La decisione. di CATERINA BOSELLI

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1 La decisione di CATERINA BOSELLI Da venti minuti ero lì in quella stanza puzzolente. Mi tappavo il naso con il fazzoletto, ma non c era niente da fare. Quell odore prepotente riusciva non solo ad entrare nelle mie narici, ma mi avvolgeva, si insinuava nei vestiti e raggiungeva la pelle. Non mi ero mai sentita così a disagio. Questa mattina mi ha detto vestiti bene, come se andassi a una festa ma perché? non preoccuparti, tu vestiti bene e poi mi ha portato qui. E ora sento la sua voce, le sue risate dietro quella porta e ancora non so perché sono qui. Dentro di me sale la solita irritazione che nasce dall impotenza, dall impossibilità di sapere, di capire, di decidere. La solita storia: fai questo, fai quello, vestiti bene e basta. Lascia perdere, mi dico, tanto non c è soluzione. La porta si apre ed entra, seguito da un uomo piccoletto avvolto dallo stesso odore che c è nella stanza. Ha un atteggiamento ossequioso, mi guarda ma non mi saluta. Aspetta che lui gli dia il permesso. Ma lui non lo da. Mi guarda, anzi mi scruta e poi chiede a lui se posso mettermi di profilo. Lui mi dice: mettiti di profilo. Ora capisco. Quell odore è un misto di olio, di pigmenti, di resine, di solventi e le mani, i vestiti di quell omino ne sono impregnati. E un pittore. Non illuderti, mi dico, non sei qui perché lui vuole che l immagine della tua bellezza rimanga intramontabile nel ricordo. Gli serve un altra dimostrazione della sua potenza, della sua ricchezza. I vestiti damascati, i gioielli, l acconciatura elaborata, la pelle lattea non sono che la giusta cornice alla sua vanità. Questa volta però non sarà la solita storia, perché quell uomo insieme alle perle, ai colori accesi del tessuto, alle pieghe dei capelli dovrà guardare il mio viso, dovrà disegnare la linea del mio mento, la piega del mio naso, l espressione del mio sguardo. Questa volta posso decidere chi essere e quell attimo di decisione sarà per sempre.

2 Guardare al passato è stato uno strale di VITTORIA LINGUANTI All'ombra dei ricordi contemplo te, immagine che rechi l'impronta di una bellezza ormai sfiorita.sul mio volto ancora non vi erano i solchi che ha lasciato lo scorrere del tempo; ero fiera ed il mio sguardo era velato dalla fiducia verso un futuro che dipingevo roseo. Attendevo ai miei studi con l'entusiasmo dell'esploratore che si mette in viaggio per andare alla ricerca di luoghi ancora sconosciuti, incontaminati desiderosa di trovare nelle parole di illustri personalità una luce che potesse offrirsi come bussola e aiutarmi a comprendere gli uomini, il loro intimo e la forza che ha mosso e muove i loro sentimenti e le loro azioni. Ora invece, mi accorgo come dai miei occhi quel velo sia svanito: la disillusione lo ha squarciato mostrando l'illusione delle speranze! Il pittore volle rendermi signora di questo quadro, protagonista e padrona del tempo e dello spazio ma a ben vedere, ora, dopo tanto tempo, scopro come già il mio sorriso tradiva un dubbio, aveva tutta l'ironia dell'enigma, delle domande che mi ponevo sul mio presente, sul futuro. I miei abiti, i capelli raccolti tra perle preziose davano di me l'impressione di una donna che forse non sono mai stata! forse quell'esistenza narcisista, che mi ha sfiorato per un attimo, mi ha dato l'illusione di poter realizzare me stessa. Ma rivedendomi attraverso questa immagine di allora, constato come invece il riflesso dello specchio mostri un'altra persona :è come se uno strale mi avesse trafitto provocandomi il dolore che le frecce di Cupido danno agli amanti che sognano un amore impossibile da realizzare.penso come sarebbe stato bello mantenere sempre quella sicurezza così altera, distaccata, imperturbabile! La mia vita invece mi ha reso fragile, ogni mio passo mi ha dato la sensazione di camminare su un terreno franoso. Avrei voluto essere una roccia, avrei voluto essere quella ragazza! Ma nella bellezza di quell'immagine è racchiuso il mio ideale. Solo con l'arte e nell'arte si è eterni ed immutabili!

3 Un dono inatteso (la dama del museo Poldi Pezzoli di Milano) di MARZIA CANTINI Finalmente era arrivato! Il giorno più importante della sua vita, quello del matrimonio tanto agognato e temuto al tempo stesso, si era palesato in una splendida giornata di maggio. Costanza, nella sua abbagliante veste bianca, i biondi capelli raccolti in una elaborata acconciatura e con i preziosi gioielli di famiglia in bella mostra, si accingeva così ad essere scortata da un gruppo di cavalieri della migliore aristocrazia fiorentina alla dimora del promesso sposo Lorenzo. Il corteo, aperto da Costanza seguita da quattro damigelle e dai familiari, si snodava lungo un percorso prestabilito nelle strade cittadine ormai completamente lastricate e aveva attirato, per l'importanza del casato degli sposi, una folla numerosa che pareva incantata dinanzi a tanta magnificenza. Giunta dinanzi all'imponente palazzo che, d'ora in poi, sarebbe stata la sua nuova casa la giovane sposa fu accolta da un elegantissimo Lorenzo che, introducendola nell'ampio e sfarzoso atrio, la accompagnò verso la scala di salita al piano nobile dove era stato apparecchiato il gran banchetto di nozze. E lì, ai piedi della scala, in una nicchia nella parete, stava uno splendido ritratto di lei commissionato dal futuro marito alla rinomata Bottega d'arte dei fratelli Pollaiolo. La piccola tavola la rappresentava di profilo, elegantemente abbigliata, come, d'altronde, si addiceva ad una dama appartenente ad una ricca famiglia di banchieri, in una posa di grande compostezza che ne faceva risaltare i lineamenti armoniosi e, non ultima, l'estrema giovinezza. Costanza sgranò i begli occhi scuri ma Lorenzo, stringendola a sé, le disse: "Questo è il mio regalo personale...spero che ti piaccia...benvenuta nella tua nuova casa!"

4 Eravamo pur sempre belle di GIOVANNA MARIA ROMANO Ci incontravamo spesso durante le nostre passeggiate nel parco. Eravamo tutte belle, eleganti e ben curate, giovani donne con grandi sogni e infinite speranze. Accennavamo deboli sorrisi, ognuna un po' invidiosa della bellezza o del portamento dell'altra. Mentalmente giudicavamo i nostri aspetti, i nostri abiti sontuosi, i nostri gioielli, i nostri coloriti a volte spenti a volte troppo accesi. Poi tornavamo ognuna nella propria abitazione e qui giunte correvamo nelle nostre stanze e guardandoci allo specchio trasformavamo il nostro aspetto, perché qualcosa dell'aspetto delle altre ci aveva colpito. Allora via il pallore del viso o il troppo rossore, via quelle collane scure, ne mettevamo di chiare, scioglievamo i capelli e trasformavamo le pettinature copiando quella che c'era piaciuta di più nelle altre. Alla fine non eravamo pií le stesse di prima, avevamo assunto ognuna di noi un po' delle sembianze delle altre, ma eravamo pur sempre belle!

