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2 A tutti i cagliaritani di adozione al loro amore per la città e per la Sardegna. Ai valori positivi dello sport, abbracciarli con la vita e viverli con passione. Pagina2

3 PREMESSA Forse l isola dei sardi non è Atlantide, forse non è neppure Scheria, l isola di Nausicaa dalle bianche braccia, ma certamente la Sardegna è un luogo in cui lo straniero, una volta approdato, non va più via. Non c è stereotipo o pregiudizio che colpisca gli immigrati di oggi che non sia stato già rivolto, un secolo o solo pochi anni fa, a noi sardi. La Sardegna viene ancora identificata da molti come terra di pastori e terra di banditi, ma, in realtà è, per coloro che non hanno pregiudizi, un luogo ricco di storia, cultura e bellezze naturali. E ospitalità. Per secoli e fino a tempi molto recenti si usava l espressione "Ti mando in Sardegna!", come minaccia soprattutto per poliziotti e militari, nulla di molto diverso dell antica condanna ad metalla ai tempi dei Romani. Però, una volta conosciuta questa terra, aspra e ruvida solo all apparenza, chi viene spesso vi rimane e queste sono le storie di chi ha fatto della Sardegna la propria casa. Di Cagliari in particolare. Pagina3

4 LA CITTA DEL SOLE E DEL SALE E tra immaginazione e memorie, inizia così la scrittura di grandi storie di integrazione dal profondo del calcio, di 4 A -Mori Rossoblù, nella Città del Sole e del Sale, un capoluogo abitudinario, così come i suoi abitanti. Riemergono i ricordi ancora vivi, di tanti giocatori storici del Cagliari Calcio, che spaziano dalla spiaggia del Poetto, con i suoi casotti multicolori che fanno da proscenio alla Sella del Diavolo e al porticciolo turistico di Marina Piccola, alle vergini coste di Villasimius e Domusdemaria, queste ultime in particolare mai affollate, oasi di tranquillità e di acqua cristallina, inestimabili paradisi ambientali, luoghi di gioco di vento e nuvole. Proseguono con i racconti delle loro lunghe passeggiate tra le stradine del centro, in cui sentivano l odore del basilico, ma anche di sporcizia e povertà autentica, propria dei quartieri storici della città, nelle cui strade tante famiglie vivevano in uno stato di indigenza assoluta. La loro ricerca di relax negli angoli sparsi della città, prima o dopo le fatiche sportive, tra i colli naturali del borgo, da Monte Urpinu a Buon Cammino, da Castello a San Michele, luoghi per offrire panorami mozzafiato sulla città, il mare e i suoi dintorni. Luoghi per curare la saudade dei paesi di origine. Con la stessa leggiadria di una miriade di fenicotteri dalle ali dipinte di rosa, il pensiero vola alto, sempre più verso un punto in cui si scorge l incerto approdo di tanti atleti a Casteddu (da Castello, il nome con il quale ancora oggi viene chiamata la città in sardo), in una squadra di calcio, nata nel 1920, che prende il nome della Città del Sole: Cagliari. Pagina4 4 A - MORI ROSSOBLU

5 Giovani promesse del calcio che, provenienti da terre oltremare vicine o lontane, giunsero in nave o in aereo nel capoluogo dell isola di Ichnusa. Oltre quel punto immaginario iniziano tante belle e piccole storie di cagliaritani, nati dall altra parte del Tirreno o di un Oceano, spediti in Sardegna chissà da chi, a forza o raggirati con false chimere e colorite speranze, un luogo in cui è fiorita nel tempo una piccola oasi di integrazione per sempre. La nostra fantasia prosegue al giorno di arrivo di quei calciatori, sfiancati da un lungo e malinconico viaggio, ai quali improvvisamente appare loro Cagliari una città che si alza ripida, ripida, dorata, accatastata nuda verso il cielo dalla pianura all'inizio della profonda baia senza forme. E' strana e piuttosto sorprendente, per nulla somigliante all'italia. Così descrive l antico borgo sardo David Herbert Lawrence, che tra il 1919 e il 1921, più o meno negli anni della nascita del Cagliari Calcio, visitò il capoluogo e l isola intera; una città che si ammucchia verso l'alto, quasi in miniatura, e mi fa pensare a Gerusalemme: senza alberi, senza riparo, che si erge spoglia e fiera, remota come se fosse indietro nella storia, come una città nel messale miniato da un monaco. Ci si chiede come abbia fatto ad arrivare là. Sembra la Spagna, o Malta: non l'italia, così termina la sua descrizione il saggista inglese. Da qualsiasi parte si arrivi a Cagliari, dal porto, dalla costa o dall entroterra, l attenzione viene rapita immediatamente dal fascino dai quartieri storici che si erpicano sui colli e dalla magia di grossi stormi di fenicotteri rosa, che d estate sorvolano le case in cotto senza intonaco, le storiche torri e le chiese, baluardi di avvistamento verso il mare o luoghi di devozione, in marmo bianco di Bonaria; eleganti uccelli che starnazzano in volo mentre spaziano tra una zona e l altra tra gli specchi d acqua della città, tra le più estese dell area mediterranea, o curiosamente bilanciano se stessi su una zampa mentre stanno in piedi e si nutrono, catturando l attenzione di chiunque li osservi. Pagina5

