Più poveri di cosi! Commedia brillante in due atti. Fulvio Barni e Maria Letizia Ceccuzzi. Personaggi: Genoeffa: moglie di Plinio

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1 Più poveri di cosi! Commedia brillante in due atti di Fulvio Barni e Maria Letizia Ceccuzzi Personaggi: Genoeffa: moglie di Plinio Telemaco: figlio di Plinio e Genoeffa Ristotele: figlio di Plinio e Genoeffa Plinio: capofamiglia Tarquinio: padre di Plinio Luigi: cliente di Plinio Assuntina: moglie di Luigi Giulia: fidanzata di Aristotile

2 Carola: moglie di Tarquinio Tranquilla: cliente di Genoeffa Beppe: fratello di Meco Meco: fratello di Beppe Fattore Svaldo: padre di Giulia Tesini: ufficiale giudiziario La vicenda è ambientata nella prima metà degli anni cinquanta, mentre ancora si patiscono gli strascichi della guerra da poco finita. Siamo nella stanza di una catapecchia che ha funzioni di sala da pranzo, soggiorno e durante la notte anche di camera. Vivono qui, moglie e marito con due figli, il padre e la madre del capofamiglia. Il capofamiglia ha una piccola azienda di pompe funebri, un figlio da una mano a lui nel lavoro, l altro va a bottega ad imparare il mestiere di barbiere. La moglie aiuta il bilancio familiare facendo la cartomante. Il nonno è in pensione, la nonna collabora alle faccende domestiche. Il tran tran quotidiano scorre normalmente, nella miseria più nera, finchè un bel giorno La scena si apre con Telemaco e Ristotile che sono ancora al letto. È domenica mattina. Fuori e in casa fa un freddo cane. Entra Genoeffa. In testa ha un foulard alla maniera di un turbante. Genoeffa: (a voce alta) Telemacooo.. Ristotileee forza, su, che è già tardi, alzatevi e rifate i letti, che tra poco arrivano certi clienti del babbo per scegliere la fodera. Ristotile: (con voce assonnata) Se uno non sa che mestiere fa il babbo e sente te, pensa subito che faccia il sarto. Telemaco: In un certo senso, lo fa. Ristotile: Mamma, ma sarti fanno i vestiti, èh. Genoeffa: E sa che c è parecchia differenza.. Oddio, i vestiti che fa lui non tornono proprio a pennello, rimangono un pò rigidi, ma ho visto che però li contenta tutti ne avessi mai sentito lamentare qualcuno Telemaco: Meno quella volta che voleva mettere dentro la cassa Tonino di Sguilla, che era a fare la veglia al morto. Ristotile: (mentre ridacchia) Questa non la sapevo. Racconta Telemaco, dai. 2

3 Telemaco: E successa l anno scorso, ma per paura di passarci male il babbo non l ha mai detta a nessuno. Ristotile: E allora te come fai a saperla? Telemaco: A me l ha raccontata proprio Tonino. Ristotile: Ma insomma, che sarebbe successo? Telemaco: Successe che era morto Beppe del Tini, no, e allora Tonino di Sguilla si offrì ai parenti per fargli la veglia la notte in chiesa. Però a un certo punto s addormentò e così, quando arrivò il babbo per incassare il morto, invece che prendere quello vero prese Tonino che gli si era steso accanto e lo mise dentro. Ristotile: Nessuno dei due aveva bevuto, scommetto. Telemaco: Ah! Non avevano bevuto? Ubriachi fradici tutti e due che non stavano in piedi. Ristotile: Nuova!. E allora? Telemaco: E allora il babbo prese Tonino di peso e lo mise dentro, ma quando l ebbe accomodato per benino dentro la cassa, lui si svegliò. Si rese conto dov era e cominciò a urlare. Saltò fuori e prese via come una lepre. Ristotile: E al babbo gli prese una paralisi, scommetto? Telemaco: Macchè paralisi! Si mise seduto vicino al morto vero e gli disse: Vedrai che morto com è non va tanto lontano. (cantilenante) Lascialo stare che prima o poi ritorna. Genoeffa: (con voce alta) Telemacoooo Ristotile, allora, vi volete alzare o vi devo scaraventare giù dal letto? (esce a prendere l armamentario del suo lavoro: candeliere, carte, pendolino) Telemaco: Ma neanche la domenica mattina si può dormire in pace. Ma questo non poteva morire stasera, o magari domani. Ristotile: Vorrà dire che da qui in avanti la gente morirà a comando tuo, cosi la domenica puoi dormire. Telemaco: Fuori deve essere parecchio freddo anche oggi. Ristotile: Fuori non lo so, ma qui in casa si trema.. (mimando i brividi) Brrrrrrrrr. Telemaco: Giustappunto che potevano aspettare domani per fargli il funerale. Con questo gelo mica gli andava a male. (rientra Genoveffa e dispone il tutto sopra al tavolo) Genoeffa: Fuori ci sono tutti i cani senza coda dal freddo che fa. (urlando) Allora, vi volete alzare o no. Forza che stamani dovete fare anche il bagno. (Telemaco e Ristotile si alzano dal letto sbadigliando e stiracchiandosi) Telemaco: Si, il bagno. Ma se l abbiamo fatto poco tempo fa. Mica si può stare sempre a mollo. 3

4 Genoeffa: A me sembra che l ultima volta che l avete fatto è stato per Natale. Ristotile: Un mese e mezzo fa, mica è passato un anno. E poi con questo freddo. Piuttosto perché non hai acceso la stufa quando ti sei alzata? Genoeffa: E a che davo fuoco, che la legna alla metà di novembre era già finita. Telemaco: Alle sedie di cucina. Tanto per quello che ci facciamo. Mangiàre si mangia ogni Tanto. Genoeffa: Domenica lo accesi con comodini che erano della camera del nonno del tuo babbo? Ristotile: Telemaco, ma poi chi sarebbe morto che non ho capito? Telemaco: Senti, io di preciso non lo so, ma da quello che ho capito, deve essere lo zio di Gigi di Perbenino, quello che ha fatto i soldi in tempo di guerra con la borsa nera. Ristotile: Auh!. Tanto sono diventati poco sofisticati Gigi e l Assuntina. Non avrà da fare niente stamani il babbo. (cominciano a rifare i letti) Telemaco: Mamma, che si potrebbe mangiare per colazione? Genoeffa: Secondo me niente.. Ah, no, anzi, guarda in cucina che dovrebbero essere avanzati due cipollotti che ha portato tuo nonno dall orto e qualche noce. Ristotile: Due cipollotti a colazione! (esclamazione di disgusto) Buaaaaah! Telemaco: Se le zuppi nel latte però ti sembrano biscotti. Genoeffa: No. Li deve mangiare da soli. Perché il latte non c è e il pane è finito ieri sera. Telemaco: Io credo che per stamani la colazione dovrai saltarla. Ristotile: Secondo me sei scemo. Tutte le mattine domandi cosa c è per colazione. Eppure lo sai che ormai sono anni che si salta. Telemaco: Ma lo domando così, tanto per non perdere il vizio. Ristotile: Di domandarlo, perché di fare colazione ormai è da tanto che abbiamo perso il vizio. (entra Plinio. E vestito completamente di nero. Cappello nero, guanti neri, sciarpa nera e occhiali da sole neri) Plinio: Telemaco, Ristotile, ma ancora siete in pigiama? Forza, svelti, che stanno per arrivare questi clienti. Mica ci vorremo far trovare così, èh. Forza vestitevi. Telemaco: (squadra meravigliato il padre da cima a fondo ) Babbo, dimmi un po una cosa, dove li trovati i soldi per comprarti questo vestito? Plinio: Comprato? Se dovesse prendere un colpo a chi lo ha rinnovato a me non mi prende neanche di striscio. Questo me lo hanno regalato. (mentre si guarda e lo spolvera) Bello, è è puro cotone americano. 4

