Dicono che gli amici si vedono nelle difficoltà, quando ci

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1 Le relazioni: gli amici, i bulli, i La genitori fiaba LEGGERE Quant è caro CHI L HA SCRITTO? Alberto Moravia ( ), uno dei grandi classici della narrativa italiana. Tra le sue opere ricordiamo: Gli indifferenti, Racconti romani, La ciociara. DA DOVE È TRATTO? Da Nuovi racconti romani. DI CHE COSA PARLA? Di un amicizia che si infrange. COME NE PARLA? Con amarezza. 1. sul metro della borsa: in base a quanto si è disposti a sborsare, a prestare. 2. frangente: momento di difficoltà. Dicono che gli amici si vedono nelle difficoltà, quando ci hai bisogno e l amicizia si giudica sul metro della borsa 1. Dicono che un amico che è un amico lo vedi in un frangente 2, quando l amico ha tutto da rimetterci e niente da guadagnarci a restarti amico. Sarà. Ma io penso che l amico ci trova il tornaconto ad aiutare l amico nel bisogno, non foss altro per il sentimento di essere dappiù di lui. Io dico invece che gli amici li vedi nella fortuna, quando le cose ti vanno bene, e l amico rimane indietro e tu vai avanti e ogni passo avanti che fai è per l amico come un rimprovero o addirittura un insulto. Allora lo vedi, l amico. Se ti è veramente amico, lui si rallegra della tua fortuna, senza riserve, come tua madre, come tua moglie. Ma se non ti è veramente amico, il tarlo dell invidia gli entra nel cuore e glielo rode in modo che presto o tardi non resiste più e te lo lascia vedere. Eh, è più difficile assai non essere invidioso dell amico fortunato che generoso con quello sfortunato. E l invidia è come una palla di gomma che più la spingi sotto e più ti torna a galla e non c è verso di ricacciarla nel fondo. Quand è che le cose mi sono cominciate ad andare bene? Posso dirlo con precisione, dal momento che mio suocero si decise ad aiutarmi e così potei metter su la macelleria in quelle parti nuove, nei pressi di via Angelo Emo. Ora, quand è che Arturo ha cominciato ad avere, almeno quando stava con me, quel viso storto, quel sorriso sforzato, quella voce poco naturale che pareva sempre dire le cose a mezza bocca, come se le parole avessero avuto l elastico e lui se le fosse tirate indietro appena le aveva pronunziate? Proprio verso la stessa epoca. Dopo aver lavorato in segreto tutta l estate per allestire la macelleria, uno di quei giorni gli dissi: Ahò, Arturo, ci ho una sorpresa per te. Disse sorridendo, contento: E quale?. Risposi: Se te lo dico non è più una sorpresa vieni con me e lo saprai. Ci trovavamo al bar di piazza Farnese, in quel quartiere vecchio e muffo dove abitavamo tutti e due e dove lui ci aveva il negozietto di cartoleria, nero nero, proprio un buco; ed io, pregustando la sua gioia di amico vero e provato, dissi: Prendiamo un taxi: bisogna andare lontano. Durante il tragitto lui non parlò, stranamente, ma non ci feci caso: preparavo la sorpresa. Arriviamo in via Angelo Emo, smonto, pago, mi avvio per quelle strade nuove verso un bel palazzone bianco, con una fila di negozi an- 1

2 3. infervorato: preso dall eccitazione. 4. il quartiere lì: tutti gli abitanti della zona dovevano passare per quel punto. 5. de riffe o de raffe (espressione romanesca): in un modo o nell altro. 