6 La prima volta in città, da anonimi o famosi calciatori che fossero, verosimilmente coincise con la presa di coscienza di una città dove arte, territorio e cibo da sempre costituiscono gli ingredienti perfetti di una ricetta che si chiama cultura. E così nelle trattorie storiche a due passi dal porto della città, dove esplodono i sapori mediterranei della cucina locale, influenzata dai fasti romani, dal Medioevo e dagli splendori del Rinascimento, non è difficile immaginarli seduti in un tavolo, tra il rumore del mare e il tintinnio delle stoviglie a far da contraltare alla nostalgia canaglia della terra e di coloro che hanno lasciato. Inconsapevoli di quello, che da lì a poco tempo, gli sarebbe potuto accadere, quello di legarsi alla Sardegna, affezionarsi ai sardi, lasciare il loro cuore in quelle spiagge o in quel mare che sarebbe diventato loro, l aver contratto un virus incurabile e indolore. Perché quando la Sardegna e i suoi abitanti ti entrano dentro non ti lasciano più andare via. E non potrai farci nulla, quando te ne accorgerai sarà già troppo tardi, non potrai più fare a meno di quell isola e del suo capoluogo. E stato così per tanti calciatori venuti a Cagliari convinti di trascorrere solo qualche mese di vacanza per poi andare chissà dove in cerca di miglior fortuna sportiva. Quel virus così fatale e paradossalmente innocuo è stato contratto da svariati atleti rossoblù: Luigi Riva, Giuseppe Tomasini, Claudio Olinto De Carlvaho Nené, Ricciotti Greatti, Carmelo Óscar David Suazo Velásquez, Luís Airton Oliveira Barroso, Mario Martiradonna, Mario Brugnera, Adriano Reginato, Cesare Poli, giusto per citarne alcuni, sardi di adozione, a sentir loro cagliaritani di origine controllata, che hanno messo radici in Sardegna. Ad alcuni di loro, agli artefici di uno storico scudetto di una squadra che ha fatto la leggenda del calcio italiano, sono state intitolate due strade cittadine: Viale Campione d'italia " e "Piazza Manlio Scopigno", proprio in prossimità dello stadio Amsicora, il teatro delle gesta dei rossoblù. Pagina6

7 OLTRE LA DISCRIMINAZIONE TERRITORIALE Negli anni cinquanta, quando il Cagliari lasciò il vecchio comunale di Via Pola, dove poi sorsero il mercato e nuovi palazzi, il calcio era ancora una passione non certamente aristocratica. Nel decennio successivo, quando l auto divenne un mezzo più accessibile ai giovani borghesi italiani, lo sport più seguito dagli italiani piaceva, ma il tifo della classe media era indirizzato verso le grosse e potenti squadre continentali del Nord d Italia, cariche di gloria, soprattutto la Juventus, il Torino, il Milan o l Inter. In quel periodo il benessere portava in giro tanti tifosi del resto d Italia in Sardegna, soprattutto i ricchi provinciali del Nord raggiungevano lo stadio Amsicora per seguire le trasferte della loro squadra del cuore, credendo di trovare un isola e una città ottocentesca, pastorale, quasi barbarica e ancestrale, un immagine collettiva molto presente in quel periodo, ancora viva oggi per certi aspetti. I racconti dell epoca parlano di quei tifosi come sorpresi che il Cagliari battesse con facilità le loro squadre, o meravigliati di non trovare degli accampamenti africani in giro, le piste di atterraggio sterrate, il campo sportivo non tracciato regolarmente con porte e reti a norma, stupiti di non aver trovato animali (asini, muli, pecore, e chissà cos altro) in mezzo al traffico cittadino, o che gli uomini e le donne del posto fossero vestiti in abiti civili. Nessun racconto fantasioso, si tratta di commenti oggettivamente insolenti di signori anche attempati che raggiungevano all epoca la città, anche a Cagliari così si intravedevano ano i segni del boom economico. Gli stessi inviati della TV e della Radio Pagina7 4 A - MORI ROSSOBLU

8 spesse volte scadevano nel credere di saper tutto e di voler dare lezioni di cultura e civiltà. Si trattava di discriminazione territoriale vissuta dai sardi, dai sostenitori e da tutti i giocatori del Cagliari Calcio, di ieri e dei giorni nostri. Lo stesso Cagliari storico, quello dello scudetto, quando girava per i campi d Italia, subiva questi commenti, che non facevano altro che cementare una squadra rendendola una grande famiglia, che restituì a tutti i sardi, non solo ai cagliaritani, dignità e orgoglio e regalando al calcio altri risvolti umani, altri valori sociali, ma forse l unità di un popolo, più del mare che li circonda. Per la prima volta si era instaurato un processo di identificazione tra una squadra di calcio e la sua gente. Come scrisse all epoca il grande giornalista Gianni Brera Quello storico scudetto rappresentò per Cagliari e la Sardegna il vero ingresso in Italia, affermazione probabilmente parzialmente vera in quanto i problemi di allora rimangono tutt oggi irrisolti, ad iniziare dalla continuità territoriale. Una cosa però è certa, i gol dei calciatori del Cagliari Calcio non erano i loro gol, ma i gol di ciascun sardo, dei loro genitori e dei loro figli, con essi caddero gli steccati del tempo, le barriere geografiche e le condizioni sociali di un popolo da sempre in cerca di speranze e riscatto. Questo avvenne soprattutto grazie al Cagliari di Riva e Tomasini, quello negli anni a cavallo dello scudetto, e grazie a quello di Oliveira in Coppa Uefa, che portò la città e la Sardegna a raggiungere gli emigrati sardi in ogni angolo d Italia e d Europa, storiche rimpatriate negli stadi, più di quanto non facessero i sostenitori delle squadre ospitanti, in entrambi i casi le gesta di quei calciatori generavano tanto entusiasmo e sostegno degli emigrati nelle trasferte, anche maggiore delle gare casalinghe all Amsicora o al Sant Elia. Pagina8