5 Genoeffa: Col gelo che c è fuori almeno non soffri il caldo. Ma fammi il piacere. si può vedere uno con la sciarpa di lana intorno al collo, guanti e il vestito di cotone. Plinio: Spiritosa! Se non ho altro da mettere, che faccio, vado in giro nudo? Ristotile: (con tono sarcastico) Babbo? Plinio: (con tono altrettanto sarcastico) Dimmi, amore.. stellina santa del babbo tuo. Ristotile: A chi li hai rubati il vestito e tutta quell altra roba che hai addosso? Plinio: (mentre fa il verso di dargli un manrovescio) Stai attento a come parli, èh. Che sono il tipo che va in giro a rubare la roba, io? (i ragazzi cominciano a vestirsi) Genoeffa: In giro no, ma se ti capita qualcosa a tiro è difficile che rimanga al suo posto. Sono più le volte che viene via con te. Plinio: Avevo lasciato detto alle monache della commenda che se gli capitava un vestito della mia taglia, l avessero messo da parte. Telemaco: (sorpreso) E morto Cèncio del Tassi? Plinio: (secco) E te come fai a saperlo, che è morto questa notte all improvviso? Ristotile: Ovvia, babbo, alla commenda c era lui e soltanto che aveva più o meno la tua taglia. Plinio: Èèèèh... povero Cenciaccio, anche lui se l è fatta. e pensare quanto bene mi voleva. Genoeffa: Mi sbaglio o qualche volta l avevo visto in giro anche con un bel vestito di lana pesante? Plinio: Non ti sbagli, no. E proprio quello che gli ho messo addosso. Genoeffa: (scuotendo la testa) Povero fesso! È da questo che si vede che non capisci neanche a chiamarti. Plinio: Ascoltami, Genoeffa, non cominciamo a offendere perché se no mi arrabbio subito di mattina presto. Genoeffa: Ora ditemi se secondo voi capisce. Col ghiacciato di questi giorni, a Cèncio che non gli serve più, gli mette il vestito di lana e per se prende quello di cotone Io, bho! Plinio: Genoeffina, forse hai ragione te, però che ti devo dire, si vede che lì per lì, mentre lavoravo, questa cosa mi è sfuggita. Telemaco: E scommetto che gli hai messo anche il cappotto? Ristotile: Perché Cèncio ce l aveva il cappotto, èh, gliel ho visto io. Plinio: Certo che gli ho messo anche il cappotto, tanto se no veniva buttato. 5

6 Ristotile: Dimmi una cosa, babbo, ma te quanti cappotti hai? Plinio: Io? Neanche uno. Mai avuto il cappotto in vita mia. Telemaco: Lo vedi! Se invece eri furbo, oggi ce l avevi uno anche te. Genoeffa: Povero fesso. Al morto, che poteva andare bene anche una canottiera di cotone gli mette il vestito di lana e il cappotto e per se prende il vestito leggero. (indica la testa) Te, qui, hai i pulcini che pigolano, vedi. Plinio: Genoeffa, io quando lavoro, lavoro, non posso mica pensare alla moda. Genoeffa: Alla moda no, ma al bisogno si. Se no che vai a fare al lavoro, a passare l aria? Plinio: (pensando tra se e se) Potrebbe essere che non ci ho pensato perché dentro la commenda c era caldo?. Può essere si. Genoeffa: (con tono di rimprovero) E gli occhiali chi te li ha dati? non mi dire che erano di Cèncio, èh, perché Cèncio gli occhiali non l ha mai portati, me lo ricordo bene. Plinio: (imbarazzato) Mi sembra. se non sbaglio, èh. che dovrebbero essere del curato della Pieve che un giorno andò a trovare le suore e se li scordò Telemaco: E anche degli occhiali, scommetto, che avevi lasciato detto che se gli capitavono un paio da sole della tua misura, te li mettessero da parte. Ristotile: No, questi ce li ha messi lui da una parte.. nascosti però.. e così quando il curato è andato via gli è toccato scordarseli per forza. (i ragazzi escono: Telemaco verso la cucina, Ristotile verso fuori) Plinio: Ma insomma, volete farvi gli affari vostri o no. Invece di essere contenti che in casa c è almeno una persona furba, si lamentono. (Genoeffa gli toglie il cappello di capo) Genoeffa: (con tono di sospetto) Fai un po vedere questo cappello. (lo gira tra le mani) Questo invece è del figlio di Sandro di Zappetto che abita a Roma. Plinio: Gli somiglierà, vorrai dire. Genoeffa: No, no, sono sicura che è il suo, al cento per cento. Plinio: Oooooh, guarda che la fabbrica che ha fatto questo cappello, non ha fatto questo solo, èh. Genoeffa: Lo riconosco perché (indicandola) qui gli ci ha cacato un piccione e la macchia non è andata più via. Plinio: E te come fai a saperlo? Che sei la lavandaia dei cappelli del figlio di Zappetto? Genoeffa: (quasi una cantilena) Quando il figlio di Sandro di Zappetto va a far visita al suo babbo in commenda, dopo che è passato di lì, che fa? 6

7 Plinio: O che ne so io che fa.. ritornerà a casa sua. Genoeffa: Dopo fa quello che hai detto te, ma prima? Plinio: Ascolta, Genoeffa, se vuoi giocare agli indovinelli, guarda di farmeli più facili, se no io non l azzecco neanche a uno. Genoeffa: Viene da me a farsi fare le carte... Plinio: E tutto questo discorso col cappello che c entra. Genoeffa: C entra perché è stato qui proprio ieri mattina e prima di andare via mi ha fatto vedere il cappello e mi ha domandato se potevo fare niente per mandare via la macchia. Plinio: Ascoltami, Genoeffa io l ho trovato nell attaccapanni che è nell ingresso della commenda, e prima di prenderlo l ho anche domandato se era di qualcuno. Genoeffa: E ti hanno risposto che non era di nessuno? Plinio: T ho detto che l ho domandato. Ma se lì non c era nessuno, ho colpa io? Genoeffa: Chissà cos era ritornato a fare all ospizio, che c era già stato. Si vede che aveva dimenticato qualcosa. Plinio: Bene! Gli sta bene. Che ci va a fare uno nei posti dove è già stato. Almeno poteva andare da un altra parte. Genoeffa: Che così il cappello ce l aveva sempre, vero? Plinio: (seccamente) Certo!.. mmmmm.. ma che mi fai dire, Genoeffina (frettoloso) Ora, bisogna che vada perché devo andare a fare una cosa che non me la può fa nessuno, e così, intanto, prendo il campionario, perché questa gente dovrebbe stare a minuti. (si sentono rumori di secchi e tegami che si rovesciano. Entra Tarquinio) Tarquinio: Genoeffa, dimmi un po una cosa, ma cosa ci sarebbe sul pavimento del corridoio che ad ogni passo sono inciampato in qualcosa? Genoeffa: Sono tegami che ho messo io per racccogliere l acqua, perché piove dappertutto. Tarquinio: Apposta ad ogni passo sentivo uno schizzo addosso. Plinio: Ma non potevi accendere la luce così vedevi dove mettevi i piedi? Tarquinio: Guarda, che io l accendo tutte le volte che vado di là e tutte le volte che vengo di qua, ma sarà più di un anno ormai che non funziona più. Plinio: E te seguita a premere l interruttore. Chi te lo dice che prima o poi non gliela fai a farla accendere. Tarquinio: (a Genoeffa) Ma ieri sera che gli hai dato da mangiare, un pezzo di volpe? No, perché per 7

