In primo piano. Terre e rocce: il punto della situazione alla luce del D.M. n. 161/2012 Stefano Maglia, 3 Miriam Viviana Balossi

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1 Terre e rocce: il punto della situazione alla luce del D.M. n. 161/2012 Stefano Maglia, 3 Miriam Viviana Balossi La regola generale ex art. 184, comma 3, lett. b), D.Lgs. n. 152/2006 Nonostante l attenzione sia tutta concentrata sul D.M. n. 161/2012 recentemente entrato in vigore, è opportuno rammentare che, ad oggi, l inquadramento giuridico delle terre e rocce da scavo risponde, innanzitutto, alla regola generale stabilita dall art. 184, comma 3, lett. b), D.Lgs. n. 152/2006: «Sono rifiuti speciali:... b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall articolo 184 bis». L art. 39, comma 4 del D.Lgs. n. 205/2010 stabiliva - senza fissare alcuna tempistica - che «dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all articolo 184 bis, comma 2, è abrogato l articolo 186». L art. 49, comma 1 ter del D.Lgs. n. 1/2012 (di cui si tratterà più approfonditamente nelle pagine che seguono) ha modificato la citata disposizione prevedendo che «All articolo 39, comma 4, del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, è abrogato l articolo 186»». Si rammenta, in questa sede, che le terre e rocce da scavo possono essere sottoprodotti, rifiuti o non rifiuti. Ciò perché nell art. 185 sulle esclusioni - come rivisto proprio dal D.Lgs. n. 205/ sono state introdotte due modifiche di derivazione europea (Direttiva n. 2008/98/Ce) al comma 1, lett. b) e c). Mentre la prima ha uno scarso rilevo pratico («il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati»), la seconda è più interessante: «il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato». Riassumendo i requisiti affinché le terre e rocce non rientrino nella nozione di rifiuto, si ricorda che deve trattarsi di: suolo (la cui definizione è arrivata solo con il D.L. n. 2/ di cui si tratterà più approfonditamente nelle pagine che seguono); non contaminato e altro materiale allo stato naturale; escavato nel corso di attività di costruzione; certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione; allo stato naturale; nello stesso sito in cui è stato escavato. Fino ad ora, quindi, cos erano le terre e rocce da scavo? La formulazione dell art. 186 del D.Lgs. n. 152/2006 era indeterminata: essa recava sette condizioni che andavano ad aggiungersi alle quattro previste dall art. 184 bis sul sottoprodotto. Per fare un esempio pratico, l indeterminatezza toccava il suo apice nel requisito di cui alla lett. d) dell art. 186 «sia garantito un elevato livello di tutela ambientale»: cosa significa? Come può essere concretizzato? Si ricorda che l art. 186, pur abrogato, sopravviverà nei limiti della disciplina transitoria (1). Il D.M. 10 agosto 2012, n. 161 Il recente D.M. 10 agosto 2012, n. 161, ovvero il «Regolamento recante la disciplina dell utilizzazione delle terre e rocce da scavo», pubblicato in G.U. n. 221 del 21 settembre 2012 ed in vigore dallo scorso 6 ottobre, concretizza la volontà dell attuale Governo di dare impulso 3 Studio Stefano Maglia - Consulenze Legali Ambientali. (1) Si veda infra. 11/

2 all economia nazionale tramite il rilancio - tra le altre cose - del settore delle costruzioni, e lo snellimento delle procedure autorizzatorie connesse. Infatti, il D.L. 25 gennaio 2012, n. 2 (2) recante «Misure straordinarie e urgenti in materia di ambiente», convertito con modifiche nella legge 24 marzo 2012, n. 28 (3) - in vigore dal 25 marzo all art. 3, comma 1 (nel testo antecedente la conversione in legge) esordiva espressamente con il seguente incipit: «considerata la necessità di favorire, nel rispetto dell ambiente, la ripresa del processo di infrastrutturazione del Paese...». Sempre nell art. 3, comma 1 (nel testo successivo alla conversione in legge), il D.L. n. 2/2012 fornisce interpretazione autentica dell art. 185 (esclusioni) del D.Lgs. n. 152/2006, in particolare