6. pareggiai: gli incassi compensavano le spese sostenute. cora sfitti a pianterreno. Gli indico il mio negozio, anch esso con la serranda calata, ma con l insegna parlante: Luigi Proietti. Macelleria, e faccio: Che ne dici?. Lui guarda e risponde: Ah, questa era la sorpresa, a denti stretti. Sempre infervorato 3, vado al negozio, mi chino, apro il lucchetto bello, di ottone massiccio, tiro su con un colpo solo la saracinesca, spalanco la porta ed entro. Ora, chiunque, di fronte a una macelleria come quella, con le pareti di lastre di marmo bianco, gli uncini di ottone che parevano d oro, il banco in stile moderno, tutto marmi, che sembrava un altare di chiesa, il pavimento di marmo, il frigorifero grande che un uomo poteva starci in piedi senza chinare il capo, chiunque, dico, avrebbe esclamato: Oh quanto è bello Gigi hai una macelleria che è proprio una cannonata mi rallegro. Chiunque, ma non Arturo. Lui invece entrò stringendo la bocca come se ci avesse avuto uno spillo tra le labbra, zitto zitto, scuro in viso, quasi offeso. Domandai, sconcertato: Beh, che te ne pare?. E lui: Direi che va bene. Avete capito? Direi, cioè il condizionale; cioè non era poi tanto sicuro che la macelleria andasse bene. Ci rimasi male e insistetti, stupidamente: Macellerie come queste a Roma ce ne sono poche. E lui: Lo sai il proverbio: scopa nuova scopa bene bisognerà vedere come andrà in seguito. Fu quel giorno che cominciai a dar ragione a Iole, mia moglie, la quale da tempo mi ripeteva: Arturo, un amico? Si vede che tu di amici non te ne intendi quello, caro mio, non ti è amico non lo vedi che non ti può soffrire?. Eh, le donne ci hanno un istinto più sicuro; a parte il fatto che una moglie è sempre gelosa degli amici del marito e la prima cosa che fa, appena sposati, è allontanarglieli e disgustarli in una maniera o in un altra. Basta: Arturo in fondo aveva ragione; i negozi prima di tutto hanno da andar bene; ma il mio quasi subito andò benone. Avevo calcolato il luogo; macellerie simili non ce n erano a gran distanza; il quartiere cascava tutto lì 4 e chi voleva comprare, poniamo, la bistecca o la punta di petto o la fettina o il filetto, de riffe o de raffe 5 aveva da venire da me. Dapprincipio pareggiai 6, poi cominciai a guadagnare, alfine, un anno e mezzo appena dopo l apertura, si può dire, saccheggiavo. Arturo lo vedevo come prima, al caffè di piazza Farnese o in trattoria; ma ora non mi abbandonavo più al sentimento, lo tenevo d occhio e l osservavo, non foss altro per vedere se Iole ci aveva ragione. Siccome Arturo non aveva mai soldi e la cartoleria gli bastava sì e no per campare, gli offrivo le consumazioni, come, del resto, avevo sempre fatto. Ora però notavo che lui accettava, sì, ma di malagrazia e come per dispetto. E un giorno, persino, al bar, mi disse: Offrimi pure quello che vuoi, ma non farmelo pesare. Anche questa volta ci rimasi male. Che avevo fatto per indispettirlo? Avevo tirato fuori un mazzo 2

3 7. biglietti da diecimila: il racconto è ambientato negli anni Cinquanta. Per avere un idea del valore attuale di quella somma, occorre moltiplicarla almeno per dieci. 8. infimo taglio: valore minimo. 9. tutta nichelature: con numerose decorazioni al nichel, metallo bianco splendente. 10. credito: in questo caso, reputazione di una persona che è in grado di pagare. di biglietti da diecimila 7 e avevo detto alla cassiera: Mi rincresce tanto signorina, ma oggi non ci ho che questi bigliettini qui, di infimo taglio 8. Uno scherzo, insomma; ma che lo fece diventare verde e giallo, come se avesse avuto all improvviso un attacco di bile. Venne l inverno; e siccome di quei bigliettini di infimo taglio cominciavo ad averne parecchi in banca e sentivo che potevo ormai largheggiare, decisi di farmi la macchina. Iole subito mi avvertì: Comprala, ma non andarci la prima volta con Arturo. Quello, con l invidia che si ritrova, è capace di gettarci sopra il malocchio. Le risposi, come le rispondevo sempre quando mi parlava male di Arturo: Questi sono affari miei. Arturo è un amico tu non ci hai da mettere il becco. Però ero scosso, anche se non lo mostravo. A ogni modo, vado da Arturo, alla cartoleria e gli dico: Vieni con me all agenzia vediamo insieme le macchine voglio comprarmene una. Lui fa: Anche la macchina?. Gli era sfuggito e io lo guardai brutto e lui subito si