8 farlo diventare furbo tutto insieme, non puoi aver fatto altro. (fa per sedersi su una poltrona) Plinio: Non ti metterai a sedere lì, èh? Tarquinio: Perché, c è la vernice fresca? Plinio: No, ma è meglio se non ti siedi. Tarquinio: Ti voglio fare contento. (fa per sedersi su una sedia) Va bene qui? Plinio: No, non ti puoi mettere neanche lì. Tarquinio: E allora dove mi dovrei mettere seduto secondo te, (facendo il gesto con un dito) in cima a un fuso. Plinio: Allora non ci siamo capiti. Voglio dire che qui non puoi restare. Tarquinio: Ascoltami, Plinio, ma hai già bevuto, oppure stamani sei più scemo di sempre? Plinio: Dai, babbo, vai di là in camera tua, su. Fammi un piacere. O se no vai fuori a fare una giratina. Tarquinio: Ma lo senti il mio padrone. e allora che l abbiamo fatta a fare repubblica se uno non può fare come vuole. Plinio: Babbo, ci vuole tanto a capire che devono venire due clienti per scegliere le stoffe. Tarquinio: E a te ci voleva tanto a dirlo subito, invece di fare tutti questi versi? (gli fa il verso) Di là, no, di qua, no, di sopra, no, di sotto, no. A me sembri scemo.. anzi, no, non sembri, sei. Plinio: Si crede furbo solo lui. Gli altri sono tutti scemi. Tarquinio: Te, senz altro, sono sicuro.(lo squadra dai capelli ai piedi) Piuttosto dimmi una cosa, perché ti saresti conciato così? Ti è morto qualcuno che sei vestito a lutto? Plinio: Che discorsi fai? Questa è la mia divisa del lavoro. Tarquinio: E da quando, che ieri non l avevi? Plinio: Da stamattina presto. Tarquinio: Ho capito, è tutta roba che ha rubato ieri sera..almeno sei stato furbo a rubarla a gente di fuori?. perché se no appena esci in strada ti tocca tornare subito a casa... nudo però, perché te la ritolgono. Plinio: Questa è tutta roba mia se non ti dispiace. Tarquinio: Vieni un po qua, avvicinati, che ora ti dico se è roba tua. (Plinio si avvicina) Plinio: Tanto se lui per ogni cosa non ci dice la sua non è contento. 8

9 Tarquinio: (osserva e tocca attentamente gli indumenti) Dunque il cappello è del figlio di Sandro di Zappetto gli occhiali.. glio cchiali.. sono del curato della Pieve il vestito è di Cèncio del Tassi che è morto questa notte, (urlando) e la camicia e la sciarpa invece vai a riportarle subito nel mio armadio perché sono mie, forza, cammina. Plinio: Io e te babbo dobbiamo fare un patto...io ti dico se hai indovinato, se però prima mi dici come hai fatto a indovinarci. Tarquinio: (a Genoeffa) Eccolo, l hai sentito? E quando fa questi discorsi da coglione che ci si accorge subito che non capisce niente, no. Plinio: Genoeffa, perché non ti fai aiutare da lui a fare le carte. A me sembra che indovina più di te. Genoeffa: (a Plinio) Vai a fare quello che dovevi fare, cammina. Plinio: Non facciamo scherzi, èh, se arriva quella gente, chiamatemi subito. Genoeffa: Si, ho detto di si, vattene. (fa per uscire poi torna indietro) Plinio: Tieni, Genoeffa, (estrae alcune carte dalla tasca della giacca) queste carte erano dentro la tasca interna della giacca. Devono essere del povero Cèncio. Guarda se c è qualcosa d importante e poi mettile in un cassetto, le terrò per ricordo. (Genoeffa le prende e le appoggia sopra il suo tavolo di lavoro. Plinio esce) Genoeffa: Tarquinio, toglietemi una curiosità. Ma come avete fatto a indovinare di chi era la roba che ha addosso Plinio? Tarquinio: Perché vi ho sentito dalla camera mentre chiacchieravi, no? Che hai pensato che fossi diventato indovino per davvero? (Plinio è sulla porta. Ha in mano un ombrello) Plinio: E se alle volte doveste scervellarvi per capire di chi è questo ombrello, non vi affaticate, perché questo è.. (Tarquinio lo interrompe) Tarquinio: Del marito della Rosina di Pasquino. Vai, vai vai a fare quello che hai da fare, che è meglio. Stamani non te la cavi. Plinio: Io boh, un lavoro come quest anno non si era mai visto. (esce) Genoeffa: E ora spiegatimi come avete fatto a sapere di chi era l ombrello? Tarquinio: Capirai che ci vuole tanto. L ho visto ieri sera mentre lo prendeva nel portaombrelli dell osteria. Genoeffa: Però è anche sfortunato, poveraccio. Non gliene va mai una bene. Tarquinio: Andiamo, togliamoci da qui, se no stamani devo litigare, ho già capito come va a finire. Genoeffa: Finché non arrivano questi clienti potete restare. Dopo, magari, se andate di là è meglio. Lo sapete che Plinio non vuole nessuno quando fa gli affari con i clienti. 9

10 Tarquinio: L affari che fa lui sono come quelli che faceva un tale che conoscevo io: comprava le camicie a mille lire e le rivendeva a novecento, perché aveva sentito dire che più le vendeva e più guadagnava. Genoeffa: Io vado di la un cucina a fare un po di faccende. Se arriva qualcuno chiamate, mi raccomando. Tarquinio: Tranquilla, sono qui io.. (tra se) Qualche volta mi viene da pensare che di Plinio mia moglie mi abbia messo un corno. Tutti qualche volta siamo un po coglioni, ma lui oltrepassa sempre il segno. (bussano alla porta).. Datigli un paio di calci ed entrate. (si sentono i tonfi dei calci. Entra un signore distinto completamente vestito di nero. Gli manca il braccio sinistro. Ha con se una valigetta portadocumenti) Tesini: (tipo tanto gasato) Perché non mettete una serratura nuova? Avanti, mi dica perché. Non è convinto che la casa risulterebbe tanto più sicura quando siete assenti? Tarquinio: Ma perché così risulta parecchio più comodo per noi, invece che alzarsi tutte le volte per aprire. E per quanto riguarda la sicurezza, (si guarda intorno) date un occhiata in giro e poi ditemi se c è qualcosa che ruberesti. Tesini: (si guarda intorno) Credo che abbia ragione lei. Ho l impressione che non ci sia niente da rubare. Tarquinio: Se però vi fa comodo un po di miseria non fate complimenti, perché qui ce n è a manciate. E ve la diamo quanta ne volete. Tesini: (smorfieggiando) A parte la miseria, che senza nascondere nulla è molto evidente, quello che salta subito agli occhi appena si entra è la sciatteria. (schifato) Io non sopporto la trascuratezza e il disordine. Tarquinio: (alterato) Ascoltatemi, prinicpe Turlonia, voi con la vostra famiglia, abiterete senz altro in tre o quattro persone in una decina di stanze, noi, invece, in sette si abita in quattro stanzine. Tesini: Secondo lei cambia qualcosa? Tarquinio: Cambia, cambia Eh, se cambia. Però se permettete vi voglio far vedere una cosa. (passa una mano sopra un mobile e gliela mostra) Visto che pulizia. Può darsi che in casa vostra il sudicio vi passi avanti. e ora ditemi bongiorno e cosa volete, su, che poi vi offro da bere. Tesini: Buongiorno. Lei è il signor Guerrini, (gli porge la mano) io sono il signor Tesini, ufficiale giudiziario, e sono qua perché devo notificarle un importante documento (scandendo bene le parole) nelle esse, pi, emme. (appoggia la valigetta sopra il tavolo e cerca all interno) Tarquinio: E cosa sono le esse, pi, emme? Siete sicuro che io ce l ho? Tesini: Esse, pi, emme, vuol dire sue, proprie, mani. Lei non ha le mani? Possibile che non abbia le mani? Faccia vedere le mani. (Tarquinio mostra le mani) Allora ce l ha le mani. Vede che ce l ha le mani. Tarquinio: Ce l ho si, ma due sole, voi l avete detto cinque o sei volte, mani. 10