5 Lasciatemi alla mia arpa, signore... di ANNARITA MONTEMAGGIORE La mia signora madre, quando sul far della sera sente echeggiare per le grandi sale il mio primo arpeggio, sospira e si liscia pensierosa il corpetto di broccato. Sa che è giunto il momento. Mi sogguarda indecisa sotto la grande vetrata. Poi se ne va. Sa che tra un attimo varcherà la soglia del palazzo il Granduca. Sa che la sua unica figlia sta per erigere il solito muro invisibile per essere libera nel suo talento. Sa che finora il blasonato pretendente non è riuscito nemmeno a poggiare le labbra umide su quelle mani affusolate, flessibili come giunchi. Sa che l'arpa è l'unico amore di quell'unica figlia silenziosa e distaccata dai piaceri del mondo. Sa che il Granduca si avvicinerà con passo felpato, tenterà anche stasera un bacio lieve su quel lungo collo sinuoso: un altare bianco inviolato, allenato a sfuggirgli per assecondare solo il gioco delle dita sulle corde. L'innamorato deluso avrà come dono, per quell'inchino a vuoto, un flautato sospiro: "Lasciatemi alla mia arpa, signore..." La signora madre sa che non ha bisogno della sua approvazione, perchè esiste in sé e per sé. Con la sua arpa e il suo talento. Sa che il granduca tornerà ancora, sul far della sera, a bussare il portone di quel loro palazzo a Firenze, ma sa anche che vincerà l amore per l arpa. E sa che altri busseranno e si dovranno accontentare di riempirsi gli occhi della sua bellezza, di ascoltare i suoi mistici arpeggi.

6 Un baule e un sogno di BARBARA BENINATO Oggi l ospite forestiero ha fatto consegnare un regalo per me. L ho saputo dalla fedele Luisa, dolce amica, la donna che mi ha cresciuto. Ascolto attenta il suo racconto affrettato (ascoltare lentamente, assaporando una ad una, parole concitate e rutilanti, che gioco interessante): una carrozza giunta nel primo pomeriggio ha portato un raffinato baule avvolto in velluti e tessuti damascati. L emozione accentua il pallore della mia carnagione e amplifica lo sguardo verso l orizzonte lontano. Non ho mai amato gli orizzonti distanti, preferendo spazi circoscritti e definibili: sono timida, lo sanno tutti. Io non lo sapevo o meglio volevo non saperlo, fingendo di non rendermene conto; infine, ho smesso di negare a me stessa questo aspetto (o, meglio qualità?) del carattere. Il futuro si prospetta radioso per me: un ospite forestiero, un solido matrimonio, e una vita opulenta. Il baule viene portato nel salone antistante le mie camere. Luisa prendendomi per mano, mi sospinge in là. Ubbidisco docilmente. Sono sempre stata ubbidiente, lo sanno tutti. Ed eccoci qui, Luisa ed io e il baule. Mentre Luisa dispone per l apertura, il sogno, il mio sogno (e di nessun altro) mi soggioga ancora una volta, come tante altre volte, come sempre. Voglio studiare. Nessuno sa, o meglio i pochi che sanno, mi hanno sempre contrastato, deridendomi (non è importante che tu prosegua gli studi, andrai in sposa). Io invece voglio continuare a studiare. Voglio perdermi tra le pagine di libri, affondare nelle parole per scoprire orizzonti vasti e pozzi di meraviglie, voglio conoscere i suoni di lingue lontane e misteriose, e le regole matematiche. Cosicché il sogno trasforma i gioielli, i tessuti ricamati d oro, le fibbie ricoperte di diamanti, e gli oggetti in argento contenuti nel baule in libri che desiderano ed accolgono la mia lettura rapace, intensa e vogliosa. Stanotte fuggirò: tutto è stato concertato a modo. Lascerò la casa paterna, ingrata e frigida di sapere. E diverrò colta.

7 Il mio valore e' l'ideale, il reale e' gia' presente di SIMONA REBECCHI Illustre Maestro, mi chiedete con sollecitudine il mio ritratto. Ebbene, pensando a Voi che io stimo con sincera reverenza, poiche la Vostra arte e ben superiore alla Vostra mano fisica vi offro cosa ben piu importante di un viso : lo spirito che mi vive in corpo, poiche di esso sono piene le mie membra. Poterlo immaginare potra darvi insospettabili visioni, ho fiducia di Voi, lasciate dunque che Vi conduca a svelare la mia vita. Sono cresciuta in odore di latte, di rosso purpureo e di giallo screziato. Aderisco perfettamente al mio colore. E vibrazione, palpito, pensiero. E espressione di un tremore ardito e di un sogno, l evidenza e uno stile fiero. E capace di fondere l aria allo sguardo e l anima al cuore tenace. La verita del mio occhio aggiunge tono e suon o, un languido ciglio e capace di vestire molte sembianze ma solo la mia vera intenzione e capace di condurre la piu urgente possibilita. Tutto il resto diviene accessorio, obbedire non soggiace al convenire. Servente per reverenza sono educata per vocazione. Il mio colore conduce appartenenze che sfiorano l immaginario, e seducente al tempo stesso, e trasparente, conquista, entra e sbaraglia, tiene il ricordo di un passo regale. Il mio colore nasce libero, non si arrende, prende l umore e lo dispone in una nuova evoluzione. Appare liquido il mio candore, sorrido, sono semplice. E l ordine di tutto che tiene la forma, trattiene in memoria l ombra delle cose fatte materia. Emerge un piacere sottile, il compiacimento che non diventa falso pensiero. Nel colore tutto viene ad evidenza. Preferisco essere. Il piacere sul viso celebra il mio carattere. E difficile definire la presenza. L essenziale riduce al centro. Il mio ride del bello della vita, ma al contempo scopre il manto di una! malincon ia lontana che lo rende fedele alla memoria. Sono mossa dalla precisa intenzione che vuole sapere, vedere, imparare. Il mio valore e l ideale, il reale e gia presente.

