Carlo Alberto Dalla Chiesa

Transcript

1 Carlo Alberto Dalla Chiesa generale, 3 settembre 1982 Cento giorni. L arrivo a Palermo da prefetto per combattere la mafia. Novanta giorni. Sono l uomo simbolo della vittoria sul terrorismo. Il governo Spadolini mi chiede di vincere un ultima guerra, quella contro Cosa Nostra. Catapultato in un ambiente ricco di misteri, senza nessuno che mi aiuti. Ottanta giorni. Italiani, troppo ubriachi dalla vittoria del Mundial per capire quello che sta succedendo. Lo Stato usa il mio nome non per combattere e debellare la mafia, ma per tacitare l opinione pubblica. Settanta giorni. Il tentativo di diffamarmi, di farmi passare per un ricattatore. So che mi lasceranno solo. Sessanta giorni. E quel filo nero che si dipana e vede coinvolte costantemente le stesse entità: mafia, politica, alta finanza, servizi segreti deviati e massoneria. Cinquanta giorni. Etica, onestà, rispetto delle regole, ognuno può fare qualcosa. Quaranta giorni. La lotta alla mafia non solo come fatto di Polizia, ma come fatto culturale. Trenta giorni. Andreotti, il punto di snodo di tutto un sistema. Quindici giorni. La lotta a un impunità garantita alla mafia per decenni. Sette giorni. Oppure duemilacinquecento anni fa, Socrate: «Adesso vado Io a morire, voi a vivere. Cosa sia giusto, Dio solo lo sa». Gli ultimi giorni. Sono in tempo per salvarmi, lo so. Ma non ho esitazioni, e vado incontro alla morte. Tra la vita e lo Stato, scelgo lo Stato, fino in fondo. E venne il giorno, in via Isidoro Carini. Ero penetrato davvero in tutto indicibile della storia italiana, ero un archivio vivente della mafia e del terrorismo. 371

2 Mi mandarono a Palermo per morire. Da sovversivo. Andreotti non c era al mio funerale. «Preferisco andare ai battesimi» rispose al giornalista che chiedeva conto della sua assenza. Lo Stato, fino in fondo. 372

3 Emanuela Setti Carraro infermiera, 3 settembre 1982 «Mamma ti telefono piss-pissi bao-bao dalla Prefettura, perché Carlo non vuole che usi le linee di Stato. Per le bomboniere ricorda gli amici Poi la mamma di Maria Laura e i figli di Carlo Alberto. Adesso fai la brava, mamma; vai a letto tranquilla e poi aspetta la mia telefonata della buona notte. Te la farò da casa, stasera tocca a me. Come sono vestita? Non te lo posso dire, mamma. Ah, mamma?, ti voglio tanto bene.» (E invece no, mamma. So delle cose talmente tremende, talmente grandi, non posso raccontartele perché Carlo Alberto mi ha fatto giurare. Però ti assicuro che quasi tu non ci potresti credere, perché queste cose coinvolgono persone che noi conosciamo molto bene Con Carlo, fino in fondo ) 373

4 La famiglia Buscetta 11 settembre 1982 Con Masino, fino in fondo. Ma senza volerlo. Cominciarono a ucciderci per la frustrazione di cercarlo senza trovarlo: era in Brasile. E continuarono alla notizia che aveva cominciato a raccontare delle cose al giudice Falcone. Ogni parola una pallottola. Un figlio. Ci sembra quasi di sentirlo ancora, l ordine: «Tutti li dobbiamo ammazzare questi cornuti tutti!». Ogni rivelazione un colpo di lupara, il rapimento, una corda intorno al collo, i nostri corpi nell acido o per strada o nell oceano. I nipoti. Qualcuno tra noi si vestiva a lutto, per fare capire che non condivideva la scelta di Don Masino, che si dissociava da quell infame, che per noi era morto. Un genero. I cognati. Per la Polizia i nostri nomi erano in un elenco lunghissimo. «Da vigilare saltuariamente» era il titolo dell appunto. Solo che le forze dell ordine si dimenticavano di noi. La mafia invece non dimentica. 374

5 Domenico Russo carabiniere, 15 settembre 1982 Qui è morta la speranza degli italiani onesti. 375