9 Questa città, baciata dal Mediterraneo, e questa squadra, che ancora oggi vive qualche pessimo episodio di discriminazione territoriale, seppero conquistare, più di qualunque altro spot pubblicitario, più di qualunque lezione di storia e di educazione civica nelle scuole, un po di rispetto e tanta simpatia, che ancora oggi è palpabile a tutti i calciatori che vengono ad onorare i colori rossoblù. Pagina9

10 I LOVE SARDINIA Si sprecano le interviste e le storie di tanti giocatori del Cagliari che raccontano il perché di questo legame divenuto nel tempo indissolubile con la città, un sentimento per sempre. Ricciotti Greatti, regista friulano dello scudetto rossoblù, dopo qualche stagione rifiutò la cessione al Vicenza e decise di rimanere in Sardegna a vita dove aprì un agenzia di Assicurazioni, i cagliaritani compresero la mia scelta e mi hanno premiato nel mio lavoro. Claudio Nenè,, brasiliano di Santos, è un altro esempio cagliaritano di adozione Amo la Sardegna, tutta la gente, sono in Italia da più di quarant' anni, vivo nel centro di Cagliari, ho molti amici, buone compagnie. Vivo bene il mio tempo libero grande amico del pugliese Mario Martiradonna, altro giocatore ritiratosi dal calcio giocato e rimasto nella sua città di adozione, scomparso a Cagliari nel Nenè parte spesso con la moglie Fiorella per il Piemonte, ma torna subito a casa. La saudade, per lui, è sarda. Gigi Riva a suo tempo sostenne di piacergli la Sardegna anche perché mi ha fatto guadagnare in salute, qua non esiste la neve, non esiste la nebbia, la Sardegna per me e per i miei figli è la sistemazione ideale e così è stato. Lo stesso Giuseppe Tomasini, così come Riva, manifestò a più riprese i sintomi di quel Mal di Sardegna ogni volta che vi si allontanava, una sindrome benigna che colpisce tutti quelli che vedono l isola per la prima volta e che li spinge a ritornarci. Pagina10 4 A - MORI ROSSOBLU

11 Riva confessò di non avere avuto pregiudizi iniziali sull isola, però ero lontano da casa e ogni tanto si faceva sentire la nostalgia degli amici e dei parenti, trovai un ambiente nuovo e diverso, mi faceva un pò paura perché tutti quanti parlavano della sardegna, un isola troppo lontana dal Continente ma poi ho cominciato a uscire con gli altri compagni di squadra, si andava insieme al mare, ho cercato di affiatarmi con la gente, ad abituarmi alle sue abitudini e farle mie. Quel male ha contagiato, e continua a contagiare indiscriminatamente, persone di tutte le estrazioni sociali e di qualunque professione, e non si tratta solo del colore dell acqua del mare, mi fa ridere tutta quella gente che va alle Seichelles, al mondo non c è un posto più bello della Sardegna dice Adriano Reginato, portierone del Cagliari che nel 66 stabilì il record di 712 minuti consecutivi senza subire reti. Dopo il salto nello squadrone interista di Helenio Herrera, Cesare Poli, venne ceduto al Cagliari non la presi bene, a quei tempi si diceva ancora ti mando in Sardegna, affermò Poli, da quel giorno fu amore a prima vista Capii subito quanto mi sbagliavo, incontrai tanti amici e fu uno scherzo integrarmi nel nuovo ambiente, che proseguì dopo il calcio con assicurazioni prima e arredamento dopo, una vita da imprenditore, sempre a Cagliari, ovviamente. Non ne sono immuni nemmeno i tanti calciatori del Cagliari calcio che ricordano le tante cose alle quali non possono e non vogliono rinunciare: le Seadas col miele, il profumo inconfondibile del ginepro duro e solido, il vermentino freddo e il mirto gelato, il gerundio della parlata locale e le doppie che hanno un crepitio simpatico, il pesce e la carne (la pecora a cappotto e il maialetto), le rocce scolpite dal vento e le piante piegate dal maestrale, il sughero e i granelli di sabbia che si portano nel cuore e uno scrigno di tante chiacchiere coi sardi che conservi gelosamente. Sentendoli parlare pare di stare in una terra che potrebbe vivere delle sue ricchezze naturali, di agricoltura, di pastorizia, di turismo ed invece è da sempre conquista dei capitali continentali. Pagina11

12 E sono proprio il mare, il cibo, l energia, la cultura, la gentilezza dei suoi abitanti che hanno adottato dopo pochi giorni che vive qui, e così fu anche per tanti giocatori del Cagliari Calcio. Pagina12

