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1 Contratto e diritto Previdenza e Assistenza FISCO E CONTABILITÀ Le spese di pubblicità e di rappresentanza nella prassi e nella giurisprudenza Marco Vantini Dottore commercialista e revisore contabile - Responsabile fiscale Usarci Verona Il corretto trattamento civilistico e fiscale delle spese di pubblicità, propaganda e rappresentanza Nella determinazione del reddito d impresa è di rilevante importanza la classificazione delle spese aventi finalità promozionali e commerciali tra quelle di pubblicità e di propaganda, piuttosto che tra quelle di rappresentanza, in considerazione della diversa disciplina applicabile in merito alla loro deducibilità. Poiché la legge non fornisce una definizione delle due tipologie di spesa che permetta di distinguere con certezza se un costo sostenuto per finalità promozionali vada classificato nell una o nell altra categoria, si sono susseguite nel tempo interpretazioni fornite dall Amministrazione Finanziaria, dalla Giurisprudenza ed, in particolar modo, dal Comitato Consultivo per l applicazione delle norme antielusive, che non sempre si sono rilevate concordanti. Di seguito si illustrano le più recenti pronunce del Comitato Consultivo sull argomento ed alcune rilevanti pronunce di prassi e giurisprudenza. Definizione normativa Le spese di pubblicità e di rappresentanza sono disciplinate ai fini delle imposte dirette dall articolo 108, comma 2, Dpr 917/86, il quale prevede che: «Le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell esercizio stesso e nei quattro successivi. Le spese di rappresentanza sono ammesse in deduzione nella misura di un terzo del loro ammontare e sono deducibili per quote costanti nell esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi. Si considerano spese di rappresentanza anche quelle sostenute per i beni distribuiti gratuitamente, anche se recano emblemi, denominazioni o altri riferimenti atti a distinguerli come prodotti dell impresa, e i contributi erogati per l organizzazione di convegni e simili. Le predette limitazioni non si applicano ove le spese di rappresentanza siano riferite a beni di cui al periodo precedente di valore unitario non eccedente euro 25,82». Recenti pareri del Comitato Consultivo Antielusione Si illustrano nelle pagine seguenti le più recenti pronunce del Comitato Consultivo per l applicazione delle norme antielusive in materia di spese di pubblicità e di rappresentanza: Tipologia di spesa Pubblicità e propaganda Rappresentanza Modalità di deduzione interamente nell esercizio in cui sono state sostenute oppure in 5 quote costanti (a partire dall esercizio in cui sono state sostenute) Limitatamente a 1/3 del loro ammontare, nell esercizio in cui sono state sostenute e nei 4 successivi (1/15 per 5 anni). Se costituite da beni di valore unitario non superiore a 25,82, tali spese sono deducibili interamente nell esercizio in cui sono state sostenute. N. 4 luglio

2 FISCO E CONTABILITÀ Previdenza e Assistenza Contratto e diritto Parere n. 16 del Spese per l organizzazione di una fiera internazionale Le spese connesse, nell ambito dell organizzazione di una fiera internazionale dedicata ai macchinari agricoli, alla realizzazione di un cocktail di benvenuto e di una cena conclusiva dell evento, nonché le spese sopportate al fine di garantire la presenza di esponenti del mondo politico, economico, universitario e di rappresentanti della stampa e degli istituti operanti nel settore agricolo non sono inquadrabili tra le spese ordinarie di esercizio interamente deducibili dal reddito, ma tra quelle di rappresentanza e, come tali, soggette alla relativa disciplina. Parere n. 13 del Spese per l organizzazione di un meeting Ai fini dell individuazione della disciplina fiscale applicabile, i costi sostenuti da una società che dispone di una rete di agenti di commercio per la raccolta degli ordinativi di vendita con riferimento a meeting organizzati presso la sede aziendale, finalizzati a svolgere un azione di informazione in merito ai propri prodotti, alle loro caratteristiche tecniche ed alle relative modalità di impiego e montaggio, per stimolarne, in definitiva, la richiesta in assenza di una comprovata, diretta correlazione con i ricavi conseguibili vanno qualificati in base alla pertinente natura. In particolare, devono considerarsi di pubblicità e propaganda quelli afferenti il trasporto, il vitto e l alloggio dei collaboratori («promoter» ed agenti di commercio) della società ivi presenti. Invece, le