Terzo classificato della sezione Minor
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- Filippo Torre
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1 Terzo classificato della sezione Minor GRIGIO COME LA STRADA Sei seduto in un caffè. Fuori è nuvoloso e continui a ripeterti che hai lasciato l'ombrello all'ingresso perché sai già che te lo dimenticherai: sarà almeno il quinto che compri perché hai seminato gli altri in giro. Il bar in cui ti trovi è a dieci minuti a piedi da casa tua e ti ci rechi ogni giorno da sette anni, ormai. Tu abiti in via Luzzatti, proprio davanti al Bar Verdi: un posto carino in cui si beve un ottimo caffè, lungo in tazza grande, come piace a te. Un tempo ci andavi spesso, ma adesso hai il tuo bar in via Roma e lo preferisci. Mentre sei seduto al tuo tavolo, lo stesso da sette anni, e stai leggendo il giornale, una cameriera ti si avvicina. E' una ragazza giovane e bella, con due grandi occhi grigi, non l'hai mai vista prima. Lei ti guarda e ti sorride:"cosa le porto?"; tu la fissi immobile. Quella domanda ti ha spiazzato: è da sette anni che ti rechi lì ed è da sette anni che Piero, il proprietario, ti porta senza chiedere nulla il tuo caffè, lungo, in tazza grande, e la tua brioche vuota. Così resti fermo a fissarla senza dire niente, finché arriva Piero a salvarti, con il tuo caffè. La ragazza ti sorride e si scusa:"mi dispiace, non pensavo avesse già ordinato". Tu taci e abbassi lo sguardo. Sei un cretino. Bevi il tuo caffè e mangi la brioche, giusto perché ce l'hai davanti: ti è passata la fame. Lasci i soldi sul tavolo, ti infili il cappotto ed esci. Dieci metri dopo ti ricordi che hai dimenticato l'ombrello, ma decidi che non ha importanza e prosegui lungo via Roma fino all'incrocio con via Fratelli Cairoli, dove però continui dritto, aumentando così il percorso di almeno un quarto d'ora. Oggi non hai voglia di passare davanti al numero 13 di via Cairoli, forse perché questa mattina ti era sembrato di vedere il cancelletto verde del palazzone socchiuso, come se qualcuno lo avesse aperto in precedenza, ma probabilmente te lo sei sognato. Hai l'abitudine di camminare a testa bassa e spesso non ti accorgi di un sacco di cose. Quando andavi ancora a scuola ti hanno spiegato che la camminata di una persona dice molto sulla sua personalità: le persone che camminano a testa bassa sono generalmente timide e insicure. E' strano perché, quando eri giovane, eri un ragazzo spigliato ed estroverso, ma in effetti tutta la tua persona è una contraddizione. Cammini a testa bassa nonostante tu abbia un carattere generalmente aperto; hai una paura terribile della gente, eppure poche cose ti piacciono di più di essere al centro dell'attenzione. Per questo però hai una spiegazione: quando sei sopra il palco, e tutti ti fissano, hai la possibilità, o meglio, l'obbligo morale di mostrare al pubblico il tuo lato migliore; è della folla che ti cammina a fianco che hai paura, delle persone come te, impaurite e pericolose. Ora che ci pensi non hai sempre avuto questa fobia, ma è da quando, sette anni fa, gli scuri verdi del numero 13 si sono chiusi l'ultima volta che appena dei diversi scuri si aprono, tu senti il bisogno imminente di fuggire gli sguardi di chi si affaccia e restartene solo. Sei arrivato al tuo appartamento, entri e ti siedi al tavolo del soggiorno, che è anche il tavolo della cucina: il tuo appartamento non è molto grande. Il computer è già aperto, con la foto dei Beatles sullo sfondo, lì da chissà quanto tempo. Apri uno dei pochi files sul desktop: una lettera iniziata sette anni prima. La apri ogni giorno e rileggi cento, mille volte tutto ciò che sei riuscito a scrivere: "Cara Aida, 1