8 La lettera scoperta di ADA SERRELLI Mi ritrovai tutta sola come ogni mattina a dover affrontare le pulizie quotidiane in casa della mia bisnonna Geltrude, di anni 80.Una donna molto sofisticata, dall'accento inglese, malgrado provenisse da tutt'altra parte, con un portamento molto regale e, diciamolo pure, con la puzza sotto il naso. Io sono la sua nipote preferita, quello che proibisce agli altri, a me è concesso, sicuramente senza dirmelo in faccia, posso essere odiata dalle mie cugine, ma io che capisco, faccio sempre in modo da condividere con loro i miei pensieri e le mie azioni. Anche se vogliono andare dalla nonna, lei non lo permette, solo una visita fugace e senza neanche tanto trasporto da parte sua. Un giorno mi decido di mettere in ordine le vecchie carte che la nonna Geltrude tiene sullo scrittoio vecchio 150 anni, cassetti microbi, reparti dove ci stanno al massimo foglietti e franco bolli, una base per scrivere e una specie di chiusura in tondo che serve per chiudere il tutto e...polvere! Cerco di sistemare e rimettere a posto così come ho trovato, se la nonna si accorge che qualcosa è diverso da come lo ha lasciato lei...meglio stare attente. Apro diversi scomparti, e mi accorgo di un piccolo scrigno legato con della corda a mò di pacchetto. Lo spolvero, ma la tentazione di vederne il contenuto è forte, cerco di resistere, ma non passa neanche un minuto che piano piano lo slego e vedo che all'interno vi sono buste ingiallite dal tempo legate tra loro con un nastro. Ne prendo una, e leggo le prime frasi..."mia adorata vita, senza la tua presenza qui accanto a me è come restare senza ossigeno..." lettere d'amore rivolte a mia nonna? Decido di indagare chiedendo alla stessa interessata di raccontarmi di questo misterioso pretendente. Gìà mi vedo io con gli occhi a cuoricino immaginando di avere anche io un pretendente che mi fa sognare, il classico principe azzurro che oggi non esiste più. La sera mi vedo con nonna e confesso, lei ride, sono lettere del nonno inviatale quando lui era in guerra, un ricordo molto caro.

9 Sono solo io di SABRINA SABLONE caro ti scrivo questa mia per rivelarti un segreto segretissimo delle mie 3 sorelle tutte innamorate di voi segretamente1 ma con la vostra ultima visita avete scatenato il putiferio tutte contro tutte la prima ha tagliato i bei riccioli d'oro che amavate alla seconda la seconda ha ucciso il cagnolino della terza ed è impazzita di dolore che ha accecato con la calce la prima sorella, con questo concludo mio caro vi sono rimasta solo io ad amarvi ma sfortunatamente sono rimasta incinta dello stalliere quindi andrete ora a beccare in un altro pollaio!!con infinito e segreto disprezzo la quarta del pollaio

10 Le dame che si cercano da lontano di FEDERICA PULIGA testo : C'erano una volta quattro dame che amavano stare sempre in compagnia sia per bere un thè caldo rigorosamente alle 17 di ogni pomeriggio, sia fare delle passeggiate fuori dalla corte e adoravano sistemarsi i loro fluenti capelli in bellissime acconciature raccolte. Un giorno a corte decisero che sarebbe stato bello fargli fare dei dipinti per impreziosire la sala da thè e loro molto felici acconsentirono ma questa fu una stregoneria perchè il ritratto fece si che le dame fossero intrappolate in questi ritratti e che esse stesse fossero divise per sempre. Infatti ad oggi i ritratti sono divisi in diversi musei ma accade che una volta all'anno ognuna di loro esca dal ritratto proprio per cercare le altre dame...

11 Agapi mu (amore mio) di PAOLA MARIA IZZI Agapi mu, la sola espressione che ho imparato nella tua lingua negli attimi che abbiamo rubato al protocollo di corte, agli impegni ufficiali, alla sorveglianza delle dame di compagnia ed all'inquietante presenza dei fantasmi che popolano questo palazzo. Quanto vorrei aver saputo approfittare meglio delle tue lezioni, per poterti ora scrivere queste poche righe, che tu non leggerai mai, nella lingua dei tuoi affetti, dei tuoi avi, di quei poeti antichi al cui studio cercavi invano di interessarmi. Mi parlavi degli dei e dei loro capricci, delle avventure di Odisseo e della disperata lotta di Alessandro Magno contro la storia e l'ombra dei suoi antenati, ma io guardavo solo le tue mani che tracciavano l'alfa, poi la beta e la gamma, posandosi sulle mie perché imparassero a fare altrettanto. Fissavo i tuoi occhi e mi perdevo nel loro inde finibile colore verde mare, accarezzavo con lo sguardo la tua bocca e i tuoi lineamenti, sognando che, con te, avrei finalmente conosciuto quell'amore che, tra una guerra e un'altra, il mio signore e sposo mi ha sempre negato. E come nelle tragedie che tu tanto amavi, appena ho conosciuto il tuo amore, te ne sei andato. - Manolis Chrisolmialo è partito stamattina- mi hanno informata, senza ulteriori dettagli. Emanuele dal cervello d'oro, come ti chiamava mio marito, te ne sei andato così, come una delle tante parole che hai cercato di insegnarmi, come una di quelle navi erranti tra le isole di cui amavi tanto parlarmi. Mi resta solo un figlio di te, nascosto nel mio grembo, un figlio di cui custodisco il segreto, dietro alla mia enigmatica espressione, un bambino che, ne sono certa, avrà i tuoi occhi pieni di mare e di sogni.

12 Non sono...una signora di GRAZIELLA DALLA VALLE testo : Indosso un abito meraviglioso confezionato con un velluto impalpabile, impreziosito da inserti in broccato e pizzo. Il mio lungo collo è abbellito da uno stupendo gioiello cesellato dai migliori orafi fiorentini. I miei capelli sono raccolti in volute e qua e là ho appuntato spilli in cui sono incastonati preziosi rubini e diamanti. Ho un portamento altero e un incedere elegante. Ma...tutto ciò non basta a fare di me la dama che vorrei essere. Quelle guance così rosee ricordano a chi mi vede che sono il frutto dell'amore tra il nobile e l'umile cuoca di palazzo. Oh le mie gote! Quante volte le altre dame mi hanno rivolto sguardi riprovevoli dall'alto del loro aristocratico pallore! Nè le mie nozze con un nobile, nè le ricchezze del mio sposo, nè il mio amore per le arti mi hanno riscattato ai loro occhi.