13 IL MAL DI SARDEGNA DI GIUSEPPE TOMASINI Cagliari, quartiere di Is Mirionis, zona di Sant'Avendrace. Rione popolare sulla strada che conduce all'aeroporto di Elmas. Qui lavora Giuseppe Tomasini, titolare di un distributore di carburanti, di un officina e di un bar. Due dipendenti per le pompe di benzina e gasolio, la caffetteria in gestione. Lombardo classe 46, nativo di Palasöl in dialetto bresciano (Palazzolo dell Oglio), una piccola cittadina bresciana al confine con la provincia di Bergamo, Giuseppe Tomasini giocò nel Cagliari Calcio dal 1968 al 1977, collezionando 156 presenze con la maglia rossoblù nel ruolo di difensore. Quando, appena 24 enne, raggiunse la città di Cagliari, certamente non trovò inverni rigidi con numerose minime sottozero, nevicate abbondanti, banchi di nebbia e umidità da tagliare a fette. Egli abbandonò giovanotto il suo paesino per dedicarsi unicamente al calcio, erano tempi dal futuro roseo per chiunque, per via di un eccellente sviluppo industriale che andava dal settore edile (si produceva calce e cemento grazie allo sfruttamento del materiale calcareo proveniente dal vicino lago d'iseo) a quello tessile, a quello delle fonderie (tutte orientate alla produzione di macchinari e parti di ricambio destinate all'industria tessile). E successivamente l industria si rafforzò per l istituzione di diverse banche e di istituti di credito, e così parallelamente nacquero anche le prime organizzazioni operaie. Nell altra parte del Tirreno, Tomasini trova, invece, una Sardegna che negli anni sessanta cerca disperatamente una soluzione alla mancanza di lavoro e di sviluppo. Pagina13 4 A - MORI ROSSOBLU

14 All età di 31 anni Tomasini smise di giocare e provò la carriera di allenatore col Cagliari in serie B (come vice) e poi rinunciò ad altre offerte perché Soffrivo di mal di Sardegna, una cosa simile al mal d'africa: impossibile rinunciare a questo clima tropicale, al sole e alla brezza e al cielo limpido. In più non avevo voglia di costringere la famiglia a continui spostamenti in giro per l'italia. Però qualcosa dovevo fare. Sapevo di questo distributore, dei problemi che aveva e della necessità di rilanciarlo. Trattai e lo ebbi in comodato d uso." Cominciò, da buon lombardo, un avventura imprenditoriale che prosegue tutt ora, tante giornate ai bordi della strada dalle 7 alle 19, con la pausa pranzo per rifiatare. "Faticare in Sardegna è un piacere: il sardo è fiero e orgoglioso e rispettoso di chi si dà da fare". Tomasini è oramai un sardo doc, trent anni vissuti nell isola gli hanno fatto perdere anche la cadenza lombarda. "Arrivai qui nel '68. Se avessi potuto, avrei rifiutato il trasferimento. Cagliari mi spaventava, a Reggio Calabria mi ero fatto un'altra idea del Sud". Timori azzerati in poco tempo: "Di nascita sono lombardo, ma papà era veneto e la mamma di Lecce. Sono cresciuto tra nebbia e terra. Qui apri la finestra e hai orizzonti ampi, visibili. Capisco la lingua sarda e un pochino la parlo. Mi considero uno di Cagliari. A Palazzolo ho un appartamento in cui non abiterò mai". La sua passione per il calcio iniziò da presto, quello nel calcio professionistico non tanto per caso. Era sera, un ragazzo giocava tranquillo dando di tanto in tanto dei calci al pallone davanti a sé. Pensava alla sua passione, allo sport che amava, mentre, sempre calciando la palla, tornava verso casa. Pensava al futuro. Pensava che forse sarebbe rimasto a lavorare in fabbrica, avrebbe aiutato la sua famiglia. Sapeva anche, però, che avrebbe dovuto metter da parte la sua vera passione, il calcio, in quella piccola cittadina vicino a Brescia. Pagina14

15 Il tempo passava e la sua passione non accennava a diminuire, anzi sembrava crescere ogni giorno di più. Capitava che finisse a giocare all'oratorio sempre più spesso, giorno dopo giorno. Non lo sapeva, o forse non se ne accorgeva, ma ogni volta diventava più bravo e sicuro di sé. Quando scendeva in campo, tutto scompariva. Rimanevano solo lui, la palla, i suoi compagni e gli avversari. Nessun altro. Il sogno di diventare calciatore allora prendeva il sopravvento e lui incominciava a giocare con tutta la passione di cui era capace, calciando la palla e muovendosi in campo con maestria, ma anche le partite finivano e il sogno ritornava in un angolino della sua testa. O, almeno, fino alla partita successiva. Era una giornata nuvolosa, a Palazzolo, quando un signore sulla quarantina, con sguardo annoiato, prese posto in una delle scalinate per osservare la partita che stava per iniziare. Ne aveva viste tante, di partite come quella. Era sempre alla ricerca delle stessa cosa, ma, puntualmente, non la trovava mai. Era specializzato nel riconoscere talenti, di questo poteva andare fiero. Ma, dopo aver aspettato quasi fino a metà partita, non si aspettava più nulla: era una partita come tutte le altre. Ormai non prestava quasi più attenzione. La squadra locale stava perdendo e gli avversari rubavano palla facilmente, ma, ad un tratto, come se percepisse la tensione nell'aria, alzò lo sguardo, giusto in tempo per vedere un brillante scambio della squadra locale e il giocatore che aveva effettuato quel passaggio. Doveva ammetterlo, prima non l'aveva proprio notato. Ecco, aveva di nuovo la palla, e lui, veloce e concentrato, si muoveva agile per il campo, schivava gli avversari, passava palla all'attaccante che, senza perdere tempo, le dava un calcio angolato. Finalmente, a metà della partita, un grido di gioia. Goal! Il Talent Scout osservò il giovane, estasiato. Di talenti, in vita sua non ne aveva visti molti, ma poteva ben dire di saperli riconoscere e quel ragazzo, che prima gli era parso uguale a tutti gli altri, aveva talento. Era un talento. Non vinsero, ma era giovane e Pagina15