2 ". Ogni giorno passi una buona mezz'ora a cercare le parole adatte, che ovviamente non trovi mai, ogni tanto scrivi una frase che poi cancelli subito, quasi con vergogna; salvi (come per paura che se il documento si cancellasse non saresti capace di riscrivere neppure quelle due parole) e vai a farti una doccia. L'acqua calda che ti scorre lungo la schiena ispira ultimamente tutti i tuoi pensieri più profondi; quando eri ragazzo, sotto la doccia, cantavi e basta: ti piaceva un mondo cantare. Ora che ci pensi, è da un sacco che non lo fai più. Ti torna in mente la passeggiata di questa mattina e ti rendi conto che la stai confondendo con quella di ieri, dell'altro ieri e di tutte le altre mattine: la tua vita è monotona; schifosa e monotona. Una volta quelle passeggiate erano la parte migliore della giornata: uscivi di casa alle nove di mattina e alle nove e cinque eri davanti al numero 13, con cinque minuti di anticipo. Aida ti vedeva dalla finestra del bagno e, pensando di essere in ritardo, scendeva di corsa le scale, attraversava il vialetto fino al cancello e ti raggiungeva con i capelli spettinati e il fiatone. Non le hai mai detto che non era lei quella in ritardo, forse perché amavi i suoi capelli spettinati e il fatto che il primo bacio della giornata fosse appena accennato, giusto per farti sapere "Sono qui, ti amo" e poi fermarsi a riprendere fiato. L'acqua continua a scorrere bollente e tu chiudi gli occhi e ti abbandoni per qualche secondo. E' una cosa che ami fare perché ti fa perdere la concezione del mondo, ti dimentichi per un attimo chi sei, dove e perché. Quando riapri gli occhi, però, hai l'ennesima conferma del fatto che la tua vita faccia schifo. Ripensi alla cameriera di questa mattina: una delle cose più emozionanti che ti siano successe nell'ultima settimana. Che giorno è oggi? Sabato. Da quanto non esci il sabato sera? Sette anni, non è così difficile da ricordare. Stai ancora pensando alla cameriera: al suo volto minuto, i lineamenti dolci, le labbra sottili e quei grandi occhi grigi. Aida aveva gli stessi occhi. Pensi ad una canzone di Fabrizio De Andrè che cantavi spesso da ragazzo: "Via del Campo c'è una bambina con le labbra color rugiada, gli occhi grigi come la strada, nascon fiori dove cammina". Sette anni fa, in questa stessa situazione, avresti iniziato a cantare, ma non ne hai né la forza, né la voglia. Quando torni in camera per vestirti, guardi l'ora: sei stato decisamente troppo tempo sotto la doccia e anche questa settimana avrai una bolletta dell'acqua che non potrai permetterti. Chissà perché questo pensiero ti passa per la mente sempre dopo. Sblocchi il cellulare, apri la rubrica e clicchi sul primo contatto:"aa Claudia", tua sorella. Non puoi chiamarla di nuovo per un prestito, i soldi non le mancano, ma ha una famiglia da mandare avanti e tu non ne fai più parte. Claudia ha sei anni più di te ed è sempre stata la tua seconda madre, anche quando pretendeva di comandarti a bacchetta, anche quando ti costringeva a giocare con le bambole o ti truccava; se non ci fosse stata lei, ora non saresti chi sei. Ripensi a ciò che hai appena detto: chi sei tu? Nessuno. Ti soffermi un attimo su questo ma poi ti rendi conto che non ha importanza ciò che tu hai deciso di fare della tua vita: avrai sempre un debito verso di lei, un debito che sarà sempre troppo grande da colmare. Questa mattina stai pensando troppo. Pensi a te stesso e alla tua inutile vita; pensi ai tuoi genitori e il tuo primo istinto è quello di scusarti con loro, ma poi ricordi che li odii ed è loro la colpa di averti lasciato solo. Ti dimentichi spesso di essere arrabbiato e questo ti fa pensare che tu non lo sia 2