per quanto riguarda i riferimenti al suolo che «si interpretano come riferiti anche alle matrici materialidiriportodi cui all allegato 2 [al Titolo V] alla Parte IV del medesimo decreto legislativo». Peraltro, «per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei... utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all interno dei quali possono trovarsi materiali estranei». L indeterminatezza del concetto di materiali estranei è stata rilevata anche in dottrina (4), la quale ha sottolineato come questi materiali estranei possano anche essere costituiti da residui di vario tipo, anche di lavorazioni industriali. In altre parole, i materiali di riporto sono costituiti da una miscela eterogenea di origine antropica e terreno naturale che, utilizzati nel corso dei secoli per successivi riempimenti e livellamenti del terreno, si sono stratificati nel suolo fino a profondità variabili e si sono compattati integrandosi con il terreno naturale (5). Tornando al D.M. n. 161/2012, si precisa che lo stesso è stato adottato in attuazione del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 (6) recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», convertito con modifiche nella legge 24 marzo 2012, n. 27 (7) - in vigore dal 25 marzo il cui art. 49, comma 1 dispone che «l utilizzo delle terre e rocce da scavo è regolamentato con decreto del Ministro dell ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti». Si segnala che, nonostante il successivo comma 1 bis richiedesse l adozione del regolamento entro 60 giorni dall entrata in vigore del presente decreto (ovvero entro il 24 maggio u.s.), il D.M. è stato emanato in ritardo. Venendo al decreto, si segnala innanzitutto come ritorni nel titolo del provvedimento - e solo qui - il binomio terre e rocce da scavo, quando nelle versioni precedenti si era sempre fatto riferimento all espressione materiali da scavo: infatti, poi, tutto il corpus normativo è incentrato su quest ultima locuzione. In secondo luogo, si segnala come il parere del Consiglio di Stato n del 16 aprile 2012 sull allora schema di regolamento (oggi D.M. n. 161/2012) rilevasse due sostanziali modifiche rispetto al testo precedente, «e cioè, l estensione della disciplina ai residui materiali lapidei anche non connessi alla realizzazione di un opera (in adesione ad una delle osservazioni di questo Consesso) e lo stralcio della procedura semplificata prevista per i cosiddetti piccoli cantieri, oggetto di una successiva autonoma proposta di regolazione» [sotto i m 3 ]. Il c.d. cronoprogramma Al riguardo, si fa notare che in data 21 settembre u.s. il Ministero dell Ambiente ha pubblicato sul sito ufficiale il c.d. cronoprogramma di misure per la crescita sostenibile, dal quale si evince che ha già trasmesso al Ministero dello Sviluppo Economico lo schema di regolamento sul terre e rocce da scavo - cantieri di minori dimensioni, di cui all art. 266, c. 7 del T.U.A. Nel merito del provvedimento, l art. 1 definisce i materiali di scavo come «il suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un opera quali, a titolo esemplificativo: (2) Pubblicato in G.U. 25 gennaio 2012, n. 20. (3) Pubblicato in G.U. 24 marzo 2012, n. 71. (4) Si veda: G. Amendola, Terre da scavo e matrici materiali di riporto: vergogna continua, inwww.lexambiente.it. (5) Sul punto si segnala che in data 21 settembre u.s. il Ministero dell Ambiente ha pubblicato sul sito ufficiale il cd. «cronoprogramma» di misure per la crescita sostenibile, dal quale si evince che ha già trasmesso al Ministero dello Sviluppo Economico lo schema di regolamento sui materiali di riporto. (6) Pubblicato in G.U. 24 gennaio 2012, n. 19, s.o. n. 18. (7) Pubblicato in G.U. 24 marzo 2012, n. 71, s.o. n /2012