spese di trasporto, vitto ed alloggio sopportate dall azienda in relazione ai clienti ed agli «utilizzatori finali» invitati a partecipare alle medesime iniziative costituiscono spese di rappresentanza, in quanto dirette a valorizzare l immagine ed il prestigio dell azienda, nonché caratterizzate da «gratuità» e previste a vantaggio di determinati beneficiari. Parere n. 5 del Spese per ospitalità di operatori turistici Le spese di pernottamento e di vitto, sostenute da un operatore turistico per ospitare, per brevi periodi di tempo, operatori turistici esteri, allo scopo di consentire ad essi, durante tale breve soggiorno, di esaminare le strutture ricettive locali, in vista della conclusione di contratti di soggiorno di clientela estera presso tali strutture ricettive, possono essere considerate spese di propaganda inerenti all esercizio dell impresa, a condizione che risulti dimostrabile che tali spese hanno avuto come effetto la conclusione di contratti e, quindi, hanno determinato il conseguimento di ricavi. Parere n. 47 del Spese per ristorazione (somministrazione di alimenti e bevande) Caratteristica delle spese di pubblicità, come quelle di rappresentanza, è la loro connessione soltanto indiretta con la produzione di ricavi; quando il ricavo si connette direttamente all assunzione di una spesa, lo stringente legame causale tra costo e ricavo lo sottrae ad entrambe le qualificazioni, rientrando esso nella nozione di spesa gestionale disciplinata dall attuale art. 109, comma 5, Tuir. Ne consegue, sul piano logico, che l analisi di singole fattispecie deve essere articolato secondo una successione che, in primo luogo, valuti se tra spesa ed attività o beni da cui derivino i ricavi sussista una relazione immediata e diretta (nel qual caso la spesa costituisce senz altro un costo ordinariamente ed interamente deducibile) e, solo ove tale relazione non sussista, si procede ad esaminare se la spesa possa essere inquadrata nella nozione di spesa di pubblicità o di rappresentanza, ovvero, qualora essa non rientri nell una o nell altra categoria, si debba invece ritenere interamente indeducibile. Si devono considerare costi d esercizio inerenti o spese di propaganda, a seconda che sia accertata una stretta e diretta correlazione tra le spese sostenute ed i ricavi derivanti dai rapporti contrattuali: rapporti contrattuali con i distributori (concessionari) nell ambito dello svolgimento del rapporto di concessione; incontri con clienti (qualificati, economicamente, importanti o strategici), sia attuali che potenziali, per l attività di promozione della vendita. Devono, invece, essere considerate spese di rappresentanza: 56 N. 4 luglio 2006

3 Contratto e diritto Previdenza e Assistenza FISCO E CONTABILITÀ rapporti con altre imprese per realizzare partnership; incontro con clienti (o concessionari) che hanno commissionato lo sviluppo o la personalizzazione di software per consulenza o prestazioni presso la struttura della società, o per lo sviluppo di alcune attività oggetto del contratto commissionato; incontri con fornitori di servizi informatici per consulenza o prestazione, presso la struttura sociale, di detti servizi o per sviluppare alcune attività oggetto del contratto commissionato; riunioni di lavoro con personale o amministratori di società anche partecipate per la definizione di obiettivi di lavoro, sinergie e sviluppo di prodotti; incontri con consulenti per decisioni in relazione a controversie insorte o ad accordi da concludere in relazione alle strategie operative o commerciale della società istante. Parere n. 44 del Spese per presentazione al pubblico di nuovi prodotti Devono considerarsi spese di pubblicità e propaganda quelle relative a: a) locazione di sale o tensostrutture, atte ad ospitare manifestazioni di presentazione di nuovi prodotti; b) documentazione pubblicitaria contenente dettagli specifici del prodotto lanciato e altre informazioni sul prodotto e la manifestazione (manifesti, cartelloni, volantini, depliant, ecc.); c) decori della sala o tensostruttura, servizi di segreteria e di coordinamento e altre spese organizzative per la «giornata celebrativa»; d) servizi di parcheggio e di trasporto dei clienti e potenziali clienti alla presentazione del nuovo modello; e) conferenza celebrativa d inaugurazione e presentazione del nuovo modello; f) accompagnamento musicale della presentazione del nuovo modello. Sono, invece, spese di rappresentanza quelle relative a: g) spese d alloggio per i clienti;h) banchetto