16 sicuramente avrebbe giocato altre partite, anche se, quella volta, gli toccava tornare a casa con l'amaro in bocca. All improvviso una mano gli toccò la spalla. Si ritrovò davanti un signore sulla quarantina, che gli sorrideva come se avesse finalmente trovato ciò che cercava da tempo. I due parlarono per quelle che al giovane calciatore sembrarono ore mentre in verità erano solo una ventina di minuti. Quando il signore, che aveva scoperto essere un Talent Scout, se ne andò, lui restò lì, sconcertato. Non sapeva cosa dire o fare. Il suo sogno si stava avverando e mille idee si facevano spazio nella sua mente. Non sarebbe stato più costretto a metter da parte il calcio, non avrebbe dovuto lavorare in fabbrica e in quel momento poteva dire finalmente di essere un calciatore. Da Palazzolo, si spostò a Brescia, per giocare con la sua nuova squadra. Era felice. Quello che gli era sempre e solo sembrato un sogno, ora era realtà. Era troppo giovane per giocare in serie A con il Brescia e lo spostarono a Reggio Calabria. Poi, dopo alti e bassi, l alternativa: o continui a giocare e scendi in Sardegna o smetti di giocare. Fu così che, Tomasini, a malincuore, arrivò in nell isola. Era nervoso, agli inizi. La terra nuova, le persone nuove, un nuovo mondo. Col tempo, però, si abituò al clima, alla bellezza di questi luoghi e dei suoi abitanti. Era una bellezza che lo avvinceva, lo legava e lo stregava. Si accorse di essersi innamorato dalla Sardegna. La squadra con cui giocava divenne la sua famiglia. Erano gli anni gloriosi del Cagliari, quando, nel , conquistò lo scudetto. In quel momento straordinario capì, definitivamente e per sempre: quello era il luogo a cui veramente apparteneva. Era sardo, ormai, cagliaritano: non gli importava dell'appartamento che aveva comprato a Palazzolo e che non avrebbe mai usato, tanto meno del fatto che, se avesse accettato di giocare in un altra squadra, gli avrebbero offerto più soldi. Lui era di qui. Qui c era la sua famiglia, qui era quella sua Sardegna che non poteva più lasciare. Solo il pensiero gli faceva male al cuore. Pagina16

17 Restò in Sardegna, dove oggi continua a lavorare, a vedere le partite del suo Cagliari, a ricordare i bei momenti passati in campo. Il mal di Sardegna è la sua forza. Quello scudetto del 70, scolpito nella storia di Cagliari, rappresenta evento segnatempo. C'è una Sardegna prima dello scudetto e ce n'è un' altra dopo. "I racconti si tramandano di generazione in generazione, la gente continua a ringraziarci. Specie i sardi emigrati, quelli che all'epoca lavoravano nelle grandi fabbriche di Torino e Milano. In un certo senso li vendicammo di anni di sofferenze, di pane duro, di amarezze" dice Tomasini, che non si è ancora stancato della città che l ha adottato per sempre. Pagina17

18 LUIGI RIVA, ROMBO DI TUONO Detto Gigi, anzi Giggirriva come lo chiamano i sardi, attaccante del Cagliari Calcio dal 1963 al 1976, nelle cui fila segnò 164 reti in 315 presenze, detiene attualmente il record di marcature nella Nazionale Italiana con 35 gol in sole 42 partite giocate. Anche lui, come Tomasini, è lombardo di nascita, di Leggiuno, località turistica di 3500 anime in provincia di Varese, sulle rive del Lago Maggiore. Il giornalista Gianni Brera lo soprannominò "Rombo di Tuono", Giorgio Tosatti, altro giornalista di razza, scrisse Era un capo vero, un guerriero vero, e riusciva a trasmettere allo spogliatoio e al resto della squadra questa sua straordinaria voglia di vincere. Modesto e schivo, allergico alle autocelebrazioni, provocate o indotte, di abbandonare la Sardegna non ne ha mai voluto sapere. Anche se, all origine della sua storia in Rossoblù, non voleva metterci piede: solo la sorella Fausta lo convinse ad accettare la richiesta del Cagliari e dall albergo scambiò le luci della Saras con l Africa, così si racconta. La lista dei corteggiatori era lunga, li ha lasciati senza speranze. Infanzia dura, difficile, tre anni in collegio, lontano dagli affetti più cari; il rimpianto per la perdita dei genitori, ferite che il tempo può lenire ma che non ha ma guarito: Ho perso il papà a 9 anni, mia madre a 16. Quando arrivai in Sardegna ero incavolato con la vita, sembrava che il destino ce l avesse con me. Mio padre era un grande appassionato di sport, lo ricordo conversare in piazza di ciclismo; di mia madre ricordo i sacrifici. Pagina18 4 A - MORI ROSSOBLU

