RITORNANDO AL FONDO. L'hai sentito: ha parlato dei cani.

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1 Un giorno, forse durante una cena in un piccolo paese, Gesù raccontò la parabola del povero Lazzaro e del ricco epulone. Chi erano quella sera i suoi ascoltatori? Quali le loro storie, i loro pensieri? C'era qualche altro commensale, oltre al Maestro e ai suoi discepoli? Con che toni di voce, in mezzo a quali silenzi, ombre, sguardi Egli parlava? Fino a che punto ciascuno si sarà lasciato interrogare da quelle parole e da quella Presenza? La storia fu una Sua pura invenzione, oppure la ricchezza dei particolari rispecchiava qualche vicenda reale, che alcuni uditori avranno dolorosamente riconosciuto? E alla fine della serata, in che stato d animo ciascuno avrà fatto ritorno a casa, alla vita di sempre; ma poi, gli sarà stato ciò letteralmente possibile? Il poemetto fa parte di un progetto, in cui testimoni immaginari, ma non impossibili, esprimono un riflesso del loro personale, inopinato incontro col Figlio di Dio fatto uomo; a volte in monologo, a volte dando vita a un dialogo: come questo tra i due fratelli dell epulone colti sulla strada del ritorno dopo la cena col Maestro. Abissi C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma". Ma Abramo rispose: "Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi". E quello replicò: "Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento". Ma Abramo rispose: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro". E lui replicò: "No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno". Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti". Lc 16, 19-31

2 RITORNANDO AL FONDO L'hai sentito, parlava di noi! Di che cianci? Il Profeta ti dico! Quando sei ubriaco mi annoi L'uomo ricco in preziosi mantelli che ogni giorno tra lauti banchetti... ed i ricchi suoi cinque fratelli, siamo noi! Sei eravamo con quello che da un mese abbiamo sepolto: è di lui che stasera, tra molti, il Profeta narrava i tormenti. Tu farnetichi - e io che ti ascolto! Bada dritto piuttosto al sentiero, che barcolla il tuo asino sciolto... (guarda invece i miei cani levrieri eleganti e sicuri - come corron la via) ma direi che anche in questo la tua bestia a te rassomiglia! Tu puoi riderne certo, non sai... Mio noioso, noioso fratello, che c'è dunque che devo sapere? Io so solo che in breve se ne muore la luce del giorno e io bramo al più presto tornare laggiù al fondo di questa mia valle, alla nostra dimora. Nel folto del bel parco odoroso mi attende: solo un'ora ne manco, e mi manca. L'hai sentito: ha parlato dei cani.

3 Ogni giorno pietosi a lenire le sue piaghe leccando, e le mani di quel Lazzaro, steso a languire ai cancelli del nostro fratello. E tu insisti col nostro fratello! Quanta gente c'è al mondo che ama bene mangiare e vestire. E mi pare che questo Profeta (stando a quello che in giro si dice) no davvero - non faccia eccezione: ho notato la tunica unita che egli porta, e di egregia fattura. Certo quello era ormai senza fondo - pace all'anima sua. Ma il suo desco, per Dio era un inno al buon gusto. Per il resto io per nulla ricordo che alcun Lazzaro (o comunque si chiami, il pitocco qualunque) sia mai stato alle porte, né che i cani, i miei cani... Ma io rivedo quel sogno, come fosse qui adesso Quale sogno? Quell'orribile sogno che torna Un delirio vuoi dire... da ormai un mese a levarmi il riposo. Puoi chiamarlo così se ti pare...

4 LA FACCIA DELL'ABISSO La cascata dell'acqua assordante che nell'orrido giù s'inabissa, chiude spessa il suo volto implorante; e da dietro quel velo mi fissa rossa fronte, di fuoco lo sguardo strabuzzati i suoi occhi sudati. Bianche labbra egli muove; e io lo guardo ma non odo che molli guaiti. Poi ad un cerchio di luce incolore cerco appiglio, che sopra mi appare; e mi sveglio già in preda al tremore a cercare chi mi possa salvare. Ed allora? Con ciò, che dimostri, se non che sei soltanto un grandissimo uomo ubriacone... E li ho visti i tuoi splendidi cani a leccare pietosi le nude ferite. Io li ho visti: tu no, tu le ignori le minuzie che accadono fuori del tuo lussureggiante giardino; dove immerso racchiudi ogni giorno il tuo nobile cuore a curare l'oleandro e l'agave e il fico... Ma nell'ora del caldo se avessi passeggiato una volta sul fondo fino a uscire sul viale polveroso che s'apre sul retro;

5 tu quel Lazzaro avresti veduto! Trascinatosi a stento dopo aver mendicato per niente un boccone alla mensa, per tornar l'indomani ostinato. Più non ridi adesso, lo vedo Non sbagliarti, ché niente m'importa né di lui, né di quel crapulone - che del resto finché a questo mondo c'è restato ha saputo godere. E ora cessa d'amareggiarmi: ne ho abbastanza di sogni e di storie d'inferno senza capo né fondo... Ecco si, senza fondo, proprio come il suo volto! Che nel sogno... Ora basta!

