GIOIA NEL CIELO. XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno C - LUCA 15,1-32
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- Gerardina Luciani
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1 GIOIA NEL CIELO XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno C - LUCA 15,1-32 In quel tempo, 1. si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Questa domenica il brano di Luca 15 ci apre alla gioia, sì gioia indicibile perché Gesù ci presenta il Padre che ha misericordia verso tutti. Il contesto è un banchetto, ma diversi sono i commensali rispetto a quelli del brano della domenica precedente. Mentre Gesù mangiava con i farisei, questa volta Gesù pranza con i peccatori, sotto lo sguardo di indignazione a distanza degli scribi e dei farisei che si guardano bene dal partecipare ad un simile simposio. Per gli israeliti osservanti era necessario evitare di accostarsi a coloro che non obbediscono alla Legge, che hanno una professione che li rende impuri per il contatto con i pagani (i Romani). Gesù cerca coloro che sono perduti, gli emarginati, quelli che soffrono per essere messi in disparte, dimenticati da tutti, disprezzati fino all inverosimile. È un banchetto che richiama l escatologica festa di cui il mangiare insieme è un segno emblematico. Il cristiano è colui che entra nella mentalità di Dio ed assume un comportamento come quello del Padre che non aspetta altro di riabbracciare chi si è allontanato da lui sia fisicamente (il figlio minore) sia moralmente (il figlio maggiore). 3. Ed egli disse loro questa parabola: In realtà i racconti sono tre, non uno, ma possono identificarsi in un unico discorso di tipo parabolico, cioè comunicazione per similitudine. Forse le prime due parabole più brevi potrebbero essere state inserite successivamente. 4. «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Gesù prende ad esempio dei pastori, persone disprezzate, emarginate dalla società. Parla di loro proprio ai farisei per insegnare la tenerezza e la misericordia di un Dio che si china su chi ha più bisogno. L immagine del pastore premuroso è enfatizzata dal fatto che lascia le altre pecore da sole. Non si tratta di trascuratezza, ma è solo un elemento narrativo in più per accentuare quanto è importante ogni singola pecora, tanto da attirare l attenzione incondizionata del suo pastore. È sproporzionato il numero novantanove rispetto all uno, proprio perché è enormemente più grande la tenerezza di Dio rispetto a ciascuno dei suoi figli. 5. Quando l ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, Se il pastore si carica la pecora vuol dire che essa è talmente sfinita da non reggersi nemmeno più sulle zampe. Così fa Dio con noi: nel momento estremo del bisogno non ci lascia soli, ci cerca, ci trova, ci carica sulle spalle, ci cura per farci riprendere vita e risorgere ad un nuovo cammino. Ricordiamoci che Egli ci cerca anche quando noi non lo cerchiamo e preferiamo andare per strade lontane da lui. Egli sa che non possiamo vivere senza il suo abbraccio di Amore e non ci abbandona mai.
2 6. va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Ritorna l allegoria del banchetto, espressione di gioia e di prospettiva escatologica. Invece di portare la pecora nel deserto, raggiungendo le altre, il pastore, stranamente, va a casa e fa festa con amici e vicini. Sembra una conclusione anormale, tuttavia lo scopo di Luca è quello di fare capire la dimensione della festa per un ritrovamento, concetto ribadito anche dalla parabola successiva. 7. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Al di là della metafora, il significato della parabola è la conversione del peccatore. Non basta solo l iniziativa di Dio che cerca la pecora, ma occorre anche che la pecora si lasci afferrare e salvare per poi cambiare vita. Così ognuno di noi deve avere la certezza di essere oggetto della misericordia di Dio, ma anche deve collaborare con la grazia. Dal punto di vista ecclesiale, la comunità deve accogliere e far festa per il cambiamento del peccatore e gioire per la salvezza di tutti, dei novantanove più uno ritrovato: gioia completa. 8. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? Inizia la seconda parabola. L ambiente è una povera casa, costruita sulla roccia, senza finestra, quindi nell oscurità. Una donna (altra persona considerata senza valore per i farisei del tempo) accende la lampada per cercare una moneta perduta, parte della dote ricevuta dal padre. Le monete venivano tenute ben legate attorno alla fronte e alla nuca. Perderne una era una cosa molto grave. Ecco la ricerca affannosa: accendere, spazzare, cercare accuratamente. 9. E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto". La gioia del ritrovamento è condivisa con tutta la comunità, che vi partecipa così come avverrà in cielo. Anche nella vita dobbiamo ricordarci che sotto la spazzatura accumulata può esserci un tesoro, sotto l apparenza misera di una persona può nascondersi una ricchezza incalcolabile. 10. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». A queste parabole si aggiunge quella del figlio prodigo, che dà un ampliamento pastorale: l'uomo deve rispondere aprendosi all'amore premuroso del Padre. Dio previene il pentimento dell uomo, non aspetta che gli chieda perdono. È lui che fa il primo passo e va alla ricerca, per incontrarlo, per guardarlo negli occhi, per dirgli quanto è grande il suo valore, quanto è infinito l amore. Ogni cristiano, ogni uomo giusto è chiamato a ripetere l atteggiamento di Dio, accogliendo il fratello che sbaglia con la gioia di essere di nuovo uniti nella beatitudine di una festa senza fine. Disse ancora: 11. «Un uomo aveva due figli. Luca utilizza il numero due per i figli in quanto mette in risalto comportamenti molto divergenti fra loro, così come nella parabola del figlio che dice di sì e poi non fa, e quello che dice di no, ma poi fa la volontà del padre.