3 veramente, ma il fatto che siano spariti quando tu eri piccolo è l'unica scusa che riesci a trovare per giustificare ogni tuo fallimento. Ti vengono in mente le pagine di un libro che hai letto un po' di tempo fa, ma di cui non ricordi il titolo: un signore chiama un taxi e gli chiede di portarlo a visitare Roma, senza una meta, e pensi che, certo, il tuo stupido paesino in provincia di Genova non è Roma, ma un giro in taxi te lo potresti comunque permettere. Ti metti le scarpe, infili nuovamente il cappotto e cerchi l'ombrello all'ingresso, ma l'hai lasciato da Piero, al bar, come al solito. Esci di casa e vai verso la stazione: non è molto distante e ci sono sicuramente dei taxi lì. Quando arrivi non c'è molta gente e trovi subito quello che stavi cercando; apri la portiera e sali dietro, c'è un forte odore di fumo. La macchina parte e l'autista ti domanda dove vuoi andare, tu guardi fuori dal finestrino e dici: "Mi porti a fare un giro". "A fare un giro dove?" ti dice con tono stupito, "Qui in città: mi porti un po' in giro, mi faccia vedere cosa c'è" rispondi tu. L'uomo pare piuttosto scocciato: "Le sembra forse un trenino turistico questo?". "Mi scusi" dici tu "Mi porti solo in via Torino". Quando scendi dal taxi sei in pieno centro, la piazza è piccola ma piuttosto carina, nel mezzo c'è una fontana di marmo bianco che solitamente risalta sulle mattonelle grigie; oggi però ci sono dei grossi nuvoloni neri che la rendono cupa. Sei ancora deluso dal giro in taxi che è stata l'ennesima conferma della tua stupidità. E' ora di pranzo e non puoi permetterti di mangiare in un ristorante, tanto meno hai voglia di tornare a casa; così ti infili in un supermercato all'angolo della piazza per comprare pane e prosciutto da mangiare su una panchina. Continui a pensare a tua sorella e al fatto che potresti chiamarla anche solo per sentire come sta, perché un po' ti manca, ma probabilmente non sarebbe credibile visto che negli ultimi anni non lo hai mai fatto. Non sai bene se questo giochi a tuo favore o meno, ma sei certo che nella tua vita il destino ha sempre avuto un tempismo impeccabile e proprio mentre svolti l'angolo del reparto alimentari, ti trovi davanti Mattia, il marito di tua sorella, con i suoi muscoli sempre più pompati e un sorriso a trentadue denti; ti riconosce subito, ti saluta e prende dagli scaffali una scatola di biscotti al cioccolato, formato famiglia. "Da quanto tempo, vecchio mio! Come stai?". Ci metti un po' per capire che sta parlando con te, ma alla fine riesci a rispondere senza sembrare troppo fuori luogo: "Tutto bene, in effetti è molto che non ci vediamo". Ti sei appena reso conto che non gli hai chiesto come sta e vorresti rimediare, ma lui ti precede: "Claudia mi parla spesso di te ultimamente, credo che tu le manchi, perché non vieni a cena da noi questa sera? Il posto lo conosci". Vorresti dire di no ma poi pensi che è da un pezzo che non fai un pasto decente e che la cucina di tua sorella ti manca parecchio, anche lei ti manca parecchio in effetti, quindi accetti e vi date appuntamento alle otto. Compri una pagnotta al latte e una scatola di crudo, paghi e ti incammini verso il parco di Via 4 Novembre. Quando arrivi cerchi una panchina libera, ma appena la trovi e ti stai per sedere un piccione di passaggio ci lascia un segno che ti fa riconsiderare la tua idea di sederti, così ti appoggi ad una ringhiera e consumi il tuo "pranzo", se così lo si può chiamare. Hai deciso di tornare a casa a piedi e stai camminando da circa venticinque minuti, pensi a come vestirti questa sera per cercare di non fare brutta figura e allo stesso tempo non sembrare preoccupato o imbarazzato. Quando arrivi a casa sono ormai le quattro del pomeriggio, hai camminato con calma e hai optato per una camicia, un maglioncino verde e dei jeans comodi ma carini. Hai già fatto la doccia prima, quindi ti lavi il viso, i denti e ti sistemi i capelli; ti vesti e alle sei in punto sei pronto, con due ore di anticipo. Hai l'abitudine di fare tutto di fretta e sei spesso 3