corresse: Voglio dire che mi sembra che spendi un po troppo la macchina è una grossa spesa. Insomma andammo all agenzia e lì c erano le macchine, grandi e piccole, in serie e fuoriserie, in uno sfarzo di neon e di marmi gialli. Il venditore non faceva che lisciarmi: Signor Proietti, queste macchinette qui non sono per lei roba da poco, scatolette di sardine io so quello che ci vuole per lei. E mi porta davanti una fuoriserie celeste e bianca, tutta nichelature 9 e accessori brillanti. Gli domando il prezzo e lui battendomi sulla spalla con la mano: Non parliamo di prezzi: questa è la macchina che ci vuole per lei. Punto e basta. Debbo confessarlo, queste maniere larghe mi piacevano: sono negoziante, si vedeva che il venditore mi conosceva, era tutto credito 10 e questo, si sa, per un negoziante, il credito è la cosa più importante. Arturo faceva la solita faccetta storta, con la boccuccia di traverso e poi disse con una vocetta senza gioia, avara: Gigi, ha ragione il signore, questa è la macchina che ci vuole per te. E perché?. E lui: Non dici sempre che gli affari ti vanno tanto bene? Non dici che non sai dove mettere i soldi? Ecco, mettili in questa fuoriserie. Tutto questo con un tono agro, al limone, da fare allegare i denti. Tanto che mi spaventai, pensando che lui volesse spingermi a fare una spesa al disopra dei miei mezzi e subito, lì per lì, rifiutai la fuoriserie e scelsi un utilitaria come tutte le altre, grigia e marrone. Il venditore disse: Lei ci ha un buon amico che l aveva consigliato bene non importa chi non muore si rivede non passa un anno che lei torna qui e cambia l utilitaria con la fuoriserie Passò un anno, gli affari continuavano a prosperare, mi nacque un bambino; e in quest occasione, bisogna dire che Arturo seppe vincere l invidia che lo rodeva e si mostrò gentile, con sincerità, tanto che qua- 3

4 11. quartierino al negozio: piccolo appartamento nei pressi del negozio. 12. che, niente niente (espressione romanesca): non è che per caso si quasi anche Iole ci ricredeva. Poveretto, anche lui si rendeva conto di essere invidioso, e si sforzava di combattere la passione che lo struggeva; ma era più forte di lui. Però, quella volta, forse perché un bambino tutti possono averlo, anche i disgraziati, e il bambino non ha niente a che fare con la fortuna di un negozio, e uno può avere un bambino, poniamo, il giorno stesso che dichiara fallimento, lui, bisogna riconoscerlo, si comportò da amico vero. Venne con il regalino di un sonaglietto d argento, fece i suoi complimenti a mia moglie, si chinò ad accarezzare il bambino nella culla, dicendo con una voce che per la prima volta mi parve chiara: Oh che bel pupetto. Ne fui contento perché in fondo gli volevo bene e mi dispiaceva che mi invidiasse. Ma Iole non si fidava: Aspetta a cantar vittoria negli affari, devi vederlo figli lui ne ha, anche troppi sono i soldi che gli mancano. Di lì a qualche mese, sempre con l aiuto di mio suocero, feci l acquisto di un appartamento nuovo in un palazzo poco lontano dalla macelleria. Sinora avevo abitato in via Monserrato, una strada di casacce vecchie e umide, senza sole; e anche per la distanza dal negozio, non mi ci potevo più vedere. Anche questa volta volli fare ad Arturo la sorpresa: lo invitai per una serata a casa mia, senza dirgli che la casa non era più a via Monserrato bensì a via Angelo Emo e che la serata la facevo per festeggiare l ingresso nell appartamento nuovo. Passai in macchina alla cartoleria a prendere lui e la moglie, e lui protestò: Siamo a due passi che bisogno c è della macchina?. Non risposi nulla e tirai diritto, verso il Tevere e poi, passato il ponte, in direzione del Trionfale. Lui ammutolì allora, comprendendo; e io dissi: Ma non lo sapevi che non stiamo più a via Monserrato? Credevo di