11 Tesini: Fa niente, va bene lo stesso. Per quello che devo fare io possono bastare. Tarquinio: Ma se mi aspettate un momento vado a vedere di la in camera se alle volte le rimedio un altro paio. Tesini: Di che cosa deve rimediarne un altro paio? Tarquinio: Di mani. Avete detto che vanno bene anche due, ma se le rimedio quattro mi sa che è meglio, vero? Tesini: (cominciano ad alzare la voce tutti e due) Non faccia dello spirito inutile e si presenti: chi è lei? Tarquinio: Poco fa non avevete detto, che ero il signor Guerrini? Tesini: Io non le ho sentito dire, sono il signor Guerrini. Tarquinio: Per forza. L avete deciso da voi che ero il signor Guerrini. Tesini: Quello che ho detto lo ricordo benissimo. Però se non sbaglio lei non ha risposto. Tarquinio: Ma a cosa dovevo rispondere? Tesini: Alla domanda che le ho fatto. Tarquinio: Ma se non m avete domandato niente, che vi dovevo rispondere? Tesini: Che lei è il Signor Guerrini. Tarquinio: (al pubblico) Tra poco, a questo gli caccio un dito in un occhio se continua. Ma perché devo dire per forza che sono il signor Guerrini se non so neanche chi Guerrini cercate. Tesini: Ho capito, lei si rifiuta di darmi le sue generalità. Tarquinio: Ma io non rifiuto niente, perdio. Siete voi che non capite quello che vi spiego. Tesini: Devo intendere che sta dandomi dello scemo? Tarquinio: Per ora no, ma non ho più tanto.qua, famcciamo in un altro modo. Domandatemi se sono io quello che cercate, su.. domandatimelo. Tesini: Scusi, è lei quello che sto cercando io? Tarquinio: E che ne so io chi cercate voi? Tesini: Sto cercando il signor Guerrini. Tarquinio: (alterato) No, no, puttana della miseria, se voi seguitate a dirmi che cercate il signor Guerrini, non ci ariviamo in fondo. Rifacciamo tutto da capo. Alzatevi, forza, andate fuori e rientrate. Appena passate la porta mi fate la domanda, su. (Tesini esce e rientra) 11

12 Tesini: Lei è il signor Guerrini? Tarquinio: Ditimi un po una cosa, ma dalla poccia della vostra mamma succhiavi il latte e basta? Un po di educazione, mai, èh. (imperioso) Come si dice quando si entra in casa d altri? (indicando la porta) Da capo. (Tesini ece) Tesini: Buongiorno, lei è il signor Guerrini? Tarquinio: Ah ma allora siamo di travertino! State attento e guardate come faccio io, così dopo ci fate anche voi. (Tarquinio esce e rientra) Permesso? Che voi vi siete scordato di dirlo, ma non fa niente, tanto ormai ho capito che siete un maleducato... Bongiorno, scusi, lei è il signor Guerrini?. (volteggiando la mano come facesse seguire il nome) Tesini: (rifa il verso con la mano) No, io sono il signor Tesini. Tarquinio: Ora basta, facciamola finita, tanto con voi non c è gusto a prendervi in giro. Avete il capo troppo duro. (imbarazzato) Sentite, ditemi pure impiccione ma dovete togliermi una curiosità. Perché siete senza un braccio? Ci siete nato o è stata una disgrazia? Tesini: La guerra, caro mio, la guerra. E se oggi ricopro questo posto è proprio perché sono stato assunto per la mia grande invalidità. Tarquinio: (al pubblico) È come avevo pensato. Ha perso il braccio perché ha raccolto da terra una bomba a mano e gli ha dato un morso, altro che guerra. Tesini: Che cosa diceva che non ho ben capito? Tarquinio: Dicevo, visto che vi manca un braccio, vi voglio dare una mano io. Forza, ditemi chi Guerrini cercate, su: Tarquinio, Plinio, Telemaco o Ristotile? Tesini: Abbia un po di pazienza, èh, che mi estraneo un attimo e ci ragiono sopra. (si mette pensieroso per qualche secondo) Tarquinio: (al pubblico) Budelli! Ce la fa anche a ragionare. Allora può darsi che sotto i capelli abbia anche qualche pezzetto di cervello. Tesini: (inizia a cercare nella cartella) Quasi fatto, èh!...un altro attimo... Però non si agiti, perché non c è ragione di preoccuparsi. Tarquinio: Ma io non sono preoccupato per niente.. Semmai sarete voi a preoccuparvi, se siete venuto per riscuotere qualcosa. Tesini: E una pura e semplice formalità che devo assolutamente espletare. (con il solo braccio non riesce ad estrarre i fogli) Mi aiuti, per Bacco, non vede che con una sola mano non ci riesco. (Tarquinio lo aiuta) Tarquinio: La strafottenza, però, vi viene naturale, vero? Lo sapete che cosa dovevano farvi fare a voi? Leccare i francobolli. Perché vi bastava una mano sola. Così la lingua l avevi impegnata tutto il giorno e non rompevi le scatole a nessuno. 12