4 pronto molto prima del dovuto, ti siedi al tavolo e sblocchi di nuovo il computer; resti qualche minuto a fissare i Beatles che sembrano ricambiare il tuo sguardo e ti regalano quattro bei sorrisi smaglianti. Ti danno parecchio fastidio in verità, così apri il primo programma che trovi e ti capita davanti tutta la tua libreria musicale: hai milioni di brani, dai Pink Floyd ad Aretha Franklin, e non ne ascolti uno da un sacco di tempo. La musica, da quando hai smesso di suonare, è diventata un taboo. Fino a qualche anno fa, era tutta la tua vita: amavi scrivere, suonare e cantare e tutto questo tuo amore si trasmetteva al pubblico che ti adorava; ricordi la folla impazzita nella tua tournée per l'europa; gli stadi di Londra, Parigi, Berlino.. Devi smetterla o finirai per piangere. Esci di casa e prendi l'autobus che collega direttamente la tua via con quella di Claudia, arrivi sotto casa sua alle otto meno cinque e passi i minuti di anticipo a camminare avanti e indietro calciando sassi e pensando a qualche argomento accettabile per le chiacchiere della serata, ma ovviamente non te ne viene in mente neanche uno. Alle otto spaccate suoni il campanello e ti apre Francesco, il figlio maggiore, di sedici anni; tu lo saluti un po' imbarazzato: non lo vedi da anni ed è davvero cresciuto, ma sai che farglielo notare ti farebbe apparire come un lontano prozio antipatico; così lo abbracci goffamente, chiedi permesso ed entri. La casa è grande, pulita e spaziosa, ricca di luci e con un grande tavolo imbandito e pieno di piccoli antipasti deliziosi. Mattia ti saluta con una pacca sulla spalla appena entri, ha una camicia e dei pantaloni eleganti; Riccardo è in piedi davanti ad una sedia che aspetta di sedersi; ha dieci anni e due grandi occhi azzurri. Claudia sta andando su e giù fra cucina e soggiorno continuando a portare pietanze, ma non appena ti vede mette giù i piatti e corre ad abbracciarti, tu sei inizialmente spiazzato ma alla fin fine quell'abbraccio ti rassicura e ti fa sentire il benvenuto. Vi sedete a tavola ed iniziate a mangiare una deliziosa pasta allo scoglio. Subito Claudia ti chiede come stai e cosa stai facendo in questo periodo; rispondi che va tutto bene, che stai ricominciando a scrivere canzoni e speri di poter pubblicare un nuovo album: sono tutti contenti della notizia e brindate tutti insieme con un bicchiere di vino bianco. Ovviamente non stai scrivendo niente e non prendi in mano una chitarra da anni. La cena procede serenamente fino a che Mattia ti chiede: "Allora, stai vedendo qualcuna?" "Beh a dire il vero no, preferisco concentrarmi sul nuovo album, le ragazze arriveranno poi" "E quella ragazza? Anita, se non sbaglio, che fine ha fatto?" ti domanda Francesco, il fratello maggiore. "Stai parlando di Aida, immagino " rispondi tu "abbiamo deciso di chiudere". Nel soggiorno scende un silenzio imbarazzante, silenzio che un bambino di dieci anni, per di più particolarmente curioso, non esita ad interrompere: "Perché vi siete lasciati? Non era abbastanza bella?". Il fratello, seduto vicino a lui, gli tira un calcio da sotto il tavolo per zittirlo, Riccardo lancia un urlo, arrabbiato, e tu vorresti morire, o per lo meno sparire. Mattia li sgrida entrambi e fa tornare il silenzio nella stanza, tu cerchi di sembrare rilassato e rispondi al bambino: "Era bellissima, a dire la verità, aveva due occhi grandi come i tuoi e di uno splendido colore, ma, sai, la bellezza non è tutto, Riccardo. Nell'ultimo periodo ero molto impegnato con l'uscita del mio disco e non mi sono dedicato a lei quanto avrebbe meritato; così, quando sono tornato dalla mia tournée, lei se ne era andata e non è più tornata. Per questo ora che sto scrivendo il nuovo album non voglio storie". Appena finisci di parlare ti rendi conto che nell'aria c'è tensione e che ti è salito un forte mal di testa, hai finito il primo e Claudia sta per andare a prendere il secondo, tu la ringrazi e le dici che non hai fame, che è stata una piacevole serata e ti farebbe piacere ripeterla, ma che ora devi proprio andare. Lei è davvero dispiaciuta e puoi immaginare benissimo come si sente in questo momento; si sforza comunque di sorridere e ti accompagna alla porta. Quando stai per andartene ti getta le braccia al collo e ti sussurra all'orecchio: "Ti voglio bene, fratellino". "Anche io te ne voglio, grazie" dici chiudendoti la porta alle spalle. 4