6 E IL SUO CUORE: UN ABISSO Maledetta sia questa giornata e l'invito che abbiamo accettato. Maledetti i tuoi fiacchi vapori che da sempre addosso mi esali. Non ne ho colpa io se sei nato incapace e di vivere e di godere. Che fai piangi! Sbornia triste stavolta! Ti prego non mi premere oltre Troppo facile caro fratello vomitarmi i tuoi sensi di colpa e i tuoi deboli sogni. Ho provato, lo sai, la via giusta a indicarti, per vivere bene: come pianta di dura corteccia abitare le umide vene lungo l'ansa del fiume tranquilla al riparo dai venti. Ma tu no, tu sei un'erba di campo che si inebria in aprile, carezzata dai venti al crinale: e poi piange se deve morire nell'agosto bruciata dal sole. Ora tremi di sogni e Profeti e vorresti anche me trascinare nel tuo molle tremore. Tranquillizzati adesso, ed asciuga i tuoi umori; già intravvedo le siepi ed i muri.

7 Siamo quasi arrivati... In realtà noi non siamo capaci d'arrivare giammai in nessun posto - di raggiungere mai nessun cuore. Non c'è mèta, né casa, né pace che possiamo trovare, o salvezza... Non ci occorre nessuna salvezza! Breve è il corso del giorno e la vita di goderla nessuno proibisce. Tutto il resto è molestia e amarezza. Certo io non so come te rivestire il mio cuore dietro liscia elegante corteccia. Quanto ho odiato i tuoi cani levrieri! Il disprezzo col quale da sempre hai trattato il mio vizio, il mio sangue. Ci son stati dei giorni (si, ora trovo la forza per dirlo qui a passeggio al confine del nulla) dentro i quali se solo non mi fosse mancato il coraggio, vi avrei uccisi con queste mie mani. Maledetto di nuovo il Profeta: un abisso da lui ci separi e da tutto il suo giro. Ma che abbiamo con lui da spartire? A che pro ci ha voluto scovare con le ciarle di qualche impiccione? Che prosegua per Gerusalemme! Che laggiù sono sempre graditi i suoi pari per farli ammazzare. Là se vuole potrà convertire gente grama davvero: i maestri che insegnano agli altri usurpando a sé soli il denaro e il potere.

8 UOMINI E BESTIE TU SALVI, SIGNORE Ma io sento che devo essergli grato Ma grato a chi? Al Profeta, alle cose che ha detto e persino ai tuoi cani levrieri. Ecco, ancora deliri! Si forse, ma stasera il mio delirio s'è perso in un cielo d'aria pura; nella febbre di un Altro, in un martirio che ha dato refrigerio alla mia arsura. Tu non sentivi arderti nel petto un desiderio vivo, innamorato vedendo le parole del Profeta sgorgare dal suo sguardo abbandonato? Sguardo posato sopra me, che acquieta come una tua carezza sui tuoi cani; salvati anch'essi, con voce di Poeta dalla Sapienza che ci ha raccontati. Mai prima, da che più non son bambino, avevo avvertito un tal calore Sarà quello del vino! di quel Padre che mai abbiamo avuto Che c'entra adesso il nostro vecchio, dimmi! Negli agi ci ha portato! E in questa brama greve che niente e nessuno può saziare. Ma ora io non voglio più tornare al fondo della cieca mia dimora: in mezzo a schegge aguzze di terrore una speranza nuova mi rincuora.

9 Tu lo sai, questi pazzi profeti si condannano infine a una croce... e di essi nessuno è risorto, mai sinora, non devi temere... Però a me non serve che risorga: la sua voce, le vive sue parole quelle ora io voglio riascoltare. A me basta che Egli questa sera prosciugando i miei oscuri gorghi una strada abbia aperto nel mio cuore dove posso provare a camminare: se oramai nel fondo del mio abisso riesco solo a scorgere il Suo viso. Si, stasera il Profeta ha parlato con me SI, IL PROFETA STASERA HA PARLATO CON NOI.