Finalmente, grazie a questa originale biografia, per il taglio estremamente

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Faustina Valenti
8 anni fa
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1 Finalmente, grazie a questa originale biografia, per il taglio estremamente personale datole da Massimo Novelli, ho potuto conoscere la vita intera di Stefano Terra, uno scrittore che ho molto amato per i suoi libri e la sua persona. Eppure, di tempo, con Stefano, ne ho trascorso tanto e sono stato il suo più intimo amico negli ultimi anni, come ricorda anche Novelli. Ma, in fondo, è stato solo, appunto, negli ultimi sette anni della sua vita: e cioè esattamente, per essere morto egli a quasi settant anni, soltanto per un decimo di essa. Un po orso di carattere, le volte che veniva a Roma da Atene dove abitava, il tempo libero lo trascorreva per lo più con me, che lo veneravo, che guardavo a lui come a un maestro. Non solo nell arte del racconto, ma per lo stile di vita avventuroso che incarnava: l Hemingway che sognavo e che i suoi straordinari romanzi di personaggi déraciné, come lui li chiamava, lungo le strade inquiete dei Balcani, tra rivoluzionari, inseguimenti e fughe ben rappresentavano. E, naturalmente, stando insieme tante ore, si parlava. Però parlavamo delle cose del momento. Ad esempio di una casa sul litorale romano che voleva comprare, per cui avevamo fatto una gita fino a Tor San Lorenzo, dove io avevo una casetta, per vedere una villa lì vicino; del fatto che gli piacevano le macchine alte, adatte alla sua statura (io avevo una Fiat Ritmo!). Oppure mi raccontava che, per la poca promozione che avevano fatto del suo libro Le Porte di ferro, s era violentemente alterato con la di- 9

Ma, in fondo, è stato solo, appunto, negli ultimi sette anni della sua vita: e cioè esattamente, per essere morto egli a quasi settant anni, soltanto per un decimo di essa.

2 rezione editoriale della Rizzoli del tempo, dicendo loro in faccia, nello sfogo, di essere dei «piduisti» (con Rizzoli pubblicò solo due romanzi: Le Porte di ferro e Albergo Minerva). O ancora, mi riferiva dello scrittore Libero Bigiaretti, che abitava dalle sue parti, il quale, incontrandolo gli diceva sempre: «Ah, se avessi avuto la vita che hai avuto tu, quanti romanzi avrei scritto!»; dei vicini di casa incontrava anche Raffaele La Capria, per brevi scambi di informazioni letterarie, poco più, e mi diceva cosa s erano detti. Si parlava anche della sua amicizia con uno dei miei autori preferiti, Lawrence Durrell, conosciuto in Grecia. O di messaggi da portare ad Andrea Barbato, allora direttore di Paese Sera a cui collaboravo e al quale lo accomunava il vizio per le corse dei cavalli. Una volta che a casa sua venne a trovarlo Geno Pampaloni con una donna che io credevo essere la moglie, venni poi a sapere da Terra che era l amante, dividendosi Pampaloni equamente tra la moglie legittima e lei, l una ben sapendo dell altra. Discutevamo anche di uno sceneggiato per la Rai tratto da Le Porte di ferro, per cui contattai un regista amico Gianfranco Mingozzi, per poi incontrarci in vista di una eventuale coproduzione a casa di Terra con l allora presidente dell Académie de France a Roma, Jean-Marie Drot, il quale era stato il regista francese del film tratto dal romanzo di Stefano La fortezza del Kalimegdan, di cui lo scrittore era anche l attore protagonista; dello sceneggiato invece non se ne fece niente. Parlavamo di donne, era molto curioso di quelle con le quali avevo un certo feeling: una volta che m ero preso la cotta per una, mi era stato ad ascoltare tutta la sera, seduti a un tavolo del vicino ristorante di piazza della Pigna, dove andavamo spesso, sempre a sue spese. E così via. Voglio dire che della sua vita passata, a parte i brandelli di ricordi che occasionalmente potevano affiorare, Stefano Terra mi parlava poco. Ad 10

scritto!»; dei vicini di casa incontrava anche Raffaele La Capria, per brevi scambi di informazioni letterarie, poco più, e mi diceva cosa s erano detti.