5 Sono passate da poco le nove e la tua serata sembra già conclusa, la testa ti sembra più pesante del solito: probabilmente sono i troppi pensieri. Come si eliminano i pensieri? "Bevendo", è l'unica risposta sensata che ti viene in mente. Ti ricordi che vicino a casa di tua sorella c'è un locale carino, con dell'ottima vodka alla fragola, la tua preferita, e decidi di andarci. Quando entri l'aria è satura e c'è odore di sudore; ti dirigi verso il bancone e ordini un bicchiere bello pesante; si sa che uno tira l'altro e dopo mezz'ora sei già piuttosto brillo. La puzza non ti infastidisce più, così decidi di andare a farti un giro. Stai barcollando fra la folla cercando qualche ragazza da rimorchiare quando vedi dall'altra parte della sala una persona che mai ti saresti aspettato di trovare proprio qui, proprio questa sera. E' Aida, ne sei certo. Senza neanche rendertene conto ti ritrovi a correre e spingere la gente intorno che ti urla dietro in tutte le lingue; l'hai quasi raggiunta, sei sudato, ti gira le testa, stai correndo, ci sei quasi ora sei a terra. Non hai capito bene come sia successo, probabilmente una pozza d'alcool o di sudore, fatto sta che sei lungo disteso sul pavimento, con la bocca attaccata al suolo, esattamente di fronte ai suoi piedi. Aspetti ad alzarti: non può non averti riconosciuto, ora dirà qualcosa. Silenzio. Sono passati anni è vero, ma non sei cambiato così tanto, lei di sicuro non è cambiata; ora sta ridendo. Ha una risata strana, le risate cambiano nel tempo? Alzi la testa. La cameriera. Quella di questa mattina, quella con gli occhi grandi e grigi, con i lineamenti simili a quelli di Aida, è in piedi davanti a te e sta ridendo. Ti porge la mano e ti aiuta ad alzarti, le somiglia davvero tanto nonostante i capelli siano leggermente più scuri: da lontano non l'avevi notato. "Tutto bene?" "Sì, grazie, sto bene, sono solo scivolato" "Si può sapere dove stavi correndo?" "Da te" Lei ride: "Sei davvero buffo, ti va di bere qualcosa?" "Certo". Sono le sette di mattina e stai tornando a casa a piedi: devi ancora smaltire la sbronza di ieri sera. Non ricordi bene cos'hai fatto, ricordi la cameriera, che si chiama Sara e che è davvero bella; dovete aver passato la notte insieme. E' la prima volta dopo quasi un mese che torni al tuo bar, sono settimane che continui a ripeterti che non ne hai voglia anche se sai benissimo di avere solo paura di rincontrare Sara. Entri e ti siedi al tuo tavolo; Piero ti vede e va a preparare il tuo caffè, ma quando sta per portartelo lei sbuca da dietro la porta, gli dice qualcosa, prende il vassoio e si avvicina al tuo tavolo, ti porge il caffè e si siede: "Dobbiamo parlare". Tu stai per dirle che è stata solo una notte, che non cerchi storie eccetera eccetera, ma lei non sembra intenzionata ad ascoltarti, ti guarda dritto negli occhi e dice senza mezzi termini: "Sono incinta". Tu fai finta di non capire, le chiedi spiegazioni, le domandi come sia possibile, se è sicura che tu sia il padre, ma non ci sono vie di scampo: il bambino c'è, è vostro e ve lo dovete tenere. Parlate a lungo, cercate una soluzione e decidete che la cosa migliore è provare a frequentarvi, che non avete nulla da perdere e vi date appuntamento al giorno seguente. La mattina cerchi di sembrare carino, ti pettini i capelli e ti lavi i denti almeno tre volte, fai un bel bagno nel profumo ed esci. Vi incontrate all'angolo della strada intorno a mezzogiorno: lei indossa 5