avertelo detto. Ho comprato un quartierino accosto al negozio 11. Lui borbottò sottovoce: Mi fa piacere proprio tanto. Come arrivammo, per prima cosa gli feci visitare l appartamento: Questa è la cucina: guarda che bellezza, all americana questa è la sala da pranzo, uso rustico questa la camera da letto, è quella che ci avevo a via Monserrato, la sola cosa che sia rimasta della casa vecchia e questo è il salotto, guarda un po questo divano e queste poltrone e guarda questa radio l apri e diventa un bar. A misura che passavamo da una stanza all altra, in quel quartierino nuovo nuovo, pulito, luminoso, sonoro, che odorava di vernice e di cera da pavimenti, la faccia d Arturo si allungava, smagriva, diventava sempre più scura. Disse finalmente, poiché tornammo in sala da pranzo per metterci a tavola: Non c è che dire un appartamentino proprio comodo non ci manca nulla ; ma con una voce così stentata che Iole non poté fare a meno di osservare: Ma che, niente niente 12, le dispiace?. Arturo finse di non aver udito. Ci mettemmo a tavola. Iole aveva preparato un pranzo come per 4

5 13. i soli vengono: il personaggio, nella sua povertà morale, rovescia il detto «i quattrini vanno e vengono». Capodanno: agnolotti, tacchino, dolce, frutta, due specie di vini, Chianti rosso e Frascati bianco, e, alla fine, anche il marsala. Eravamo tutti molto allegri, meno beninteso Arturo al quale bisogna credere che ogni boccone che mandava giù sapesse di veleno, tanto pareva svogliato e disgustato. Ma il più allegro di tutti ero proprio io, perché quell appartamento era la conclusione fortunata di alcuni anni di fortuna: tutto in quegli anni mi era andato bene, gli affari, la famiglia, la salute, tutto. Così un po per la soddisfazione, un po perché avevo bevuto parecchio, dimenticai Arturo e la sua invidia e, alla frutta, mi alzai, il bicchiere in mano, e dissi uno stornello che avevo composto per l occasione: Fiori benedetti, macellerie ce ne sono a Roma, ma la migliore è quella di Proietti. Era uno scherzo e mi aspettavo che Arturo rispondesse, com è l uso, anche lui con uno stornello, improvvisandolo lì per lì. Invece lui non fiatò; e mentre levavo il bicchiere per bere alla salute di tutti, lo udii dire sottovoce, tra i denti, come a se stesso, ma distintamente: Quant è caro. Avete capito: quant è caro. Come dire: Ma quando la pianta?. Confesso che, a un tratto, anche perché avevo bevuto e, si sa, il vino fa perdere il controllo, mi saltò la mosca al naso. Mi voltai inviperito verso Arturo e, nel silenzio, l accusai: Tu hai detto: Quant è caro. Ma vattene, io non ho detto nulla. Sì, tu hai detto: quant è caro. E lo sai perché l hai detto?. Io non so nulla. L hai detto perché sei invidioso e hai invidia di me e ti dispiace che le cose mi vanno bene. Ma tu sei scemo Invidioso io? E di te? E perché mai? Insomma finì male. Con Iole che, sfogando finalmente la sua antipatia, strillava ad Arturo: Invidia crepa. Con la moglie di Arturo che, piangendo, tirava il marito per la manica affinché venisse via. Con Arturo che rimbeccava me e Iole pur lasciandosi trascinare verso la porta dalla moglie. Lui pareva il più inferocito di tutti e credo che tra la sala da pranzo e l ingresso mi abbia gridato in faccia tutto il male che pensava di me da anni; ma non voglio ripeterlo perché, ancora ripensandoci, mi addolora. Se ne andò, finalmente; e io capii che la fortuna mi aveva fatto perdere il solo amico che avessi. Per questo dissi più tardi a Iole: La colpa è tutta mia m accorgo adesso di averlo provocato la fortuna bisogna saperla nascondere. Lei rispose: Da retta: i soli amici veri sono i quattrini. Gli altri vanno e vengono 13. da A. Moravia, Nuovi racconti romani, Opere complete, vol. IV, Bompiani, Milano

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