per gli ospiti della presentazione. Sono, infine, spese di importo inferiore a 25,82 euro, non soggette ai limiti di cui all art. 108, comma 2, del Tuir: i) omaggi e litografie da distribuire agli ospiti della presentazione. Parere n. 26 del Spese per convention pubblicitaria di nuovi prodotti Sono spese deducibili ex art. 109 del Tuir (nella specie, spese alberghiere di vitto e alloggio per una sola persona) sostenute per illustrare, con conferenze di lavoro, le caratteristiche e le innovazioni tecnologiche di un nuovo prodotto, risultando, nella specie, che hanno determinato vendite in misura significativa del prodotto illustrato. La posizione della Corte di Cassazione Con particolare riferimento alle spese relative ai pranzi offerti alla clientela, la Corte di Cassazione si è pronunciata con la sentenza 8 giugno 2000, n. 7803, in base alla quale: a) «rientrano tra le spese di rappresentanza quei costi sostenuti al fine di creare, mantenere o accrescere il prestigio della società e di migliorarne l immagine..., ma non danno luogo ad aspettative di incremento del processo di vendita»; b)«non rientrano tra le spese di rappresentanza tutti quei costi che pur non essendo imputabili in modo diretto ai ricavi..., vengono comunque sostenuti allo scopo di incrementare le vendite, perché si spera che consentano, ad esempio, di acquisire nuova clientela o permettano di ampliare il fatturato nei confronti della clientela già esistente». I pranzi offerti ai clienti possono anche rientrare tra i costi sostenuti nell intento di incrementare le vendite, purché tale finalità: a) sia «diretta», nel senso che il servizio offerto sia inserito in un contesto storico in cui sia già in atto una trattativa commerciale o, comunque, i destinatari del servizio abbiano già posto in essere un comportamento sintomatico di un minimo di interesse all acquisto (si pensi anche all ipotesi in cui vengano offerti piccoli omaggi, come ciocco N. 4 luglio

4 FISCO E CONTABILITÀ Previdenza e Assistenza Contratto e diritto In sintesi latini, caffè, eccetera, a coloro che entrano in un negozio per «vedere da vicino» oggetti ai quali siano interessati); b) risulti provata in maniera certa la finalità promozionale. Tenendo conto di tali criteri si deve considerare, invece, di mera rappresentanza il pranzo offerto ai clienti in occasione di una festività. Non così per i pranzi (o altri servizi) forniti durante una trattativa complessa che si protragga nel tempo, offerti al fine di «stringere i tempi» o «migliorare il clima» per il raggiungimento di un accordo di vendita. Le spese oggetto della pronuncia della Cassazione qui illustrata erano riferite ad un servizio bar giornaliero organizzato in locale nei pressi di una fiera, da pranzi consumati nella zona ove si è svolta la fiera ed in occasione della fiera stessa, da spettacoli vari di intrattenimento che sono stati organizzati in favore dei visitatori e da altre spese di diversa natura sostenute, comunque, in relazione alla manifestazione fieristica. La Corte di Cassazione ha rilevato una stretta attinenza di tali costi all attività promozionale attuata in occasione della fiera, trattandosi di spese sostenute all interno di un «contenitore» (la fiera del mobile) che certamente è uno strumento di promozione delle vendite, concludendo che le spese inerenti ad una manifestazione pubblicitaria assumono la stessa qualificazione di questa, salvo prova contraria. L orientamento dell Agenzia Sui criteri da utilizzare per distinguere le spese di pubblicità da quelle di rappresentanza si è espressa più volte anche l Amministrazione Finanziaria. I n particolar modo, con la risoluzione ministeriale 17 giugno 1992, n. 9/204 ha ravvisato nella «gratuità», ovvero nella mancanza di un corrispettivo o di una specifica controprestazione da parte dei destinatari, l elemento caratterizzante delle spese di rappresentanza rispetto a quelle di pubblicità. Con la risoluzione ministeriale 17 settembre 1998, n. 148/E l Agenzia delle Entrate ha, invece, precisato che «mentre con la pubblicità si porta a conoscenza della generalità dei consumatori l offerta del prodotto, stimolando la formazione e l intensificazione della domanda, con le spese di rappresentanza viene offerta al pubblico un immagine positiva dell impresa e della sua attività in termini di organizzazione ed efficienza». Le spese di rappresentanza si distinguono da quelle di pubblicità per l esistenza in queste ultime di in rapporto sinallagmatico tra le parti, «la cui causa va individuata, di regola, nell obbligo di pubblicizzare e/o propagandare il prodotto, il marchio, i servizi o, comunque, l attività produttiva dell altra (società committente) che, a sua volta, si impegna ad una prestazione in denaro o in natura quale corrispettivo della prestazione ricevuta». 