13 Tesini: (dopo aver rovistato tra i fogli) Poche chiacchiere, che tanto non servono a nulla..ah! ecco qua il fascicolo.. E lei il signor Guerrini Plinio? Tarquinio: O òòòh. finalmente ci siamo arrivati.. no, non sono io io sono Guerrini Tarquinio, Guerrini Plinio è mio figlio. Tesini: Abita qui vero? Devo notificargli un importante documento nelle esse, pi, emme. Tarquinio: Oh, non ricominciamo, èh, che ora ho capito anch io cosa sono le esse, pi, emme. (guardingo) Cosa sarebbe questo foglio che dovete lasciare a Plinio? Tesini: Si tratta di un ingiunzione al pagamento di una multa, mai estinta, elevata contro suo figlio, dieci anni fa, dall ufficio delle imposte. Tarquinio: Ma dieci anni fa eravamo in piena guerra. Mi dice con cosa la pagava Plinio la multa, con i peli dei...? Tesini: Guerra o non guerra, lo stato deve recuperare i soldi che i cittadini gli devono. Tarquinio: Ma quanti sono questi soldi che deve pagare? Tesini: La multa, inizialmente, era di ottomila lire. Ma essendo ormai passati dieci anni, tra interessi, morosità, svalutazione e spese amministrative, è arrivata alla considerevole cifra di trecentomila lire. Tarquinio: Budelli! E chi l ha perse trecentomila lire? (taglia corto) Comunque Plinio non c è. Se vuole lasciare il documento lo metta nelle emme, emme, che appena lo vedo glielo do. Tesini: Il termine che ha appena usato non lo conosco. Mi spieghi per favore che cosa sarebbero le emme, emme. Tarquinio: O che andava a fare a scuola, a far compagnia alla maestra? Volevo dire le mie mani, no?. Tesini: Allora, ritira lei il documento intestato a Guerrini Plinio? Tarquinio: (al pubblico) Oh, Gesu, Maria dei dolori, quanto la mungete.. vi ho detto di si. Qua, datemi questo foglio e un se ne parli più. Tesini: Faccia una firma qui e il documento è suo.. sa fare la sua firma, vero? Tarquinio: Se sapevo leggere e scrivere, caro il mio conte tazza, a quest ora non ero qui. Tesini: E dove poteva essere? Forse più in là? Tarquinio: Può darsi anche che ero al vostro posto. Magari con tutte e due le braccia, perché io se vedo una bomba per terra non glieli do i morsi. Capito, caro il mio scannacardilli. Tesini: Per firmare può fare benissimo una croce, però serve almeno un testimone che avalli la sua firma. C è in questa casa qualcuno che può convalidare la sua firma? Tarquinio: Ma certo che c è. Chiamo la mia Carola. Che però lei non fa Guerrini di cognome, èh. Va 13

14 bene uguale? Tesini: Allora la chiami immediatamente perché ho molta fretta ed ho già perso tantissimo tempo. Tarquinio: (al pubblico) Per me anche se non era venuto per niente campavo lo stesso. (urla) Carolaaaaaa Carolaaaaaa.. che ti venissero le pulci. Vuoi venìre di qua che c è da fare una firma. Carola: (da fuori scena) Me lo dici perché berci? Che credi di parlare con i sordi? Tarquinio: Muoviti, cammina, che questo signore se no s annoia. Un braccio gli è già caduto. Mica gli vorremo far cadere anche l altro, no? Carola: Ho capito, però non urlare. Cerco gli occhiali e vengo. Tarquinio: Abbiate pazienza, èh, che la mia Carola arriva subito. Intanto che aspettate se avete bisogno di qualcosa non fate complimenti. Che ne so, volete fare un goccio d acqua, darvi una rinfrescatina... Tesini: Non ho bisogno di nulla. Sono a posto così e non vedo l ora di andarmene. (entra Carola) Carola: (mette gli occhiali) Qua, dove devo fare questa firma. Accidenti a te e a lui. Tarquinio: Ditegli dove deve firmare, su, che lei ci vede poco e un po di tempo gli serve. Tesini: (a Tarquinio) Prima faccia la croce lei. (Tarquinio fa la croce) (rivolto a Carola) Ora lei accanto scriva, per conoscenza, e poi metta la sua firma. (Carola fa il segno X) Perché ha fatto il segno della X? Carola: Che discorsi sono?.perché io mica mi chiamo come lui, perdio. Tesini: Ho capito, non sa scrivere nemmeno lei. A questo punto il documento non è più valido se non mette la firma suo figlio Plinio. Quindi, fin ora abbiamo solo perso tempo, ed io non posso trattenermi un minuto di più. Carola: Ci ritornerete, e che sarà mai. Roma non l hanno fatta in un giorno, tant è vero che ancora non l hanno finita. (rivolta a Tarquinio) Che è questo foglio? Tarquinio: E una multa di Plinio di trecentomila lire. (rivolto a Tesini) Vi danno le provvigioni, èh, ora ho capito perché vi siete scomodato di domenica per venire a riscuotere. Tesini: Il motivo per cui sono venuto di domenica è soltanto perché oggi scade il secondo quinquennio, e quindi il tempo utile per reclamare il credito da parte dello stato. Domani scatterebbe la prescrizione e lo stato non potrebbe pretendere più nulla. Tarquinio: Qiundi, bastava che sareste venuto domani e Plinio non doveva pagare più niente? Tesini: In teoria si, ma in pratica, come vede, eccomi qua. A noi, zelanti servitori dello stato, non sfugge nulla, caro signor Guerrini. (Tarquinio rimette dentro la valigetta i fogli del funzionario) Tarquinio: Ora andate, che è già molto che siete qui. Tornate verso l una che Plinio ce lo trovate 14

15 senz altro, su. Carola: (in confidenza a Tarquinio) Perché non lo chiami che è di là? Lo sai che a l una Plinio non c è. A mezzogiorno mangia e deve undare via subito perché alle tre ha un funerale. Tarquinio: Zitta, che a te non ti ha interrogato nessuno. (a Tesini) Venite tranquillo a l una, che se anche Plinio dovesse andare via, gli dico che l avete cercato e lo faccio aspettare. (Tarquinio gli mette in mano la valigetta e lo accompagna fuori) Tesini: Comunque, da quello che mi è sembrato di capire, i soldi per pagare non li avete, quindi, credo proprio che dopo la notifica dovrò procedere al pignoramento della casa. A più tardi, allora. Arrivederci. Tarquinio: Si, si.... come disse il rospo all erpice. Tesini: Che cosa disse il rospo all erpice? Tarquinio: Ora andate, e quando ritornate, vi spiego cosa disse. (Tesini esce) Carola: (disperata) Oh Madonnina santa che gran disgrazia. Questa proprio non ci voleva. Come facciamo a dirlo agli altri. E poi dove li troviamo trecentomila lire per non farci pignorare la casa? Tarquinio: Te cerca di stare zitta e non dire niente a nessuno. Quando torna ci parlo da solo e guardo di mettere a posto tutto. Anzi, no, puoi fare una cosa; verso l una cerca di portare fuori quelli che sono un casa e quelli che sono fuori guarda di non farli salire. Hai capito? Carola: Se lo dici te, che credi di essere più furbo di tutti.. Io vado di là, se mi vuoi chiamami. (Carola esce. Bussano alla porta) Tarquinio: Stamani è la casa del trenta? Non stronca fila. Avanti, entrate. Gigi: (da fuori scena) Noi si entrerebbe anche, ma è chiuso. Tarquinio: Date una zampata forte all uscio che si apre da solo, è automatico (si sente un gran tonfo) Gigi: Permesso.. si può? Tarquinio: Si può si, se no perché vi ho detto di dare una zampata alla porta. Avanti che c è posto. (entra Gigi e sua moglie, sono vestiti a lutto, lei sta piangendo) Gigi: Bongiorno Tarquinio. Noi si cercava Plinio. Eravamo venuti per scegliere certe cose. Vero Assuntina che s era venuti per scegliere certe cose? Assuntina: Si, si, è vero, si voleva scegliere certe cose. Tarquinio: Guarda chi sono, Gigi di Perbenino e signora. Plinio è di là. Te lo chiamo subito. (Assuntina continua a piangere convulsamente e a volte emette degli acuti da far rabbividire) Pliniooooo. Pliniooo.. Mettetevi seduti. È tanto che aspettate. (i signori si siedono) Gigi: (che è tra il sottomesso e lo scemo) Basta, Assuntina, su.. calmati un pochinino. (lei 15