3 esempio, solo recentemente, dalla moglie Emilia Srniç, ho saputo che prima di lei, incontrata quando Terra era stato inviato a Belgrado, era sposato con un altra donna. Emilia stessa me l ha detto come se, conoscendo i miei rapporti col marito, lo sapessi e, invece, ne ero completamente all oscuro. Così come, sempre da poco e per caso, ho saputo che Manolis Fortounis il vecchio poeta comunista greco che frequento da anni, aveva a lungo lavorato nell ufficio di Terra all Ansa ad Atene come traduttore e sua moglie Stella come redattrice della rivista femminile greca Domino, di cui Terra era editore. Naturalmente con Stefano parlavamo anche di Domino e dei suoi contratti con la Mondadori di fornitura di materiali. Insomma, i nostri rapporti erano sempre nel presente, anche se a unirci era qualcosa che aveva a che fare col passato di entrambi. Due cose in particolare: la Grecia, innanzitutto, che amavamo e cui eravamo legati, lui per la sua storia professionale, diventata poi anche umana e sentimentale, io per essere sposato a una donna di madre greca la cui cultura e relazioni parentali, amicali, religiose impregnavano la mia nuova vita famigliare; la seconda cosa è che io sono di origine fiumana, esule, vittima di quella storia jugoslava della quale Stefano Terra è stato importante testimone in quanto corrispondente da Belgrado de La Stampa di Torino nei fatidici anni in cui il destino della mia famiglia veniva segnato dal passaggio dell Istria e di Fiume alla Jugoslavia di Tito (Stefano come compiutamente ci narra qui Novelli verrà espulso dal regime del Maresciallo e anni dopo pubblicherà l interessante volume Tre anni con Tito). Il fatto poi che Emilia, moglie di Stefano, fosse di origine serba, e in qualche modo pertanto a me assimilata nell anima slava famigliarmente presente, costituiva un elemento sostanziale della nostra intesa. 11

Così come, sempre da poco e per caso, ho saputo che Manolis Fortounis il vecchio poeta comunista greco che frequento da anni, aveva a lungo lavorato nell ufficio di Terra all Ansa ad Atene come

4 In questo quadro, l elemento torinese, e più generalmente piemontese, sfugge completamente. Tra noi era praticamente inesistente. E, invece, è quello sul quale più punta Massimo Novelli nella sua biografia, e che ha il grande merito di farmi scoprire uno Stefano sconosciuto. Novelli infatti racconta molto dei suoi primi anni torinesi, delle sue amicizie, delle sue gesta, delle azioni antifasciste, dei suoi legami famigliari. E io poco o nulla sapevo della madre, dei suoi rapporti difficili con il padre, con il fratello. Sì, Terra mi accennò che aveva un fratello, sorvolando però sulla cosa con una battuta liquidatoria. Torino era lontana da noi. Facevo anche fatica a pensarlo torinese, piemontese, quando per qualche motivo questo elemento emergeva dai discorsi. Quello che sapevo, per avermelo detto, era che Stefano Terra era l unico dei giornalisti con il quale il direttore storico de La Stampa, Giulio De Benedetti suocero di Eugenio Scalfari del quale Terra era amico si dava del «tu». E, ancora, che lui a La Stampa non aveva mai avuto una scrivania, perché era sempre stato un inviato speciale. Torino emerse con forza solo quando per il quotidiano Paese Sera fui redattore del dialogo tra Terra e Franco Calamandrei, all epoca senatore della Sinistra indipendente, in occasione della ripubblicazione da parte di Bompiani de La generazione che non perdona, in cui Stefano ricorda gli slanci libertari che avevano animato la sua gioventù nel capoluogo torinese e che ispirarono sempre la sua vita di anarchico. Novelli sottolinea l importanza che tutto ciò ha avuto negli sviluppi della vita futura di Terra, sia come uomo che come scrittore. Lo fa con una partecipazione emotiva che rende queste pagine intense. È come se Novelli, più che una biografia, più che il frutto giornalistico di una ricerca, avesse scritto, tanto è il coinvolgimento, un romanzo, una storia 12

Novelli infatti racconta molto dei suoi primi anni torinesi, delle sue amicizie, delle sue gesta, delle azioni antifasciste, dei suoi legami famigliari.

5 straordinaria. Anche perché non si ferma alla figura di Terra, ma coinvolge un intera generazione, che è poi quella che ha fatto la storia dell Italia postfascista e della sua letteratura. Della quale Stefano Terra fa indissolubilmente parte, e ai livelli più alti, al di là della dimenticanza di cui sembra oggi soffrire. Mi auguro che con questo libro Massimo Novelli torni a far parlare di Stefano Terra e, soprattutto, possa convincere gli editori a ripubblicare i suoi libri, cosicché si possa tornare a leggerli, come meritano. Diego Zandel 13

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