13 Quattro luci di un unico prisma di AURELIA POESIA Io dama. Io e il mio profilo. Si usa dire così, oggi: facebook, whatsapp, selfie! La mia identità, la mia immagine. Lo specchio, come l antico prisma, proietta e frantuma in schegge, in tessere il mio ritratto, le mie emozioni. Io antica Dama del Poldi Pezzoli sono vestita di una bellezza senza tempo, rarefatta, sospesa. Il mio sguardo si perde lontano con eleganza soave, come l intreccio dei miei pensieri, capelli, gioielli; un sorriso delicato ed impercettibile poesia di gioventù e sogni tanti, tanti davvero. Mi ritrovo nella Dama del Metropolitan Museum. Creatura raffinata il cui incarnato sembra assorbire il colore purpureo della veste in tessuto d amore. Il rossore del mio viso si sfuma nel magico intreccio dei capelli, divenuti giardino segreto di ricordi che il cuore cerca in silenzio e scioglie in un sorriso accennato di eterna risonanza. Un attimo e nella Dama di Berlino, più eterea, i miei colori si stagliano sullo sfondo come la consapevolezza della mia forza delicata e tenace. Le mie chiome sono meno intrecciate, più semplici, lineari, la mia è una bellezza ideale, cresciuta e formata dall esperienza e dal coraggio. La ricchezza dell abito contrasta con la mia essenza che tuttavia, con prepotenza, riesco a far scaturire da questa mia sfaccettatura. Ora Dama degli Uffizi, di matura estetica, colgo con lo sguardo oltre la siepe e sorrido con ironia all esistenza, ai significati, agli orizzonti, con forza mi sento appagata di ciò che in me vive del passato, del qui e ora. Raccolgo in me tutta la carica emotiva e le vibrazioni di una vita reale che abbraccia le quattro donne meravigliose amiche, sorelle, mie connessioni, emozioni di me, intrecci e legami impalpabili. E questo è ciò che ci rende uniche, umane e vive.

14 Una proposta irritante (la dama della Galleria degli Uffizi di Firenze) di MARZIA CANTINI La lettera era giunta in mattinata e già l intestazione del mittente aveva agitato non poco il sospettoso destinatario. Mr Collins era un grande collezionista d arte e tra i suoi tesori figuravano innumerevoli tele, tavole, argenti, bronzi, marmi risalenti in particolar modo al periodo rinascimentale italiano e, specialmente, alla produzione fiorentina del 400. Ma Mr Collins era anche gelosissimo delle sue collezioni tanto che alcuni pezzi particolarmente belli erano segregati in un caveau. Tra questi una piccola tavola, giunta fortunosamente in suo possesso una ventina di anni addietro, che raffigurava una giovane dama elegantemente abbigliata in damasco rosso, i lunghi capelli biondi intrecciati in una raffinata acconciatura, bei gioielli al collo e nei capelli, attribuita alla Bottega fiorentina dei fratelli Pollaiolo. La lettera che aveva impensierito il nostro proveniva nientedimeno che dalla Galleria degli Uffizi di Firenze che, in occasione dell allestimento di una mostra temporanea intitolata al Quattrocento fiorentino, chiedeva la disponibilità del proprietario a spedire il dipinto in Italia, il tutto com è ovvio con le debite garanzie di sicurezza e a spese del richiedente. Mr Collins era rimasto molto contrariato da questa richiesta e l impulso immediato era stato quello di rifiutare, sia pure gentilmente, la proposta di spedizione dell opera. Ma la notte, si sa, porta consiglio e il geloso proprietario, dopo averci dormito sopra, il mattino seguente, nella lettera di risposta alla direzione del museo, chiosò:.e, d altronde, mi sono detto che la mia bella dama, dopo tanti anni, avrà sicuramente piacere di rivedere Firenze.

15 Il ritratto di ALESSANDRA SACCO Lo vedo passare, sfreccia a cavallo sotto le mie finestre, avanti e indietro ed io, nascosta tra i pesanti tendaggi, lo osservo rapita, aspettando l'attimo esatto in cui mi appare più vicino, per poterlo guardare ancora, cogliere il suo sguardo fiero, il naso adunco ed un ciuffo biondo dei suoi capelli volteggiare nell'aria. Sono due giorni che non lo vedo. Due giorni lunghi come due secoli o due millenni, da quando lui ed il maestro sono arrivati a palazzo per finire il mio ritratto e con l'ultima lieve pennellata, segnare forse la mia sorte. Non lo potrò più guardare di sottecchi preparare i colori assorto e poi, di colpo, sollevare impertinente lo sguardo e trafiggermi come un lampo, all'insaputa del mio ritrattista, ignaro e serafico? Ed io seduta, immobile, priva di pensiero alcuno, scossa da mille battiti, lo stomaco attorcigliato dalle emozioni, la gioia incontenibile del desiderio e la vergogna e l'imbarazzo. Ed ora che ne sarà di me? Il ritratto è splendido, sublime; quando l'ho visto tra le mani di mio padre che estasiato, lo ammirava, sono arrossita, certa che potesse scoprire in un attimo, attraverso il profilo dipinto sulla tela, il mio amore impossibile, unico e prepotente. Ma il ritratto non mi ha tradito, lo sguardo ha conservato quella pacata e apparente serenità e indifferenza, a tratti inespressiva e vacua. E la famiglia del mio promesso sposo, alla quale la mia immagine andrà in dono, potrà mai carpire il mio segreto? Mi manca tutto di lei, la sua bellezza e il suo profumo, lo sguardo fiero e umile assieme, il suo sorriso lieve mentre guarda davanti a sè, fingendo indifferenza. E' così splendida e irraggiungibile! Ed ora, come potrò mai rivederla? La penso mentre lavoro a bottega, assorto nell'incantesimo dei colori, nella magia ed nel mistero delle luci e delle ombre. Il suo desiderio non mi dà tregua, solo correndo come un folle a cavallo, l'aria fredda della sera mi placa. La rivedrò, ne sono certo.

16 "Dicono sia stata colpa della neve" di Claudia Orofini Voglio che tu possa sempre ricordami così, dal mio profilo sinistro. La simmetria non è del genero umano, due occhi diversi, un braccio più lungo dell'altro, una gamba più corta dell'altra, una spalla più alta, una più bassa. Ma io ero bellissima, avevo l' armonia, avevo le proporzioni, la grazia del corpo e dello spirito. I violini, hai presente il suono dei violini? Quando alzi gli occhi al cielo e lo vedi azzurro, incominci a danzare al loro suono, le nuvole ti accompagnano mentre flutti e ti senti leggera? Io mi sentivo ogni giorno così, avevo la melodia dentro, il mio corpo era dolce, leggero, armonioso come una grande composizione per archi. Dicono sia stata colpa della neve, sai? Tutta colpa del gelo a cui sono stata esposta nell'attesa del tuo ritorno. Il mio nervo facciale destro ha subito un trauma e non risp onde più. Il mio occhio destro è sempre aperto e piange infinite lacrime, la mia guancia destra è smunta e priva di tonicità, non posso sorseggiare il tè senza che coli dall'angolo destro della mia bocca che ormai non ride più, il mio sopracciglio destro è fermo a quel giorno, non si alza più in segno di grandezza, della mia grandezza che fu e che ti offro e ti regalo per sempre in questo dipinto. Non ci rivedremo più, non voglio che più nessuno mi guardi come sono ora. Ti ho amato, aspettato, mi sono consumata nell'attesa e l'idea di non essere riconosciuta da te, accettata, amata come prima mi fa sprofondare ancora più di come sia già ora. Guarda il dipinto quando ti mancherò, bacialo, parlagli, io sono lì, per te, per sempre ma non più qui.