16 continua a piangere) Assuntina: (che è tra la svampita e la scema) Io piango quanto mi pare invece. in casa comando anch io. Gigi: Ma certo Assuntina, anzi, comandi più di me sei contenta che comandi più di me? Assuntina: Tanto, tanto contenta.. parecchio, parecchio contenta, Gigi. Tarquinio: Pliniooooo. Pliniooooo. (alla signora che continua a piangere) Scusi tanto signora, potrebbe smettere di piangere per un secondo, se no Plinio non mi sente. E se anche mi sentisse potrebbe pensare che sono io che piango perché mi sento male. Assuntina: (tra le lacrime) Perché, lei piange come piango io? Tarquinio: (come preso in castagna) Penserei di no.ma lo sa che ora che ci penso non me lo ricordo neanche più come piango. Mi ha preso proprio alla sprovvista. Assuntina: E allora se non se lo ricorda lei, figuriamoci come fa Plinio a riconoscerla. Tarquinio: Comunque, mi faccia il piacere lo stesso. Sospenda per un attimo la tragedia che riprovo a chiamare Plinio. Assuntina: Faccia alla svelta però, perché non lo so per quanto posso reggere. Mi viene tanto da piangere. Tarquinio: (prende un fazzoletto di tasca e soffia il naso. La signora ricomincia a piangere battendo i piedi per terra) E fortuna che mi sono soffiato il naso e basta, se mi fossi fatto un clistere avrebbe fatto una strage. (La signora tace. Entra Telemaco) Telemaco: Nonno, ma eri te che chiamavi il babbo? Tarquinio: Ero io, si. Lo chiamavo perché c è Gigi e sua moglie che lo vogliono. Vai a chiamarlo. Telemaco: E c è bisogno di mettersi a piangere se non ti risponde? Ma sei diventato scemo? (Telemaco esce) Tarquinio: (alla signora) Che gli dicevo? Loro si sono impauriti e io ho preso del coglione. Assuntina: Però ho ragione io. Se hanno pensato che era lei, vuol dire che lei piange come me. Tarquinio: O che gli devo dire, signora. A questo punto mi sa che ha ragione lei. Assuntina: (piagnucolante ma contenta) Hai visto Gigi, anche lui piange come piango io. Sei contento che anche lui piange come me? Gigi: Io si, Assuntina, tanto, e te sei contenta? Assuntina: Tanto, tanto. tanto, tanto più di te. 16

17 Gigi: No! Io parecchio più di te...o su, Assuntina, fammi una risatina. (si mette a strepitare) Tarquinio: Gigi, dammi retta, non insistere, tanto mi sembra che più insisti e peggio è. Gigi: Piangi un pochino, Assuntina, su. (svenevole) Che sei tanto bella quando piangi. (lei fa una risatina) Tarquinio: Dimmi un po una cosa, Gigi, ma lei fa sempre così, oppure è per oggi e basta? Gigi: No, no, per oggi e basta perché è tanto triste. Vero Assuntina? Assuntina: Si, si. Per oggi e basta, domani smetto. Poi non lo so, èh, può darsi anche che smetto stasera. Chi lo sa? Tarquinio: Chiamati contento, Gigi, dai retta a me, perché sarebbe un affare di niente se facesse tutti i giorni così. (Rientra Telemaco) Telemaco: (ai signori) Il babbo in questo momento non può lasciare. Sta facendo una una cosa che non gliela può fare nessuno. Ditemi che volete che glielo vado a dire. Gigi: Ma proprio ora? Eppure lo sapeva che saremmo venuti. Vero Assuntina che lo sapeva? Assuntina: Lo sapeva, lo sapeva. Oh, se lo sapeva. Ce l ha detto lui di venire. Telemaco: Mi dispiace, ma queste sono cose che arrivono all improvviso.. specialmente se uno si purga. Tarquinio: Telemaco, te devi essere essere più preciso quando spieghi le cose, perché loro non hanno capito ancora che il tuo babbo è al gabinetto perché gli si è sciolta la pancia, èh. (la signora ricomincia a piangere) Assuntina: Quanto mi dispiace. Non se la meritava una cosa così brutta. Telemaco: Via, signora, non ci faccia così, che non è niente. Sarà un disturbo, mica è detto che muore. Gigi: Purtroppo è già morto e non c è più niente da fare. Vero Assuntina che non ci si può fare più niente? Assuntina: Noi no. Altro che il Padreterno, ci può mettere una pezza. Telemaco: (al nonno) Ma quando sarebbe morto? Se non è morto in questo momento, perché sono passato ora davanti al gabinetto e dovevi sentire che salute. (la signora lancia due acuti) Gigi: La salute, si. Ormai era già da tanto che non stava più bene. Assuntina: (a Telemaco) Se il mio Gigi dice che è morto, vuol dire che è morto. Lui dice sempre la verità. Vero Gigi che te dici sempre la verità? Gigi: Chi, io? Sempre la verità. Eppure lo sai che io le bugie non le dico. 17

18 Telemaco: Però siete tignosi èh, se vi dico che non è morto, credeteci, no. Per farvi stare tranquilli ci vado a rivedere (fa per uscire) Tarquinio: Vieni qua, Telemaco, che loro non parlono del tuo babbo. Telemaco: E allora con chi ce l hanno? Tarquinio: Non lo so. Però secondo me parlano di un parente stretto che se n è andato. Telemaco: E se se n è andato lo vengono a cercare qui da noi? Tarquinio: (urlando) Se ne è andato, vuol dire che è morto! Telemaco: Ho capito, ma non berciare, èh. Ora ci vado a vedere. Anzi, se non mi fermavi c ero già andato. (Telemaco fa per uscire) Tarquinio: Vieni qua, Telemaco. Dimmi di che vai a vedere? Telemaco: Vado a vedere se il mio babbo è morto. (Telemaco esce) Tarquinio: (al pubblico) Questo invece non è un corno della Genoeffa, è scemo uguale, uguale al suo babbo.. O vai a vedere, via, ma ritorna subito, èh. Assuntina: (tra gli strepiti) Sembrava una cosa da niente e invece.. un dolore di pancia e se n è andato anche lui Tarquinio: Ma è una cosa da niente, stia tranquilla. Avrà mangiato qualche schifezza che gli ha fatto male. Gigi: Tarquinio, mia moglie parlava di suo zio morto, non di Plinio. Tarquinio: Scusi tanto signora, ma quel delinquente di mio nipote ha fatto una confusione con questi morti che non riesco a capirci più niente. Assuntina: (quasi contenta) Morti? Gigi, ma anche loro hanno il morto in casa? Gigi: Non lo so Assuntina, ora glielo chiedo. (a Tarquinio) Ma anche voi avete un morto in casa? Tarquinio: O che ti devo dire, può darsi anche di si, Telemaco non si rivede. (Assuntina e Gigi si alzano in piedi) Gigi: (stringendogli la mano) Condolianze Tarquinio. Assuntina: Tante, tante condolianze da parte di tutta la nostra famiglia. Tarquinio: Ooooh, ma che siete scemi? Condolianze di che? (fa i corni) Io dicevo così, per scherzare, èh. (urlando) Telemacooooo Gigi: Purtroppo, è la vita, caro Tarquinio, e noi non ci si può fare niente. Vero Assuntina che noi non possiamo fare niente? 18