3 scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.); perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento, ecc.; opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada, ecc.); rimozione e livellamento di opere in terra; materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre plausibili frazioni granulometriche provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d acqua, spiagge, fondali lacustri e marini; residui di lavorazione di materiali lapidei (marmi, graniti, pietre, ecc.) anche non connessi alla realizzazione di un opera e non contenenti sostanze pericolose (quali ad esempio flocculanti con acrilamide o poliacrilamide)». La norma prosegue poi con la specificazione di cosa s intenda per riporto («orizzonte stratigrafico costituito da una miscela eterogenea di materiali di origine antropica e suolo/sottosuolo come definito nell allegato 9 del presente Regolamento») e suolo/sottosuolo («il suolo è la parte più superficiale della crosta terrestre distinguibile, per caratteristiche chimico-fisiche e contenuto di sostanze organiche, dal sottostante sottosuolo»). Le finalità del decreto La finalità del decreto è quella di stabilire i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali da scavo siano considerati sottoprodotti e non rifiuti (art. 2, comma 1): restano, invece, esclusi dal suo ambito di applicazione i rifiuti provenienti direttamente dall esecuzione di interventi di demolizione di edifici o altri manufatti preesistenti, in quanto disciplinati dalla Parte IV del D.Lgs. n. 152/ 2006 (art. 3, comma 2). L art. 4 detta le condizioni in presenza delle quali il materiale da scavo è un sottoprodotto ai sensi dell art. 183, comma 1, lett. qq) del D.Lgs. n. 152/ per chiarezza espositiva si propone una tabella di confronto: Art. 184 bis D.Lgs. n. 152/2006 a) la sostanza o l oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto b) è certo che la sostanza o l oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi c) la sostanza o l oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale d) l ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l oggetto soddisfa, per l utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull ambiente o la salute umana Art. 4, comma 1 D.M. n. 161/2012 a) il materiale da scavo è generato durante la realizzazione di un opera, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale b) il materiale da scavo è utilizzato, in conformità al piano di utilizzo, 1) nel corso dell esecuzione della stessa opera, nel quale è stato generato, o di un opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, ripascimenti, interventi a mare, miglioramenti fondiari o viari oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali; 2) in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava. c) il materiale da scavo è idoneo ad essere utilizzato direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale secondo i criteri di cui all Allegato 3 d) il materiale da scavo, per le modalità di utilizzo specifico di cui alla precedente lettera b), soddisfa i requisiti di qualità ambientale di cui all Allegato 4. 11/

4 La sussistenza delle condizioni di cui all art. 4 è dimostrata dal proponente tramite il piano di utilizzo (art. 4, comma 2), da redigersi in conformità all All. 5 e da presentarsi almeno 90 giorni prima dell inizio dei lavori per la realizzazione dell opera (art. 5, commi 1-2) (8). Le tempistiche previste cozzano con i normali tempi di cantiere: se anche il proponente è in possesso della dichiarazione d inizio attività (D.I.A.), deve comunque attendere il P.D.U. prima di iniziare lo scavo (9). Il piano di utilizzo definisce la durata di validità del piano stesso: decorso tale termine temporale il piano cessa di produrre effetti ai sensi del decreto in questione e viene meno la qualifica di sottoprodotto del materiale da scavo, con conseguente obbligo di gestire il predetto materiale come rifiuto ai sensi della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 (art. 5, commi 6-7). A ben guardare, la qualifica di sottoprodotto dei materiali decade nelle seguenti ipotesi: 1. alla scadenza del termine di validità del piano di utilizzo (art. 5, comma 7); 2. in caso di violazione degli obblighi assunti nel