'eucaristia. In quel momento vidi tutte le anime, che nel corso dei secoli si sarebbero cibate del mio Corpo e del mio Sangue; e anche tutti gli effetti divini prodotti in moltissime di loro da tale Cibo. In quante anime questo Sangue immacolato avrebbe generato purezza e verginità! In quante avrebbe acceso la fiamma dell'amore e dello zelo! Quante anime, anche dopo aver commesso molti e gravi peccati, indebolite dalle passioni, sarebbero ritornate a Me e avrebbero ritrovato vigore nutrendosi del Pane dei forti! Ah, chi potrà penetrare i sentimenti del mio Cuore in quei momenti... sentimenti d'amore, di gioia, di tenerezza... Ma quanta fu pure l'amarezza che inondò il mio Cuore! L'Eucaristia e i peccatori 2 marzo Voglio palesare alle mie anime la tristezza che inondò il mio Cuore durante la Cena; poiché se fu grande la mia gioia nel farmi compagno degli uomini fino alla fine dei secoli e divino alimento delle anime loro, e se vedevo il gran numero di essi che mi avrebbe reso omaggio d'adorazione, di riparazione e d'amore... non fu però minore la tristezza causatami dalla vista di quanti m'avrebbero lasciato nella solitudine del Tabernacolo, e di quelli che non avrebbero creduto alla presenza reale...

19 19 In quanti cuori macchiati di peccato avrei dovuto entrare... e quante volte la mia Carne e il mio Sangue così profanati sarebbero diventati motivo di condanna per quelle anime! Ah, come vidi in quel momento tutti gli oltraggi, i sacrilegi e le abbominazioni orribili che si sarebbero commesse contro di Me! Quante ore avrei dovuto passare nella solitudine del Tabernacolo! Quante notti! E quante anime avrebbero rifiutato gli amorosi inviti che dal Tabernacolo avrei fatto loro udire! Per amore delle anime, rimango prigioniero nell'eucaristia, affinché in tutte le loro pene e nei loro dolori possano venire a consolarsi col più tenero dei Cuori, col migliore dei Padri, col più fedele degli amici. Ma quest'amore che si consuma per il bene delle anime non è corrisposto!... Abito fra i peccatori per diventare la loro salvezza e la loro vita, medico e medicina di tutte le malattie causate dalla natura corrotta... e in cambio essi si allontanano da Me, mi oltraggiano, mi disprezzano!... Poveri peccatori! Non allontanatevi! Vi aspetto nel Tabernacolo!... Non vi rimprovererò i vostri delitti... non vi rinfaccerò il vostro passato... ma lo laverò nel Sangue delle mie Piaghe... Non temete dunque... Venite a Me... Non sapete quanto vi amo?... L'Eucaristia e le anime consacrate 6 marzo Nel momento d'istituire l'eucaristia vidi presenti tutte le anime privilegiate che dovevano cibarsi del mio Corpo e del mio Sangue, e i differenti effetti prodotti in esse. Per alcune il mio Corpo sarebbe rimedio alla loro debolezza, per altre fuoco divoratore che consumerebbe la loro miseria e le accenderebbe d'amore. Ah, perché tante anime diventano per il mio Cuore causa di tristezza, dopo che lo le ho ricolmate di carezze e d'ogni bene? Non sono Io sempre lo stesso? Sono forse cambiato con voi? Ma, Io non cambierò mai; e fino alla fine dei secoli vi amerò con tenerezza e predilezione. So che siete piene di miserie, ma per questo non ritrarrò da voi il mio più tenero sguardo; ansiosamente vi aspetto, non solo per alleviare le vostre pene, ma per ricolmarvi di nuovi benefici. Se vi chiedo amore, non me lo negate; è molto facile amare Colui che è lo stesso Amore. Se chiedo qualche cosa che costa alla vostra natura, vi do anche la grazia e la forza necessaria. Vi ho scelto perché siate il mio conforto. Lasciatemi entrare nell'anima vostra, e se non vi è nulla che sia degno di Me, ditemi con umiltà e fiducia: «Signore, vedete quali frutti e quali fiori produce il mio giardino. Venite ad insegnarmi ciò che debbo fare affinché oggi possa cominciare a sbocciare in me il fiore che Voi desiderate». Credi tu che fra le anime scelte non ve ne siano alcune che mi danno pena?... Persevereranno tutte? Questo è il grido di dolore che esce dal mio Cuore; questo il gemito che voglio far udire alle anime. L'Eucaristia meraviglia dell'amore sconosciuto 7 marzo Scrivi quello che soffrì il mio Cuore in quell'ora quando cioè non potendo contenere il fuoco d'amore che mi consumava, inventai la meraviglia dell'amore nella Eucaristia.