19 Assuntina: Si, si, Gigi, è vero, hai proprio ragione. Noi non ci si può fare niente Magari ci si potesse fare qualcosa. Tarquinio: (a voce alta) Alloraaaaaaa, la fate finita tutti e due, che con queste cose non si scherza. Telemacooooo. (Telemaco rientra) Telemaco: Ma che urli? Dove sei allo stadio? Non lo vedi che sono qui! Tarquinio: (allarmato) Forza, chiacchiera, che notizie ci porti? Telemaco: Brutte brutte aiutatemi a dire brutte. Tarquinio: Ma come, brutte? Non da più segni di vita? Assuntina: E morto anche lui? Hai visto Gigi che è morto anche lui? (ripiange) Gigi: Praticamente ha fatto come lo zio. Un dolore di pancia e se n è andato. Telemaco: (quasi disperato) Notizie orrende. da non credersi nemmeno da quanto sono brutte. Ora come faremo, vorrei sapere. Tarquinio: (preoccupato) Telemaco non farmi stare in pensiro, dimmi che è successo al tuo babbo, per piacere. Telemaco: Tenetivi forte perché la cosa è parecchio grave (la signora ricomincia a piangere) Assuntina: Io me lo sentivo. Vero Gigi che me lo sentivo? (Entra Arunte con il catino e comincia a tendere i panni) Gigi: Si, si, è vero te quando c è una disgrazia vicino, la senti sempre prima di tutti. Assuntina: Via giovanotto, ci dia la brutta notizia, ormai siamo pronti a tutto. (ripiange) Gigi: Su, Telemaco, fatti coraggio e parla. Per lei non ti preoccupare che ci penso io. Te pensa al tuo nonno. Telemaco: Vado, èh, dopo però non la prendete con me se ci restate male. (mèsti danno l assenso con un cenno della testa) Hanno chiuso i casini. Tarquinio: (ha un sussulto) No.. questo non lo dovevano fare. (pugno sul tavolo) Delinquenti, sudici che non sono altro. Gigi: (arrabbiato) Accidenti a quanti sono e a chi gli ha dato il voto a questi farabutti. (Assuntina si dibatte e piange) Telemaco: Via, signora, non ci faccia così, purtroppo è una cosa che ci si doveva aspettare, l avevo già incominciato a dire tempo fa. Assuntina: No, è una disgrazia troppo grossa, non ce la faccio a sopportarla. Vero Gigi che è una 19

20 disgrazia Tanto grossa? Gigi: Tanto, tanto grossa, Assuntina. Da non credersi nemmeno. Telemaco: Ma via, signora, che lei è giovane, troverà un altro lavoro. Noi uomini, piuttosto, che inventeremo. Tarquinio: (va a bloccare Telemaco) Oooooh.. Oooooh Ma sei diventato scemo. Vuoi prendere due tonfi nei denti? Telemaco: Perché, che ho fatto? Non mi sono mosso di qui. Tarquinio: Che hai fatto? Ma non hai sentito che hai detto? Telemaco: Ho detto che hanno chiuso casini. Ma è vero, èh, non è mica uno scherzo. L ho sentito alla radio. C era la nonna che l ascoltava. Tarquinio: (interessato) Dimmi una cosa. La nonna che ha detto, che ha detto? Telemaco: (enfatico) Ha detto: bene, c ho piacere, così quel puttaniere di tuo nonno la smette di spendere tutti i soldi al casino. Tarquinio: Ma che tutti i soldi. Ogni volta che riscuotevo la pensione gliela riportavo quasi sempre la metà. Telemaco: Ora così gliela riporti tutta intera. Casinista. Assuntina: Giovanotto, poi che ha saputo del suo babbo? Telemaco: Non ci ho potuto parlare perché ancora è dentro al gabinetto, ma penso che anche lui non ci rimarrà bene per niente quando lo viene a sapere. Assuntina: Ma allora è vivo, non è morto? Hai visto Gigi che è vivo. Meno male. Gigi: Si, si. Meno male, Assuntina, Plinio ancora è giovane. Tarquinio: (al pubblico) Ma questi sono proprio scemi del tutto. Telemaco: E vivo, è vivo, stia tranquilla. Ho messo l orecchio alla porta e sentivo fare: (con fatica) òòòòòòòòòh òòòòòòòòh.. (come una liberazione). ààààààààààààààh. Assuntina: Non si fidi, sa, giovanotto, perché potrebbero essere i lamenti dell agonia. Telemaco: Macchè agonia. L ho chiamato e mi ha anche risposto. Gli ho detto: babbo, quanto ci hai, e lui mi ha detto: fatti l affari tuoi, c ho finché non ho fatto. Assuntina: Allora meno male che non è morto, vero Gigi? Gigi: Si, si, meno male davvero, perché se moriva chi ce lo faceva il funerale allo zio. 20

21 Tarquinio: ( di nascosto ai due) Telemaco, fai una cosa, vai di la, e senza farti vedere datti una toccatina, che questi credo che portino male tutti e due. (Telemaco va) No, anzi, dattele due, una per me e una per te. Assuntina: (ricomincia a piangere) Che gran disgrazia, Gigi. Questa non ti ci voleva. Gigi: Ma parli dello zio che è morto, Assuntina? Assuntina: Certo, o di che pensavi che parlassi. Gigi: Non ero tanto sicuro, perché oggi è capitata una disgrazia dietro all altra. Assuntina: E qual è l altra disgrazia, Gigi? Io mica so niente. Gigi: O non hanno chiuso i casini? (si riprende) Volevo dire. quella che è successa a Plinio. Per poco non moriva. Tarquinio: E dai con questo Plinio morto! Assuntina: Si, si, è stato proprio fortunato. Tanto, tanto fortunato (rientra Telemaco) Telemaco: Fatto, nonno. Gliel ho date tre o quattro di toccatine, alle le volte ce ne fosse ancora bisogno. Tarquinio: Bravo, te si che sei un uomo, altro che tua sorella. Telemaco: Ma che dici, io non ce l ho una sorella, e poi anche se ce l avessi avuta sarebbe stata una donna. Tarquinio: (al pubblico) E come il suo babbo, via, non c è niente da fare, coglione, uguale, uguale a lui. Non capisce neanche a chiamarlo. (entra Plinio) Plinio: (mentre si da alcuni colpetti sulla pancia) Ooooooh! Ora sto meglio. Se mi pesassi, sono sicuro che ho perso due o tre chili. Assuntina: E che hai fatto Plinio, una grossa faticata, che hai perso due o tre chili? Plinio: Grossa l ho fatta, Assuntina, ma non era una faticata. Telemaco: (a disgrazia) Babbo.. babbo, te non la sai l ultima.. Plinio: Io non so niente. Perché, che sarebbe successo? Telemaco: Reggiti, èh hanno chiuso le case chiuse. Plinio: E che sarebbero le case chiuse? Telemaco: Ma come che sarebbero? Sarebbero i casini, no. Plinio: (sorpreso e incazzato) Hanno chiuso i casini? Ma non sarà vero, via. Mica saranno diventati 21