17 Una alla volta di LUISELLA NICASTRI testo : Ragazze...ora che è calato il buio e non abbiamo più tutti quegli occhi addosso, vogliamo finalmente fare quattro chiacchiere? Io, che sto a Milano da diversi secoli, di cose da raccontare ne avrei parecchie; chissà tu, che, a quanto dicono, hai varcato le Colonne d'ercole per trovare un nuovo mondo! E tu, invece, che vieni dalla terra dei Germani, dimmi, le dame sono ancora così rozze o hanno imparato l'arte del vestire di cui noi siamo maestre? E a Firenze,invece, che si dice? Ho una tale nostalgia! Ehi, ma siete sorde o addormentate? Va bene che il viaggio vi ha stancate, ma questa è davvero un'occasione unica: tutte e quattro ancora insieme, come ai tempi del nostro primo splendore! Ricordate quanta emozione? Dovevamo tutte, chi prima e chi poi, andare spose e per questo avevano scelto per noi abiti, gioielli, acconciature e...marit i! Chissà chi di noi ha poi trovato anche l'amore...suvvia, raccontate!ma devo parlare solo io, mentre voi tre ve ne state lì appese al chiodo? Sta già albeggiando e a me viene solo da sbadigliare... non sarà che, come imponevano un tempo le buone maniere,ci viene concesso di parlare una alla volta? Ricordate,però,che abbiamo tempo fino al 16 febbraio...

18 Un giorno normale di FRANCESCA AMADASI testo : 17 novembre E poi arriva un bambino. Dà la mano al suo papà e mi guarda. È un po annoiato. Non si sofferma più di qualche secondo sul mio profilo. Pochi attimi e inizia a tirare. Il braccio gli si tende tutto. Si trascina fino alla porta e io gli vedo i capelli semi nascosti da un cappuccio turchese. Poi, come lui prima, con me, osservo il suo profilo. Ha il nasino ancora piuttosto piccolo. Cambierà. Lo perdo di vista. Per sempre. E penso a cosa farà, a dove starà portando il suo accompagnatore, mentre io rimango qui, nel mio immobilismo imperturbabile, a scrutare a metà una fiumana che mi scorre di lato. Vorrei seguirlo. Ma non ho più tempo. Mi resta solo un eternità. Di perfezione statica. Arriva una bambina. È sola qui di fianco a me. Mi scruta. Con attenzione. Nessun indizio di tedio in lei. Per nulla disturbata dal caldo e dal brusio, credo m invidi. Si aggiusta la chioma. La solleva. Crea una specie di chignon e lo lascia cadere. Scappa. Di nuovo quel senso d im potenza che mi fissa a una tela inchiodata ad un muro. Mi piacerebbe seguirla. Imitare, nella sua corsa, lei che imitava me. Sta avvicinandosi un uomo. Deve avere una decina d anni più di me. Vorrei chiedergli se mi trova attraente. È tutta una vita che mi preparo solo per questo. Per vedermi bellissima riflessa nello sguardo di qualcuno. M infastidisce quell andatura incerta, come di chi è troppo stanco per risolversi a proseguire. E un tormento questa costante bramosia di attenzioni. Ma io vivo di questo. Di momenti rubati alla quotidianità dei passanti. So di non poter avere di più. Ho paura, infinitamente paura, di incontrare cenni di indifferenza negli occhi della gente. Temo chi passa oltre, sfilandomi davanti mentre guarda altrove. Sono così stanca di fingere di vivere mentre mi limito a sopportare una sopravvivenza apatica. Potessi realizzarlo, avrei un desiderio. Vorrei che mi rubassero. Sarei stata il desiderio di qualcuno. Sarei diventata di qualcun o. E la sarei diventata per sempre.

19 La 3 Dama di SONIA FRAZZITTA Dopo secoli di silenzio, mi trovo nuovamente a vagare reincarnata di giorno e spettro di notte nell'enorme palazzo appartenuto alla mia famiglia ed ora divenuto ufficio di marketing e creativita' di una nota societa' italiana. La mattina mi diverto come segretaria particolare del Project Manager a prendere gli appuntamenti ed ad inserire scalette sponsors ed headlines sul mio pc. come da regole dettatemi, ma durante la notte mi diverto a variare ed a cambiare cio' che trovo inutile ed effimero riportandolo ai miei ideali stravolgendo a beneficio o a maleficio di chi di mattina mi tratta bene o male. Cosicche' solo chi a me piace puo' andare avanti in questa professione legata a strategie e favoritismi non sapendo che io la 3 Dama che nella stampa del Pollaiolo, disposta dietro la mia scrivania dispone e regola il potere di questa societa' di creativi mentre le altre 3 dame e colleghe nel quadro si adoperano nelle loro specialita' vigilando nei secoli sul nostro Palazzo tentando di mantenere inalterato il nostro status nel tempo e parallelamente incentivare la bellezza e l'estrosita'.

20 Il bianco è un colore freddo di BEATRICE TOSCANO Siete stato l unico a non ricordare il mio nome. Mio padre aveva organizzato quel ballo nei minimi particolari, solo per me. Aveva scelto personalmente le portate del banchetto, le composizioni floreali e persino il mio abito, una nuvola di candido tulle. Mi presentò ad ogni giovane della stanza ritenuto, a suo insindacabile giudizio, un buon partito. «E questa è mia figlia Bianca Chiara Alba Serena Trivolzio» Anche voi, come gli altri pretendenti, sorrideste e vi inchinaste rispettosamente, quasi schiacciato dal peso di tutti quei secondi nomi. Ma non ve li rammentaste. Quando anche l ultimo violino smise di suonare il valzer che avevamo danzato insieme, mi guardaste con aria smarrita. Avrei dovuto capire allora che voi eravate diverso da chiunque avessi incontrato: la gente non dimentica mai il mio nome, forse perché tutto, nel mio aspetto, glielo ricorda. Il pallore dei mio volto, il candore dei miei capelli, la monocromia delle mie vesti. Qualcuno forse avrebbe tentato di mascherare questi nivei tratti, ma non io. Non lasciatevi trarre in inganno dal ritratto: questo sfarzoso vestito verde smeraldo non mi appartiene - mi è stato prestato per l occasione (in verità mi è stato imposto dal pittore, stanco di dipingere bianco su bianco) Io sono esattamente come mi vedete. La mia pelle eburnea non cela altro che una mente limpida, priva di qualsivoglia preconcetto. Priva di una qualsivoglia opinione, in verità. Dico ciò che ci si aspetta che io dica e sono chi si vuole che io sia. Figlia obbediente virtuosa pianista esperta amante amica fidata innocente promessa sposa. Una tela bianca, alla mercé di ogni artista girovago. Con voi non mi comportai diversamente: citai Keats e Wordsworth perché sapevo che erano i vostri poeti preferiti, ma sapevo a malapena chi fossero. Mi trasformai nella ragazza perfetta per voi e tutto in sole tre settimane Ma quando vi domandai se mi amavate mi rispondeste «Impossibile Bianca: io non vi vedo quando vi guardo»