piano di utilizzo (art. 5, comma 8); 3. nel caso in cui venga meno una delle condizioni di cui all art. 4 (art. 5, comma 9); 4. alla scadenza del periodo di deposito in attesa di utilizzo (art. 10, comma 5); 5. in caso di omessa dichiarazione di avvenuto utilizzo - DAU entro il termine di validità del piano di utilizzo (art. 12, comma 4); 6. in caso di omessa dichiarazione di av-enuto utilizzo da parte del soggetto terzo indicato nella dichiarazione di avvenuto utilizzo - DAU (art. 12, comma 5); 7. in caso di inottemperanza alla corretta gestione secondo quanto disposto dal decreto (art. 15, comma 3). In tutti queste ipotesi il materiale da scavo verrà considerato rifiuto ai sensi della Parte IV del D.Lgs. n. 152/ Il «deposito in attesa di utilizzo» La disposizione inerente il deposito in attesa di utilizzo (art. 10) ricorda in parte quella sui rifiuti da manutenzione (segnatamente per quanto riguarda i siti di deposito) ed in parte quella sul deposito temporaneo di rifiuti, laddove prevede che «il deposito del materiale escavato in attesa dell utilizzo... avviene all interno dei siti di produzione e dei siti di deposito intermedio e dei siti di destinazione... Il deposito del materiale escavato deve essere fisicamente separato e gestito in modo autonomo rispetto ai rifiuti eventualmente presenti nel sito in un deposito temporaneo». Sulla separazione fisica dai rifiuti bisogna fare attenzione al caso dell art. 5 c. 5 (siti in bonifica), per il quale potrebbero esserci aree di escavazione e stoccaggio di terre, cioè rifiuti, controllate dal progetto o interventi relativi al procedimento di bonifica, ed aree invece controllate dal D.M. n.161/2012. L eventuale contemporaneità di tali situazioni genererebbe, e genererà, condizioni critiche di gestione del cantiere e rischi di mescolamento terre con rifiuti. Il c. 3 è un indicazione che ribadisce la necessità di evitare commistioni di materiale. Probabilmente si riferisce principalmente ad aree di stoccaggio esterne ed intermedie a cui adducono più piani ed i cui materiali non devono essere mescolati. È quindi consigliabile evitare di avere diversi PDU attivi nello stesso sito poiché i relativi materiali non dovrebbero essere mescolati anche se aventi identiche caratteristiche (10). In tutte le fasi successive all uscita del materiale dal sito di produzione, il trasporto del materiale escavato è accompagnato dal documento di trasporto di cui all Allegato 6 (art. 11), equipollente alla scheda di trasporto di cui al D.Lgs. n. 286/2005 (concernente l attività di autotrasporto). Si segnala la difficoltà pratica della previsione di cui all All. 6: «preventivamente al trasporto del materiale da scavo, deve essere inviata all Autorità competente una comunicazione attestante le generalità della stazione appaltante, della ditta appaltatrice dei lavori di scavo/intervento, della ditta che trasporta il materiale, della ditta che riceve il materiale e/del luogo di destinazione, targa del mezzo utilizzato, sito di provenienza, data e ora del carico, quantità e tipologia del materiale trasportato». Com è possibile conoscere con così largo anticipo persino l ora del trasporto e la targa del mezzo? (11) L avvenuto utilizzo del materiale escavato in conformità al piano di utilizzo è attestato dall esecutore all Autorità competente mediante una dichiarazione sostitutiva dell atto di notorietà, in conformità all Allegato 7: la c.d. DAU, ovvero dichiarazione di avvenuto utilizzo (art. 12). È contemplata la possibilità che ci sia un utilizzatore terzo rispetto a proponente ed esecutore ed è necessario specificare la tempistica con cui l utilizzatore terzo effettuerà l operazione. In argomento si rammenta particolare attenzione perché questa tempistica dev essere compresa (8) Ex art. 6, in situazioni di emergenza la sussistenza dei requisiti di cui all art. 4 è attestata all Autorità competente mediante una dichiarazione sostitutiva dell atto di notorietà. (9) Così L. Collina al corso La nuova gestione delle terre e rocce da scavo, organizzato da TuttoAmbiente a Milano, 11 ottobre (10) Così I. Villani al corso La nuova gestione delle terre e rocce da scavo, organizzato da TuttoAmbiente a Milano, 11 ottobre (11) Così L. Collina al corso La nuova gestione delle terre e rocce da scavo, organizzato da TuttoAmbiente a Milano, 11 ottobre /2012