22 scemi del tutto? Telemaco: Ti dico che è vero, babbo. L ho sentito dianzi alla radio. Plinio: Mah! Dove ci porteranno questi caporioni della politica. Erano l unica istituzione sana di tutta l Italia. Assuntina: Mi ci trovavo tanto bene. perché perché è andata a finire così. Plinio: (a Tarquinio) Babbo, ma l Assuntina lavorava al casino? Non lo sapevo. Tarquinio: Plinio, ma sei diventato scemo? Se ti sente vedrai che ti dice. (sottovoce) Io credo che parli di suo zio morto. Può darsi? Plinio: E già, che gli è morto lo zio, e io avevo un appuntamento con loro proprio per questa cosa. Babbo, Telemaco, (indica la porta) rauss, andate di là o dove vi pare, perché ho da fa re con questi signori. Fuori. Telemaco: Andiamo, andiamo, non la fa tanto lunga, (enfatizzando) cassiere. Plinio: (gli mostra uno schiaffo) Se non ti levi di torno ti do il cassiere e quello che cerchi. Tarquinio: Se non vuoi essere chiamato cassiere, ti chiameremo barista. Fai un po te. (esce verso la cucina) Plinio: Spiegatemi, per piacere, cosa è questa storia del cassiere e del barista? Telemaco: Babbo, sveglia, è il tuo mestiere: cassa, cassiere, bara, barista Plinio: Accidenti a tutti e due (Telemaco fa per uscire) Telemaco, vieni un po qua. Dimmi perché stamani non sei andato a bottega? Telemaco: Perché ho fatto due conti e ho capito che guadagno di più se resto a casa. Plinio: E che vorrebbe dire questo discorso? Spiegami. Telemaco: Dunque senti. Svaldo, dove vado ad imparare a fare il barbiere, di paga non mi da niente, i danni che faccio le vuole pagati e i soldi delle mance che prendo, le tiene metà per se e così Plinio: Così... accidenti a te a lui e a me che ti governo. così..(telemaco fa per uscire) Telemaco: La spesa per governarmi però è poca, perché in questa casa si mangia ogni tanto. Plinio: Se incontri tuo fratello Ristotile, digli che lo voglio. Telemaco: Se lo trovo. Che vuoi sapere dove sarà arrivato a quest ora. (Telemaco esce verso l esterno) Plinio: (stropicciandosi le mani) Allora, Gigi, Assuntina, da dove ci facciamo? (va a prendere un album fotografico) intanto volete scegliere l imballaggio? 22

23 Gigi: Plinio, ma non potresti essere un pochino più rispettoso. C è bisogno di chiamarla imballaggio la cassa da morto? Mia moglie è tanto addolorata. (Assuntina da un accenno di pianto ) Plinio: Scusami tanto, Assuntina, ma a forza di stare nel mezzo a queste cose, ormai non ci faccio più caso. (gli porge l album) Tieni, guarda se qui c è qualcosa che ti piace. Assuntina: Ci sarà senz altro, ma parecchio dipende dal prezzo. Plinio: il prezzo lo facciamo dopo, non ti preoccupare, te intanto scegli e non guardare a spese, che il tuo povero zio merita di spenderci molto.. Credo che vi abbia lasciato un bel capitale. Gigi: Ma non ci ha lasciato niente. Lo zio era tanto povero. Plinio: Hai detto proprio bene era povero quando andava per la campagna a comprare la penna e le pelli di coniglio. Poi quando si mise a fare il mercato nero in tempo di guerra, magari un po meno. Assuntina: (che continua a sfogliare l album) Tirava avanti, poverino, e faceva tanto, tanto del bene. Plinio: (al pubblico) Si, alle suo tasche, però. Assuntina: Ah, ecco, ecco, Plinio.. ho scelto.. mi piacerebbe questa. Plinio: Fai un pò vedere, (Plinio guarda la foto) ma via, su, Assuntina, non lo vedi che questo è un trogolo per abbeverare i maiali. Ma non ce l hai gli occhi? Assuntina: E allora perché l hai messo nel campionario? Plinio: Ma perché quando feci fare le fotografie al fotografo, andammo a farle nell aia del Semprini. Il trogolo era lì e ci venne anche lui nel mezzo. Gigi: Ma la forma è bella però. E tanto, tanto, elegante. Vero Assuntina che è tanto elegante? Assuntina: Si, si, Gigi, hai ragione te, è parecchio, parecchio elegante. Plinio: (gli toglie l album di mano) Allora dovete andare al consorzio agrario a scegliere. Questi attrezzi agricoli li vendono lì. Noi qui si vende roba per le persone. Assuntina: Ma allora diccelo te cosa ci consiglieresti. Gigi: Che non sia di tanta spesa, però, èh. (in confidenza) Tanto ormai lo zio è morto. Plinio: Ma, che vi devo dire.. questi sono consigli che si danno male (mentre le mostra) per esempio ci sarebbe questa. oppure questa.. o questa qui Assuntina: Ma costano tutte tanti soldi. Vero Gigi che costano tutte tanti soldi? Gigi: (impaurito) Uh, Madonnina quanti soldi costano. No, no, noi mica si possono spende tutti questi soldi. 23

24 Plinio: (richiude l album e lo mette sottobraccio) Allora ve lo voglio dar davvero un consiglio. Fate così, passate dal giornalaio e vi fate dare un po di giornali vecchi. Con i fogli ci incartate bene, bene, lo zio e poi con una carriola, (mimando la scena) piano, piano, lo portate al camposanto. Assuntina: Ma che dici, Plinio. Ora possibile che incartiamo lo zio. Gigi: Però potrebbe essere un idea, Assuntina. Perché dici di no? (Assuntina lancia due acuti) No, no, va bene, Assuntina, si farà in un altro modo, via, ora calmati, su e fammi una risatina. Plinio: E senza chiamare il prete, però, perché se vi venisse in mente di chiamarlo, qualcosa per i poveri della parrocchia, glielo dovete dare. (li accompagna alla porta) E ora andate perché io ho da fare, su. Decidete con calma e poi fatemelo sapere. Gigi: (mentre escono) Ma lo zio mica non può aspettare. Il funerale va fatto entro oggi. Vero Assuntina che il funerale va fatto entro oggi? Assuntina: Si, si, Gigi, hai proprio ragione, va fatto entro oggi. Plinio: No, lo zio puo aspettare, date retta a un coglione, e che fretta ha, mica gli scade più niente ormai. Arrivederci. Assuntina: Ciao Plinio, e tante grazie. Ti si farà sapere. Vero Gigi che gli si farà sapere? Gigi: Si, si, hai proprio ragione, Assuntina, gli si farà sapé. Ciao Plinio. Plinio: Ma si può essere più tirchi di così. Hanno più soldi che con quanti ce ne hanno ci potrebbero fare tre guerre. E tanto non sono contenti. (Arunte ha finito di tendere i panni ed esce verso l interno. Dalla porta che da verso l esterno entra Ristotile) Ristotile: Babbo, l hai fatto l affare con Gigi e l Assuntina? Domani allora si mangia? Plinio: Vedrai che se aspetti di mangiare con loro, ti crescono le ragnatele al tubo di scappamento. Ristotile: Mi ha detto Telemaco che mi volevi. (Plinio aggiusta alcuni fogli sopra al tavolo) Plinio: Ti volevo, si. non andare via che tra poco si va in bottega a fare quel lavoretto. Ristotile: Ma babbo, oggi volevo fare festa. Avevo da fare. Plinio: E che festa sarebbe oggi, san sughero? il protettore dei vagabondi? Ristotile: Ma oggi è domenica e fanno tutti festa. Plinio: Festa la fanno quelli che lavorono tutta la settimana, per noi che si lavora ogni tanto, la domenica è un giorno come un altro. Ristotile: Ma volevo andare a fa una giratina. Plinio: E a vedere che cosa, che qui nei dintorni hai visto tutto quello che c era da vedere. 24

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