21 Ho santificato luce e ombra di ISABELLA DE RORRE Sto salutando l'ultima estate così come d'estate ho salutato la vita, molti anni fa. Sono sopravvissuta a due figli, un marito e due sorelle. Curiosa, garbata nei modi e diplomatica, sono stata capace di un incantesimo sublime: nascondere il mio carattere forte e la mia voglia di avventura, costruendomi molte vite diverse nel soffio del fuoco di un pomeriggio d'inverno. Ho addomesticato tartarughe cani e formiche, santificando ombre e luci di primavere immobili, composte dentro un arazzo o sussurrate durante una messa. Ho riso molto e molto amato, tutti e tutto: la goccia di vino sfuggita alla coppa durante un banchetto e scivolatami giù lungo una mano, i libri letti in segreto, i piedi nudi sopra l'erba di notte, unica testimone dei racconti della luna ai grilli e ai ricci. Ho accompagnato alla morte i miei cari, stringendo lor o le mani per scaldarle e salutandoli in un arrivederci quieto e sicuro. E ora, da questo letto, dalla finestra aperta, sento ogni profumo del giardino, e il richiamo di quelle voci, le mani tese che quasi mi afferrano, le luci delle torce e il fremito d'ali del cuore confuso con quello degli uccelli intrappolati negli anfratti delle mura, i primi dolori, la gioia e il silenzio. Silenzio che mi avvolge, più delle sete preziose, silenzio che mi riconfonde con quella luce e quell'ombra, che mi completa e conferma che ogni singolo minuto di questa vita immensa, ho vissuto e saputo di farlo.

22 "Sono nei vostri occhi ora e per sempre" ( lettera della dama del Staatliche Museen di Berlino) di VALENTINA VENEGONI Dolce sorella mia, Ho tanta paura del futuro. La gente si volta per le strade e si ferma incantata dalla mia grazia, dal mio viso così candido, dai miei capelli che nulla hanno di invidiabile all oro. Non ho bisogno di alcun ornamento prezioso poiché i miei occhi sono più splendenti degli zaffiri e nostro padre orgoglioso parla agli amici di me come del suo più grande gioiello. Cara sorella, mi manchi e mi mancano tanto i tuoi consigli. Mi sembra solo ieri quando ridendo mi insegnavi come si metteva la cipria e passavi le ore ad acconciarmi i capelli come quelli delle dame che vedevamo ai ricevimenti! Non trattengo il sorriso pensando al fatto che ora qualche altra bambina possa guardare a me come noi a quelle bellissime donne! Eppure, nello stesso momento, non riesco a non domandarmi: e domani? E domani quando la mia bellezza inizierà a sfiorire, quando il trucco non riuscirà più a coprire il passare del tempo, quando gli uomini guarderanno ragazze nel fiore degli anni e le mie amiche cercheranno consigli di bellezza dalle più giovani e fresche rivali io cosa farò? Chi sono io veramente oltre alla bella ragazza che tutti invidiano per la sua grazia? Nostra madre da sempre ci ha allevate perché noi fossimo splendide ed invidiate dalle altre madri le cui figlie si presentavano meno composte ed eleganti di noi. E quanto orgogliosa l abbiamo resa, la nostra venerabile madre! Ma in nulla ella ci ha mai istruito su come affrontare il peso degli anni, le rughe e i rossori così imbarazzanti. E io mi sento perduta. Lei mi accarezza e con dolcezza mi dice goditi gli anni e la bellezza, goditi ogni istante di questo momento ma poi? Soccorrimi con il tuo consiglio, sorella mia! Ora l unica cosa che mi rincuora è il ritratto che nostro padre ha fatto realizzare di me; ogni volta che lo guardo penso che tutti coloro che lo contempleranno sapranno che io esisto e che sarò nei loro occhi, splendida, ora e per sempre. E di questo io vivo. Un affettuoso bacio, La tua sorellina

23 Caro diario... di FRANCESCO CUBISINO mio padre mi ha informata che domani riceverà il mio sposo per conoscerlo. Se a lui piacerà, potrò vederlo anch'io; fremo al pensiero di incontrarlo! Sarà alto, bello, fiero, giovane? Sarà grasso, vecchio, storpio, basso? Il ciel non voglia! Ormai ho 12 anni e il mio destino è sposarmi affinché le sorti della mia famiglia siano favorevolmente garantite. Non conosco altri che i miei fratelli e i miei cugini ed ora tutto questo dovrò lasciare perché la mia infanzia è finita. A questo mi han preparato mia madre, mio padre, i miei precettori. Nessuno ha chiesto il mio parere: mi bastino queste ricche vesti e questi gioielli, belli da invidiare. Così, alzo fiera la testa alla posa del pittore. Tutti mi vedranno come voglio che mi vedano: sguardo in avanti verso il futuro, la fronte alta e spaziosa dove albergano pensieri solo miei, nel timido sorriso la speranza di giorni lieti con il mio sposo. E poi i broccati, le perle... Ah domani...vorrei fosse già oggi.