20 20 Avendo presenti tutte le anime che si ciberebbero di questo Pane divino, vidi pure e sentii tutta la freddezza di tante fra quelle predilette... di tante anime consacrate, che avrebbero ferito il mio Cuore. Vidi quelle, che lasciandosi vincere dall'abitudine, dalla stanchezza, dal disgusto, cadrebbero a poco a poco nella tiepidezza. Io sto nel Tabernacolo, e aspetto... Desidero che quell'anima venga a ricevermi, che mi parli con la confidenza di una sposa, che mi chieda consiglio, e solleciti le mie grazie... «Vieni, le dico, dimmi tutto; dimmi tutto con intera confidenza... chiedi dei peccatori... offriti per riparare... promettimi che oggi non mi lascerai solo... guarda se il mio Cuore desidera da te qualche cosa che mi possa dar conforto». Questo m'aspettavo da quell'anima, e da tante altre... Ma quando si avvicinano e mi ricevono sotto le specie Eucaristiche, appena appena mi dicono una parola... Hanno sempre fretta: sono preoccupate, stanche, contrariate. Sono inquiete per la propria salute, angustiate per i loro affari... in ansietà per la famiglia... non so che dire... sono fredda, desidero uscir di chiesa, non mi occorre nulla... «Ahimè, così mi consoli, anima da me eletta, e che tutta la notte ho atteso con tanta impazienza?». «Celebrando il Santo Sacrificio, ricevendomi ogni mattina nel suo cuore, il Sacerdote mi parla forse delle anime di cui è responsabile? Ripara le offese che ricevo da quel peccatore? Mi chiede la forza per disimpegnare bene il suo ministero, lo zelo per lavorare per la salvezza del suo gregge? Mi darà egli tutto il suo amore? Potrò riposarmi in lui come nel mio discepolo tanto amato?». L'Eucaristia è invenzione d'amore, è vita e forza delle anime, è rimedio a tutte le malattie dello spirito, è viatico per chi passa dal tempo all'eternità. I peccatori ritrovano in essa la vita dell'anima; le anime tiepide, il calore che rinforza; le anime pure, soave, dolcissimo alimento; le fervorose, riposo e soddisfazione a tutti i loro ardenti desideri; le perfette, ali per librarsi e tendere a maggiore perfezione. Infine le anime religiose trovano nell'eucaristia il loro nido, il loro amore, ed inoltre il simbolo dei benedetti e sacri vincoli, che le uniscono intimamente e inseparabilmente allo Sposo Divino. Getsemani 12 marzo «Josefa vieni con Me al Getsemani; lascia che l'anima tua si riempia di quei medesimi sentimenti, di quell'amara tristezza che inondarono la mia in quell'ora. Dopo aver predicato alle turbe, curato gli infermi, dato la vista ai ciechi, risuscitato i morti... dopo aver vissuto tre anni in mezzo agli Apostoli per istruirli e affidar loro la mia dottrina, avevo infine insegnato coll'esempio a sopportarsi vicendevolmente, lavando loro i piedi e facendomi loro i cibo. Si avvicina l'ora per la quale il Figlio di Dio s'era incarnato... Redentore del genere umano, Egli avrebbe sparso il suo Sangue e dato la sua vita per il mondo. In quell'ora, volli pormi in orazione e offrirmi a compiere la volontà del Padre mio. Anime care! Imparate dal vostro modello, che l'unica cosa necessaria, quantunque alla natura ripugni, è il sottomettersi umilmente e l'offrirsi a fare la volontà di Dio.

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