5 nella durata massima del PDU e non può rilanciare ulteriormente i tempi di deposito (12). Non si può in questa sede non soffermarsi sulla nozione di normale pratica industriale, definita rimandando all Allegato 3: essa si concretizza in «quelle operazioni, anche condotte non singolarmente, alle quali può essere sottoposto il materiale da scavo, finalizzate al miglioramento delle sue caratteristiche merceologiche per renderne l utilizzo maggiormente produttivo e tecnicamente efficace». Le operazioni più comunemente effettuate sono le seguenti: la selezione granulometrica del materiale da scavo; la riduzione volumetrica mediante macinazione; la stabilizzazione a calce, a cemento o altra forma idoneamente sperimentata per conferire ai materiali da scavo le caratteristiche geotecniche necessarie per il loro utilizzo, anche in termini di umidità; la stesa al suolo per consentire l asciugatura e la maturazione del materiale da scavo al fine di conferire allo stesso migliori caratteristiche di movimentazione, l umidità ottimale e favorire l eventuale biodegradazione naturale degli additivi utilizzati per consentire le operazioni di scavo; la riduzione della presenza nel materiale da scavo degli elementi/materiali antropici (ivi inclusi, a titolo esemplificativo, frammenti di vetroresina, cementiti, bentoniti), eseguita sia a mano che con mezzi meccanici, qualora questi siano riferibili alle necessarie operazioni per esecuzione dell escavo. Le disposizioni transitorie Conriguardoalledisposizioni transitorie, si segnala che il D.M. n. 161/2012 fa salvi gli interventi realizzati e conclusi al 6 ottobre 2012, mentre per quelli per cui è in corso la procedura ex art. 186 del D.Lgs. n. 152/2006 possono rientrare nella disciplina del nuovo regolamento mediante la presentazione del piano di utilizzo entro il 4 aprile 2013 (180 giorni dall entrata in vigore del decreto): decorso inutilmente tale termine, i progetti saranno portati a termine secondo la procedura dell art Come previsto dal D.L. n. 1/2012, all art. 49, comma 1 ter, l art. 186 del D.Lgs. n. 152/2006 è stato abrogato a far data dall entrata in vigore del D.M. n. 161/2012 (6 ottobre 2012). In ordine all apparato sanzionatorio, si fa notare che il D.M. n. 161/2012 non contiene apposite previsioni in tal senso, ma poiché l art. 15, comma 3 prevede che «in caso di inottemperanza alla corretta gestione dei materiali di scavo secondo quanto disposto dal presente regolamento il materiale scavato verrà considerato rifiuto ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni», le sanzioni applicabili sono quelle di cui alla Parte IV del D.Lgs. n. 152/ 2006 (artt ), in quanto non si tratta più di un materiale di scavo, bensì di un rifiuto. Conclusioni Si conclude la disamina sul D.M. n. 161/2012 con due ordini di osservazioni. In primo luogo si sottolinea che il decreto è tutt ora al vaglio della Commissione Europea: infatti, nella nota prot. ENV.A.1/CHAP(2012)2451-D006 del 4 settembre 2012, il Capo Ufficio della Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea, Ion Codescu, ha precisato che «l assenza di controdeduzioni da parte della Commissione europea sul progetto di regolamento predispostodalgovernoitalianoinmeritoallosmaltimento delle terre e rocce da scavo, non significa che ad avviso della Commissione tale provvedimento sia compatibile con il diritto ambientale UE... Il suddetto progetto di regolamento è stato notificato alla Commissione europea ai sensi e per gli effetti della Direttiva n. 98/34/Ce, volta a garantire il corretto funzionamento del mercato unico tra gli Stati membri dell UE. La Commissione ha deciso di non presentare