19 Nel 1973, la Juventus tentò di portarlo a Torino: Arrica lasciò Boniperti con un palmo di naso. Non c era prezzo per vendere Riva, commentò anni dopo. Gigi era diventato uno di noi, più sardo di un sardo. Provate a parlare male della Sardegna in sua presenza, vi farà nero, dice Giuseppe Tomasini. Qui ha trovato la sua casa, ha messo su famiglia. I ragazzi di oggi, che pure non hanno avuto il piacere di vederlo giocare, continuano ad amarlo attraverso il racconto dei nonni e dei padri. Gigi Riva è considerato il più forte goleador italiano dell ultimo dopoguerra e uno dei più forti al mondo di tutti i tempi. Oggi è un dirigente sportivo, ex campione italiano nel 1970 con la maglia del Cagliari, campione europeo nel 1968 e vicecampione del mondo nel Tuttavia, i gravi infortuni al perone destro e al sinistro e la sua voglia di condurre una vita lontano dai riflettori, hanno fatto sì che non sia arrivato ai vertici che avrebbe potuto raggiungere. La sua carriera calcistica iniziò nei dilettanti del Laveno Mombello, squadra del comune omonimo, confinante con Leggiuno, per poi passare al Legnano in Serie C, dove a 18 anni mandò a segno 6 reti in 23 partite. Fu notato dagli osservatori del Cagliari, allora militante in serie B, che lo acquistò diciottenne per il campionato al prezzo di 37 milioni di Lire. Da allora indossò la maglia rossoblù del Cagliari fino al termine della sua carriera. Riva è stato il prototipo del campione che tutti i ragazzini avrebbero voluto imitare, col suo coraggio, la sua forza e la voglia di vincere, e che gli allenatori meno intelligenti e più vanitosi detestavano. Ma Scopigno, al tempo allenatore del Cagliari, avendo notato il suo sinistro assassino che si infila alle spalle di un portiere da una posizione impossibile, lo mise in condizioni di esprimere tutto se stesso e fece la propria fortuna, portando nel 1970 il primo e unico scudetto al Cagliari. Pagina19

20 Appena giunse in Sardegna, il suo primo pensiero, inspirando quell aria umida e afosa, fu: ci rimarrò solo un anno, poi tornerò a casa. Ma in qualche modo, dopo nemmeno tanto tempo, quei 24 mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in quel mare, conquistarono il sospettoso e schivo animo di Riva. E Cagliari diventò la sua casa. D altra parte i sardi non abbatterono la loro barriera di pregiudizio nei suoi confronti finché nella partita Cagliari - Sampdoria non si guadagnò la fiducia e l affetto dei tifosi. Ciò che infatti colpì positivamente Riva fu la generosità dei sardi, che lo hanno sempre fatto sentire uno di loro, attorno a tavolate con salsicce e maialetto. E poi, disse Riva, abbiamo lo stesso carattere, non ci mettiamo in mostra, siamo silenziosi. Tra il 60 e il 70 in Sardegna tutti parlavano di Rombo di Tuono. Così fu soprannominato per i suoi potenti tiri mancini che raggiungevano velocità sorprendentemente elevate. Il sinistro di Riva va in cielo a strappare il pallone alle nuvole per riportarlo sulla terra così dicevano di lui. Cannoniere, mito del Cagliari e della Nazionale Italiana anni 60/ 70 e poi uomo guida della Nazionale fino al 2013, ha sempre scelto cosa fare e con chi stare: sempre sull isola e sempre rossoblù. Oggi si gode la vecchiaia in compagnia della sua famiglia, tra le grida dei nipotini nella sua amata Isola: La Sardegna mi ha dato affetto e continua a darmene. La gente mi è vicino come se ancora andassi in campo a fare goal. E questa per me è una cosa che non ha prezzo. Pagina20

21 IL FALCO, LUÍS AIRTON OLIVEIRA BARROSO Oliveira, soprannominato Lulù, è un calciatore brasiliano classe 1969, naturalizzato belga, di São Luis, capitale dello Stato del Maranhão. La città si distende su un'isola frastagliata, inserita in una vasta laguna, separata dalla terraferma da un sottile braccio di mare, al ritmo delle alte maree che condizionano pesantemente la navigazione commerciale e turistica nella città. Sulle rive della laguna si trovano svariate favelas dove vivono tantissime famiglie in condizioni precarie, il clima è tropicale, caldo e umido e le stagioni sono sostanzialmente due, una secca da agosto a dicembre, e una stagione piovosa, da gennaio a luglio. São Luis ha qualche punto in comune col capoluogo sardo, certamente Oliveira avrà accomunato spesso le due città nelle semplici passeggiate e in riva al mare, che manifestano paesaggi straordinari, e il tratto costiero costellato di bar e ristoranti sul lungo mare, che s'accompagna ad una piacevole brezza marina. Il suo incantevole centro storico è delimitato da romantiche strade di ciottoli e case coloniali. Migliaia di edifici di São Luis fanno parte del patrimonio mondiale dell'unesco, molte di esse sono rivestite dalla tipiche azulejo, tipiche piastrelle smaltate e decorate in stile portoghese, tra le quali si susseguono musei, gallerie e negozi di artigianato tipico locale. A metà degli anni novanta Oliveira è stato il giocatore più rappresentativo del Cagliari, in Serie A, uno dei grandi protagonisti della cavalcata che portò il Cagliari in Semifinale nella XXIII edizione della Coppa Uefa. Pagina21 4 A - MORI ROSSOBLU