24 Pensieri della dama degli Uffizi di CRISTINA FERRARA LA DAMA DELLA GALLERIA DEGLI UFFIZI Che idea bizzarra un ritratto! Però mi sembra divertente, sto ferma qui ore e giorni interi : ho solo pochi momenti per muovermi e poi resterò ferma per sempre nel tempo, anche quando non sarò più qui, su questa terra? Però, chi mi dirà cosa ispirerà il mio volto? Comincio a sentirmi ridicola, quasi non sembro più io. Io sono diversa e questi pensieri mi suscitano il riso. La vita è qui, adesso, la cosa importante è viverla nell abbondanza! Ma non devo far vedere che dentro di me sto ridendo, altrimenti questo eclettico pittore lo farà trasparire nel ritratto e poi tutti si chiederanno la causa della mia allegria. Non possono sapere che non sogno di essere vista da un bel gentiluomo, non sogno che mi voglia incontrare per poi forse chiedere alla mia famiglia il permesso di sposarmi: no, davvero non mi interessa. Cosa potrebbe darmi che io non abbia già? Mi costringerebbe ad una vita che non mi incuriosisce. Le notizie che arrivano dalla Spagna invece sono da vvero intriganti: si dice che un gruppo di navi sia partito per trovare una via più breve per l Oriente. Ecco cosa vorrei: avviare un commercio con quelle zone, quei popoli. No, non le spezie, la cucina non fa per me. Eh sì, ma se continuo a sorridere così, allora dovrò spiegare che il mio pensiero è per le stoffe, i ricercati ricami, le belle e preziose decorazioni tra i miei capelli : il mio elegante abbigliamento di oggi, tutti gli abiti e le stoffe che mio padre produce, ecco, io vorrei che fossero conosciuti anche in altre terre, portati lì da navi veloci, sui mercati di quell oriente che non conosco. Ma le sete che da lì arrivano sono davvero pregiate, ecco perché penso che là le cose belle siano molto apprezzate. Potremmo vendere le creazioni della nostra bottega e diventare più ricchi di oggi! E io viaggerei fino là, in quei paesi che si dice siano tanto diversi dalla mia Firenze e venderei e comprerei fino a saziare la mia fantasia, il mio desiderio di crear

25 Come Heather Parisi di REBECCA RAINERI Sono stata a lungo la giovane donna laggiù in fondo, nascosta, evanescente e segreta, ma non era cominciata così la mia storia. A quattro anni, davanti alla nonna seduta sul divano damascato in un soggiorno anni '50, odoroso di stoffe impolverate, e saturo degli orpelli e i belletti di un epoca passata, - centrini ricamati all uncinetto; cornici d argento che immortalano volti color seppia, cari e ormai scomparsi; una credenza di legno pesante colma di cristalli, e custode del servizio buono per il pranzo della domenica -, ballavo come Heather Parisi, e mimavo sfacciata uno spogliarello buffo e inconsapevole, esplosione di vita e bellezza e amore. Un estate a Milano Marittima, mentre Piero Focaccia dal vivo suonava e cantava in spiaggia un pezzo da vacanza agostana sull Adriatico, sono corsa in roulotte, ho indossato la mia gonnellina hawaiana di rafia rossa, papà mi ha sollevato trasportandomi sopra le teste del pubblico che batteva le mani ritmicamente incoraggiando lo special guest, e buttata sul palco improvvisato, mi sono scatenata in un ritmo che non conoscevo, ma che mi apparteneva e pulsava forte, nella pancia, nelle gambe, nel respiro. Qualche tempo dopo sono arrivate le selezioni al Teatro alla Scala, per diventare Carla Fracci, o Lorella Cuccarini. Poi, invece, è comparso il buio. Il buio più profondo e pauroso che si possa immaginare. Nero, come il bosco di Cappuccetto Rosso. Nero, come lo sgabuzzino umido e sinistro dove sei rinchiusa quando vieni punita dalla signorina Rottermeier, piccola Heidi. Nero, come l antro del Ciclope, coraggioso Ulisse. Nero, come la spaventosa casetta di Hansel e Gretel, sotto la glassa di zucchero rosa e cioccolato fondente, inganno della strega cattiva. E accaduto l indicibile, l osceno, l innominabile. Ma sono sopravvissuta. Dio! Quanto mi è costato riemergere, quanta volontà e quanto sangue, per tornare ad essere me, luminosa stella danzante, senza peso e senza passato. Sono io la donna in primo piano, in tutto il mio quieto splendore.

26 "Ella splende come la luce del mattino" di ANNA MENEGHIN Mia diletta, oggi vi ho scorta mentre passeggiavate all'ombra delle arcate del Duomo, i raggi che filtravano dalle vetrate illuminavano interamente la vostra persona così che, mia bella, eravate avvolta da un'aura caleidoscopica. Mi sono allora soffermato a pensare a quanto fondata sia la fama della bellezza della mia signora: le popolane si voltano al vostro passaggio, ammirando le raffinate vesti, create con i migliori tessuti provenienti da Parigi o da Amsterdam, o i preziosi gioielli che cingono il vostro candido collo e adornano i vostri polsi affusolati. I gentiluomini si ritraggono con un inchino rispettoso quando passate, ammaliati dalla grazia del vostro incedere. Ma per sempre viva nella mia memoria è l'immagine della corona che è la vostra chioma, splendente come l'oro più puro, ondulata come le fiere onde dell'oceano in tempesta. Comprendo allora, consapevole dell'unicità di tale bellezza, il motivo per cui soventemente odo per via sussurri di ammirazione: "Ella splende come la stella del mattino". E allora, mia luce guida, ti prego, continua a far rifulgere sulla mia vita la tua fiamma, alimentata per sempre dall'amore del tuo, eternamente fedele, Lorenzo Colleoni

27 Piccola storia letta nei pensieri di MARIA PIA DEANIELLA Ecco, è arrivato il momento: la seta scivola via dal ritratto... Eccola lì mia figlia, una dei molti, prima confusa tra gli altri gioca e corre, poi d'improvviso seduta ascolta ogni parola, rimane ore nel mio studio, la sua muta presenza ignorata: non è il posto per una bambina, dice sua madre, ma lei è brava a non farsi notare. Non si sposerà, meglio il convento che sopportata in casa di un fratello, ma io sapevo cosa fare. E adesso è una dama di antico lignaggio e questo ritratto celebra il suo successo e la mia lungimiranza. La mia famiglia ha un nome antico, molti miei avi sono stati potenti, a volte più del Signore che si compiacevano di servire. Io amo le arti, le scienze, le elevate conversazioni, il gioco e il lusso. Per scongiurare il disastro ho dovuto accettare questa moglie imposta in cambio della generosità di suo padre. In silenzio è arrivata e ha preso nelle sue mani l'amministrazione della casa, poi delle terre, poi della sua dote, ed io oggi la guardo con rispetto e vedo la sua bellezza come l'ha vista il pittore di questo ritratto. Sono stata bambina per poco, una febbre ha diviso l'infanzia in prima e dopo: prima le corse, i giochi, le liti coi fratelli e le risate, dopo solo sguardi sfuggenti e la pena di mia madre. Ho imparato di nuovo a camminare, lenta per mascherare la zoppia, a tenere la schiena dritta, a sorridere a fior di labbra, a guardare lontano per non vedere la pietà negli occhi altrui; poi ho deciso che la sapienza avrebbe sostituito la grazia perduta. Lo guardavo da lontano, il cuore batteva di più. Nello studio si alzano le voci: col ricatto mio padre mi ha imposta come moglie, il mio parere non viene chiesto. Sono entrata nella sua casa a testa alta, ho messo in ordine i suoi affari, lo guardavo ancora da lontano anche se ho partorito suo figlio. Ma una notte di maggio è entrato nella mia stanza e mi ha presa senza spegnere la lucerna, guardandomi in viso, da vicino.