3 12. Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. In queste prime righe della terza parabola si parla subito di un allontanamento dalla casa paterna, ma non a seguito di un litigio. Il figlio minore, il cadetto, probabilmente voleva intraprendere una propria strada, emigrare all estero o, comunque, andare a fare nuove esperienze. Era usuale anche ai tempi di Gesù che ci fossero persone che andavano a cercare fortuna lontano. La riflessione, però, verte sul fatto che il padre divida le sue sostanze subito. Non era consuetudine che questo avvenisse da vivo, ma come atto testamentario da eseguire dopo la morte. Il dramma è che il figlio minore, andandosene da casa con la sua parte di patrimonio, è come se dicesse: Padre, tu per me sei già morto. 13. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. La grandezza del padre sta nel lasciare che il figlio faccia le sue esperienze, gli consegna parte del suo patrimonio, non cerca di dissuaderlo dalle sue decisioni. Il figlio minore, invece, perde ogni diritto nei confronti del padre, e commette il grave peccato di sperperare in fretta tutto il denaro. 14. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Da figlio minore di un ricco proprietario, il giovane si trova a mendicare per vivere. La tragedia della miseria in cui si è ridotto è accentuata dalla carestia che rende ancora più tragico il bisogno e più difficile trovare aiuto. 15. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Mettersi a servizio di un abitante di quella regione vuol dire mettersi a servizio di un pagano, vuol dire umiliarsi di fronte ad uno straniero. Non basta: il lavoro che trova è essere guardiano di suini, cioè animali ritenuti impuri, che rendono impuri spiritualmente coloro che li toccano e li accudiscono. Ad una degradazione materiale, si aggiunge anche una miseria interiore. 16. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. I porci si riempiono la pancia mangiando le carrube, mentre il figlio non ha nessuno che gli dia nulla. Ha raggiunto un estrema povertà, si trova in una situazione peggiore di quella degli animali. 17. Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Gesù presenta la condizione dell uomo lontano da Dio: è ridotto al nulla. Il ravvedimento del figlio minore nasce dal bisogno, non tanto dall amore, non è un cambiamento dettato da un sentimento nobile. È legato solo alla fame materiale, ma Dio si serve anche di questo bisogno e di questo minimo ravvedimento pur di salvare l uomo peccatore. 18. Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19. non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati".
4 Il figlio minore sa di non poter vantare più alcun diritto nei confronti del padre. Tuttavia, spinto dal bisogno, decide di alzarsi, di sollevarsi dal suo abisso per tornare, sperando di essere trattato come l ultimo dei servi. Sempre meglio che morire nel fango in cui si è invischiato. 20. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio si mette in cammino, stracciato, lacero dentro e fuori, contaminato dall essere stato dai pagani, a contatto con animali impuri, dopo aver sperperato ogni cosa. Ci si aspetterebbe che il padre gli facesse una solenne ramanzina, come minimo. Ci si aspetterebbe che gli infliggesse una punizione esemplare... Invece no. Il padre lo vide da lontano (chissà quanto avrà scrutato l orizzonte per vedere se il figlio tornava), gli si muovono le viscere per la compassione che esperimenta verso questa sua creatura così misera e così caduta in basso. Non bada alla sua dignità e, seppur anziano, si mette a corrergli incontro. Non teme di contrarre l impurità e abbraccia il figlio, gli impedisce di inginocchiarsi ai suoi piedi, lo bacia in segno di perdono. È il massimo esempio che la Bibbia ci offra di amore incondizionato, travolgente, superiore ad ogni regola, sia religiosa sia educativa o morale. 21. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Il discorsetto che si era preparato non serve più: il figlio minore non sarà mai un salariato perché il padre gli restituisce tutta la dignità di figlio. Dio Padre non si ferma al nostro peccato, ma scruta la sofferenza che abbiamo nel cuore, la comprende e ci guarisce senza farci pesare più il passato, senza permetterci neppure di sciorinare i nostri peccati. 22. Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Il padre comanda ai servi tre cose da portare, pieno di gioia per il ritorno del figlio minore: la veste lunga, quella preziosa, quella veste che il re regalava per onorare un suddito particolarmente meritevole; l anello che conteneva il sigillo, cioè il particolare distintivo del padre che serviva per compiere atti legali; i sandali, segno dell uomo libero (lo schiavo andava a piedi nudi). I servi che hanno seguito il padre nell incontro con il figlio, eseguono gli ordini per ripristinare la dignità, l autorità, la libertà del figlio minore. 23. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, Ritorna il tema del banchetto, della festa di famiglia allargata a tutti. Il vitello ingrassato per le grandi occasioni viene ammazzato per questa circostanza così unica: il ritorno del figlio che si era allontanato. 24. perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa. Il figlio che era come morto, è tornato in vita nella casa del padre, che non lo ha cercato, ma lo attendeva. Sembra che Luca abbia fatto un collegamento con le precedenti due parabole inserendo questa espressione.