22 Nel Cagliari giocò dal 1992 al 1996 e poi vi ritornò dal 1999 al 2000, dopo una breve parentesi fiorentina, prima di approdare in svariate altre città d Italia e della Sardegna, una volta appese le scarpette al chiodo decise di intraprendere la carriera di allenatore, che prosegue a tutt oggi. Il suo racconto: Era un pomeriggio del 1995, stavo giocando a Vicenza con il Cagliari ed eravamo fermi sullo 0-0. Il clima era molto teso, la partita era importante. All'improvviso, venni distratto da una parte della tifoseria: agitavano grandi bananoni di gomma gialla e mi cantavano Prendi la banana! -. Intorno a me il tempo si fermò. Mi chiesi perché se la prendessero con me: ero semplicemente un ragazzo che stava inseguendo il proprio sogno. Sono nato nelle favelas di São Luís nel Maranhão. Mio padre mi ha da sempre trasmesso la passione per il calcio e io giocavo per la strada o in campetti improvvisati. Un giorno la mia vita si incrociò con quella di un osservatore argentino. Da lì iniziò la mia carriera. Venni scelto come attaccante da portare in Europa. Ho sempre dovuto affrontare molti sacrifici per guadagnarmi da vivere. Dopo il Belgio, il Cagliari. Mi trasferii in Sardegna, una terra meravigliosa in cui mi formai una famiglia. Non avevo nulla in meno degli altri, ero circondato da persone che mi amavano. Presi coraggio e mi accorsi che un mio compagno mi stava passando la palla. Partii in contropiede, mi avvicinai al limite dell area, tiro secco all angolino Da quel momento, lo stadio si ammutolì. Il Falco colpì col suo tiro secco e dal giorno prese definitivamente il volo che consacrò il suo legame particolare con la Sardegna. Pagina22

23 LA PANTERA, CARMELO DAVID SUAZO VELÁSQUEZ Calciatore attaccante honduregno classe 1979, di San Pedro Sula, una grande città di mezzo milione di abitanti, conosciuta oggi più per il triste primato di essere tra le meno sicure nel pianeta, dal 2011 si piazza al primo con oltre 10 omicidi al giorno, dieci volte quello di Baghdad (Iraq). Le motivazioni vanno ricercate dal traffico di droga, alle guerre fra gang, all instabilità politica, alla corruzione e alla povertà. Di tutt altro tenore è la Città di Cagliari e la Sardegna, nuova casa della Pantera Nera David Suazo, leader dell Honduras e indiscusso trascinatore del Cagliari dal 2000 al L Honduras è anche un paese vario e multietnico, affascinante perché terra di contrasti e di paesaggi favolosi: montagne con la vetta coperta da soffici nuvole, acque cristalline e turchesi, piene di colorata vita sottomarina, città vivaci e dove non si dorme mai grazie alle discoteche aperte fino al mattino. Ma anche piccoli villaggi tradizionali dove ci si scalda ancora con la stufa, si gira in canoa e si vive in modo tradizionale e semplice. David ricorda come se fosse ieri tutte le emozioni di quel giorno, quando batté il record di goal in una sola stagione di "Rombo di Tuono". Cagliari e Inter erano sull'uno uno a uno, Esposito riceve palla sulla destra, entra in area, crossa basso in direzione di Suazo che di destro supera Orlandoni, e GOOOAAAL!!! La "Pantera Nera" Suazo porta in vantaggio il Cagliari! Due a uno per i sardi! La folla esplose, aprii le braccia allo stadio che in quel momento sentivo mio. Avevo l'adrenalina a mille, non sentivo più neanche la stanchezza. Mentre tutti urlavano il mio nome, i Pagina23 4 A - MORI ROSSOBLU

24 miei compagni mi corsero intorno, ci abbracciammo con foga. La partita finì due a due. Non il risultato sperato, ma avevo dato il massimo. I suoi ricordi continuano Girai piano la chiave, quella sera, per non svegliare il piccolo che sicuramente dormiva, aprii la porta e mia moglie mi abbracciò. In quel momento mi resi conto della fortuna che avevo, sotto tutti i punti di vista. Ripensai alle mie radici, all'honduras, dove iniziai a giocare a calcio. Grazie a questo sport sono arrivato a Cagliari. Mi sono subito sentito a casa. Certo, il primo anno è stato difficile, non mi ero ancora fatto notare. Poi, qualche anno di gavetta in serie B, dal 2000 al 2004, ed eccoci di nuovo in cima. Sono arrivati i goal, le soddisfazioni, e quella indimenticabile partita. Dopo il Cagliari c'è stato l'inter, il Benfica, il Genoa e il Catania. Ma c'è un motivo se ora come ora sono qua a Cagliari, anche dopo il ritiro dal calcio. Per quanto mi riguarda, io sono sardo, cagliaritano, come mia moglie Elisa e i miei figli. Sono parte della terra che mi ha accolto. Al sito ufficiale della Fifa ha concesso un'intervista dove ha parlato di Cagliari e del Cagliari in termini entusiastici. ''E stato difficile ritirarmi. Il calcio genera un sacco di emozioni ed è molto gratificante. E stato davvero difficile rinunciarvi. Mi sto abituando a poco a poco e mi sta aiutando ora che sono di nuovo attivo con il Cagliari in questo mondo. Sto lavorando per il Cagliari e i miei figli vanno a scuola qui. Mi sento felice e molto amato''. Pagina24