28 Tormenti artistici di LORENZO RIGAMONTI Guardo distratta la bianca parete della stanza. Sudo, ho freddo, mi guardo in giro, ho paura. Ho un tacco spezzato, vestiti sporchi di fango. Sento un fruscio di vento. Sara lui? Mi ha raggiunto, è qui con me? Apro le finestre, tutto tace. Una calma notte silenziosa. L uomo riposa e l Architetto mondiale spegne l interruttore per il giorno a venire. Sarò troppo esposta qui fuori? Mi vede, sono certo. Ecco un passante correre lungo il mare. È lui, è lui Solo un signore che rincorrere il cane in cerca di libertà. Rientro. Una stanza fredda, vuota, bianca, bianca. Un bianco Pace, di quella Pace che da anni ricerco ed invana raggiungo. Qualche passo nel corridoio oltre la porta chiudo a chiave, spengo la luce. Accendo una misera candela che silenziosa riposava sul comodino. È buio. Le pareti sono nere, nere, di quel nero che descri ve la mia vita. Lui è qui, è qui dentro, mi osserva compiaciuto ad accentuare il mio strazio. Mi accingo alla porta, i passi sembrano svaniti, accendo la luce, tutto tace. Sempre la solita stanza bianca. D un fiato mi lancio sul letto, un angelo disperato in caduta. Mi giro verso la porta, che con suo calore ligneo mi separa dalla vulnerabilità del mio inseguitore. Lui è qui, è qui. Ma chi lui, chi è questo lui? Mi alzo veloce, mi dirigo verso uno specchio e mi guardo. Siamo piccoli, foglie fragili in balia del vento. Rimpiango la mia vecchia vita eterna. Ero una tela e i pigmenti, il mio sangue. Quella è la mia vita Ma lui lui, è lui, sta arrivando arriva, eccolo, è qui, lo sento, passi veloci, veloci, il sangue pulsa, tenebre, il sublime. Chiudo gli occhi, voglio pensare ma non riesco, perché, perché! Lasciami, mi arrendo, non farmi del male. Ma ecco. Lui Una voce, roca, è Pollaiolo, parla, parla, parla. Ma io non voglio sentire, io voglio esser ciò che sono sempre stata, un tela. Perché se tela sono sempre! stata, non la voce, non il bianco, nero, no, solo pigmenti. Non posso fuggire dalla mia essenza: un semplice, dolce, eterno quadro...

29 L' appuntamento di VALERIA GAMMELLA Questa mattina presto sono uscita di fretta da casa con in capo un berretto di pizzo e al collo la collana della nonna. Fuori era ancora buio, l'aria umida. Alla fermata ho notato che non era sola. La città si sveglia presto! L'autobus si era riempito di una moltitudine di gente. Ho visto la mia immagine riflessa nei vetri. Avevo un espressione da ragazza snob, dai vestiti e dalla pettinatura avevo l'aria di una damina dell'antichità. La mia amica mi guardava in modo interrogativo e le dissi che dovevo fare da modella per un dipinto e mi domandai se il mio vestiario era così eccessivamente bizzarro. Maria rise fragorosamente. Disse che sembravo lievitare per l aria da snob che assumevo. Ero perfettamente a mio agio, non mi curavo dei curiosi che mi fissavano. Nella bottega il pittore aveva provato a contattarmi da un po senza avere risposta. Ero ormai in ritardo da ore. L agenzia non sapeva cosa rispondergli. Per loro ero scomparsa nel nulla. Nell aspettarmi il pittore incominciò a preparare la tela, i colori. La luce quella mattina era perfetta. Prese i pennelli. Aprì le tende, mise un sedia davanti alla finestra un raggio la illuminava. Provò quindi ad immaginarmi. La damina sembrava lì. La mattina dopo come per incantò sulla sua tela vi era una dama dal sorriso solo accennato. Ai suoi occhi perfetta! Citofonai, mi disse che ero in ritardo di un giorno, mi invitò a salire. Quando aprì la porta nel vedermi sbiancò, mi face avvicinare alla tela. Mi aveva ritratto, anche la collana di perla era lì. Il tutto senza avermi mai visto prima!

30 Un grande amore di PIERINA MANCO avevo appena 17 quando mi innamorai perdutamente di Carlos, lui un uomo che stava per sposare un'altra dama, non volevo crederci, ma ogni volta che i suoi occhi azzurri incontravano i miei dentro di me scoppiava una forte emozione e mi trattenevo nel andargli incontro ad abbracciarlo. Lui sicuramente era molto attratto da me, spesso avevamo parlato, e proprio i suoi discorsi mi avevano portata a conoscerlo meglio, a capire molto di lui, ma la differenza di età ci allontanava sempre di più. Ma quel mattino di settembre fu un giorno davvero speciale per noi, lui bussò alla porta di casa e ad aprire era mia madre che preoccupata gli chiese il motivo per cui fosse giunto fino a li a quell'ora, e lui si inginocchiò per chiederle di vedermi, di potermi parlare, io ero in camera mia e avevo sentito tutto, corsi da lui e chiesi spiegazioni, lui piangen do mi disse, so che mi ami, lo sento, sono anni che sono innamorato di te, ma devo sposare un'altra, se solo tu mi darai la possibilità annullo tutto e ti aspetto finchè non potremmo sposarci, ma se io per te non conto nulla allora perdonami e fai finta che questa conversazione non sia mai avvenuta. Io commossa e davvero felice mi sembrava di sognare, mi abbassai e lo feci alzare prima di dirgli che se avrebbe sposato un'altra la mia vita sarebbe stata nulla, mentre con lui sentivo che sarebbe stata una grande storia d'amore. I nostri 4 figli sono il frutto del nostro grandissimo amore.

31 Firenze, 16 giugno 1471 (Dal diario della Dama del Museo Poldi Pezzoli, Milano) di CHIARA ROSTAGNO Non mi spiace stare ferma. E anche se vicino al maestro Antonio sono in molti a osservare, io amo rimanere qui immobile per ore con lo sguardo rivolto esattamente al punto che lui stesso mi ha indicato, vicino alla colonna del portico. È strano. Mentre il tocco del suo pennello sulla tavola mi trattiene per sempre nell'immagine dipinta io sono altrove con il mio pensiero. Lui, il maestro, lo sa. Lo vede nei miei occhi. Ieri mentre pensavo alle perle intrecciate nei miei capelli, alle mani di Giovanni che le facevano scivolare nelle mie nell'attimo di quel nostro fugace incontro nel giardino delle ortaglie... Lui ha chiamato a gran voce uno dei suoi discepoli e ha voluto del bianco. Quel punto minuscolo nel mio occhio dipinto, è quel palpito del mio cuore che rimarrà per sempre. È un segreto fra me e lui.

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