6 un vestito rosso, stretto in vita che le cade morbido sopra le ginocchia; ha i capelli sciolti, un po' mossi, che le arrivano fino alle spalle ed ogni volta che la vedi ti sembra più bella. Vi abbracciate rapidamente e passeggiate per un po', chiacchierate del più e del meno, tu le racconti della tua breve carriera di cantante che ti piacerebbe riprendere prima o poi; lei ti dice che sogna di fare la giornalista e mentre cerca qualcuno disposto a prenderla, si mantiene facendo la cameriera. Tu le proponi di andare a mangiare qualcosa, magari in un posto carino, ma lei ti dice che preferisce un trancio di pizza al volo. Ti piacciono le ragazze semplici e senza pretese, ti piace anche il suo sorriso e il suo modo di parlare e nella tua mente comincia ad entrare l'idea che possa davvero funzionare. Ora siete seduti su una panchina, in un parco vicino a casa sua; non vi state toccando ma lei ti guarda dritto negli occhi e ti sembra che ti stia stringendo a sé: la cosa ti piace. "Sei carino, sai? Forse potremmo vederci ancora" "Stavo pensando la stessa cosa, che ne dici se domani ti porto fuori a cena? Conosco un bel posto" "Ehm no, domani è meglio di no, preferirei che ci vedessimo una volta a settimana, non di più, sai, sono una ragazza che ha molto bisogno dei suoi spazi" "Certo, non c'è problema e ci vedremo comunque ogni mattina al bar" "A proposito di questo, ho chiesto a Piero di spostare il mio turno, lavorerò di sera da ora in poi". Rimanete in silenzio per alcuni attimi, poi tu ti alzi, le porgi la mano e la riaccompagni a casa. Non uscite spesso: mai due giorni di seguito e sempre per meno di tre ore, ma vi siete visti diverse volte ormai e cominci ad affezionarti a lei. Hai imparato un sacco di cose: il suo gelato preferito è quello al pistacchio, odia tutti i formaggi a parte la mozzarella; adora tutti i cani ma non sopporta i gatti e i barboncini, che per lei fanno parte della seconda categoria; le piace camminare e porta sempre scarpe comode, odia i tacchi a spillo e i vestiti troppo scollati; le piace parlare di qualunque cosa non riguardi la politica, ama viaggiare e il suo paese preferito è l'australia, anche se non ci è mai stata; soffre molto il freddo e nella borsa porta sempre un impermeabile accartocciato perché ha il terrore che i suoi vestiti si bagnino, ha una fobia terribile dell'altezza, che però supera se si tratta di tuffarsi da una scogliera, ti ha raccontato che i tuffi sono una delle sue passioni più grandi e un giorno ti piacerebbe portarla a fare un giro in barca. Vi trovate bene insieme e spesso pensi che se proprio era destino che accadesse ciò che è stato, sei felice che sia successo con lei. Nonostante questo però, senti che la vostra non è ancora una relazione: siete due amici che vanno d'accordo e a cui piace passare il tempo insieme, ridete, scherzate, ma non c'è romanticismo, non ci sono scintille né fuochi d'artificio, non si sentono farfalle nello stomaco o le gambe che tremano. In quelli che ormai sono già alcuni mesi non vi siete mai baciati ed è inutile precisare che non avete più fatto l'amore. E' domenica mattina: il sole di metà giugno scalda parecchio oggi; stai uscendo di casa con una polo a righe bianche e azzurre e dei jeans dal ginocchio, non tagli la barba da un po' perché sostieni ti dia un aria da intellettuale, i capelli sono corti e un po' arruffati e gli occhi sono arzilli: oggi hai proprio voglia di uscire con Sara. Fai una lunga passeggiata e la vai a prendere sotto casa, lei scende subito, ha i capelli raccolti in una lunga treccia e i suoi grandi occhi sembrano ancora più belli oggi: ti sembra di avere davanti Aida. Cacci l'idea dalla mente e le dai un bacio sulla guancia, poi appoggi la mano sulla sua pancia, ormai il bambino ha cinque mesi e la cosa si comincia a notare. Lei ti sorride e insieme vi incamminate verso il solito parco. Vi sedete sulla solita panchina e lei diventa improvvisamente seria: la cosa non ti piace. Ti guarda negli occhi e ti dice: "Sono parecchi mesi che ci frequentiamo, giusto?" "Giusto" "E ci vogliamo bene, giusto?" "Giusto" 6