25 GENTE DI SARDEGNA Non è stato facile scegliere la storia e soprattutto quali storie rivelare, potevamo raccontarne altre, piccoli racconti di episodi di razzismo subiti in campo dal peruviano Julio Cesar Uribe (il primo episodio di razzismo in Italia in un campo di gioco) o dal camerunense Patrick Mboma (al quale un presidente di una società di calcio professionistica gli ha negato il trasferimento perché la piazza non sopportava un giocatore di colore ore nero), o quella di Daniele Dessena,, attuale difensore del Cagliari, una compagna, un bimbo, è stato insultato in campo e sul web per la sua scelta di mettere alle scarpette i lacci arcobaleno contro l omofobia. Ho fatto solo un piccolo gesto, per una causa in cui credo. E ripeto: avere dei pregiudizi sessuali è da ignoranti. Senza demagogia, sommariamente Cagliari e la Sardegna rappresentano un isola felice dove gli episodi di razzismo e di omofobia rimangono isolati e fini a se stessi, non attecchiscono facilmente e rimangono confinati nell ambiente di pochi esaltati ignoranti. Le storie di amore per la città di Cagliari, per l isola e sono storie di orgoglio, di fatica e di sacrificio, che abbiamo raccontato, sono storie semplici e comuni a tante altre; non è una storia di una persona, non sono storie di pochissime persone, sono storie di tantissimi calciatori che si sono integrati bene a Cagliari al punto di farne la loro città adottiva. Semplici giocatori capaci aci di farsi amare fuori dalla propria patria e dalle loro città native, per certi versi un po simili (ma con destinazioni differenti) a quella del sardo Pagina25 4 A - MORI ROSSOBLU

26 Gianfranco Zola a Londra (più che a Napoli), dove la società Transport for London gli ha intitolato il capolinea Richmond della metropolitana londinese. Storie un po come quelle in altri campi artistici, per esempio del genovese Fabrizio De André e il suo amore per la Sardegna Mi sento più contadino che musicista. Questo è il mio porto, il mio punto d arrivo. Qui voglio vivere, diventare vecchio, nonostante le sue disavventure con la moglie Dori Ghezzi che nel 1979 restarono prigionieri dei loro rapitori per ben centodiciassette giorni. Da quella esperienza il cantautore genovese seppe trarre e trasmettere una grande lezione, artistica e di vita. La fiducia della Gente di Sardegna, va conquistata col tempo, i sardi non danno mai tanta fiducia agli sconosciuti, non rientra nella loro mentalità. Sono diffidenti verso gli estranei e sinceri e leali verso gli amici ed ancora, gli ospiti desiderati sono sacri. Detti pregi e difetti, sono tanto più accentuati, tanto più ci si avvicina all'entroterra, al cuore dell'isola. Ma una volta conquistata stima e fiducia avere un amico od un collega sardo è quanto di più prezioso si possa avere, affidabilità, generosità e genuinità vi conquisteranno alla grande. Ai nostri 4 A -Mori Rossoblù, così come a tutti i giocatori del Cagliari Calcio, che hanno amato e si sono fatti amare dalla Sardegna, e dalla Città di Cagliari in particolare, e soprattutto a quelli che hanno scelto di rimanervi per sempre, non può che andare il più sincero ringraziamento per le tante emozioni che hanno saputo regalare all isola sui campi di calcio, rendendola invincibile come mai le era capitato nella sua storia così come scrisse il giornalista cagliaritano Nanni Boi. A si biri in paxi e cun saludi (traduzione dal sardo Arrivederci in pace e con salute ). Pagina26

27 SOMMARIO Pag. 3 Pag. 4 Pag. 7 Pag. 10 Pag. 13 Pag. 18 Pag. 21 Pag. 23 Pag. 25 PREMESSA LA CITTA DEL SOLE E DEL SALE OLTRE LA DISCRIMINAZIONE TERRITORIALE I LOVE SARDINIA IL MAL DI SARDEGNA DI GIUSEPPE TOMASINI LUIGI RIVA, ROMBO DI TUONO IL FALCO, LUÍS AIRTON OLIVEIRA BARROSO LA PANTERA, CARMELO DAVID SUAZO VELÁSQUEZ GENTE DI SARDEGNA Pagina27

28 Il Dirigente Scolastico Prof. Marcello Garbati IL LICEO GIOVANNI MARIA DETTORI DI CAGLIARI Il Corpo Docente Prof.ssa Maricilla Cappai Prof.ssa Fatima Carta Prof. Francesco Murtas Prof.ssa Maria Lucia Sancassano Gli alunni della classe 2 H Cilloccu Alessia Margelli Francesca Matta Barbara Mulas Beatrice Perra Laura Pica Lisa Pinna Gioia Pitzus Emma Secci Letizia Serreli Elena Sorrentino Giulia Tomaselli Anna Gli alunni della classe 1 F Angius Benedetta Marisa Argiolas Anita Atzeni Margherita Bernard Nicolò Berti Alba Cadeddu Chiara Cannas Giulia Casu Alessia Contini Francesco Contu Antonio Mariano Corona Isabella Desogus Noemi Ferreli Gioia Maccioni Laura Marcialis Marco Mirasola Ludovica Sveva Monni Federica Mura Valeria Rebecca Letizia Pinna Margherita Flavia Recasens Matteo Scioni Ilaria Spanu Lorenzo Zedda Giulia Zucca Eleonora Pagina28

29 LO STAFF DEL CALCIASTORIE DI CAGLIARI Coordinatore del progetto locale Pedagogista Responsabile rapporti con la Scuola Responsabile della Comunicazione Responsabile dell Immagine Responsabile rapporti col Cagliari Calcio Responsabile rapporti col I.P.M. di Quartucciu Istruttrice Istruttrice - Pietro Casu Prof.ssa Ilenia Barca Antonio Moi Barca Jaime Franceschi Riccardo Maura Corda Gianluca Frailis Valentina Ambu Roberta Broccia La pagina Ufficiale de Il Calciastorie di Cagliari Comitato Territoriale Cagliari Presidente: Lorenzo Durzu Viale Trieste, Cagliari (CA) Tel.: 070/ Fax: 070/ cagliari@uisp.it Lega Calcio: legacalcio@uispcagliari.it Pagina29

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