2 PUNTI DA RICORDARE 1. Le spese di rappresentanza sono finalizzate a creare, mantenere o accrescere il prestigio dell azienda e migliorarne l immagine, senza dar luogo ad aspettative di incremento del processo di vendita, comportando una particolare utilità a favore di ben determinati soggetti. Tali spese sono caratterizzate, poi, dalla gratuità, ovvero dalla mancanza di un corrispettivo da parte dei destinatari; 2. le spese di pubblicità sono finalizzate ad incrementare le vendite, acquisendo nuova clientela o incrementando le vendite alla clientela già esistente. Esse utilizzano mezzi pubblicitari destinati ad una collettività indeterminata della quale si intende sollecitare l interesse nel prodotto e per provocare l acquisizione di nuovi clienti. Tali spese, infine, sono correlate solitamente con la stipula di un apposito contratto tra le parti. 58 N. 4 luglio 2006

5 Contratto e diritto Previdenza e Assistenza FISCO E CONTABILITÀ Vendite a distanza: applicazione dell Iva AGENZIA DELLE ENTRATE CIRCOLARE 13 GIUGNO 2006, N. 20 Oggetto: Disposizioni nell ambito del piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Dl 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. CIRCOLARI Testo: Indice 1. Premessa; 2. Cessione di personal computer ai dipendenti; 3. Applicazione dell Iva in caso di «vendite a distanza»; 4. Onlus e terzo settore. Erogazioni liberali. Articolo 1 bis del Dl n. 106/ Premessa Omissis 2. Cessione di personal computer ai dipendenti Omissis 3. Applicazione dell Iva in caso di «vendite a distanza» L articolo 11 quater del decreto legge n. 35/2005 introduce delle precisazioni in merito alle disposizioni concernenti le cd. «vendite a distanza» nell ambito degli scambi intracomunitari di cui agli articoli 40, comma 3, e 41, comma 1, lettera b) del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, in aderenza alle corrispondenti disposizioni contenute nella direttiva 77/388/Cee del 17 maggio 1977 (VI direttiva Iva). Al riguardo, la disciplina contenuta nell articolo 28 ter, par. B.1, della VI direttiva, stabilisce che «è considerato luogo di cessione di beni spediti o trasportati dal fornitore o per conto di questi, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto il luogo in cui i beni si trovano al momento d arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell acquirente», ossia fissa una deroga al più generale principio secondo il quale le cessioni a privati consumatori sono assoggettate ad Iva nel paese di origine. Ciò che caratterizza, in base alla disciplina comunitaria, le cosiddette «vendite a distanza», oltre alla circostanza che l acquirente è un «privato», non è il mezzo tecnologico (fax, telefono, e mail, ecc.) utilizzato per la conclusione del contratto, ma il fatto che il trasporto della merce venga effettuato direttamente dal fornitore o per suo conto a destinazione del cliente in un diverso Paese membro. Le norme comunitarie sono state recepite dagli articoli 40 («Territorialità delle operazioni intracomunitarie»), comma 3, e 41 («Cessioni intracomunitarie non imponibili»), comma 1, lettera b) del Dl n. 331/1993, secondo cui l imposta è assolta nello Stato membro di destinazione dei beni in presenza di determinati requisiti. In particolare, il succitato articolo 41 richiede, affinché le vendite possano considerarsi effettuate «a distanza», che: la cessione sia effettuata «in base a cataloghi, per corrispondenza e simili»; i cessionari non siano tenuti ad applicare l imposta sugli acquisti intracomunitari; il trasporto dei beni sia effettuato «dal cedente o per suo conto» da terzi. Al verificarsi dei predetti requisiti, le operazioni sono considerate non imponibili qualora nell anno solare precedente e in quello in corso l ammontare complessivo delle vendite effettuate nello Stato membro di destinazione superi il limite di ,36 euro ( di lire) o l eventuale minore importo stabilito dal medesimo Stato membro (articolo 41, comma 1, lettera b), terzo periodo). Ciò premesso, il citato articolo 11 quater con norma di interpretazione autentica dispone che la disciplina nazionale di recepimento della direttiva comunitaria, nella parte in cui richiama le «cessioni in base a cataloghi per corrispondenza e