7 "Ma abbiamo capito che non potremo mai stare insieme davvero, non credi?" "Ancora una volta giusto" La bella giornata comincia a sembrarti più cupa, sapevi anche tu che non c'erano state scintille fra voi, ma questo discorso non ti piace. "Sai perché non è nato niente fra noi?" Stai zitto: non lo sai. "Perché io sono già innamorata, di un altro e a dire la verità ho l'impressione che anche tu pensi ad un'altra quando stai con me" "Ma no, che dici? Non c'è nessun'altra" "In ogni caso, io sono una ragazza giovane, ho tutta la vita davanti e credo di aver trovato la persona con cui voglio condividerla, capisci?" "Certo che capisco, per me non c'è problema, possiamo chiudere qui" Lei si tocca il pancione con la mano destra e tu riesci a leggere tutta la preoccupazione nei suoi occhi. "Sara, se lui ti ama davvero, sarà disposto a tenere un figlio non suo, io sparirò, lo prometto" "Tu non hai capito, io voglio vivere la mia vita con lui e solo con lui; so che è orribile, ma l'unica soluzione che ho per poter avere una vita felice è abortire" Tu sbianchi immediatamente. Non volevi avere un figlio, è vero, non volevi averlo con lei, anche questo è vero, ma abortire ti sembra l'idea più sbagliata che possa esistere. "Tu non puoi ucciderlo!" "Io non voglio questo bambino e non voglio che nasca in una famiglia che non lo ama" "Io posso amarlo" Non realizzi subito quello che hai detto. Tu? Tenere un figlio, con la vita che ti ritrovi? E' una follia certo, ma è probabilmente la più bella ragione di vita che potresti mai trovare. "Io non mi farò vivo, mi chiamerai tu, fra quattro mesi, ci vedremo un attimo e poi sparirò di nuovo. Hai tutta la vita davanti, l'hai detto: quattro mesi non sono nulla". Ce l'hai fatta. Sei davanti ad Aida, siete soli l'uno di fronte all'altra e puoi finalmente dirle tutto quello che senti, lei ti ascolterà. Il tempo che hai passato ad aspettarla ti è sembrato interminabile, eppure sei qui, con lei, e sei finalmente la persona più felice del mondo. I suoi grandi occhi grigi sembrano illuminare la stanza e il suo sorriso è il più bello e vero che tu abbia mai visto. Continua a guardarti e tu guardi lei: ora che potresti finalmente dirle ogni cosa, il silenzio sembra la parola più efficace. Questa sera andrete insieme a cena da Claudia, anche lei è felicissima e non vede l'ora di vederla, ti sembra tutto un magnifico sogno. Tu le porgi l'indice e lei lo afferra con tutta la mano e lo stringe forte, poi le accarezzi la pancia, lei ride e tu con lei. E' tua figlia. E da ora sarete tu e lei, per sempre. Da ora la tua vita ha uno scopo, ha qualcosa, o meglio qualcuno, che la renda degna di essere chiamata tale. Da ora sei felice e questa felicità non te la porterà via nessuno. Aida è stanca e vuole dormire, se ne sta nella sua culla ed è così bella che ti sembra un angelo. Tu vai un secondo in camera e torni in soggiorno con la chitarra sotto braccio, ti siedi sul divano, di fianco alla sua culla e sgranchisci le mani. Lei ha chiuso gli occhi e tu inizi a suonare: hai scritto questa canzone giorni fa, insieme a mille altre, pensando a lei ed è la prima volta che gliela fai sentire, sembra piacerle. Hai già fatto ascoltare alcune delle tue nuove creazioni al tuo editore che preannuncia un enorme successo. 7
8 Lei continua a dormire, tu a suonare e a pensare che di tutti gli errori fatti nella vita, questo è senza dubbio il più bello. Micol Bottacin 8
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