5 Sicuramente Dio è un padre che gode per il ritorno di ogni peccatore alla sua casa. Egli non commina penitenze, non richiede sforzi personali di digiuni, di elemosine come prescriveva la legge ebraica per essere sicuri della conversione di una persona. Dio è il Dio della festa e del perdono. Quello che conta è la relazione ristabilita. Tutto quello che è avvenuto prima non conta nulla. 25. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; La parabola continua con l introduzione di un altro personaggio: il figlio maggiore, il fedele, il lavoratore, che torna dai campi e si trova di fronte ad una festa, alla musica, alle danze. 26. chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Il servo, interpellato dal figlio maggiore, riferisce correttamente l accaduto, tuttavia non mette l accento sul ritorno del fratello, ma sul vitello grasso fatto ammazzare e fatto cuocere per la festa. È significativa l interpretazione: ognuno di noi di fronte ad un fatto reagisce in modo diverso a seconda delle precomprensioni. 28. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Il figlio maggiore rifiuta di entrare. Il padre esce a cercarlo e a convincerlo a partecipare alla festa. Il figlio maggiore è pieno di ira e di indignazione. Il padre è pieno si compassione e di tenerezza. Sono atteggiamenti e sentimenti contrastanti che indicano la necessità di entrare in una logica nuova. 29. Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Il comportamento del figlio maggiore è emblema di quello farisaico: una persona ineccepibile e osservante che disprezza chi non lo è. Il padre ha, invece, un comportamento gratuito, slegato dalle logiche legali e dalle consuetudini. È importante per noi cristiani vivere l atteggiamento del padre, non lasciarci condizionare dalle gabbie delle normative e dei legalismi, ma aprirci agli orizzonti dell amore che sa cambiare le persone e offre loro la possibilità di riprendere il volo dopo una caduta. Il figlio maggiore elenca tutti i suoi meriti e rinfaccia al padre di non avergli mai dimostrato riconoscenza. È la difficoltà di relazione fra padre e figlio che anche oggi constatiamo nella nostra realtà quotidiana: bisogno di indipendenza da una parte, bisogno di gratificazione dall altra; il puntare il dito contro chiunque per mascherare la propria difficoltà di accettazione di se stessi e degli altri. 30. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Il figlio maggiore fa esplodere tutta la sua rabbia, il senso di ingiustizia subito. Disprezza il fratello minore (divenuto tuo figlio, non mio fratello), ma soprattutto disprezza il padre perché non si comporta secondo il buon senso comune. Rivela tutta la sua mentalità di contabile, di freddo calcolatore.
6 Si coglie in questo dialogo una relazione non autentica verso il padre e la gelosia verso il fratello minore. Il figlio maggiore ha sempre agito per un senso del dovere e non per vero affetto, tanto da vivere da lontano dentro casa. 31. Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; Anche verso il figlio maggiore il tono del padre è molto calmo e affettuoso, accetta le critiche, senza scusarsi. Lo chiama teneramente figlio, gli ricorda che è lui l erede legittimo secondo la legge, per cui la proprietà è in mano sua. Tuttavia i legami familiari sono una realtà che va oltre e ricostituirli è un dono grande del Cielo. Quello che conta è la comunione fra le persone, non la rivendicazione di presunti privilegi. 32. ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"». La vittoria dell amore e dell accoglienza si rivelano nel perdono che il padre offre al figlio minore e che offre anche a quello maggiore che, forse, ne ha più bisogno proprio perché si crede nel giusto. La parabola termina senza dirci cosa farà in seguito il figlio minore, senza dirci cosa farà il figlio maggiore: parteciperà o no alla festa? Non lo sappiamo. Tocca a noi calare nella vita quotidiana l insegnamento ricevuto, imparando a chiedere perdono e imparando a donarlo sull esempio del PADRE MISERICORDIOSO. Suor Emanuela Biasiolo
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