simili, di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro», non intende elevare tale modalità di vendita a requisito indefettibile delle «vendite a distanza», che, di converso, si caratterizzano per il fatto di avvenire con «trasporto a destinazione da parte del cedente, a nulla rilevando le modalità di effettuazione dell ordine di acquisto». In altre parole, ciò che essenzialmente qualifica, in base alla disciplina comunitaria, le cosiddette «vendite a distanza» è che il trasporto della merce è effettuato direttamente dal fornitore o per suo conto nei confronti di un acquirente che opera come «privato consumatore», e non tanto la circostanza che nella conclusione del relativo contratto il cliente e il fornitore si avvalgono di mezzi tecnologici di comunicazione a distanza (fax, telefono, e mail, ecc.). Ne consegue che le cessioni di beni sono ammesse al regime di non imponibilità e devono essere assoggettate ad imposta nello Stato membro di destinazione anche se concluse presso il punto vendita del fornitore quando il trasporto a destinazione dell acquirente in altro Stato membro viene eseguito ad opera del cedente, configurandosi come accessorio all operazione principale di cessione. Questo principio vale sia nell ipotesi in cui il cedente è italiano ed il cessionario di altro Stato membro, che in quella inversa, disciplinata dal già richiamato comma 3 dell articolo 40 del Dl n. 331/1993. L articolo 11 quater in commento in caso di cessione da parte di soggetto Iva italiano, disciplinata dall articolo 41, comma 1, lettera b) del Dl n. 331/1993 dispone, altresì, che «se lo Stato membro di destinazione del N. 4 luglio

6 FISCO E CONTABILITÀ Previdenza e Assistenza Contratto e diritto CIRCOLARI bene richiede il pagamento dell imposta ivi applicabile sul corrispettivo dell operazione già assoggettata ad imposta sul valore aggiunto nel territorio dello Stato, il contribuente può chiedere la restituzione dell imposta assolta, entro il termine di due anni, ai sensi dell articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, decorrente dalla data di notifica dell atto impositivo da parte della competente autorità estera». La norma consente al contribuente, che abbia già corrisposto indebitamente l Iva in Italia e che sia chiamato a versare l imposta anche nel Paese membro di destinazione del bene, di attivare il procedimento del cd. «rimborso anomalo» di cui all articolo 21 del Dlgs n. 546/1992. Il predetto articolo 21 dispone al comma 2, ultimo periodo, che «la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione». In proposito, l articolo 11 quater, comma 2, individua, quale presupposto per la restituzione dal quale far decorrere eccezionalmente il termine biennale, «la data di notifica dell atto impositivo da parte della competente autorità estera», ossia la data di notifica del provvedimento mediante il quale l Amministrazione finanziaria dell altro Paese membro qualifica le cessioni come «vendite a distanza», da assoggettare ad imposizione nel proprio Stato. Da tale data il contribuente ha tempo due anni per presentare istanza di rimborso dell imposta già assolta in Italia. Il citato articolo 11 quater dispone, inoltre, che «su richiesta del contribuente, il rimborso dell imposta può essere effettuato anche tramite il riconoscimento, con provvedimento formale da parte del competente ufficio delle entrate, di un credito di corrispondente importo utilizzabile in compensazione, ai sensi dell articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241». Il provvedimento che consente di compensare l imposta indebitamente versata con altri debiti Iva (compensazione verticale) o con debiti per altri tributi e contributi (compensazione orizzontale) va adottato solo dopo che l Ufficio competente in ragione del domicilio fiscale del richiedente ha accertato l esistenza dei presupposti del credito. Si precisa che per il diritto al rimborso non è sufficiente il mero avvio della procedura di controllo da parte dell autorità dell altro Paese membro, ma occorre che quest ultimo faccia valere la pretesa impositiva tramite notifica del relativo atto di accertamento. Il rimborso ha ad oggetto l imposta relativa alle operazioni per le quali sia definitivamente acclarata la debenza del tributo nell altro Paese membro e sempre che la stessa sia stata precedentemente versata all erario italiano. 4. Onlus e terzo settore. Erogazioni liberali. Articolo 1 bis del Dl n. 106/2005 Omissis 60 N. 4 luglio 2006

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