controdeduzioni in quanto ritiene che tale progetto di regolamento non crei ostacoli alla libera circolazione delle merci nel mercato unico... Pertanto, se questi servizi giungeranno alla conclusione che il suddetto progetto di regolamento possa essere incompatibile con la Direttiva n. 2008/98/Ce sui rifiuti e qualora le competenti autorità italiane adottino effettivamente tale regolamento, la Commissione assumerà le iniziative necessarie per garantire il rispetto del diritto ambientale UE da parte della Repubblica italiana, inclusa, ove necessario, l apertura di una procedura d infrazione». In secondo luogo, ci si domanda se le piccole-medie imprese (che costituiscono una fetta importante del settore) beneficeranno delle novità in tema di materiali da scavo: infatti, le procedure da seguire e le tempistiche da rispettare - con particolare riguardo al piano di utilizzo - potrebbero rivelarsi gravose per i cantieri minori, limitando così la portata innovativa del decreto. Trattazione a parte merita la previsione dell art. 1 del D.M. n. 161/2012, laddove equipara al materiale di scavo anche «i materiali litoidi... provenienti da escavazioni effettuate negli alvei,... in zone golenali dei corsi d acqua, spiagge, fondali lacustri e marini». Nota: (12) Così I. Villani al corso La nuova gestione delle terre e rocce da scavo, organizzato da TuttoAmbiente a Milano, 11 ottobre /

6 In argomento, l art. 48 del D.L. n. 1/2012 detta norme in materia di dragaggi: il dragaggio è un operazione di scavo eseguita da una imbarcazione mediante draghe per asportare sabbia, ghiaia, detriti da un fondo subacqueo; il dragaggio produce materiale di scarto che viene portato via dall area di dragata (13). L art. 48 esordisce al comma 1 facendo riferimento alle operazioni di dragaggio condotte in siti oggetto di interventi di bonifica di interesse nazionale, per poi trattare dal successivo comma 8 dei materiali provenienti dal dragaggio dei fondali dei porti non compresi in siti di interesse nazionale. Ad avviso di chi scrive, l operazione di scavo su un fondo subacqueo (dragaggio) è cosa ben diversa dall attività di immersione in mare del suddetto materiale escavato, e regolata dall art. 109, D.Lgs. n. 152/2006, dal D.M. 24 gennaio 1996 (14) e dal Manuale ICRAM sulla movimentazione dei sedimenti marini. Infatti, prima si procede all attività di scavo (in ambito portale, ad esempio, la tendenza è quella di aumentare la profondità dei fondali al fine di accogliere imbarcazioni sempre più grandi), poi si scaricano in mare i materiali escavati (operazione assai rischiosa per la diffusa presenza dei contaminanti contenuti nei sedimenti dei fondali, soprattutto a causa delle attività industriali e commerciali che vengono svolte nei porti). Quindi, a nostro avviso, se il materiale di scavo di fondali marini viene impiegato: per l immersione in mare, si applica l art. 109 D.Lgs. n. 152/2006; per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, e tutte le altre attività descritte nell art. 4, si applica il D.M. n. 161/2012. (13) Sul punto si segnala che in data 21 settembre u.s. il Ministero dell Ambiente ha pubblicato sul sito ufficiale il c.d. «cronoprogramma» di misure per la crescita sostenibile, dal quale si evince che lo schema di decreto sui dragaggi, modalità e criteri tecnici per l autorizzazione della immersione di materiali di scavo di fondali marini è in attesa della concertazione di altri ministeri. (14) Direttive inerenti le attività istruttorie per il rilascio delle autorizzazioni di cui all articolo 11 della legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modifiche ed integrazioni, relative allo scarico nelle acque del mare o in ambienti ad esso contigui, di materiali provenienti da escavo di fondali di ambienti marini o salmastri o di terreni litoranei emersi, nonché da ogni altra movimentazione di sedimenti in ambiente marino. Pubblicato in G.U. 7 febbraio 1996, n /2012

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